TRATTATO DI DEMONOLOGIA
La prima impressione che si ha nel leggere il racconto di possessioni diaboliche o di esorcismi fatti
su indemoniati è di riscontrare nei demoni una forza e una potenza molto superiore a quella
dell’uomo, capace di maneggiare il povero ossesso senza che egli possa in alcun modo resistere alla
loro violenza, e talvolta senza accorgersi neppure della violenza che gli è fatta, e superiore a
momenti anche a quella dell’esorcista che spesso, dopo inutili tentativi, deve ripetere i suoi
scongiuri prima di ottenere l’espulsione e la sconfitta dello spirito cattivo. 
Che il demonio disponga di forze e di energie sconosciute all’uomo, diverse dalle sue e in certo
senso superiori, è innegabile. I fenomeni di levitazione, di xenoglossia, di conoscenza delle cose
occulte, lontane e future, non sono certo alla portata dell’uomo comune. Davanti a manifestazioni
simili egli si sente piccolo piccolo, impotente, incapace di spiegarle alla luce della scienza di cui
dispone. Il demonio, d’altra parte, non è certo quello che neghi o cerchi di attenuare la portata e
l’estensione della sua forza e dei suoi poteri, ché anzi, padre della menzogna come è sempre stato, li
esalterà e li esaspererà con spudorata spavalderia. L’uomo, sia colui che si trova nelle strette del
potere diabolico, sia colui che ne è fuori, è perciò indotto a credere che il suo «nemico» disponga di
una forza invincibile, difficile, e talvolta impossibile ad affrontare e a superare. 
Non è così. A un esame più approfondito dei fatti risulta che il demonio, anche nelle sue
manifestazioni più spettacolari e paurose, in pratica è un debole che agisce guidato da una mano più
potente di lui, che ne limita i poteri e lo obbliga a fare e a dire ciò che di sua spontanea volontà mai
sarebbe disposto né a fare né a dire. In una parola, il demonio, anche nel fenomeno della possessione e dell’infestazione, malgrado la sua spavalderia, non è mai indipendente e libero.
Quando manca la libertà — lo sappiamo — manca anche l’indipendenza, manca il potere e manca
la forza di esercitarlo. 
Il demonio ha tutta la sua potenza solamente in prestito. Egli lo sa e perciò riconosce in Dio il suo
fornitore di capitali. Perciò si vendica di Dio; ogni male è distruzione del creditore, il delinquente
vuole uccidere Dio140
. 
Il demonio, per sua stessa confessione — negli esorcismi, come si è visto, è stato più volte costretto
a esporsi, a manifestare i lati negativi della sua persona e del suo stato — anche quando occupa il
corpo di un uomo e lo spadroneggia a piacere, si sente legato, umiliato, insofferente, infelice, come,
e talvolta più di quando si trova nel suo habitat normale, l’inferno. La possessione — scrive
Rodewyk — significa per lui una punizione molto dura, tanto dura che non sempre è inflitta a tutti.
La punizione è spesse volte in rapporto con l’intensità del rifiuto iniziale alla decisione divina
dell’incarnazione del Verbo. Ora, mentre l’incarnazione del Verbo rappresenta un’unione intima,
essenziale del Verbo divino con l’uomo, nella possessione è un demonio che è esteriormente legato
a un uomo, come Paolo era legato al soldato romano (At 28,6) o, diciamo ancora, come il cardinal
Massaia, missionario in Etiopia, fu per diverso tempo legato con catene al suo carceriere che lo
seguiva ovunque giorno e notte, tanto da non sentirsi libero neppure nelle operazioni più personali e
nelle circostanze più delicate. 
Il demonio deve conformarsi all’uomo, aver riguardo alla sua limitatezza fisica e spirituale, di cui
non può varcare i confini; deve trasmettere la sua ricchezza ed esuberanza di pensiero col piccolo e
scarso numero di vocaboli del linguaggio umano. Tutto ciò lo umilia, lo indispettisce, lo fa apparire
ridicolo davanti a se stesso e davanti ai suoi colleghi. E inoltre deve adattarsi a questa scomoda
situazione finché Dio, e lui solo, non si deciderà di ridargli la sua libertà. Non poche volte i demoni
stessi si sono lamentati di questo stato di cose:
 — Avendo noi rifiutato di riconoscere il Verbo, siamo obbligati a adattarci alle capacità e ai capricci
dell’uomo. Non siamo noi a dirigerlo, e non siamo noi neppure a decidere di uscire da lui e di
abbandonarlo. Noi siamo legati e inchiodati a questo corpo. Noi dipendiamo da quest’uomo sia egli
intelligente o mentecatto. Noi siamo obbligati a sperimentare in lui la nostra seconda morte,
l’inferno. 
