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In una occasione il popolo, entusiasmato dalla vittoria di Gedeone contro Madian, lo supplicò così: «Regna su di noi tu e i tuoi discendenti, poiché ci hai liberati dalla mano di Madian». E quel capo vittorioso ebbe un gesto di sublime umiltà, perché conosceva qual era l’economia di salvezza che Dio voleva per il suo Popolo: «lo non regnerò su di voi, né mio figlio regnerà; il Signore regnerà su di voi»1. Gesto degno che ci ricorda l’atteggiamento riservato di Gesù, quando il popolo, saziato per la moltiplicazione dei pani, voleva proclamarlo re!
Il popolo ebreo non è peggiore degli altri popoli, ma siccome ha sempre alla base realtà divine, i suoi difetti risaltano di più. Come succede per la vita religiosa: i difetti di un sacerdote, di un religioso o una religiosa, risaltano più di quelli delle altre persone.
La storia ebrea prende un nuovo indirizzo quando il popolo desidera istituire la monarchia: «Si radunarono allora tutti gli anziani di Israele e andarono da Samuele a Rama. Gli dissero: “Tu ormai sei vecchio e i tuoi figli non ricalcano le tue orme. Ora stabilisci per noi un re che ci governi, come avviene per tutti i popoli”. Agli occhi di Samuele era cattiva la proposta perché avevano detto: “Dacci un re che ci governi”. Perciò Samuele pregò il Signore. Il Signore rispose a Samuele: “Ascolta la voce del popolo per quanto ti ha detto, perché costoro non hanno rigettato te, ma hanno rigettato me, perché io non regni più su di essi. Come si sono comportati con me dal giorno in cui li ho fatti uscire dall’Egitto fino ad oggi, abbandonando me per seguire altri dèi, così fanno ora con te. Ascolta pure la loro richiesta, però annunzia loro chiaramente le pretese del re che regnerà su di loro”»
Le parole profetiche di Samuele ebbero pieno compimento nei re perversi che maltrattarono senza misericordia quel popolo che aveva rigettato la tutela di Dio.
Ma questo non è tutto. Le conseguenze di quella richiesta a Samuele culminarono con l’apostasia dal vero Re, Gesù Cristo, proclamandosi il popolo fedele a Cesare: «“Metterò in croce il vostro re?” Risposero i sommi sacerdoti: “Non abbiamo altro re all’infuori di Cesare”». Era la conclusione o la conseguenza di quel desiderio che esposero a Samuele: volevano essere come gli altri popoli. Là rigettarono Dio, qui rigettano il suo Figlio per essere, come tutti i popoli, sotto- messi a Roma: «Non abbiamo altro re all’infuori di Cesare».
Se prima fu rigettato il Padre e poi il Figlio, ora è rigettato lo Spirito Santo (!): «Perciò io vi dico: qualunque peccato e bestemmia sarà perdonato agli uomini, ma la bestemmia contro lo Spirito non sarà perdonata. A chiunque parlerà male del Figlio dell’uomo sarà perdonato; ma la bestemmia contro lo Spirito non gli sarà perdonata né in questo secolo, né in quello futuro».
«Come si sono comportati con me – dice Dio a Samuele – dal giorno in cui li ho fatti uscire dall’Egitto fino ad oggi, abbandonando me per seguire altri dèi, così fanno ora con te». Queste parole acquistano una drammaticità rabbrividente, che ci rivela l’abisso in cui è caduto il popolo prediletto da Dio. Non fermiamoci concretamente al popolo ebreo: esso rappresenta tutto il “Popolo di Dio” (l’umanità) e il suo atteggiamento di allora non è diverso dall’atteggiamento di tutti i “popoli” che formano il “Popolo di Dio”. “Come si sono comportati con me – potrebbe dire il Padre a Gesù e Gesù allo Spirito Santo – dal giorno in cui li ho fatti uscire dall’Egitto fino ad oggi, abbandonando me per seguire altri dèi, cosi fanno ora con te”, si dichiarano servitori “di Cesare” e rigettano Te, Re dei re.
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JOSÉ BARRIUSO
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