sabato 22 gennaio 2022

Conversazioni Eucaristiche

 


Medius vestrum stat quem vos nescitis. 

 

1. Stava il Battista là sulle sponde del Giordano predicando ed amministrando il Battesimo di penitenza, quando un bel giorno alcuni  Farisei si presentarono a lui, non a chiedergli il battesimo, ma a titolo di  curiosità per dimandarlo se fosse egli il Cristo che aspettavano. E Giovanni  rispose: Dite a coloro che vi hanno mandato ciò ch’io dico a voi: Ecce medius  vestrum stat, quem vos nescitis! Cristo sta in mezzo a voi, e voi nol volete  riconoscere: egli è l’Agnello di Dio; colui che toglie i peccati del mondo. Io vel  dissi che sarebbe venuto e si sarebbe manifestato dopo di me, sebbene sia  da più di me e prima di me: Ecce Agnus Dei, quì tollit peccatum mundi! de  Quo dixi; post me venit Vir, quì ante me factus est, quia prior me aerat. Io l’ho  visto e riconosciuto; e vi posso testimoniare ch’Egli è il Figlio di Dio, Gesù! –  Gesù passava là dappresso e Giovanni essendosene accorto, lo accennò loro  e tornò a gridare: – Ecco l’Agnello di Dio!… – Et respiciens Iesum, dixit: Ecce  Agnus Dei ! 

2. Anche adesso vi sono purtroppo molti increduli pari ai Farisei d’una volta, nè la lor razza ancora è per finire. 

3. Oh Dio! quasi ogni volta che m’approssimo a questo altare, parmi di udire il Battista a ripetere: Ecce medius vestrum stat!… – ecce Agnus Dei!  Ecco Gesù, l’Agnello Figliuol di Dio, che sta qui Sacramentato in mezzo a voi!  Ed il doloroso si è quel Nesccitis!… 

4. Ah taci, o Giovanni; non dir così alli cristiani! Fra loro v’è più chi nol sappia che Gesù Cristo Figlio di Dio vivo e vero, l’Agnello che toglie i peccati  del mondo si trova e sta quì sull’altare in questo Ciborio propriamente in  persona. Ma questa scienza è quella che più li condanna; perchè sapendosi  ciò da essi con certezza, dovrebbero portarsi verso di lui con la più profonda  riverenza e venerazione, frutto di fede e di amore, di quell’amore ch’Ei merita  almeno per gratitudine. Invece si mostrano indifferenti, e gli usano  colpevolissime irriverenze, e noncuranze. Ah! che pur troppo ce ne sono di  codesti disgraziati anche tra noi, e non pochi! Sono peggiori degli Scribi e  Farisei. Oh Dio! Avrei io mai appartenuto a questa razza di vipere? 

5. O Agnello Divino, che siete venuto a togliere i peccati deal mondo, cancellate ancora tutte le mie colpe d’infedeltà, di irriverenza e di scandalo  da me un tempo commesse alla vostra presenza! Purtroppo peccai dinanzi a  Voi, mio Sacramentato Signore: tibi soli peccavi, et malum coram te feci! Ve  ne chieggo perdono, e vorrei essere morto pria di avervi dato il minimo  dispiacere. Adesso con le mie visite pubbliche e private vengo ai vostri piedi  per riparare al mal fatto, e per compensarvi de’ torti cotanto ingiusti ed empi  che pur vi feci. Ecco, vi rinnovo l’offerta solenne della mia misera servitù, il  sacrificio dell’anima e del corpo mio. È vero che non saprete cosa farvene,  tanto è indegna e miserabile; ma pure so che non disprezzate un cuor  contrito ed umiliato: cor contritum et humiliatum non despicies. So che non  siete solito di rimandare sconsolato e confuso chi, sebben lo abbia  demeritato, desidera di essere annoverato tra i vostri infimi ed umili servi.  Per ciò aiutatemi con la vostra grazia, acciocchè possa in avvenire servirvi  con fedeltà ed amore come meritate fino alla morte. 