E dalla bocca di un altro la stessa confessione: 
— Credi tu — diceva all’esorcista — che sia per noi un piacere restare qua dentro? Questo è
castigo, è oscurità, è notte. 
E un terzo ancora:
— 
La cosa più terribile è il dover formulare ed esprimere un mio pensiero solo attraverso l’uomo,
facendolo uscire come da un involucro angusto e inadatto. Che noi possiamo parlare per bocca di un
uomo non è certo un favore che quello lassù ci fa, ma la più grande umiliazione e spregio che ci
poteva fare. E il dolore più grave per uno spirito come noi il dover vivere e il dover servire a un
corpo mortale, limitato e destinato a diventare un giorno polvere e cenere141
. 
Se quindi il demonio trova qualche soddisfazione — e talvolta lo dice — nell’impossessarsi di una
persona e nel molestarla in tanti modi per l’odio che porta a Dio, alla Madonna e all’uomo stesso,
questa soddisfazione si dimostra abbastanza meschina, incompleta, limitata alla volontà permissiva
di Dio che stabilisce il modo e la durata della possessione, e non libera il demonio dalle pene che
soffriva nell’inferno. 
I demoni — scriveva un teologo del Cinquecento, Pietro Tireo — in qualunque parte si trovino
portano con sè il loro inferno. Nell’arrecare sofferenza agli altri non vengono liberati dalle proprie pene; per quanto molestino gli altri non ne ricavano nessun guadagno142
. 
La tentazione stessa, che è l’operazione più frequente e più comune del demonio a danno
dell’uomo, non può estenderla a sua volontà ma deve tenerla entro i limiti stabiliti da Dio. Lo
afferma chiaramente san Paolo: «Dio mantiene le sue promesse e non permetterà che siate tentati al
di Là della vostra capacità di resistenza. Nel momento della tentazione Dio vi darà. la forza di
resistere e vincere» (1 Cor 10,13). 
Lo si era visto nella tentazione di Giobbe, percosso dal demonio nella sua persona e nei suoi beni,
ma con l’obbligo di conservargli la vita: «Il Signore disse a satana: 
Tutto quello che Giobbe possiede è in tuo potere... Eccolo, è nelle tue mani, soltanto risparmia la
sua vita» (Gb 2,6). 
Il demonio quindi può fare molto male all’uomo, ma non nella misura e nella quantità che vorrebbe,
e neppure nella misura delle sue capacità intrinseche e personali, ma solo nella misura che gli è
permessa da Dio. «Molte sono le cose che i demoni potrebbero compiere a motivo della loro natura
— scrive san Tommaso — ma che non possono attuare per la proibizione divina»143
. 
Anche la presunta scienza dei futuri e delle cose lontane, per cui il demonio appare superiore
all’uomo, considerata più da vicino, resta molto ridimensionata fino a ridursi a ben poca cosa. 
Che il demonio disponga di fonti di conoscenza più numerose dell’uomo non può essere messo in
dubbio. Tuttavia le sue predizioni saranno limitate sempre al futuro necessario, a quello cioè che
deve accadere con certezza, non al futuro contingente e libero che è solo un segreto di Dio. Anche
l’uomo può talvolta prevedere, con possibilità di successo, il futuro necessario, ma meno del
demonio. Il quale potrà prevedere con relativa certezza gli avvenimenti che dipendono dalle leggi
naturali, i fenomeni metereologici, i terremoti, le eruzioni vulcaniche, le eclissi, i tifoni, e ancora: le
carestie, le pestilenze, le invasioni di cavallette, le inondazioni, lo stato di salute o di malattia di una
determinata persona, o fatti e avvenimenti che dipendono dalla volontà dell’uomo, certe decisioni
della politica, dell’economia, della guerra e della pace, che per il momento non sono ancora arrivate
al pubblico. Però non potrà mai conoscere quello che un individuo farà, dove andrà, come si
comporterà, quali saranno le conseguenze delle sue parole e delle sue azioni. E neppure quello che
l’uomo pensa e che ha intenzione di fare, a meno che l’interessato non abbia in qualche modo, o
parlando o scrivendo, anche in appunti personali e segreti — che il demonio potrà vedere e leggere,
e per lui non saranno mai segreti — manifestato il suo pensiero e le sue intenzioni. Come abbiamo
già detto in altra parte di questo scritto, l’animo dell’uomo è un sacrario impenetrabile ai profani,
aperto soltanto a Dio che scruta i cuori e le menti (Ger 11,20). Il diavolo vorrebbe entrare in questo
sacrario, ma l’accesso gli è vietato, egli ne è forzatamente escluso. 
Questi pochi saggi, tutti comprivati da molti fatti della cui autenticità non è possibile dubitare,
fanno vedere nel demonio una insicurezza, una meschinità, una debolezza che è in pieno contrasto
con la sua spavalda sicurezza e la sua presunta forza fisica e morale.
Paolo Calliari