Chiedere con perseveranza
Infine, l’umiltà vi porterà ad essere perseveranti; la perseveranza è un’altra condizione per l’efficacia della preghiera. Anche qui, Gesù è stato assai esplicito. Ricordate le parabole dell’amico importuno e del giudice iniquo nel Vangelo di San Luca? (Lc.18,1-8; 11,5-10). E’ necessario perseverare nella preghiera senza stancarsi mai, perché se un giudice iniquo si decide a rendere giustizia a una vedova che lo importuna, quanto più il Padre celeste ascolterà i suoi che gridano a lui giorno e notte! Alle volte il Signore tarda ad ascoltarci perché vuole far crescere la nostra fede, vuole convincerci che abbiamo in tutto bisogno di lui e vuole che purifichiamo le nostre intenzioni e le nostre richieste, perché sempre l’orazione deve procedere da un cuore puro e da un animo retto.
Nell’Apocalisse la preghiera dei Santi è paragonata ad un caso che va riempiendosi di suppliche finché non sia colmo. Dobbiamo perseverare e attendere con pazienza che il nostro vaso di orazioni si colmi e allora la grazia di Dio traboccherà sui nostri desideri e li porterà a compimento. C’è un “tempo di Dio” anche nell’orazione e solo la fede viva e l’umile perseveranza lo possono accelerare. “Persevera nell’orazione. - Persevera, anche se la tua fatica sembra sterile - L’orazione è sempre feconda” (Cammino n.101).
Chiedere certi di ottenere
Infine, dobbiamo chiedere convinti che il Signore ci concederà quello che gli domandiamo. Gesù ce lo assicura con il linguaggio più commovente e convincente:
“Chi tra voi al figlio che gli chiede un pane darà una pietra? O se gli chiede un pesce, darà una serpe? Se voi dunque che siete cattivi, sapete dare cose buone ai vostri figli, quanto più il Padre vostro che è nei cieli darà cose buone a quelli che gliele domandano!” (Mt.7,9). Vedete? La certezza di essere ascoltati nasce dal saperci figli di Dio.
Fratelli cari, ecco il vero fondamento della nostra fiducia: la filiazione divina. Molti uomini se ne vanno per il mondo con la mentalità di orfani o di minorenni in attesa di una maggiore età per potersi appoggiare alle proprie forze e alle proprie risorse, o aspettando la fortuna di circostanze favorevoli sulle quali fondare le proprie sicurezze. Noi siamo chiamati a vivere con mentalità di figli, figli forti e responsabili, ai quali il Signore ha affidato la responsabilità del mondo, ma sempre figli che si appoggiano su di lui, sulla sua forza e sulla sua grazia. Non vergognatevi di considerarvi figli piccoli, bambini che hanno nel loro padre una fiducia cieca e assoluta, che si affidano a lui anche quando non capiscono, anzi, proprio quando si trovano in mezzo a fatti che non capiscono perché sembrano assurdi e ingiusti. Sanno invece che Dio non inganna, che non è insensibile alla nostra fiducia filiale, e che non c’è luogo più sicuro delle sue braccia forti e tenere anche quando rimprovera e punisce.
Non possiamo dubitare di Dio e della sua fedeltà: dobbiamo imparare a rivolgerci a lui convinti che egli ci ascolta, chiedendo con la certezza viva di ottenere e insieme con la fiduciosa disposizione di abbandonarci a lui per tutto quello che Egli disporrà per noi. Se saprete abbandonarvi così, come bambini piccoli, non resterete delusi; il Signore sopravanzerà i vostri desideri e le vostre attese e vi riempirà di sicurezza e di pace.
Il fascino della figura di Gesù
Avviandomi ora a concludere queste riflessioni che, sia pure attraverso fogli di una lettera vogliono essere una conversazione fraterna e paterna con ciascuno di voi nella calda ospitalità delle vostre case, desidero ricordarvi ancora che l’unico mio desiderio è quello di animarvi a crescere nella vostra fede e di farvi riscoprire la figura amabilissima di Gesù Cristo, figlio di Dio e nostro Salvatore, che si è fatto per noi cammino e salvezza, perché in lui si è compiuta la nostra pace.
Carissimi, se il Signore ci attira così poco è perché siamo ciechi, è perché voi e io, siamo così miopi che la sua figura ci appare sbiadita, evanescente, lontana; abbiamo una specie di cataratta sugli occhi dell’anima e il volto di Gesù ci appare appena visibile, come un’ombra, inespressivo, quando addirittura non deformato. Credetemi, se purificheremo i nostri occhi, se li laveremo col collirio della contrizione e del pentimento, se ci avvicineremo a lui attraverso il sacramento della penitenza e della conversione, si aprirà il nostro sguardo e ci apparirà chiaro e luminoso il suo volto, quel volto che ha affascinato i pescatori di Galilea trasformandoli in apostoli, quel volto che ha innamorato i santi e che ora rende felici gli Angeli del cielo; succederà anche a voi quello che accadde all’apostolo San Giovanni quando, dopo la risurrezione, nella seconda pesca miracolosa, s’accorse, lui, l’apostolo-vergine, che quella figura sulle rive del lago, tra le brume del mattino, era Gesù e, preso da un sussulto gridò: “E’ il Signore!”. Anche per voi, se aprirete il vostro cuore alla preghiera, all’umiltà e al pentimento, si scioglieranno le brume fredde dell’indifferenza, si diraderanno le nebbie del dubbio e scoprirete il Signore, vi apparirà più nitido il volto amabile di Gesù, e griderete anche voi con la fede e con l’amore del discepolo prediletto: “Sei tu, Gesù, il mio Signore!”.
Ferdinando Rancan
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