lunedì 1 novembre 2021

LA PRESENZA REALE

 


IL CIELO E L'EUCARISTIA

Ecco che io creo nuovi cieli e nuova, terra. Vi rallegrerete ed esulterete in eterno per ragione delle cose che io creo.

Isaia, LXV, 17, 18.

 

I. - Gesù Cristo ascendendo al Cielo va a prendere possesso della sua gloria e prepararci un posto. Con Gesù l'umanità redenta entra in Cielo: noi sappiamo che è aperto anche per noi e viviamo aspettando il giorno in cui ci sarà dato di entrarvi. Questa speranza ci sostiene e c'incoraggia. Essa potrebbe bastare per farci menare una vita cristiana e soffrire tutte le tribolazioni di questa terra. Tuttavia Nostro Signore per intrattenere in noi e rendere più efficace la speranza del Cielo, per aiutarci ad attendere pazientemente il cielo della gloria e ad esso guidarci, ha creato il bel cielo dell'Eucaristia. Invero è l'Eucaristia un bel cielo, un paradiso incominciato. L'Eucaristia è Gesù glorioso che dal Cielo viene sulla terra e con Se reca il Cielo. Non è forse il Cielo dovunque è il Signore? In Sacramento Gesù, quantunque velato, è beato, glorioso e trionfante: non sono più in lui le miserie della vita, e nel ricevere la comunione noi riceviamo il Cielo, essendo Gesù la beatitudine e la gloria del Paradiso. Qual gloria per un suddito ricevere in casa il suo Re! Ebbene noi possiamo gloriarci di ricevere il Re del cielo!

Gesù viene in noi affinché non dimentichiamo la vera nostra patria, e pensandovi non moriamo dal desiderio o dal dolore di esserne lontani. Viene e dimora in noi corporalmente finché durano le specie sacramentali; distrutte queste, risale al cielo, ma resta in noi con la presenza del suo amore e della sua grazia. Perché non rimane più a lungo? Perché l'integrità delle sacre specie è la condizione della sua presenza corporale. Venendo in noi Gesù apporta i fiori e i frutti del Paradiso. E quali sono? Non so dirvelo, non si vedono, ma se ne sente il profumo. Ci apporta i suoi meriti glorificati, la sua spada vittoriosa di satana, le sue armi perché ce ne serviamo, i suoi meriti affinché li facciamo fruttificare. L'Eucaristia è la scala, non di Giacobbe, ma di Gesù che sale al cielo e ne discende continuamente per noi. Egli è senza posa in moto verso di noi.

 

II. - Ma vediamo in particolare quali sono i beni celesti che Gesù ci apporta quando lo riceviamo. Prima la gloria. Certo la gloria dei Santi è un fiore, il quale sboccia soltanto ai raggi del sole del Paradiso e sotto lo sguardo di Dio: non possiamo avere quella splendida gloria sin da questa vita: saremmo adorati. Quaggiù né riceviamo il germe nascosto che la contiene tutta, come un grano contiene la spiga. L'Eucaristia mette in noi il germe della risurrezione, il principio di una gloria speciale e più risplendente: seminata nella carne corruttibile, brillerà sul nostro corpo risuscitato a vita immortale.

Poi la felicità. L'anima entrando in Cielo entra in possesso della stessa felicità di Dio, senza alcun timore di perdita o diminuzione. Ma nella Comunione non riceviamo forse qualche particella di questa vera felicità? Ci è data soltanto in parte, per non farci dimenticare il Cielo; ma di qual pace, di qual gioia non siamo inondati dopo la Comunione! E quanto più l'anima è libera dalle affezioni terrene, tanto più gode di quella felicità: certe anime dopo la Comunione godono di tanto gaudio che il corpo stesso ne riceve l'impressione.

Infine la potenza. I beati partecipano della potenza di Dio. Ora colui che comunica con un gran desiderio di unirsi a Gesù, più non sente che disprezzo per quanto è indegno delle sue affezioni divinizzate; diviene superiore ad ogni cosa terrena: è questa la vera nostra potenza. Allora la Comunione solleva l'anima verso Dio. La preghiera si definisce: una elevazione dell'anima verso Dio. Ma che cos'è qualsiasi nostra preghiera in confronto della Comunione? Quant'è lungi ogni nostra elevazione di pensieri e di affetti dall'ascensione sacramentale, in cui Gesù ci eleva con sé fino al seno di Dio!

L'aquila, per avvezzare i suoi aquilotti a volare nelle più alte regioni, loro presenta il cibo tenendosi molto al di sopra di essi e, sollevandosi ancora a misura che le si avvicinano, li fa poco a poco levare a grande altezza. Così Gesù, l'aquila divina, viene a noi apportandoci il cibo di cui abbiamo bisogno; poi si leva in alto e c'invita a seguirlo. Ci colma di carezze per farci desiderare la felicità del Cielo, e ci abitua a questo pensiero.

Non avete osservato che, possedendo Gesù nel vostro cuore, desiderate il Paradiso e disprezzate ogni altra cosa? Vorreste morire in quell'ora stessa, per essere più presto uniti a Dio per sempre. Quegli invece che comunica di rado non può desiderar Dio vivamente e ha paura della morte. In fondo non c'è nulla di male in questo pensiero; ma se voi poteste avere la certezza di andar subito in Paradiso, ah! non vorreste rimanere un quarto d'ora di più sulla terra! In un quarto d'ora lassù, dareste più amore e gloria a Dio che non in una lunga vita quaggiù.

Dunque la Comunione ci prepara al Cielo. E qual grazia è quella di morire dopo ricevuto il Santo Viatico! So bene che la contrizione perfetta ci giustifica e ci da diritto al Cielo; ma quanto è meglio di andarsene in compagnia di Gesù e di essere giudicati dalla sua bontà, essendo ancora, per così dire, uniti al suo Sacramento d'amore! Onde la Chiesa vuole che i suoi sacerdoti amministrino il Santo Viatico, anche all'ultimo momento, all'infermo che vi si è disposto, quantunque avesse già perduto l'uso delle sue facoltà, tanto desidera questa buona Madre che i suoi figli partano ben muniti per il terribile viaggio.

Domandiamo spesso questa grazia di poter ricevere, prima di morire, il Santo Viatico, che sarà la caparra della nostra felicità eterna. San Giovanni Crisostomo, nell'opera sul Sacerdozio, libro VI, assicura che gli Angeli accolgono alla fine della vita le anime di coloro che poco prima con pura coscienza han comunicato, e in gran numero, a causa del divin Sacramento da esse ricevuto, facendo loro corona, le conducono al trono di Dio.

di San Pietro Giuliano Eymard


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