mercoledì 13 novembre 2024

MARIE DES VALLEES - VITTIMA DI ESPIAZIONE PER IL TEMPO DELLA GRANDE CONVERSIONE

 


MARIE DES VALLEES 

15.2.1590 - 25.2.1656 - ERMENGARDA HAUSMANN 

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Passati gli anni del tormento dell'Inferno, subentrarono tre anni di sospensione dai dolori, alla fine dei quali le apparve l'eterno Padre, che le porgeva un calice pieno di fuoco e di zolfo, mentre il suo divino Figliolo la invitava alle consolazioni del Cielo. Prontissima essa bevve il calice e udì le parole: «Figlia mia, ricevi il calice che Io presentai a mio Figlio, ed io te lo darò come tuo Sposo».  

Questa sua disposizione alla sofferenza fu anche un'elevante visione - un inizio dei 12 anni di espiazione, al cui confronto, dice Maria, l'inferno sofferto prima «era come una ciliegia paragonata ad un pranzo solenne, come un giorno di fronte a un anno». Così le disse anche il Signore: «Per compiangere il tuo primo inferno, era necessario un mare di lacrime; ma per compiangere questo era necessario un mare di sangue».  

Come il suo mistico sposo, essa si caricò della colpa di tutti i peccati e soffrì, prima l'ira di Dio, e ora l'inondazione dell'ira di Dio, gemendo anch'essa con le parole di Geremia: «Egli mi ha sotterrato nella sua ira». Ella pianse per sette lunghissimi anni quasi ininterrottamente, sicché senza un particolare intervento di Dio sarebbe dovuta diventare cieca. Sofferenze spirituali indicibili, tristezza, paura, spavento, tormenti procurati dal peso dei peccati del mondo, fecero vivere Maria come nella morte. Spesso non sapeva più cosa fosse e dove fosse, anche se il suo contegno esteriore era sempre riservato ed edificante. San Giovanni Eudes pensa che, per comprendere ciò che Maria soffrì in questi dodici anni, bisognerebbe poter comprendere la spaventosità e la grandezza dell'ira di Dio; i suoi dolori erano, come le assicurò il Signore, una compartecipazione ai suoi, una rinnovazione di quelli che Egli dovette patire, quando portò i peccati del mondo ed Egli stesso divenne peccato.  

«Era un inferno completamente nuovo», raccontava Maria nei suoi tardi anni», quello che la divina Bontà creò per me, e che nella sua durezza, nella sua violenza e per i suoi tormenti superava talmente l'inferno dei dannati, che (parlando secondo i sensi) se io avessi avuto la possibilità di scelta, avrei preferito un anno di tormenti del secondo, piuttosto che soffrire un'ora di pena del primo. Il solito inferno era soltanto un piccolo rifocillamento per il mio insaziabile desiderio di soffrire, ma questo nuovo inferno fu un vero banchetto, che saziò completamente la mia fame. Nostro Signore mi ha assicurato che, come una pagliuzza non potrebbe rimanere un attimo in mezzo a un gran fuoco senza essere consumata, io non sarei potuta rimanere un momento in questo inferno, in quel fuoco, se Egli con un grande miracolo non mi avesse sostenuta».  

Mentre nel suo primo inferno essa aveva pregato che le venissero aumentati i tormenti, per abbreviare la loro durata, ora invece pregava perché fosse prolungata la pena, ma venisse diminuita la sua intensità. «Io ho sfamato quelli che avevano fame», le aveva detto il Signore. «Un dolore più piccolo non sarebbe stato capace di acquietare la tua fame di soffrire. Pure non tu sei quella che soffre, ma Io sono. Tu non fai più di quello che farebbe un bambino, che volesse far rotolare una botte di mosto spingendola con una paglia».  

Diciannove anni dopo Marie portava ancora il segno delle ferite subite nell'inferno preparatole dal divino Amore. «L'amor divino - diceva Marie - è terribile, e sa farci soffrire, più che non la divina Giustizia. Tutto ciò che si soffre nell'Inferno da parte della divina Giustizia è niente, in confronto di ciò che mi fece patire il divino Amore in questi due anni. Io amo la divina Giustizia e la trovo meravigliosamente bella, dolce e comoda, ma l'amore è rigoroso e terribile. Esso ride facilmente, ma colpisce duramente. Io tremo tutta quando Lo vedo. Se uno si lamenta presso di Lui, quello sorride soltanto. Non si sa, dove esso va, né dove conduce e costringe uno a seguirlo».  

Dobbiamo forse farcene meraviglia? Anche il nostro amore umano è la forza più grande ed esigente, quanto maggiore esso è, tanto più è dominatore (tiranno): un violento uragano sul campo dell'anima nostra, che non si può né sostenere, né allontanare. E allora quale sarà quest'uragano - quando si tratta dell'amore di Dio, di questo Mare che non conosce limiti o pareti, di questa cosa infinita (di questa infinità)?  

«Fu l'Amore», disse Gesù a Marie des Vallées che mi flagellò, mi incoronò di spine, mi crocifisse e mi fece morire. Fu l'amore ad eccitare i miei carnefici».  

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MARIE des VALLEES 

 

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