§. VII.
166. Spirito di consolazione e diletti spirituali perpetuamente continuati, né mai interrotti, molto più è sospetto: perché dicono i santi padri che lo spirito di Dio va e viene, or si palesa e or si nasconde, né opera sempre nelle anime con lo stesso tenore. Così insegna S. Gregorio spiegando quelle parole del libro di Giobbe: “un vento mi passò sulla faccia, e il pelo si drizzò sulla mia carne...” (Gb.4,15). Per quanto (si notino queste parole del S. dottore) uno, nella presente vita profitti nella virtù, non può sempre durare nello stesso stato di consolazioni o contemplazioni, perché di tanto in tanto è costretto a sentire gl'incomodi della sua corruttibile natura (S. Greg. Mor. lib. 5, cap. 23). Lo stesso insegna San Bernardo, dimostrando col fatto de' due discepoli che andavano in Emmaus e con alcune parole di Cristo, riferite in san Giovanni, che il divin Verbo ora viene a noi, ora parte da noi, ora ci visita con le sue dolcezze, ed ora si nasconde per essere da noi cercato (S. Bern. Serm. 74 super cant.). Ma più chiaramente parla su questo punto santa Teresa, dicendo ch'ella non terrebbe per sicura un'anima che stesse sempre in una certa ebrietà e soavità di spirito e in uno stesso stato o grado di spirituali dolcezze, ma molto temerebbe d'illusione diabolica: perché non è possibile che lo spirito del Signore tenga in questa vita sempre l'anima in uno stato proprio dell'alma vita, voglio dire in uno stato di non mai interrotti godimenti. Ecco le sue parole: «Potrebbe il demonio mescolare gl'inganni ~uoi insieme con i gusti che dà Iddio, se non vi fossero tentazioni; e far molto più danno, che quando vi sono, e l'anima non far tanto acquisto, togliendosele almeno quelle cose che la fanno meritare, e lasciandola in una ordinaria ubriachezza ed astrazione, imperocché quando questa sta sempre in uno stato, o grado, non la tengo per sicura; né mi pare possibile, che lo spirito di Dio stia sempre in un medesimo essere e grado in questo esilio» (S. Teresa: Castello interiore Mans. 4, cap. 1.): avverta però il direttore, che questa dottrina patisce eccezione in un certo stato di perfettissima unione mistica, che la santa chiama matrimoniale: perché in esso dice ella che non si patiscono aridità, se non che brevi e molto di rado; poiché l'anima sente quasi sempre dentro di sé il suo divino sposo in una pace e consolazione quasi continua. Ciò nonostante, però l'istessa contentezza non è sempre di uno stesso tenore, ma ora cresce in grandi delizie di spirito, ed ora scema: onde anche in questo stato felice vi sono le sue vicende.
G. BATTISTA SCARAMELLI SERVUS IESUS
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