I DUE FRATELLI TEOBALDO E JOSEF BURNER
Illfurt, Alsazia, 1864-1869
Il muro di incredulità comincia a incrinarsi e a sgretolarsi
Da quanto siamo venuti finora dicendo — e ci siamo limitati solo a una parte di quanto si sarebbe potuto dire in base alla documentazione che abbiamo — risulta chiaramente che nel caso dei due ragazzi di Illfurt si trattava di una vera e autentica possessione diabolica. I fenomeni che giorno dopo giorno si avveravano in casa Burner non potevano essere attribuiti a isteria o ad altra deformazione psichica né trovare un’adeguata spiegazione naturale. I dati richiesti dal rituale romano per riconoscere la presenza demoniaca c’erano tutti e sarebbe stato conveniente, anzi necessario, dato lo stato in cui si trovano i due infelici piccoli pazienti e la loro famiglia, intervenire immediatamente con gli esorcismi per mettere fine a quello scempio. l invece, come si è detto, il rimedio fu adottato dopo circa quattro anni e si cominciò a fare qualche cosa solo nell’autunno del 1868.
Il via definitivo per gli esorcismi poteva venire, secondo il codice di diritto canonico, soltanto dall’ordinario della diocesi che a quel tempo era Monsignor Raess, vescovo di Strasburgo, il quale però stentò fino alla fine a convincersi della realtà della presenza diabolica.
L’atteggiamento del vescovo era in parte giustificato dalle pressioni dell’opinione dominante in quel tempo che non riteneva autentici i fatti di Illfurt. Se molti erano i convinti, e tra questi il primo, fin da principio, era il parroco di Illfurt, reverendo Karl Brey, e altri che abbiamo ricordato in queste pagine, molti erano anche coloro che in Illfurt e fuori erario rimasti ostinatamente scettici sui fatti riferiti e attribuivano tutto a fissazioni, a fantasie, a finzioni, a psicosi di massa, che nulla avevano a fare col demonio. Ricordiamo ancora che gli ultimi anni dell’Ottocento furono caratterizzati da una vera esplosione di fenomeni psichici, spiritismo, mesmerismo, ipnotismo, e cose del genere, che pur trovando essi stessi non poche difficoltà a essere spiegati scientificamente, gettavano il dubbio anche su quelli veri che una spiegazione potevano avere.
Quanto fosse diffusa a Illfurt e fuori la doppia corrente degli «innocentisti» e dei «colpevolisti» — tanto per chiamarli con un nome — ossia dei favorevoli e dei contrari all’infestazione diabolica, riportiamo tra i molti un solo episodio abbastanza eloquente: lo riferiamo in base alla testimonianza del tempo lasciando al lettore la piena libertà di giudicare come crede la cosa.
Il marito della donna malfamata, della «strega» di Illfurt, che aveva dato ai due piccoli Burner la mela, causa presunta del loro male, era pescatore di professione. Un giorno, avendo preso un grosso pesce, lo portò in canonica per venderlo al parroco. La domestica, in assenza del parroco, non lo volle acquistare, aveva avuto la proibizione di acquistare qualcosa da certa gente del paese. Tra questi c’era anche il pescatore che stava alla porta, il quale, davanti al rifiuto, se ne andò seccato e offeso e presentò la sua merce al maestro di scuola, certo signor Miklo. Era costui un libero pensatore, incredulo, miscredente, ateo, il capo degli anticlericali del paese, il principale avversario del parroco Brey, e tra i più accaniti sostenitori della non esistenza del diavolo. Spesse volte aveva riso e ironizzato ferocemente sui fatti di casa Burner. Saputo che il parroco aveva rifiutato il pesce, lo comprò con maggior gusto:
— Se il parroco non lo vuole, lo mangio io.
Nelle stesso tempo il diavolo disse per bocca di Teobaldo:
— Bene bene, ora Miklo è nostro, non ci scappa più, tra un anno lo avremo in mano del tutto.
Ecco in breve il seguito dei fatti. Il Miklo, trovandosi a Colmar con la famiglia in casa di parenti, fu preso da una forma di pazzia che gli faceva credere di essere addirittura Napoleone redivivo. Presentatosi in piazza d’armi dove una compagnia di soldati stava facendo esercitazioni, gridò:
— Sono Napoleone imperatore dei francesi, e accostandosi all’ufficiale lo volle decorare tenendo in mano un pezzo di carta. Il povero pazzo fu preso e chiuso in un manicomio dove rimase alcuni mesi. Dimesso perché ritenuto guarito, riprese la scuola a Illfurt, ma appena una settimana dopo lo trovarono nella soffitta del palazzo comunale morto irrigidito. Si trattava di un suicidio come costatò il medico del comune. Era passato un anno esatto da quando il demonio aveva detto: «Tra un anno lo avremo in mano del tutto».
Questi fatti, e altri ancora, servirono a smantellare pezzo per pezzo il muro di diffidenza e di incredulità che circondava i fatti di casa Burner e a infondere coraggio in coloro che, mossi da compassione per la povera famiglia così duramente colpita, volevano con tutti i mezzi por fine a quello scempio e a quello scandalo.
Paolo Calliari
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