La tua miseria mi attira!
Nostro Signore a Suor Josefa Menéndez
Dall'8 ottobre, giorno della sua offerta, Josefa ha dunque ritrovato la pace e la luce. Del resto le sue occupazioni abituali anche nel periodo penoso erano rimaste invariate e Gesù poteva sempre trovarla là dove la chiamava il dovere.
«Oggi, venerdì 15 ottobre - scrive - mi ha detto: «La tua miseria mi attira... senza di Me, che saresti?... Più ti farai piccola, più ti starò vicino: non dimenticarlo, e lasciami fare ciò che Mi piace».
Quella stessa mattina, prima della Comunione, per prepararsi Josefa rinnovò il suo totale abbandono alla volontà di Dio. Aveva appena finito quando Gesù le apparve e le disse:
«Ti perdono tutto. Sei il prezzo del mio Sangue e voglio servirmi di te per salvare molte anime che mi sono costate tanto! Non rifiutarmi nulla. Vedi quanto ti amo!».
«Nel dire queste parole mi coprì con la fiamma del Suo Cuore e mi infuse un grande coraggio, tanto che ormai non ho più paura di soffrire e non desidero che adempiere la Sua Volontà».
Dopo pochi istanti venne la Madonna a fortificarla maggiormente:
«Figlia mia, non è vero che non abbandonerai mai mio Figlio?».
«No, Madre mia, mai!».
«- Non temere di soffrire, perché non ti mancherà la forza necessaria. Pensa così: oggi solo per soffrire ed amare... un'eternità per godere!».
«L'ho supplicata di non abbandonarmi e di ottenermi da Gesù la fedeltà! Infine Le ho chiesto perdono, e mi ha risposto:
«- Non temere, Josefa: abbandonati nelle mani di mio Figlio e ripetigli senza posa:
"O Padre buono e misericordioso, guarda la Tua figliola e rendila talmente Tua che si perda nel Tuo Cuore! Padre mio! Che l'unico mio desiderio sia quello di adempiere la Tua santissima Volontà"».
«- Questa preghiera Gli piacerà, perché nulla desidera di più che ci si abbandoni a Lui. Consolerai così il Suo Cuore, e non temere. Abbandonati, Io ti aiuterò!».
«Tutto ciò - prosegue Josefa - mi ha resa più coraggiosa, mi pare, e ormai essendomi data totalmente a Nostro Signore, non mi importa più di nulla!».
«Sabato 16 ottobre, Gli chiesi perché mi fa tante grazie senza alcun merito da parte mia, e, durante l'adorazione, mi rispose mostrandosi coronato di spine:
«- Non ti domando di meritare le grazie che ti faccio, quello che voglio è che tu le riceva. Ti mostrerò la scuola dove imparerai questa scienza».
Questa scuola era sul punto di aprirsi per Josefa, poiché il giorno dopo, 17 ottobre, essa scrive:
«L'ho visto come ieri, con il Cuore fiammeggiante e la ferita sempre più aperta. L'ho rispettosamente adorato chiedendogli di infiammarmi del Suo Amore. Allora ha detto:
«- Ecco la scuola ove imparerai la scienza dell'abbandono, e così potrò fare di te quanto desidero».
Josefa si prova a muovere i primi passi in questa scienza della scienze. Bisogna che impari quella totale disponibilità che lascerà a poco a poco al Maestro divino ogni libertà in lei. Trascorrono due giorni in una grande solitudine interiore ed ella si chiede se in qualche cosa possa aver fatto dispiacere a Gesù... Lo invoca ed Egli non resiste all'ansia di un tale amore:
«- Sono contento che Mi chiami, ho tanta sete di essere amato!».
«Così dicendo mi ha trasfuso un desiderio talmente ardente da farmi comprendere che non ho ancora neppur cominciato ad amarlo. L'ho pregato di insegnarmelo».
«Se sei disposta a restarmi fedele, riverserò nell'anima tua il torrente della mia Misericordia e conoscerai l'Amore che ti porto; ma non dimenticare che, se ti amo, è per la tua piccolezza e non per i tuoi meriti».
Questa lezione di umiltà si ripeterà spesso in seguito, e mentre suscita nel cuore di Josefa il desiderio ardente di amarlo, non cessa di collocarla, da un lato, di fronte alla sua piccolezza, dall'altro, in vista delle anime di cui Egli è assetato.
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