giovedì 2 settembre 2021

LE IMPOSSIBILITÀ

 


CHE LA DIVINA RIVELAZIONE SI SIA CONCLUSA NEL VECCHIO TESTAMENTO


1. Un popolo senza speranze ultraterrene

Con la parola « Vecchio Testamento » noi cristiani indichiamo il Testamento, (o Patto, o Alleanza) fatto da Dio col popolo ebreo, prima per mezzo di Abramo, poi rinnovato con Mosè. Con tale patto Dio, dopo aver dato a Mosè i dieci comandamenti e tutte le altre sue leggi, promise agli ebrei che, se li avessero osservati, egli avrebbe loro dato buone annate, pace, potenza ed ogni altro bene: furono tutte promesse che riguardavano soltanto questa vita.

Gli ebrei credevano alla sopravvivenza dell'anima: ma tale sopravvivenza non è altro che l'abitazione, dopo morte del corpo, dell'anima nella « Casa dei morti », nello sheol, ossia nel regno del silenzio e delle ombre, senza alcuna speranza, né alcuna gioia, neanche quella di poter lodare Dio.

D'altronde Dio non poteva promettere il paradiso che soltanto Gesú avrebbe aperto e potuto aprire; per cui gli ebrei, dovendosi chiudere la loro esistenza nello sheol, non concepivano il dovere di lodare e ringraziare Dio in esso.

« Non i morti lodano il Signore, né quanti scendono nella tomba. Ma noi, i viventi, benediciamo il Signore, ora e per sempre» (Ps 115,17).

« Compi forse prodigi per i morti? O sorgono le ombre a darti lode? Si celebra forse la tua bontà nel sepolcro, la tua fedeltà negli inferi? Nelle tenebre si conoscono forse i tuoi prodigi, la tua giustizia nel paese dell'oblio?» (Ps 88,12-13).

Quando Saul volle consultare Samuele sull'esito della prossima battaglia, si travesti e andò a Endor a fare evocare da una pitonessa la sua anima. La pitonessa la evocò. Saul allora le chiese cosa vedesse. La donna disse a Saul: « Vedo un essere divino che sale dalla terra ». Saul le domandò: « Che aspetto ha? ». Essa rispose: « È un uomo anziano che sale ed è avvolto in un mantello ». Saul comprese che era veramente Samuele e si inginocchiò con la faccia a terra e si prostrò. Allora Samuele disse a Saul: « Perché mi hai disturbato e costretto a salire? » (i Sam 28,13-15).

Per tale prospettiva di andare a finire nel regno sotterraneo delle ombre, l'ebreo aveva sommo orrore della morte e l'unica sua speranza era di poter continuare a vivere e, se ammalato, di guarire.

Ne è un esempio la preghiera del re Ezechia quando cadde ammalato: « Signore, in te spera il mio cuore; ravviva il mio spirito. Guariscimi e rendimi la vita. Ecco, la mia infermità è cambiata in salute! Tu hai preservato la mia vita dalla fossa della distruzione, perché ti sei gettato dietro le spalle tutti i miei peccati. Poiché non gli inferi ti lodano, né la morte ti canta inni; quanti scendono nella fossa non sperano nella tua fedeltà. Il vivente, il vivente ti rende grazie, come io faccio oggi » (Is 38,16-19).

Per l'ebreo nessuna speranza: «Tutti i nostri giorni svaniscono per la tua ira, finiamo i nostri anni come un soffio. Gli anni della nostra vita sono settanta, per i piú robusti ottanta, ma quasi tutti sono fatica, dolore; passano presto e noi ci dileguiamo » (Ps 9o,9-u).

Per questo Giobbe non fa altro che maledire la sua nascita: « Perisca il giorno in cui nacqui, e la notte in cui si disse: "è stato concepito un uomo" ... La maledicano quelli che imprecano al giorno ... Poiché non mi ha chiuso il varco del grembo materno e non ha nascosto l'affanno agli occhi miei? E perché non sono morto fin dal seno di mia madre e non spirai appena uscito dal grembo? ... Si, ora giacerei tranquillo, dormirei e avrei pace... Perché laggiú i malvagi cessano d'agitarsi; laggiú riposano gli sfiniti di forze. I prigionieri hanno pace insieme, non sentono piú la voce dell'aguzzino. Laggiú è il piccolo e il grande, lo schiavo è libero dal padrone » (Gb 3).

