giovedì 28 maggio 2020

Santi Martiri del I – II e III Secolo



Dalla Gerarchia Cardinalizia di  Carlo Bartolomeo Piazza 
 e dalle Rivelazioni Private della mistica 
 Maria Valtorta 


Martirio e morte del piccolo Castulo e S. Messa  di S. Paolo al Tullianum. 

***
Il canto riprende: “Ho aspettato ansiosamente il Signore ed Egli a me si è rivolto ed ha ascoltato il mio grido”43. 

“Il Signore è il mio Pastore, non mi mancherà nulla. Egli mi  ha posto in luogo di abbondanti pascoli, m’ha condotto ad  acqua ristoratrice” (S. 22). 
“Fabio è spirato” dice una voce nel fondo del sotterraneo.  “Preghiamo”, e tutti dicono il Pater ed un’altra preghiera che si  inizia così: “Sia lode all’Altissimo che ha pietà dei suoi servi e  schiude il suo Regno all’indegnità nostra senza chiedere alla 
nostra debolezza altro che pazienza e buona volontà. Sia lode al  Cristo che ha patito la tortura per coloro che la sua misericordia  poteva conoscere troppo deboli per subirla, e non ha loro  richiesto che amore e fede. Sia lode allo Spirito che ha dato i  suoi fuochi per martirio ai non chiamati alla consumazione del 
martirio e li fa santi della sua Santità. Così sia “ (Maran ata) 
(non so se scrivo giusto). 
“Fabio felice!” esclama un vegliardo. “Egli già vede Cristo!”  Noi pure lo vedremo, Felice, e andremo a Lui con la doppia  corona della fede e del martirio. Saremo come rinati, senza  ombra di macchia, poiché i peccati della nostra passata vita 
saranno lavati nel sangue nostro prima d’esser lavati nel Sangue  dell’Agnello. Molto peccammo, noi che fummo per lunghi anni 
pagani, ed è grande grazia che a noi venga il giubileo del 
martirio a farci nuovi, degni del Regno”. 
“Pace a voi, miei fratelli” tuona una voce che mi par 
subito di avere già udito. 
“Paolo! Paolo! Benedici!” 
Molto movimento avviene fra la folla. Solo Plautina resta  immobile col suo pietoso peso sul grembo. 
“Pace a voi” ripete l’apostolo. E si inoltra sin nel centro  dell’androne. “Eccomi a voi con Diomede e Valente per  portarvi la Vita”. 
“E il Pontefice?” chiedono in molti.
“Egli vi manda il suo saluto e la sua benedizione. È vivo, per  ora, e in salvo nelle catacombe. Fanno buona guardia i fossores.  Egli verrebbe, ma Alessandro e Caio Giulio ci hanno avvisati  che egli è troppo conosciuto dai custodi. Non sempre sono 5 di  guardia Rufo e gli altri cristiani. Vengo io, meno noto e 
cittadino romano. Fratelli, che nuove mi date?” 
“Fabio è morto”. 
“Castulo ha subìto il primo martirio”. 
“Sista è stata condotta ora alla tortura”. 
“Lino lo hanno trasportato con Urbano e i figli di questo al 
Mamertino o al Circo, non sappiamo”. 
“Preghiamo per loro: vivi e morti. Che il Cristo dia a tutti la 
sua Pace”. 
E Paolo, con le braccia aperte a croce, prega - basso,  bruttino anziché no, ma un tipo che colpisce - in mezzo al  sotterraneo. È vestito, come fosse un servo lui pure, di una  veste corta e scura, ed ha un piccolo mantelletto con cappuccio  che per pregare si è buttato indietro. Alle sue spalle sono i due  che ha nominato, vestiti come lui, ma molto più giovani. 
Finita la preghiera, Paolo chiede: “Dove è Castulo?” 
“In grembo a Plautina, là in fondo”. 
Paolo fende la folla e si accosta al gruppo. Si curva a osserva.  Benedice. Benedice il bambino e la matrona. Si direbbe che il 
bambino si sia risvegliato ai gridi salutanti l’apostolo, perché 
alza una manina cercando toccare Paolo, il quale gli prende 
allora la mano fra le sue e parla: “Castulo, mi senti?” 
“Sì” dice il piccino muovendo a fatica le labbra. 
“Sii forte, Castulo. Gesù è con te”. 
“Oh! perché non me l’avete dato? Ora non posso più!”  
E una lacrima scende a invelenire le piaghe. 
“Non piangere, Castulo. Puoi inghiottire una briciola sola? 
Sì? Ebbene, ti darò il Corpo del Signore. Poi andrò dalla tua 
mamma a dirle che Castulo è un fiore del Cielo. Che devo dire 
