giovedì 22 agosto 2019

IL VANGELO DALLA SINDONE



L'OPERA DEL FIGLIO


Le sofferenze di Gesú furono spaventose

Del sudore di sangue di Gesú nell'Orto di Getsemani (Lc. 22,44), non possiamo farci un'idea perché è un'esperienza quasi irrepetibile. Sappiamo solo che è « sudor mortis », un sudore quasi oltre la morte.
Il Getsemani era un frantoio delle Ulive: anch'esso era predestinato quale simbolo. Come la pressione immane della macina schiaccia le ulive e fa uscire l'olio dai loro pori, cosí la pressione infinita della giustizia di Dio su colui che s'era caricato tutti i peccati del mondo lo schiaccia e gli fa uscire sangue da tutti i pori della sua pelle.
Della flagellazione sappiamo, come già abbiamo visto, che fu tanto feroce che ogni colpo scavava quattro ferite sul corpo di Gesú facendo uscire da ogni ferita un rigagnolo di sangue; e nella foto ottenuta con la lampada di Wood vediamo il corpo di Gesú completamente rigato da tali rigagnoli, cosí da sembrare come arato, come lo vide in visione il profeta Isaia descrivendolo 700 anni prima.
Sappiamo ancora che la flagellazione era tanto crudele che la legge ebraica prescriveva doversi dare ai condannati solo 40 colpi, per non farli morire sotto i flagelli; che la legge romana proibiva la flagellazione ai cittadini romani e che Cicerone ne fa un violento capo d'accusa contro Verre per aver fatto flagellare un cittadino romano.
I colpi di flagelli ricevuti da Gesú furono ben 121, come abbiamo visto. Nella coronazione di spine Gesú ebbe il capo completamente trafitto dalle spine.
La Sindone ci fa vedere che la corona di spine non fu costituita dà due o tre verghe spinose intrecciate, ma da un casco di spine, alla maniera delle corone o mitre dei re e dei sommi sacerdoti orientali.
Il corpo di Gesú presenta in tutte le parti delle tumefazioni dovute a botte violente, a bastonate, alla croce portata nel viaggio al calvario e a cadute sotto la croce, verificandosi cosí la profezia di Isaia.
« Dalla pianta del piede fino alla testa non vi è (in lui) niente di sano, ma ferite, contusioni e piaghe vive non fasciate, non medicate, non lenite con olio» (Is. 1,6).
La trafittura delle mani e dei piedi e la pendenza di tutto il peso del corpo dalla croce provocarono delle sofferenze assolutamente insopportabili e inconcepibili, tali da provocare la morte nel giro di appena tre ore. La pendenza dalle mani oltre al dolore delle mani provocava una compressione dei polmoni tale, che Gesú, non potendo sopportare l'asfissia, si sollevava sui chiodi dei piedi per allargare i polmoni e respirare; la pressione di tutto il peso del corpo sulle ferite dei piedi provocava tale strazio nei piedi, che Gesú, non potendolo sopportare, si rilasciava poco dopo, pendendo dalle ferite delle mani; e cosí per tre ore questa continua alternativa, finché Gesú morí per asfissia, per spaventosi crampi tetanici, dei quali ci resta un segno nella rigidità cadaverica impressa nella sindone, e quasi sicuramente anche per rottura di cuore, come moltissimi medici opinano.
Una particolare sofferenza di Gesú ci rivela la Sindone: quella della trafittura del nervo mediano dei polsi, tale da far contrarre automaticamente i pollici contro il palmo della mano.
Quanto sia dolorosa la trafittura di un nervo solo chi l'ha provato lo può sapere.
A una sofferenza crudelissima di Gesú nella croce normalmente non facciamo caso: quella della sete per la perdita della maggior parte del suo sangue.
Io ne riporto un'impressione fortissima ricordandomi un caso capitatomi in tempo di guerra.
Un soldato aveva avuto asportata una gamba da una grossa scheggia. Soccorso in tempo poté sopravvivere, ma per il molto sangue perduto aveva una sete insopportabile. Il medico proibí di dargli acqua per timore che sopragiungesse la morte.
Il povero disgraziato gridava ad ogni respiro: «Acqua! Acqua! »
Vedendo che nessuno gliene dava gridava continuamente: «Pietà di me! Acqua! Acqua!»
Infine cominciò a gridare ad ogni respiro « Ammazzatemi! Ammazzatemi! »
Cosí per oltre un giorno da spezzare il cuore ai piú duri. Ma nessuno gliene dava per non farlo morire.
Nessuna descrizione ci potrà mai rivelare le immense sofferenze di Gesú. Isaia fa una commovente descrizione dell'aspetto di Gesú nella sua passione e ne descrive la causa: «Egli è cresciuto davanti a lui come un germoglio, come una radice da un suolo arido; senza grazia, senza beltà da attrarre lo sguardo, senza aspetto da doversene compiacere. Disprezzato, rifiutato dall'umanità, uomo dei dolori, assuefatto alla sofferenza, come uno davanti al quale ci si copre il volto, disprezzato, cosí che non l'abbiamo stimato. Veramente egli si è addossato i nostri mali, si è caricato dei nostri dolori. Noi lo credevamo trafitto, percosso da Dio e umiliato, mentre egli fu piagato per le nostre iniquità, fu calpestato per i nostri peccati. Il castigo, che è pace per noi, pesó su di lui e le sue piaghe ci hanno guariti. Tutti noi andavamo errando come pecore, ciascuno deviava per la sua strada, ma il Signore ha fatto ricadere sopra di lui l'iniquità di tutti noi. Maltrattato, si è umiliato e non ha detto una parola; quale agnello che si porta ad uccidere; come pecora muta dinanzi a chi tosa, egli non ha aperto la bocca. Con iniqua sentenza fu condannato. Chi pensa alla sua sorte, come egli è tolto dalla terra dei vivi e messo a morte per l'iniquità del suo popolo? Gli fu preparata una tomba fra gli empi, lo si unì nella morte con i malfattori. Eppure egli non commise ingiustizia e non fu trovata menzogna nella sua bocca. Ma piacque al Signore consumarlo con la sofferenza. S'egli offre la sua vita in espiazione, avrà una discendenza, moltiplicherà i suoi giorni e ciò che vuole il Signore riuscirà per mezzo suo » (Is. 53,2-10).

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