LA SCHIAVITU’ DEL DENARO
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Quelli che si trovano sotto la schiavitù del denaro si troveranno coinvolti in una lotta implacabile e costante, perché esistono altri che cercano la stessa realtà, nella quale gli interessi degli uni urtano con gli interessi degli altri. Ecco che il denaro porta fra gli uomini qualcosa che è proprio dell’inferno: l’odio. Questa sarebbe una ragione in più per provare come il denaro è una invenzione esclusiva del demonio.
Il denaro non ha altro valore che quello di rappresentare un’altra realtà: la proprietà. La proprietà è un altro dei tanti lacci nel quale è caduto l’uomo nel suo orgoglio, desideroso di stabilirsi confortevolmente in questo mondo. Non è forse lecita la proprietà, frutto di un lavoro onesto? In parole semplici, no. L’unico proprietario è Dio, perché Suo è non solo ciò che possediamo, ma anche le facoltà con le quali abbiamo lavorato. Sentire profondamente questa espropriazio- ne radicale è mettersi, l’uomo, nel vuoto di una umiltà simile a quella dalla quale lo trasse Dio: il nulla. Sentire che le sue facoltà naturali sono un dono di Dio e vivere in questa convinzione è il giusto sentire di una creatura razionale in grazia. Tutto ciò che si allontani da questo è opera dell’orgoglio umano che, come il demonio, pretende appro- priarsi di cose che non sono sue.
Ecco perché la proprietà, in un senso puro e profondo, è un furto fatto a Dio. Si dice che l’uomo è un amministratore di Dio, ma in pratica si vive con tutti i diritti di reclamo di un autentico o proprietario.
Uno sguardo profondo che sia riuscito a vedere le esigenze di questa vera espropriazione si farà questa domanda: come si può vivere allora in questo mondo, se la proprietà raggiunta con mezzi legittimi diventa illegittima? È necessario sentire profondamente queste difficoltà, per vedere quanto lontano sia caduto l’uomo e per sentirsi estranei in un mondo che è stato usurpato dal demonio, e in cui questi cerca di far partecipare gli uomini a quel furto, facendo loro credere che sono “proprietari assoluti” del mondo.
Ma non è questione di termini giuridici: solo chi senta e viva che il suo non gli appartiene, ma che egli è semplice amministratore di Colui al quale il Padre assoggettò tutte le cose, sarà disposto a fare tutto quello che gli chieda il suo Proprietario. Perché tanto la proprietà privata quanto quella comune portano questa conseguenza gravissima: impediscono di ascoltare Dio; l’impegno si incentra nel difendere i propri interessi, e si dimenticano in parte o totalmente gli interessi di Dio. Più ancora, siccome non si vuole rinunciare ai propri interessi, si arriva all’autosuggestione di credere che i propri interessi sono gli “interessi” di Dio. Il riconoscere questo inganno, in ciò che si è vissuto con maggiore o minore rettitudine, è opera della grazia e dell’umiltà.
Una delle difficoltà che il demonio può suggerirci è questa: la preoccupazione di come si dovrà svolgere la nostra vita nel futuro. Se abbiamo vissuto in modo sbagliato, come sarà la nostra vita per l’avvenire? E siccome può darsi che Dio non ci faccia conoscere il futuro nello stesso momento in cui ci fa vedere l’errore del nostro passato, noi ci rifiutiamo di ricono- scerlo. La natura umana ha orrore del vuoto; rinnegare il passato senza avere un futuro certo, non è possibile all’orgoglio umano. Esso pretende una sicurezza; da ciò deriva che si aggrappi al passato e al presente, benché questo sia errore; e cercherà di giustificarsi convincendosi che il contrario è temerità. Conclusione: secondo l’orgoglio, i propri interessi sono l’unica verità pratica.
Contro l’orgoglio che ha diviso il mondo in compartimenti di proprietà privata o nazionale, non c’è che l’umiltà e la fede per riconoscere Colui che è il suo vero proprietario per natura e per conquista: Gesù. «Perché in Lui sono state create tutte le cose del cielo e della terra, le visibili e le invisibili, i troni, le dominazioni, i principati e le potestà: tutto è stato creato per mezzo di Lui e per Lui. Egli è prima di tutte le cose e tutto sussiste in Lui. Egli è il capo del Corpo della Chiesa, Egli è il principio, il primogenito fra i morti, affinché abbia il primato su tutte le cose. E piacque al Padre riconciliare tutte le cose in Lui, pacificando col sangue della sua croce quelle della terra, come quelle del cielo».
Quando queste parole di San Paolo cessino di essere soltanto una bella teoria, per diventare viva pratica, compren- deremo che ogni proprietà è una specie di sacrilegio, un furto fatto a Colui cui appartengono tutte le cose, tanto «quelle del cielo come quelle della terra», «perché in Lui sono state create»; e inoltre «per Lui sono state riconciliate, purificando col sangue della sua croce tutte le cose, quelle del cielo, come quelle della terra».
Qualcuno può pensare: se le cose della terra sono state « create in Cristo» ed Egli le ha purificate col suo sangue, come mai continuano ancora ad appartenere agli uomini? La domanda è fatta con realismo. La risposta non può essere compresa, se quel realismo materiale non riesce a vedere il realismo della fede: le cose della terra sono nelle mani degli uomini fino a che sia completato il numero degli eletti, il cui Primogenito è Gesù. «La creazione stessa attende con impazienza la manifestazione dei figli di Dio; essa infatti è stata sottomessa alla vanità – non per suo volere ma per volere di colui che l’ha sottomessa e nutre la speranza di essere lei pure liberata dalla schiavitù della corruzione, per entrare nella libertà dei figli di Dio. Sappiamo bene infatti che tutta la creazione geme e soffre fino ad oggi nelle doglie del parto».
Questo stato di violenza in cui la creazione si trova, descritto chiaramente da San Paolo, si deve a che essa «è sottomessa alla vanità, non per suo volere ma per volere di colui che l’ha sottomessa, e attende con impazienza la manifestazione dei figli di Dio», il cui Primogenito è Gesù. E fino a che quel numero di anime non abbiano la libertà dei figli di Dio, non si realizzerà la manifestazione attesa con impazienza», e le cose della terra continueranno ad essere « sottomesse alla vanità».
Difficile in questo stato di cose comprendere le parole di Dio al suo Popolo Eletto: «Le terre non le cederete in pro- prietà, perché la terra è mia e voi siete, sul mio, pellegrini e stranieri».
JOSÉ BARRIUSO
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