alla tua mamma?” 
“Che io son felice. Che ho trovato una mamma. Che mi dà il  suo latte. Che gli occhi non fanno più male. (Non è bugia dirlo, 
non è vero? per consolare la mamma?). E che io ‘vedo’ il  Paradiso ed il posto mio e suo meglio che se avessi questi occhi  ancora vivi. Dille che il fuoco non fa male quando gli angeli  sono con noi, e che non tema. Né per lei, né per me. Il 
Salvatore ci darà forza”. 
“Bravo Castulo! Dirò alla mamma le tue parole. Dio aiuta  sempre, o fratelli. E lo vedete. Questo è un bambino. Ha l’età in 
cui non si sa sopportare il dolore di un piccolo male. E voi lo 
vedete e l’udite. Egli è in pace. Egli è pronto a tutto subire, 
dopo aver già tanto subito, pur di andare da Colui che egli ama  e che lo ama perché è uno di quelli che Egli amava: un  fanciullo, ed è un eroe della Fede. Prendete coraggio da questi 
piccoli, o fratelli. Torno dall’aver portato al cimitero Lucina, 
figlia di Fausto e Cecilia. Non aveva che quattordici anni, e voi  lo sapete se era amata dai suoi e debole di salute. Eppure fu una  gigante di fronte ai tiranni. Voi lo sapete che io mi faccio  passare, con questi, per fossor44 , per potere raccogliere quanti  più corpi posso e deporli in suolo santo. Vivo perciò presso i 
tribunali e vedo, come vivo presso i circhi e osservo. E m’è 
conforto pensare che io pure nella mia ora - faccia Iddio  sollecita - sarò da Lui sorretto come i santi che ci hanno  preceduto. Lucina fu torturata con mille torture. Battuta,  sospesa, stirata, attenagliata. E sempre guariva per opera di Dio. 
E sempre resisteva a tutte le minacce. L’ultima delle torture, 
avanti il supplizio, fu volta al suo spirito. Il tiranno, vedendola  presa di amore per il Cristo, vergine che aveva legata se stessa al  Signore Iddio nostro, volle ferirla in questo suo amore. E la condannò ad esser di un uomo. Ma uno, due, dieci che si  accostarono e dieci che perirono, percossi da folgore celeste.  Allora, non potendo in nessun modo spezzare e distruggere il  suo giglio, il tiranno ordinò fosse legata e sospesa in modo da  rimanere come seduta e poi calata precipitosamente su un  cuneo pontuto che le squarciò le viscere. Credette così il  barbaro di averle levato la verginità tanto amata. Ma mai tanto,  come sotto quel bagno di sangue, il suo giglio fiorì più bello e 
dalle viscere squarciate si espanse per esser colto dall’angelo di 
Dio. Ora ella è in pace. Coraggio, fratelli. Ieri l’avevo nutrita del  Pane celeste e col sapore di quel Pane ella andò all’ultimo 
martirio. Ora darò anche a voi quel Pane perché domani è  giorno di festa sovrumana per voi. Il Circo vi attende. E non  temete. Nelle fiere e nei serpenti voi vedrete aspetti celesti  poiché Dio compierà per voi questo miracolo, e le fauci e le 
spire vi parranno abbracci d’amore, i ruggiti e i sibili voci celesti, 
e come Castulo vedrete il Paradiso che già scende per  accogliervi nella sua beatitudine”. 
I cristiani, meno Plautina, sono tutti in ginocchio e cantano: 
“Come il cervo anela al rivo così l’anima mia anela a Te.  L’anima mia ha sete di Dio. Del Dio forte e vivente. Quando 
potrò venire a Te, Signore? Perché sei triste, anima mia? Spera  in Dio e ti sarà dato di lodarlo. Nel giorno Dio manda la sua  grazia e nella notte ha il cantico di ringraziamento. La preghiera 
a Dio è la mia vita. Dirò a Lui: ‘Tu sei la mia difesa’ (S. 41). 
Venite, cantiamo giulivi al Signore; alziamo gridi di gioia al Dio  nostro Salvatore. Presentiamoci a Lui con gridi di giubilo.  Perché il Signore è il gran Dio. Venite, prostriamoci ed  adoriamo Colui che ci ha creati. Perché Egli è il Signore Dio 
nostro e noi il popolo da Lui nutrito, il gregge da Lui guidato” (S. 94). 

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A cura di Mario Ignoffo 

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