giovedì 22 agosto 2019

Il Sacro Cuore



Cuore umano e Cuore divino


Simbolismo del Cuore umano-divino di Gesù

Tuttavia, Gesù di Nazareth non è un uomo qualunque, ma èl’Uomo-Dio, «nel quale abita corporalmente l’intera pienezza della divinità» (Col.,2,9). Quello di Gesù non è un cuore qualunque, ma è un Cuore umano ipostaticamente unito alla Persona del Verbo Divino. Per estensione, Esso indica l’intera Persona umano-divina di Gesù, manifestandoci «le profondità di Dio» (1Cor.,2,10).
Essendo il centro di questa Persona, Esso è anche il centro del cosmico «Amor che move il sole e l’altre stelle» 133, è il «Santo dei Santi», il santuario dell’ amore in cui Dio è sommamente glorificato 134. Per un grande promotore della devozione al Sacro Cuore, il padre Olier, «il Cuore del Figlio di Dio è la sua parte eletta, è la pietra preziosa contenuta nel suo scrigno, nel quale Dio stesso ha posto tutti i suoi doni e tutte le sue grazie.» 135. 
La devozione al Sacro Cuore è rivolta a un cuore fisico, proprio a quello che ha pulsato durante la vita terrena di Gesù ed oggi pulsa sia in Cielo nel suo Corpo glorioso che sulla Terra nella sacra Eucaristia; ma esso va visto non secondo i criteri della biologia, bensì secondo quelli della fede, ossia come organo dell’ amore divino. La devozione si rivolge quindi concretamente al Cuore di Gesù, ma non lo adora nella sua mera materialità fisica, separandolo dalla sua unione con la divinità – ciò sarebbe idolatria – bensì lo adora come parte e simbolo della sacra Umanità del Redentore, «come Cuore della Persona del Verbo divino, alla quale è inseparabilmente unito» 136.
Se ci meravigliamo che l’immensità dell’Amore divino possa «rinchiudersi» in un organo così piccolo e materiale, ricordiamoci che l’immenso ed eterno Verbo divino lo ha già fatto, quando s’incarnò «rinchiudendosi» nel seno della Vergine Maria, e lo fa tuttora, quando si dona ai fedeli «rinchiudendosi» nell’ Ostia eucaristica.
Certamente, Gesù poteva trasmettere il suo messaggio amoroso senza servirsi di una realtà sensibile; ma dal momento che, per venire incontro alla nostra corporeità, ha voluto usarne una, era ovvio che ricorresse a quella del cuore. Pertanto, il fedele può venerare sia la Carità divina che il Cuore di Cristo, ed anzi venerare quella in questo. Tutto il valore di quel Cuore sta appunto nell’essere incarnazione e simbolo dell’ amore divino: «Noi possiamo con piena sicurezza contemplare e venerare nel Cuore del divin Redentore l’espressiva immagine della sua carità e il documento dell’ avvenuta nostra Redenzione» 137.
Adorando il Sacro Cuore, il devoto non idolatra una cosa materiale, ma venera l’organo corporeo in cui e con cui Dio manifesta il suo amore agli uomini.
Insegna Pio XII: «Da quell’elemento corporeo che è il Cuore di Gesù Cristo e dal suo naturale simbolismo, quindi, è per noi legittimo e doveroso, sorretti dalle ali della fede, salire non soltanto alla contemplazione del suo amore sensibile, ma ancor più in alto, fino alla contemplazione e all’adorazione del suo eccelso amore infuso; e infine, con un’ultima, dolce e ancor più sublime salita, elevarci fino alla meditazione e all’ adorazione dell’ amore divino nel Verbo incarnato. Alla luce della fede, infatti, per la quale crediamo che nella Persona di Cristo esiste il connubio tra la natura umana e quella divina, la nostra mente è resa idonea a capire gli strettissimi vincoli che esistono tra l’amore sensibile del Cuore fisico di Gesù e il suo duplice amore spirituale, sia umano che divino» 138. 
Concludeva pertanto il Papa: «Il suo Cuore, (...) essendo ipostaticamente unito alla Persona del Verbo, è meritevole dell’ unico e identico culto di adorazione con cui la Chiesa onora la Persona dello stesso Figlio di Dio incarnato. (...) Nulla dunque ci vieta di adorare il Cuore sacratissimo di Gesù Cristo, in quanto è compartecipe, e naturale ed espressivo simbolo, di quella inesauribile carità che il divin Redentore nutre tuttora per il genere umano. Benché non sia più soggetto ai turbamenti della vita presente, infatti, questo Cuore è sempre vivo e palpitante, è unito indissolubilmente alla Persona del Verbo divino e, in essa e mediante essa, alla sua divina volontà. Perciò, essendo ridondante di amore divino ed umano, ricolmo dei tesori di tutte le grazie, conquistati dal nostro Redentore con i meriti della sua vita, delle sue sofferenze e della sua morte, il Cuore di Cristo è senza dubbio la sorgente di quella perenne carità che il suo Spirito diffonde in tutte le membra del suo mistico Corpo. (...) Adorando il Cuore sacratissimo di Gesù, in esso e mediante esso noi adoriamo sia l’Amore increato del Verbo divino, sia il suo amore umano con tutti gli altri suoi affetti e virtù, poiché entrambi (questi amori) spinsero il nostro Redentore ad immolarsi per noi e per tutta la Chiesa sua sposa» 139.
Il culto che tributiamo al Sacro Cuore è insomma adorazione dell’ Amore divino che si dona a noi dal centro della Persona del Figlio, incarnato, morto e risorto per redimerci ed elevarci alla gratuita dignità di figli adottivi di Dio, rendendoci partecipi della divina natura. La devozione ad Esso, inoltre, «non ci provvede di qualche grazia speciale, ma ci apre la fonte di tutte le grazie; non ci ricorda qualche mistero particolare, ma ci propone di meditare e adorare la fonte di tutti i misteri»
Diceva san Claudio de la Colombière: «Questo Cuore divino è sede di tutte le virtù, fonte di tutte le benedizioni e rifugio di tutte le anime sante» 141. Pio XII insegnava che «la Chiesa, vera ministra del Sangue della Redenzione, è nata dal Cuore trafitto del Redentore, e dal medesimo è anche sgorgata in sovrabbondanza la grazia dei Sacramenti, che trasfonde nei figli della Chiesa la vita eterna» 142. Aggiungeva san Giovanni Eudes: «I Sacramenti sono tante fonti inesauribili di grazia e di santità che hanno la loro sorgente nell’ immenso oceano del Sacro Cuore del nostro Salvatore, e tutti gli aiuti che ne procedono sono come tante fiamme di questa divina fornace» 143.

Guido Vignelli

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