Vita della Vergine Madre di Dio
SUOR MARIA DI GESÙ DI AGREDA (1602-1665)
Corrispondenza epistolare con il Re
Non c'è dubbio che uno degli episodi più simpatici della vita di suor Maria è quello delle sue relazioni con il re Filippo IV con il quale mantenne corrispondenza
epistolare per lo spazio di più di vent'anni (1643-1665). Bisogna riconoscere che le relazioni di suor Maria con il re di Spagna non sono più che un capitolo, il più importante se si vuole, nel contesto
delle molteplici relazioni e della variatissima ed estesa corrispondenza epistolare che la Venerabile sostenne con molteplici persone del suo tempo. Suor Maria scrisse lettere a papi, re, generali di Ordini religiosi, vescovi,
nobili ed ogni ceto di persone della Chiesa e della società. Dunque, dando per scontato che molta di questa corrispondenza sia andata perduta, non si può fare a meno di restare ammirati considerando il volume,
l'estensione, la qualità e varietà della sua attività epistolare e letteraria. Ben poté parlare Sandoval di un mondo in una cella. Veniamo dunque al tema della sua corrispondenza con Filippo
IV.
Nel luglio del 1643 Filippo IV si trattiene ad Agreda, di passaggio per Saragozza. Visita suor Maria, e le propone l'idea di mantenere corrispondenza con lei. Il re le scriverà
a mezzo margine, affinché la risposta della monaca vada nel medesimo piego. E, secondo l'accordo, pochi giorni dopo il re le scrisse da Saragozza la sua prima lettera. Così iniziò questa celebre corrispondenza,
che si doveva interrompere solo con la morte della Venerabile. L'edizione di Silvela consta di 614 lettere, delle quali 314 sono della monaca, e il resto del re.
Che cosa cercava Filippo IV quando bussò alle porte di quel monastero? Aiuto soprannaturale senza dubbio, poiché i mezzi umani e naturali gli venivano meno per
il momento. Il panorama della monarchia spagnola era inquietante: Catalogna sollevata, guerre e rivalità con Francia, Fiandre, Italia, Portogallo; mancanza di mezzi e soccorsi per attendere a tanti «impegni»...
Il re progettava di allontanare da sé l'onnipotente valido conte duca di Olivares, che l'opinione popolare incolpava di tutti i disastri. Però solo e senza ministro, l'abulico Filippo IV che poteva
fare? La coscienza gli diceva per di più che con la sua vita sregolata recava offesa a Dio. In tale angustia ricorre, pertanto, ad un'anima santa, confidando che con le sue preghiere di intercessione presso Dio, le sue luci e i suoi consigli, lo aiuterà ad uscire da quel labirinto.
Suor Maria non deluse le speranze che il re riponeva in lei. Con fedeltà e perseveranza esemplare si pose a rispondere alle lettere reali, dispiegando per questo mezzo un vero lavoro
di rieducazione cristiana del monarca; nel medesimo tempo non tralasciò di dargli consigli appropriati in questioni di ordine politico o militare che il monarca le esponeva. Così, per esempio, in un momento in
cui il re si sentiva tentato di passar sopra ai privilegi di Aragona, suor Maria lo avvertì che non lo facesse per nulla al mondo. Quando il re voleva estendere all'Aragona la giurisdizione dell'Inquisizione,
suor Maria gli consigliò di lasciar da parte questo progetto, essendo inopportuno in quel momento; l'essenziale d'altronde era ottenere la cooperazione aragonese, per la quale doveva allentare i punti di contrasto.
Dopo la riconquista di Barcellona, la monaca gli consigliò di porvi dei ministri che si accordassero bene con gli abitanti del luogo. Silvela è giunto a dire che la monaca di Agreda, con la sua chiaroveggenza
e il suo intuito, salvò l'unità della Spagna in quell'ora veramente critica e decisiva.
Nell'ordine internazionale, convinse il re a fare la pace con la Francia. Ed effettivamente ebbe la consolazione di veder realizzato questo obiettivo con la firma della Pace dei Pirenei.