6. O Chiesa santa, ben hai ragione di gloriarti d’avere ricevuto in custodia questo preziosissimo Tesoro; quest’Agnello Divino venuto dal cielo;  questo Figlio Umanato di Dio! Egli è lo splendore della gloria divina: splendor  gloriae Dei; ma velato dall’umiltà e dall’amore. O amore, che cosa hai fatto  fare al Figlio di Dio a beneficio dell’uomo?… Sì, o Chiesa santa, hai ragione  se gl’innalzi templi ed altari sontuosi, se gli costruisci ricchi e pomposi  tabernacoli, se gli adorni le sue Residenze e il suo Trono di preziosi drappi,  di argento, di gemme, e d’oro, essendo Egli il Re tuo Sposo. Ma tutto è poco  ai meriti del suo amore e della sua Divina Sacramentata Maestà. Noi siamo  gli onorati: noi che veniamo santificati dalla sua divina presenza! Ah, come  faremo a mostrarci grati a tanta munificenza di carità!? E tu, anima mia, che  farai? 

7. Ah! che posso io mai fare e desiderare per piacervi, o Signore, se non che vivere fedele ed appassionato al vostro personale servizio, tutto dedicato  al vostro amore? O Gesù mio, in questa Chiesa, dove ordinariamente vi  degnate di accogliermi ogni volta che a Voi mi presento; sì, quì vorrei poter  consumare tutta la mia vita ad onor vostro. Questa sola grazia vi dimando: unam petii a Domino, hanc requiram; ut inhabitem in Domo Domini omnibus  diebus vitæ meæ. Sì, fino all’ultimo mio respiro. 

8. Forse che ambisco a troppo onore? Ma voi state pur qui a posta per essere servito ed amato dagli uomini! Oh m’avesse pure a costare un qualche  incommodo e dispiacere, qualche umiliazione e derisione da parte dei  mondani; m’avesse a costare un po’ di sacrificio; non m’importerebbe. Sarà  sempre una parte per me grande e immeritata, sarà un merito caro patire  qualche cosa per servire ed amare il mio buon Signore Sacramentato. Vale  più un giorno ed anche un’ora sola passata qui in vostra compagnia, che  stare a godere mille giorni di solazzi tra le conversazioni di umane società,  dove sempre si corre a pericolo di offendervi: elegi abjectus esse in Domo Dei  mei… quia melior est dies una in atriis tuis super millia. Voi amate la verità e  fate misericordia a chi l’usa con gli altri; voi ci conferite la grazia vostra nel  tempo e la gloria nella Eternità. O Gesù mio, che cosa si può desiderare di  più e di meglio? Non fanno così gli uomini con i loro simili. Oh quanto  diverse sono le regole della filosofia umana da quelle della vostra carità! Fate  che io sappia apprendere ed apprezzare le vostre dottrine e gli esempi vostri  divini e che ne possa trarre profitto a santificarmi per la maggior gloria  vostra, pel bene mio e del mio prossimo. Se un tempo feci scialacquo dei  doni e benefici inapprezzabili di quella grazia, che Voi, Gesù mio,  profondeste nell’anima mia, ve ne dimando perdono. Si dice che la pena più  adeguata e meritata da un’anima ingrata è quella di essere privata dei  benefici meritati. Questa dunque sarebbesi a m dovuta. Ah, Gesù mio,  spogliatemi di tutto, ma non della grazia vostra! Privatemi pure, se così vi  piace, dell’onore, del talento, della sanità e degli altri vostri doni; ma non mi  private del beneficio sommo della vostra Sacramentale Presenza e  conversazione, che forma il mio conforto, la mia consolazione, tutto l’onore e  l’amor mio, essendo Voi lo stesso amore. 

9. O Agnus Dei, quì tollis peccata mundi, ne projicias me a facie tua! 

Cancellate tutti i miei peccati, radiate ancora tutte le pene che per essi mi  sono meritate, o fatemele scontare in questa vita, per non averle da patire  nell’altra: hic ure, hic seca, hic non parcas; ut in aeternum parcas! 

Francesco Spinelli


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