Ma allora valeva la pena di vivere? E se Dio è buono e misericordioso perché ha creato l'uomo intelligente se non aveva altro da potergli dare? La risposta è una sola: il Vecchio Testamento è la preparazione al Nuovo Testamento, ossia alla Nuova Alleanza. Dio ha creato gli uomini destinandoli a raggiungerlo, a contemplarlo faccia a faccia e raggiungere cosí la felicità piena; ma, per poterlo raggiungere occorreva un ponte tra la terra e il cielo, un ponte che nessun uomo avrebbe potuto costruire. Per questo Dio mandò il suo Figlio nel mondo e, occorrendo per tale beatitudine di tutti gli uomini, che sono sempre peccatori, un prezzo infinito per riparare la moltitudine infinita dei loro peccati, fece consegnare il suo Figlio ai suoi nemici perché lo crocifiggessero.

Un tale amore è inconcepibile; è infinito, ed è stato reso possibile perché Dio è amore. Questa è la grande rivelazione del Nuovo Testamento (1 Gv 4,16). Dio volle preparare gli ebrei ad accogliere la rivelazione del suo Figlio e ispirò, nel 165 circa, a Daniele la dottrina della resurrezione finale: « Ora in quel tempo sorgerà Michele, il gran principe, che vigila sui figli del tuo popolo. Vi sarà un tempo di angoscia, come non c'era mai stata dal sorgere delle nazioni fino a quel tempo; in quel tempo sarà salvato il tuo popolo, chiunque si troverà scritto nel libro. Molti di quelli che dormono nella polvere della terra si sveglieranno: gli uni alla vita eterna e gli altri alla vergogna e all'infamia eterna. I saggi splenderanno come lo splendore del firmamento; coloro che avranno indotto molti alla giustizia, risplenderanno come le stelle per sempre (Dan 12,1A

E trent'anni prima della nascita di Gesú, Dio parla chiaramente del giudizio finale dei cattivi e del premio eterno dei giusti: « I giusti, al contrario, vivono per sempre, la loro ricompensa è presso il Signore e l'Altissimo ha cura di loro. Per questo riceveranno una magnifica corona regale, un bel diadema dalla mano del Signore » (Sap 5,15).


 La Nuova Alleanza

Nell'ultima cena Gesú, preso un pane, lo spezzò e disse: «Prendete e mangiate: questo è il mio corpo ». Poi prese il calice col vino e, dopo aver reso grazie, lo diede loro dicendo: « Bevetene tutti, perché questo è il mio sangue dell'alleanza, versato per molti per la remissione dei peccati » (Mt 26,26); e promette di risuscitare nell'ultimo giorno quanti fanno la comunione (Gv 6,54).

Pagando il prezzo del nostro riscatto, Gesú dice al Padre: « Padre, voglio che anche quelli che mi hai dato, siano con me dove sono io, perché contemplino la mia gloria, quella che mi hai dato, poiché tu mi hai amato prima della creazione del mondo » (Gv 17,24).

Essendo Gesú una cosa sola col Padre, ossia un solo Dio, contemplare la sua gloria, significa contemplare Dio: questa è la felicità alla quale Dio ci ha destinati e per la quale ci ha creati. Dice s. Giovanni: « Carissimi, noi fin d'ora siamo figli di Dio, ma ciò che saremo non è stato ancora rivelato. Sappiamo però che quando egli si sarà manifestato, noi saremo simili a lui, perché lo vedremo cosí come egli è » (1 Gv 3,2).

La felicità della visione di Dio è tale, che fa dire a s. Paolo, che ebbe la fortuna di essere rapito ancora vivente in cielo, queste parole: « Quelle cose che occhio non vide, né orecchio sentí, né mai entrarono in cuore nell'uomo, Dio le ha preparate per quelli che lo amano » (1 Cor 2,9).

« Le sofferenze del momento presente non sono paragonabili alla gloria che dovrà essere rivelata in noi» (Rom 8,18).

« Desidero morire per essere eternamente con Cristo » (Fil 1,23).

Tale felicità, che già è immensa fin dal momento in cui l'anima giunge a contemplare Dio, sarà completa con la resurrezione dei morti, perché l'uomo è composto di anima e corpo e la sua felicità per essere completa deve essere spirituale e fisica.

Stando cosí le cose, si comprende il Vecchio Testamento nella sua sola funzione di preparazione al Nuovo Testamento; si comprende l'alleanza di Dio col popolo ebreo, perché, dovendo il suo Figlio farsi uomo, doveva nascere da un popolo, e quel popolo Dio preparò per accoglierlo e per fargli svolgere tutta la sua missione; nascita, vita pubblica ed evangelizzazione, passione e morte, fondazione della Chiesa; si comprende la creazione dell'uomo: siamo destinati non « alla casa dei morti, lo sheol », ma alla felicità infinita della visione di Dio e alla resurrezione alla fine del mondo, dopo la quale saremo sempre col Signore e con tutti i nostri cari.

Non potremo mai ringraziare Dio di averci creati e di avere dovuto farsi uomo e morire sulla croce per darci la felicità eterna del paradiso.

ILDEBRANDO A. SANTANGELO


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