L’ANGELO CADUTO, CONTRO LA CHIESA
«Porrò inimicizia tra te e la donna, tra la tua stirpe e la sua stirpe». Gesù è il Primogenito tra molti fratelli. Con Lui comincia il trionfo della stirpe della donna contro il suo “nemico”. Questi non ha prevalso contro Gesù, che fedele alle sue promesse ha mandato colui che aveva promesso, lo Spirito Santo, l’Avvocato, spirito di Amore, di Verità e di Unità, le cui “primizie” ha ricevuto la Chiesa. Questo Spirito è così forte che ha realizzato un miracolo che Gesù non poteva realizzare nei suoi Apostoli, benché lo desiderasse vivamente: quella unità tanto richiesta al Padre nell’ultima Cena: «Io in loro». In realtà, lo Spirito Santo ha realizzato un miracolo più grande del dono delle lingue: per mezzo di questo Spirito esiste ora un’unità tra Gesù già in cielo e i suoi Apostoli, come quella esistente tra il capo e le membra, o per dirla con un’espressione di Gesù stesso, come quella che esiste tra la vite e i tralci. È la stessa vita quella che circola nella testa e nelle membra; la stessa linfa quella che scorre dalla vite ai tralci. È lo stesso Spirito di Gesù quello che parla attraverso i suoi Apostoli. E quando il demonio, valendosi della rettitudine di Paolo, si lancia contro il resto della stirpe della donna, Gesù dal cielo si lamenta, come si lamenterebbe il capo se gli si ferisse una parte del corpo : «Saulo, Saulo, perché mi perseguiti?». Lo Spirito Santo ha realizzato questo miracolo intimo e nascosto: l’unione della stirpe della donna, che viene ad essere il Cristo Mistico di cui parla San Paolo, la Chiesa.
La persecuzione della Chiesa nascente, dopo la Risurrezio- ne di Gesù, potremmo chiamarla “pazzia diabolica”. Il demonio vedendo discendere lo Spirito Santo perse quella fredda serenità che aveva quando offrì denaro ai soldati perché non rendessero pubblica la Risurrezione del suo Nemico. Adesso la situazione peggiorava per il suo regno, in un modo che egli probabilmente non si immaginava. Perciò tenta di schiacciare la Chiesa nascente servendosi della Sinagoga, come tentò di uccidere Gesù Bambino servendosi di Erode. Comprende che il suo regno si sgretola, poiché il seme che Gesù ha lasciato, irrigato col suo Sangue, comincia repentinamente a fiorire e a dar frutto. Il nemico, tentando di sradicare quel seme che è cresciuto, diventa, per la permissio- ne del Padre, un vero potatore. Così si adempiono le parole di Gesù: «E ogni tralcio che porta frutto, il Padre mio lo poterà perché porti più frutto» 1 . Dal sangue e dalla preghiera del protomartire Stefano, nasce l’infaticabile apostolo Paolo. La persecuzione del demonio contro «la stirpe della donna», sia per mezzo della Sinagoga, sia per mezzo dell’Impero Roma- no, non produce altro che questo effetto: «Il sangue dei martiri è seme di cristiani». Le catacombe furono il terreno che nascose per diversi secoli “il grano di frumento”, che a forza di morire – «Se il grano di frumento non muore...» – finì per esplodere in un immenso albero «su cui sono venuti gli uccelli del cielo a rifugiarsi». La lettura degli atti dei martiri rivela tutto il satanico che c’era in certi martiri. Considerarli semplicemente come avvenimenti storici, dovuti a divergenze di pensiero, è ignorare totalmente l’essenziale del vero dramma per il quale dovette passare il «seme del regno di Dio». La conoscenza di quest’essenziale si deve ad una grazia, che ci dà una visione “divina” e molto più ampia di quella che è racchiusa nei libri di storia.
Abbiamo detto che il « seme del regno di Dio» è cresciuto in tal modo che è diventato un albero, ove, secondo l’espressione di Gesù «verrebbero a rifugiarsi gli uccelli del cielo». Bisogna anche far notare che altri “uccelli” hanno causato un gran danno all’“albero” perché sono stati attratti dal suo splendore esterno e dalla loro propria comodità. Questo comincia a succedere quando Costantino il Grande mette fine allo stato di agonia in cui viveva il primitivo Cristianesimo. Il regno di Cristo comincia ad aver contatto coi regni di questo mondo. Il demonio usa una tattica nuova: da furioso diventa politico-religioso. Se prima si serviva delle passioni disordinate di re e imperatori, ora utilizzerà la pietà dei convertiti; e comincia così la venerazione e la stima verso gli uomini che compongono il “regno di Cristo”. Cessa l’attenzione e vien meno l’idea che il regno di Dio non è di questo mondo. Quando viene loro dato il certificato di cittadinanza come a qualsiasi altro uomo, si comincia a pensare che si può vivere molto bene in questo mondo, e allo stesso tempo appartenere al regno di Cristo. Il “nemico” ha gettato il ponte: i seguaci di Gesù d’ora in poi vorranno installarsi in questo mondo, che è il suo regno. Con questa tattica otterrà di più, benché impieghi certamente più tempo. Non analizzeremo tutte le fasi per le quali è passata la storia del “seme del regno di Dio”. Basti dire che il “nemico”, Satana, si è valso di tutto per umiliarlo e allontanarlo dallo Spirito di Gesù, che è Spirito di Amore, di umiltà e di sacrificio. E tutto questo è avvenuto attraverso i secoli, e molti, veramente molti, hanno passato il “ponte” che il “nemico” ha teso loro, intendendo fare del regno di Cristo, un regno di questo mondo, ove la forza, il diritto e il potere sostituiscano l’amore, l’ umiltà e il sacrificio voluti da Gesù.
