domenica 17 novembre 2019

«La croce, accettata, fa sentire la propria impotenza. E si fa preghiera»


La nostra impotenza! Incredibilmente forte e caparbia. Questa sì che è una croce diffic.ile da sopportare. E impossibile da eliminare.
"Bisogna fare di necessità virtù; e di virtù merito", come dice un proverbio.
Senza perdere troppo tempo nel piagnucolare.
Ne deriverebbe una tristezza che produce la morte (cf. 2 Cor 7, 10).
• Impotenti a rendere bianco o nero un solo capello (cf. Mt 5, 36).
• Impotenti a spezzare il fascino del vizio (cf. Sap 4, 12).
• Impotenti a frenare una parola offensiva della verità o della carità (cf. Gc 3, 1-10).
Un invisibile embolo è capace di consegnarti alla morte innanzi tempo.
Fossimo capaci di smascherare tempestivamente i nostri vizi, insidiosi nemici che portano il nostro stesso nome!
E potessimo metterli al muro e farli tacere prima che ci buttino in braccio al peccato!... Ripensiamo con sgomento a certe sfortunate combinazioni che ci hanno segnato nel profondo della coscienza... Ma è più atroce la sofferenza che proviamo, quando una tentazione ci atterra, nonostante ci sembrasse di aver guadagnato terreno e di sentirci pronti all'urto.
Ottimi propositi saltati in aria per l'accensione di un piccolissimo cerino.
Se non è l'Altissimo a tenerci in piedi, poveri noi! E viene da chiedersi se accettiamo con semplicità le nostre impotenze, di ieri, di oggi e di domani: sofferenza di sempre; o se ci chiudiamo in noi stessi, scoraggiati, sconfitti, delusi.
Sofferenza inesprimibile da parte di chi intende fare sul serio e sinceramente lotta per la propria santificazione e la salvezza dei fratelli: soltanto la preghiera la può esprimere e trasformare in grazia.
Se così non avvenisse, si dovrebbe imputare quel triste ripiegamento all'orgoglio ferito, che rifiuta di accettare l'esperienza umiliante della propria infermità. È presso di noi il Signore nella sventura.
«Lo salverò, perché a me si è affidato, lo esalterò, perché ha conosciuto il mio nome. Mi invocherà e gli darò risposta; presso di lui sarò nella sventura, lo salverò e lo renderò glorioso» (Sal 90, 14-15).
Ogni dolore, da qualsiasi parte venga a ferire, ci fa toccare con mano i limiti che nessuna forza creata può eliminare: conoscenza non entusiasmante, certo, ma utilissima per fare della preghiera il gemito costante, l'abbandono fiducioso, il migliore esercizio di umiltà.
Su tante pagine patite della nostra storia personale, intima, che non sveleremo mai a nessuno, potremmo trascrivere i seguenti versetti del Salmo 72: «Quando si agitava il mio cuore e nell'intimo mi tormentavo, io ero stolto e non capivo, davanti a te stavo come una bestia. Ma io sono con te sempre: tu mi hai preso per la mano destra. Mi guiderai con il tuo consiglio e poi mi accoglierai nella tua gloria... Vengono meno la mia carne e il mio cuore; ma la roccia del mio cuore è Dio» (vv. 21-24.26).
«Nessuno misura la violenza delle tempeste interiori. Nessuno dà un nome preciso alle tragedie più intime. Ognuno ha una sofferenza che non svela mai a nessuno» (Nino Salvaneschi).
Sono questi spasimi personali, di nostro conio, quelli che possono tramutarsi nella invocazione più nostra e più penetrante. Veri colpi d'ala verso la Misericordia.
Talvolta l'occasione viene offerta (e vorremmo protestare con tutta la forza di un cuore ferito a morte!) proprio da coloro ai quali avevamo consegnato denaro, tempo, coraggio, fors'anche il sacrificio di tante cose a noi care e persino la stessa vita.
Sia benedetto Dio, che ci mette sotto gli occhi e sulle labbra le preghiere più genuine e più potenti!... Le preghiere dell'impotenza di fronte all'ingratitudine delle persone più amate!
Eco dell'implorazione stessa del divino Crocifisso: «Padre, perdonali, perché non sanno quello che fanno» (Lc 23, 34).
È quando siamo impotenti e ne gemiamo, che le nostre preghiere diventano forti (cf. 2 Cor 12, 10). La preghiera più bella, di inapprezzabile valore, quando mai?
Quando toccheremo l'impotenza `suprema' della morte; e sarà - Dio ce lo conceda! - il cantico più vivo, venuto su dagli abissi del mistero della nostra vita; non troveremo né tempo né forza per esprimerlo con parole, per rivestirlo di suoni e di gesti: rimarrà di una verginità vestita di silenzio infrangibile.
Inizio del mistero del Regno dei cieli.
I consacrati, praticando in perfetta carità i consigli evangelici, anticipano misticamente quel cantico, giorno dietro giorno, in un annientamento che non ha l'uguale, il sacrificio più gradito a Dio.
Chi abbraccia i santi Voti, per impulso dello Spirito Santo, si fa volutamente impotente, affinché abiti in lui il Cristo e possa vivere con il Signore Gesù in amore sponsale.
La prassi dei santi Voti, se vissuta veramente nella carità, offre infinite occasioni di sofferenza, una specie di martirio, per cui tutto viene consegnato e tutto annientato.
Mistica crocifissione, della quale scrive san Paolo parlando di sé. «Sono stato crocifisso con Cristo e non sono più io che vivo, ma Cristo vive in me» (Gal 2, 20).


di PADRE STEFANO IGINO SILVESTRELLI

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