§. III.
L‟apertura del sesto sigillo.
Cap. VI. v. 12-17
I. Vers. 12. E vidi quand‟ebbe aperto il sesto sigillo, ed ecco seguì un gran terremoto, e il sole diventò nero come una tonaca di cilicio, e tutta la luna diventò come sangue. Con l‟apertura del sesto sigillo vien descritta la decima ed ultima persecuzione contro la Chiesa di Cristo, scatenata nell‟anno 303 da Diocleziano e dal suo collega Massimiano. Essa viene posta sotto uno speciale sigillo a causa della sua straordinaria crudeltà e durata, e poiché fu l‟ultima. Durò infatti per quasi dodici anni, finché Costantino Magno, sconfitto Massenzio, giunse all‟Impero. Di questa persecuzione scrisse Sulpizio: A causa dello scatenarsi di questa tempesta quasi tutto il mondo fu inondato del sacro Sangue dei Martiri. Allora si cercava il martirio con una morte gloriosa molto più avidamente, di quanto oggi si aspiri all’Episcopato con prava ambizione. Il mondo non fu mai spossato dalle guerre, né mai conquistammo più grande trionfo, di quello che ottenemmo con dieci anni di stragi. Per quel che riguarda il numero di coloro che persero la vita durante così lunghi anni, se si deduce il numero totale da quello di un solo mese, allora tale cifra appare immensa. Nel Liber Pontificalis, infatti, si tramanda che in un solo messe ne fossero martirizzati 17.000. Si consideri poi che nei mesi futuri ci si accanì ancor maggiormente contro i cristiani, poiché furono pubblicati altri editti che incrudelirono la persecuzione. Si narra pure che nel solo Egitto, durante il regno di Diocleziano, siano stati uccisi in 144.000, mentre 72.000 fedeli vennero cacciati in esilio. Nelle altre province la strage non fu minore, a parte quelle che governava Costanzo Cloro, padre di Costantino Magno, il quale, benché non fosse cristiano, si comportò con gran mitezza nei confronti dei fedeli. Nessuno poteva comprare o vendere se prima non offriva incenso davanti alle statue di idoli collocate ovunque qua è là. Era posti presso i quartieri, le fontane e i villaggi degli appositi funzionari i quali davano il permesso di attingere acqua o di macinare solo a coloro che avevano sacrificato agli idoli. Cfr. Baronio. Tra le varie forme di persecuzione gravissima fu quella che costringeva i fedeli a bruciare i libri cristiani o a consegnarli. Quelli che, terrorizzati dall‟atrocità delle pene, consegnavano i volumi che possedevano, erano considerati traditori: il loro numero fu enorme. Ma altrettanto grande fu quello di coloro che preferirono una morte tra atroci tormenti, piuttosto che consegnare i libri, la cui commemorazione si fa nella Chiesa Roma il giorno 2 gennaio: A Roma si commemora moltissimi Santi Martiri, i quali, disprezzando l’editto dell’Imperatore Diocleziano che ordinava di consegnare i Santi Codici, preferirono consegnare i corpi al carnefice, piuttosto che dare ai cani le cose sante. Molti si rifugiarono presso i barbari, pur avendoli catturati, li quali li trattarono benevolmente, permettendo loro di praticare il culto cristiano, come si può vedere nel‟editto di Costantino, citato da Eusebio nella Vita Constantini, al lib. II, cap. 15. Avendo gli Imperatori stabilito di voler sradicare del tutto la religione cristiana, decisero di iniziare dall‟esercito, in modo che non vi fosse alcun cristiano armato che potesse opporsi quando gli editti pubblicati in tutto l‟Impero cominciassero ad essere messi in pratica. L‟intera Legione Tebea, col suo comandante S. Maurizio, fu decapitata dai pretoriani. Nella notte di Natale vennero arsi vivi nelle chiese 20.000 fedeli. Patirono il martirio il Papa S. Marcellino, S. Sebastiano, Serena, moglie di Diocleziano, S. Luciano, S. Vincenzo, S. Cristoforo, S. Biagio, S. Gervasio, S. Protasio, i SS. Cosma e Damiano, S. Quirino, S. Gorgonio, S. Agnese, S. Lucia, S. Pantaleone, S. Bonifacio, S. Metodio, S. Clemente, S. Agrano, S. Eufemia, S. Giorgio, S. Barbara, e moltissimi altri. Tutte le chiese, in ogni parte del mondo, furono distrutte dalle fondamenta. Tutti i membri degli ordini cristiani furono trucidati, in modo che non vi fosse più in alcuna provincia alcun segno della cristianità. Nel giorno di Pasqua, ossia della Resurrezione del Signore, si comandò che tutti i cristiani fossero uccisi e le chiese devastate. Le vergini cristiane dovevano essere violate, e costrette a rimaner chiuse nei lupanari. Così scrisse al riguardo S. Basilio, nel suo Elogio della Verginità: Mentre incrudeliva l’immane persecuzione, delle Vergini che avevano scelto di rimaner fedeli al loro Sposo, consegnate agli empi torturatori, mantennero inviolato il loro corpo. La grazia di lui teneva lontani gli assalti alla loro purezza e custodiva intatti i loro corpi. Ad Augusta S. Afra, un tempo pubblica meretrice, Ilaria, madre delle fanciulle, Digna, Eupomia e Eutropia, tutta la sua servitù, con molti altri fedeli di ambo i sessi, convertiti alla fede di Cristo, vi subirono il martirio, conquistando la corona immortale. Per cui rettamente il testo prosegue:
Vers. 12. E vidi, quand‟ebbe aperto il sesto sigillo, ed ecco seguì un gran terremoto. Per terremoto s‟intende un grandissimo perturbamento, uno sconvolgimento, uno sconquasso, una devastazione del Regno di Cristo sulla terra, poiché in tutto in territorio dell‟Impero Romano a seguito degli editti e dei decreti di Diocleziano e Massimiano, i magistrati e i potenti furono sollecitati ad uccidere e distruggere il popolo cristiano. E il sole diventò nero come una tonaca di cilicio. Il sole simboleggia Cristo, che è il sole di giustizia e la luce della verità. Qui viene denigrato, in quanto al suo onore e anche nei suoi membri, i quali erano accusati d‟essere dei maghi e degli stregoni, per il fatto di essere stati ammaestrati da Cristo per mezzo degli Apostoli e degli altri suoi discepoli. Così i pagani, denigravano il nome di Cristo. E tutta la luna diventò come sangue. La luna rappresenta la Chiesa, che come la luna riceve la luce dal sole, così essa riceve la luce della verità da Cristo, sole di giustizia. Inoltre la Chiesa, come la luna, cresce e decresce a seconda dei tempi, e sotto la tirannide di Diocleziano e di Massimiano divenne completamente rossa per il sangue dei Martiri. In ogni parte della terra infatti i cristiani erano ammazzati in massa come le bestie, come sopra spiegammo.
Vers. 13. E le stelle del cielo caddero sulla terra, come il fico butta i suoi fichi verdi, quand‟è scosso da gran vento. Queste stelle sono alcune personalità eminenti del Regno di Cristo, le quali piegati dal timore della morte e dei tormenti, caddero nell‟idolatria, come Papa S. Marcellino e molti altri, il quale però ricondotto a pentimento patì con fortezza il martirio per Cristo. Per la ferocia della persecuzione cessò pure il Papato Romano per sette anni e sei mesi. Come il fico butta i suoi fichi verdi. I cristiani sono paragonati ai frutti del fico per la loro debolezza. Come infatti i frutti del fico, appena spuntati sono ancora immaturi, e cadono facilmente se squassati da un gran vento, così allora i Cristiani non ben radicati nell‟amore di Cristo, e non maturati nella pazienza, investiti dal turbine di quella tempestosa bufera contro la Chiesa, caddero e apostatarono.
Vers. 14. E il cielo si ritirò come un volume ch‟è arrotolato. Il cielo simboleggia il Regno e la Chiesa di Cristo, che fu disperso dalla bufera di questa furiosa persecuzione ai quattro venti, come le pagine di un libro che sia stato completamente scompaginato. A Roma infatti cessò l‟Episcopato della Sede Apostolica, i cristiani furono dispersi, altri si nascosero nelle grotte, sui monti, nei luoghi e nelle regioni deserte. Altri fuggirono presso i barbari. I SS. codici poi, come dicemmo, da cui i cristiani traevano la dottrina, per ordine dell‟Imperatore erano bruciati, dispersi, e distrutti. E ogni montagna e isola furono smosse dai loro posti. Si prende qui quel che contiene per il contenuto. Fu tanta la furia di questa persecuzione che addirittura i cristiani che si rifugiavano in monti e isole quasi inaccessibili, erano perseguiti con diligenza (cosa che non accadeva in precedenza) per essere condotti al supplizio ed essere tolti di mezzo. Questi due Imperatori si adoperarono con ogni sforzo per sradicare tutta la cristianità, come dicemmo. Inoltre dice: E ogni montagna e isola furono smosse dai loro posti, appunto per la furibonda guerra scatenata da Diocleziano e Massimiano, con la quale sottomisero all‟Impero Romano quasi tutti i regni, principati, isole e nazioni, e luoghi fortificati in oriente e in occidente, i cui confini estesero ad est fin quasi all‟India, a sud fino all‟Etiopia, nel nord fino alle barbare e fiere popolazioni dei Sarmati, a ovest fino a Boulogne e all‟oceano Atlantico. Per cui aggiunge:
Vers. 15. E i Re della terra e i principi e i capitani e i ricchi e i potenti e ogni schiavo o libero si nascosero nelle spelonche e nelle rocce dei monti.