“Permettendo” Dio che si formasse il “potere temporale” della Chiesa, potere che non è del-l’essenza della Chiesa, esso poteva essere utilizzato come un “mezzo” temporaneo o transitorio perché la Chiesa potesse compiere la sua missione salvifica in circostanze storiche di difficoltà per la penetrazio- ne del vangelo. Nella misura in cui gli uomini si vanno elevando moralmente il potere temporale della Chiesa sui suoi fedeli diventa meno necessario; una maggiore età dell’umanità rende più superflua l’azione di questo potere temporale e lascia un ampio margine alle decisioni personali. Diremmo che così ha operato Dio nello sviluppo progressivo del suo rapporto con gli uomini nella Rivelazione: dalle Leggi del Sinai fino al Sermone della Montagna c’è una differenza come dall’infanzia all’età matura. C’è senza dubbio una gran differenza in alcune situazioni e in altre; ma questa differenza non dipende da un cambiamento di Dio; chi è cambiato, chi si è evoluto, è l’uomo.
Qualcosa di simile è successo per il potere temporale della Chiesa: man mano che gli uomini si sono educati nei concetti della libertà della persona, sempre meno ha ragione di essere questo potere temporale.
Restando chiaro questo, che nei suoi piani Dio si avvale di mezzi tanto “umani”, non possiamo passare sotto silenzio che molti hanno potuto utilizzare quel “mezzo” per le proprie ambizioni personali, anziché servirsene per comunicare la salvezza. Basta leggere la storia della Chiesa del secolo X per vedere a che grado di abiezione cadde il potere temporale dei Papi, desiderato avidamente da diverse famiglie romane.
Forse il potere temporale dei Papi era cattivo? In primo luogo diremo che quel “potere temporale” della Chiesa, come abbiamo detto prima, fu “permissione” e non VOLONTÀ di Dio. Quanto poi se era cattivo o no per i Papi, dipende dall’uso che essi hanno fatto di questo “potere temporale”. A parte quel che abbiamo detto, di essere un potere condizionato da alcune circostanze storiche, esso procurava anche alla Chiesa una grande indipendenza nella sua azione spirituale, perché essa non dipendeva da nessun re o imperatore. La lotta per le Investiture tra il Papa e l’Imperatore tendeva a raggiun- gere questa indipendenza. Che alcuni Papi abbiano utilizzato male il “potere temporale” non ci deve meravigliare, perché se si può utilizzare male il potere spirituale, quanto più il temporale! Pensiamo alla distribuzione delle indulgenze.
Una meditazione profonda della parabola del grano e della zizzania ci porterebbe a quell’essenziale che abbiamo bisogno di conoscere e di non dimenticare tanto facilmente: che nello stesso campo in cui Uno seminò il grano, il “nemico” seminò zizzania, e che questo accadde «mentre i suoi uomini dormiva- no». Riflettere su questo sonno più o meno colpevole è trovare la misura della responsabilità di ciascuno. Pensiamo al rispetto umano, alle convenienze personali, a una falsa prudenza, ecc. Tutto ciò il nostro “nemico” l’ha utilizzato per continuare a seminare la zizzania.
«Vigilate – ci dice San Pietro – perché il vostro nemico, il diavolo, come leone ruggente va in giro, cercando chi divorare; resistetegli, saldi nella fede». Per disgrazia, dopo tanti secoli di lotta del “nemico” contro il genere umano, manca proprio la fede nella sua esistenza e nella sua nefasta influenza. Come gli resisteremo se non crediamo che esiste? Praticamente si vive senza tener in nessun conto questo formidabile nemico. La sua vittoria passata e presente sta nel passare inavvertito, facendo credere agli uomini “intelligenti” che è stupidità e mancanza di cultura pensare a lui come principio causale dei mali che l’umanità soffre. In questo modo egli ha più libera la via per la sua opera devastatrice. Solo i santi e le anime che si sono decise ad andar verso Dio, hanno conosciuto le insidie segrete che il demonio ha loro teso. Per conoscerlo è necessaria una vita spirituale seria; la sua conoscenza esatta richiede una maturità spirituale. San Paolo ci ha avvertito molti secoli fa: «Rivestitevi di tutta l’armatura di Dio, per poter resistere alle insidie del diavolo, perché noi non abbiamo da combattere contro sangue e carne, ma contro i Principati e le Potestà, contro i dominato- ri di questo mondo di tenebra, contro gli spiriti del male che abitano nelle regioni celesti».
Dobbiamo riconoscere che non ci sappiamo armare “total- mente” – «rivestiti di TUTTA l’armatura di Dio» – usando degnamente il dono divino della libertà. Della nostra irrespon- sabilità approfitta il “nemico” per fomentare in noi una falsa libertà. Qui sta la radice di un male tanto antico come il peccato. Frequentemente le lettere degli Apostoli ci racco- mandano la libertà dei figli di Dio. Forse prima di conoscere in che consistono le virtù dei figli di Dio, sarebbe necessario conoscere, a fondo, in che consiste la vera libertà umana, che è il dono che più ci fa somigliare a Dio. Il non curarsi di questa conoscenza è utilizzato dal “nemico” per colpirci costantemente.
JOSÉ BARRIUSO
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