giovedì 28 maggio 2020

SOTTO LA GUIDA DELLO SPIRITO



Esplorare la vita

Qual è la natura di questa avventura spirituale che non è assolutamente propria dei monaci ma che interessa ogni battezzato che voglia prendere sul serio il germe di vita deposto dalla grazia in fondo al suo essere? Si tratta, per l'appunto, di un germe, di un seme: di una vita, quindi, cioè di qualcosa che, di per sé, deve muoversi, crescere, svilupparsi se non vuole languire e morire. La vita non è mai statica: si evolve sempre, in un senso o nell'altro; di conseguenza, prendere sul serio la vita significa coltivarla, ascoltarla, circondarla di premure, liberarla dagli ostacoli, nutrirla e lasciare che sbocci e fiorisca in pienezza. Sarebbe estremamente più semplice per tutti se la vita cristiana si riducesse a una catechesi, all'insegnamento di alcune verità elementari e assolute: in tal caso basterebbe memorizzarle con assiduità per tirarne le logiche conseguenze a tempo opportuno. Lo stesso avverrebbe se la fede fosse costituita essenzialmente da un codice di precetti e di divieti o se si esaurisse in un grandioso progetto di azione o di conquista: sarebbe sufficiente conformarvi il nostro comportamento quotidiano. In realtà si tratta di qualcosa di molto più vasto, anche se la fede si esprime necessariamente in un corpo di dottrine, anche se genera un determinato comportamento morale e spinge il credente a un impegno effettivo e concreto a servizio del Regno già da ora. Ma prima e ben più in profondità di tutto questo, la fede è una vita - la vita di Dio in noi - che può essere soffocata dalle nostre membra carnali, cioè dall'orgoglio del cuore e da un corpo ribelle: è una vita che deve aprirsi un cammino per progredire. D'altronde non è innanzitutto a un insegnante, né a un catechista, né a un professore di morale e nemmeno a un manager di grandi imprese spirituali e apostoliche che pensa colui che cerca un aiuto spirituale. Pensa innanzitutto a qualcuno che conosca per esperienza diretta questa vita e sia capace di trasmetterla. Ebbene, la stessa trasmissione della vita è un affare di vita: non c'è nulla di più naturale e di meno sofisticato per la vita che sciamare e diffondersi. La vita diventa spontaneamente trasparenza e agisce per osmosi. Tra i primi monaci del IV e V secolo, dove la paternità spirituale costituiva la pedagogia fondamentale, un apoftegma circolava in diverse versioni. Eccone una, attribuita ad abba Poemen, uno dei più famosi padri del deserto: "Un fratello chiese ad abba Poemen: 'Dei fratelli vivono con me; vuoi che dia loro ordini?'. 'No - gli dice l'anziano - fa' il tuo lavoro tu, prima di tutto; e se vogliono vivere penseranno a se stessi'. Il fratello gli dice: 'Ma sono proprio loro, abba, a volere che io dia loro ordini'. Dice a lui l'anziano: 'No! Diventa per loro un modello, non un legislatore"'. Questo aspetto della tradizione monastica cristiana richiama singolarmente un altro detto - appartenente, questo, alla tradizione chassidica del giudaismo - in cui un discepolo spiega come gli sia bastato guardare il proprio maestro che si allacciava un sandalo per restare edificato: un semplice gesto e il messaggio è trasmesso! La guida infatti è molto più di un maestro: è lui stesso l'insegnamento, l'intera sua vita costituisce il messaggio. La vita desta la vita. E l'anziano o l'accompagnatore si presta a questo mistero di vita non con quello che sa e ancor meno con quello che può dire, ma molto semplicemente in forza di ciò che è e che di conseguenza può trasmettere, nel senso più forte di questo termine, in virtù della qualità del suo essere che irradia senza neanche che lui lo sappia e che delle parole debbano nascere.


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