domenica 27 agosto 2023

E se il mondo, il male o il maligno ci ostacolano,


E se il mondo, il male o il maligno ci ostacolano, ricordiamo ciò che scrive l’apostolo Paolo:

«Dio non ci ha dato uno spirito di timidezza,  ma di forza, di amore e di saggezza. 

Non vergognarti dunque della testimonianza  da rendere al Signore nostro» (2 Tm 1, 7-8).

Quali responsabilità sono mai le nostre! Chiunque ci avvicini, per qualsiasi problema spirituale, deve trovare in noi dove porre la massima fiducia.

Non rimaniamo ammirati, incoraggiati, quando incontriamo dei santi?

Sono persone che hanno il culto dell’ordine morale, una grande stima delle proprie azioni, tanto da aver acquistato un modo di vivere coerente, una rettitudine abituale, resa facile dalla perseveranza nella virtù, una fedeltà anche alle piccole cose costruita dalla consuetudine per l’amore del bene.

Niente è insignificante per chi si mette sul serio al servizio di Dio!

Commentando l’Ottavo Comandamento, il Catechismo della Chiesa Cattolica richiama al dovere di rendere testimonianza alla verità.

«Nelle situazioni in cui si richiede che si testimoni la fede, il cristiano ha il dovere di professarla senza equivoci, come ha fatto san Paolo davanti ai suoi giudici. Il credente deve “conservare una coscienza irreprensibile davanti a Dio e davanti agli uomini” (At 24, 16)» (n. 2471).

È la testimonianza che troviamo di continuo nei martiri, anche in quelli del nostro tempo, che non sono pochi.

I testimoni del Vangelo sono persone scomode non perché sono dei pensatori, ma perché operano per il trionfo del Regno di Dio, perché rendono le persone coscienti della loro dignità di figli di Dio.

Quando il Signore Gesù ci chiede di schierarci dalla parte del bene, non lo fa con mezze misure.

Chiede una dedizione totale, un amore che prende tutto il cuore e la vita, sempre.

La testimonianza cristiana è una testimonianza che sconfina ordinariamente nel martirio, capace di un sacrificio perfetto.

È questo che rende credibile l’esistenza di una realtà che «vale più della vita» (Sal 62, 4)!

Padre Bartolomeo Sorge, ricordando i vent’anni trascorsi dalla morte di mons. Oscar Arnulfo Romero, arcivescovo di San Salvador, trucidato sull’altare dagli “squadroni della morte” (24 marzo 1980), ha riportato questa testimonianza:

«Ho conosciuto mons. Romero ai lavori della III Conferenza generale dell’Episcopato Latinoamericano a Puebla, nel 1979... Un giorno mons. Romero – in un momento di pausa – mi disse che la scelta preferenziale per i poveri era divenuta per lui una ragione di vita. E mi spiegò come era avvenuta la sua ‘conversione’. “Quando assassinarono il mio braccio destro, il padre Rutilio Grande, anche i campesinos rimasero orfani del loro ‘padre’ e del loro più strenuo difensore. Fu durante la veglia di preghiera davanti alle spoglie dell’eroico padre Gesuita, immolatosi per i poveri, che io capii che ora toccava a me prenderne il posto, ben sapendo che così anch’io mi sarei giocato la vita”.

Mi parlò della situazione drammatica del suo Paese, dei diritti umani calpestati, di tanti suoi figli spariti nel nulla, delle torture e delle esecuzioni sommarie...

A un certo punto – lo ricordo bene come se fosse accaduto ieri – s’interruppe; e cambiando di tono, aggiunse testualmente: “Ho appena saputo che un mio quarto sacerdote è stato assassinato. Lo so. Appena mi prenderanno, uccideranno anche me”.

Lo guardai. Non mostrava alcun segno di rammarico o di paura. Sorrideva. Il suo volto lasciava trasparire una serenità che solo la fede profonda e un amore grande possono dare. Quel volto non l’ho più potuto dimenticare. Il volto di un martire dei nuovi tempi. Appena un anno dopo, la sua profezia si compì» (di mons. Romero è iniziata la causa di beatificazione). 


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