Suor Maria ebbe una preoccupazione costante e generale nel consigliare la pace. Non le entrava in testa che per conquistare un castello dovessero morire tanti uomini redenti da Cristo:
«Per difendere cose terrene, piazze o regni (ha poca importanza che li tengano gli uni o gli altri) si sparge tanto sangue di cristiani, muoiono migliaia di migliaia di uomini, rovinano
i re le loro faccende, tengono i poveri vassalli oppressi, pieni di tributi...».
La preoccupazione per i poveri, trasmettere al re le lagnanze, vessazioni e fatiche di questi, è un'altra delle costanti che si avvertono in queste lettere. Per inciso viene
a dire che lo stato ecclesiastico sente poco la necessità della pace, perché ad esso non gli importano le conseguenze della guerra, che tanto affliggono i poveri.
Come pare, più di una volta suor Maria si sentì scoraggiata e tentata di sospendere quella corrispondenza, soprattutto vedendo la poca emenda del re (fatto che a lei non
restava nascosto, poiché era al corrente delle cose della Corte); però la sostenne un fuoco di amore o ardore, che lei credeva infuso, e la impegnava a lavorare per quella monarchia, la cui causa veniva identificata
con quella di Dio e della sua Chiesa.
Il re, da parte sua, quasi costantemente ripete nelle sue lettere l'aiuto che riceve dalla corrispondenza di suor Maria, la gioia con cui si prende il compito di scriverle, la fortuna
che ritiene per lui l'averla conosciuta, la pena che sente quando la monaca tarda a rispondere. Senza dubbio, quello che confortava e commuoveva il re era soprattutto il vedere l'intima comprensione e il sincero interesse
con cui quell'anima di Dio si dava da fare per il suo bene e per la causa della sua monarchia. Si vedano alcuni passi:
«In tutte le lettere che mi scrivi, trovo nuovi motivi di gradimento, poiché riconosco con chiarezza l'amore che mi porti e i desideri tanto vivi che hai del mio maggior bene, sia spirituale
che temporale. Questo mi consola molto in mezzo alle preoccupazioni in cui mi trovo, poiché è grande aiuto in esse sapere che c'è chi desidera alleggerirle e chi lo procura con tanto sicuro e certo
cammino, come quello dell'orazione»
«Con molto piacere ho ricevuto la tua lettera, come mi succede per tutte quelle che mi scrivi, e in verità non nascondono l'amore che mi porti e il fatto che desideri
i miei successi, poiché tutto quello che mi riferisci in esse lo dichiara sufficientemente. Io questo lo apprezzo e lo gradisco molto, e torno a raccomandare di continuare questa buona opera che mi fai, che spero debba
giovarmi molto; non trascurarla e non scoraggiarti nel ritenerti tanto umile strumento, poiché Dio cerca più questi che i superbi».
«Gran desiderio ebbi la settimana scorsa di rispondere alla tua lettera, però non mi fu possibile perché si accavallarono molti impegni nel momento in cui la staffetta
partiva; ne ho risentito molto, perché non c'è per me miglior momento di quello in cui parlo con te, nel mondo che mi è possibile. Apprezzo e gradisco molto, suor Maria, quanto mi dici, l'affetto
e il desiderio che mostri del mio maggior bene, nel quale riconosco quanto fine e sincera è l'amicizia che mi porti, poiché qualunque riga della tua lettera lo dice espressamente e, particolarmente, i santi
e veritieri insegnamenti che mi dai in essa, tutto dirigendo alla mia salvezza, che è l'unico fine cui dobbiamo aspirare».
Un tratto che denota la delicatezza d'animo di suor Maria è l'assoluto disinteresse con cui servì il re. Intendiamo dire che mai approfittò delle sue relazioni
con lui per ricavare vantaggi temporali per sé, il suo convento e i suoi familiari. A quel che pare, il fratello maggiore della Venerabile, Francesco, cercò di valersi dell'influsso di sua sorella per arrivare
ad essere vescovo; le chiese di ottenergli un'udienza dal re. Suor Maria, che non riuscì a farlo desistere dal suo intento, avverti in precedenza il re della visita; gli suggerì di dirgli buone parole e di
licenziarlo, senza però prendere sul serio le sue pretese.
Suor Maria di Gesù
Abbadessa del Monastero dell’Immacolata di Agreda dell’Ordine dell’Immacolata Concezione