lunedì 20 marzo 2023

«Rendere testimonianza alla verità» (Gv 18, 37)



 Se veniamo meno all’altezza della nostra vocazione, saranno anche per noi le parole del profeta Geremia: «Guai ai pastori che fanno perire e disperdono il gregge del mio pascolo. Oracolo del Signore. Perciò dice il Signore, Dio di Israele, contro i pastori che devono pascere il mio popolo: Voi avete disperso le mie pecore, le avete scacciate e non ve ne siete preoccupati; ecco, io mi occuperò di voi e della malvagità delle vostre azioni. Oracolo del Signore» (Ger 23, 1-2).

Secondo le promesse di Dio, il suo popolo ha trovato il suo vero pastore in Gesù. Egli ha potuto affermare: «Io sono il buon pastore» perché «il buon pastore offre la vita per le pecore» (Gv 10, 11), ed è venuto su questa terra per adempiere il comando ricevuto dal Padre:

«Io offro la mia vita, per poi riprenderla di nuovo. Nessuno me la toglie, ma la offro da me stesso,  poiché ho il potere di offrirla e il potere di riprenderla di nuovo» (Gv 10, 17-18).

La fedeltà al nostro ministero è la nostra prima sincerità verso Dio, verso gli altri, verso la pienezza della nostra vita.

«Per tutti i cristiani, nessuno escluso, il radicalismo evangelico è un’esigenza fondamentale e irrinunciabile, che scaturisce dall’appello di Cristo a seguirlo e a imitarlo, in forza dell’intima comunione di vita con lui operata dallo Spirito (cf. Mt 8, 18ss; 10, 37ss; Mc 8, 34ss; 10, 17-21; Lc 9, 5ss).

Questa stessa esigenza si ripropone per i sacerdoti, non solo perché sono “nella” Chiesa, ma anche perché sono “di fronte” alla Chiesa, in quanto sono configurati a Cristo capo e pastore, abilitati e impegnati al ministero ordinato, vivificati dalla carità pastorale» (Pastores dabo vobis, n. 27).

Dare una testimonianza coerente, riproporre il Vangelo in tutta la sua forza, mirare al bene spirituale dei figli di Dio.

Lavoro che non conosce pause o ferie, che non trova mai fine e non manda mai in vacanza.

Missione che prende tutta la vita, che non porta all’inattività, alla passività della “pensione”, che non mette mai “a riposo”.

«Reggendo e pascendo il Popolo di Dio, i Presbiteri sono stimolati dalla carità del Buon Pastore a dare la loro vita per il gregge, pronti anche al supremo sacrificio, seguendo l’esempio di quei sacerdoti che anche ai nostri tempi non sono indietreggiati di fronte alla morte; e poiché sono educatori nella fede, avendo anch’essi “fiducia nell’accesso dei santi al sangue di Cristo” (Eb 10, 19), si rivolgono a Dio “con cuore sincero nella pienezza della Fede” (Eb 10, 22); fanno mostra di una speranza incrollabile al cospetto dei loro fedeli, in modo da poter consolare coloro che sono in qualsiasi tribolazione, con la medesima esortazione con cui loro stessi sono consolati da Dio; nella loro qualità di reggitori della comunità praticano l’ascetica propria del pastore d’anime, rinunciando ai propri interessi e mirando non a ciò che a loro fa comodo, bensì a ciò che è utile a molti, in modo che siano salvi; in un continuo progresso nella perfezione del compimento del lavoro pastorale e, all’occorrenza, pronti anche ad adottare nuovi sistemi pastorali, sotto la guida dello Spirito d’amore, che soffia dove vuole» (Presbiterorum Ordinis, 13/E).

È solo con questa dedizione che godremo di una libertà interiore, di una coerenza di vita che ci farà ritrovare noi stessi, identificati con la nostra vocazione.

Qualche volta ce lo ha ricordato anche il popolo di Dio, quando, per fare un complimento e additarci un esempio da imitare, ha detto: «Quello là, si vede che è nato per fare il prete!».

Il prete deve essere l’uomo delle rette e sante intenzioni, che opera in modo costante per fare la volontà di Dio, e non uscire dal suo disegno.

È richiesta una trasparenza profonda, una coscienza informata alla giustizia, che non viene a patto con le tentazioni della nostra fragilità.

A questa verità si arriva solo con una dedizione completa, sofferta, alla Verità che è Dio, e con la gioia della sequela del Maestro.

❏ Siamo pastori coerenti? Mettiamo in pratica ciò che predichiamo? (cf. Mt 23, 3).

❏ Se diciamo e non facciamo, non insegniamo forse a vivere nella menzogna?

❏ Se diciamo e non facciamo, non proclamiamo con i fatti che il Vangelo è impossibile? Un vuoto, sia pure ‘ideale’?

❏ Difendiamo tutta la verità della nostra vocazione dalla nostra debolezza?

❏ Abbiamo anche noi, come il Maestro, il desiderio appassionato di «appiccare il fuoco»? (cf. Lc 12, 49).

❏ Come creare fiducia nel popolo di Dio se il pastore non è deciso sulla via della santità?

Non perché la nostra è una missione incommensurabile siamo garantiti da egoismo e avarizia, da pigrizia e superbia, che creano crepe e stonature, e portano alla perdita della pace e della credibilità. Quante mancanze umiliano in noi il compito che ci è stato affidato!

Nella sequela del Vangelo chi presiede deve essere come il battistrada, che precede tutti e con la sua corsa e il suo esempio “taglia l’aria”, rende più facile agli altri la corsa.


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