Vers. 16. E dicono ai monti e alle rocce: Cadete su di noi e nascondeteci dalla faccia di colui che siede sul trono e dall‟ira dell‟agnello.
Vers. 17. Perché è venuto il gran giorno dell‟ira loro, e chi mai può reggersi ritto? Queste parole indicano l‟angustia della tirannide di quei tempi, in cui tutti i cristiani eran costretti, poiché, come s‟è detto, essi non erano al sicuro, né nelle isole delle genti, né nelle fortezze, né nei deserti monti, né presso i barbari, dove erano riparati, nascondendosi addirittura nelle grotte o tra le rupi alpestri. Quei tiranni, infatti, fecero in modo di occupare, conquistare, distruggere, assoggettare tutti quei luoghi. E i Re della terra e i principi e i capitani e i ricchi e i forti e ogni schiavo o libero. Sono indicati sette generi di uomini forti per esprimere la crudeltà della persecuzione: nessuno ne era immune, come nelle altre persecuzioni, che di solito colpivano solo i vescovi, i predicatori e chi vi si opponeva, mentre questa incrudelì contro tutti. I Re inoltre indicano il Sommo Pastore della Chiesa e i Patriarchi, i principi sono i vescovi, i capitani gli altri prelati, i ricchi l‟aristocrazia, i forti sono i soldati cristiani; i servi sono i fedeli che fuggiti presso i barbari e da questi catturati, i liberi quei cristiani che rimasero in potere dell‟Impero Romano. E dicono ai monti e alle rocce: Cadete su di noi e nascondeteci dalla faccia di colui che siede sul trono. Queste parole esprimono il desi- derio di morire per l‟eccessiva afflizione, in cui si trovarono i cristiani, timorosi di essere inseguiti, catturati, traditi e condotti a morte dopo lunghi patimenti, anche se in moltissimi si erano rifugiati, come estremo riparo, nelle grotte e tra le rupi montane. Per questo desideravano la morte e di essere sepolti dalle montagne, per non essere indotti dalla violenza delle torture a rinnegare Cristo, come a moltissimi era accaduto. E dicono ai monti e alle rocce: Cadete su di noi e nascondeteci dalla faccia di colui che siede sul trono, ossia dall‟immane, orribile e crudelissima persecuzione di Diocleziano e Massimiano, che allora sedevano sul trono dell‟Impero Romano. E dall‟ira dell‟agnello, di Cristo, che i fedeli ritenevano fosse adirato contro la sua Chiesa, avendo permesso così grandi mali e di tale durata. Credevano pure che Diocleziano fosse l‟Anticristo, e che incombesse il giorno del giudizio finale, e l‟ultima sterminio della Chiesa e del Regno di Cristo sulla terra. Tale appariva allora la Cristianità. Perché è venuto il gran giorno dell‟ira loro, il tempo dell‟ultima persecuzione, come descritto da Cristo in S. Matteo al cap. 24. Gran giorno è detto per la crudeltà del tiranno e per il permesso di Dio, perché quella tribolazione superò tutte le precedenti, e tutti i permessi di Dio, che son designati metaforicamente dall‟espressione ira dell‟agnello, perché egli flagellerà i suoi e ogni cosa come fosse adirato per purgarci dai peccati e aumentare la gloria e il premio celesti qui sulla terra a tempo debito per sua bontà, non volendo punirli eternamente con gli empi nella geenna di fuoco e nelle fiamme eterne dell‟inferno.
E chi mai può reggersi ritto? Parla la fragilità umana e l‟umana pusillanimità al considerare tanto grande carneficina, che esprime pure la difficoltà della vittoria sul tiranno, come dimostra la caduta di Papa S. Marcellino.
Venerabile Servo di Dio Bartolomeo Holzhauser
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