domenica 12 giugno 2022

CONFIDENZE DI GESÙ AD UN’ ANIMA BAMBINA PER QUESTO NOSTRO TEMPO - LA SPADA ANNUNCIATA DA SIMEONE

 


LA SPADA ANNUNCIATA DA SIMEONE


(17 Gennaio 2020)

Improvvisamente, mentre stavo decidendomi di andare a dormire, una voce soave, differente, delicata mi ha chiamata...: 

“ Desidero parlarti, vuoi ascoltarmi? Sono la tua Mamma Celeste   e desidero farti conoscere la mia gioia ed il mio dolore... 

Fin da quando la luce divina s’irradiò nella penombra della piccola casa ed il mio Gesù nacque al mondo, gioia e dolore governarono la mia anima e nel mio cuore provai un grande    vuoto, ma la gioia di vedere il piccolo Gesù era così grande che compensava quel dolore d’amore che sentivo nel mio interno. Mi sentivo come un tabernacolo vuoto, sentii come una sottile lama trapassarmi l’anima, non era più in me, non potevo più proteggerlo e abbracciarlo con il mio corpo. 

Capii da sola con il pensiero del cuore che Gesù non sarebbe mai stato mio e che quel figlio tanto amato e atteso non era per me. Ero    la sua mamma, sì, ma una mamma di dolore e d’amore. 

Sentii la grande separazione tra Creatore e creatura, sentii tutto il dolore ed il pentimento di Eva, la sua disperazione e solitudine..., ma il candido amore del piccolo Gesù mi consolò, il suo sguardo profondo che brillava d’eterno amore fu un balsamo per me. 

Giuseppe prese il piccolo Gesù, lo lavò e lo mise nella mangiatoia per farmi riposare, ma dopo poco gli chiesi di prenderlo e metterlo tra le mie braccia, vicino al mio cuore di cui aveva sentito la voce per nove lunghi mesi e tante parole d’amore avevo scambiato con Lui, anche quando era immobile nel mio ventre, dove la luce non   lo raggiungeva, e i suoi occhi erano chiusi e il suo isolamento       era grande, ma sempre mi consolò, mi amò ed io lo amai profondamente, adorandolo nel mio ventre: il mio Creatore era il Figlio della Rivelazione, Figlio e Padre, Re e Salvatore, ma schiavo per amore; il mio intimo sapeva e conosceva quella realtà eterna, perché la luce morbida e profonda che brillava nel mio cuore e nella mia anima, nutrita dalla Divina Volontà, riceveva tanto amore e luce divina da Lui; ero la piccolina che rimaneva tra le braccia dell’Eterno Padre ed ero il trastullo delle Divine Persone. 

Sapevo tutto questo intimamente, ma il distacco fu penoso e sofferto. Per questo rimasi tutta la notte, tenendo il piccolo Gesù   tra le mie braccia, ben accanto al mio cuore, che aveva sempre un dialogo profondo con Lui. 

O Vita della mia vita, come colmerò questo vuoto !? 

Quando fu presentato al tempio, Giuseppe pagò il riscatto per      i figli maschi primogeniti e poi offrì il sacrificio di lode e ringraziamento, dando due tortore e due pani intrisi nell’olio... 

Quando il giovane Cohen prese le 5 monete del riscatto che Giuseppe gli consegnò, sentii nel profondo della mia anima il rumore metallico di quei trenta denari gettati a terra da Giuda quando li rifiutò la seconda volta, dopo il tradimento... Era il prezzo con il quale fu venduto mio Figlio, il prezzo dell’amore tradito, il prezzo di uno schiavo... In quelle 5 monete lì gettate a terra nel Tempio, vidi sangue e terra, e il respiro si arrestò per qualche attimo nel mio petto. 

Quando giunse il saggio Simeone, lo prese dalle mie braccia, lo elevò al cielo come offerta sublime e proclamò la sua Divinità, finalmente i suoi occhi stanchi vedevano Colui che sarebbe stato la luce e la salvezza del suo popolo, anche se i suoi non lo avrebbero accolto, e per questo la sua santissima Umanità sarebbe stata la pietra d’inciampo per i superbi, gli ipocriti e chi si ostina a voler essere cieco. 

Il saggio Simeone e la fedele Anna mi parlarono di una spada che avrebbe trapassato il mio cuore, ma in realtà ti dico, figlioletta, che quella spada trapassò la mia anima immacolata lasciando un sottile e acuto dolore fin dalla nascita del piccolo Gesù, non mi lasciò mai e sempre mi ricordava che Lui non era per me, ma era per il suo popolo. 

Quella spada divenne più tagliente durante le mie lunghe attese, quando per tanti giorni evangelizzava per i villaggi, curava, liberava, amava, insegnava e parlava del Regno di suo Padre, raramente potevo gioire all’ascolto della sua voce, e al vedere il suo volto splendente raramente potevo parlargli, anche se sentivo sempre nel mio cuore le sue soavi parole che mi accarezzavano con il profumo dell’eternità. 

Tutto iniziò a trasformarsi in un atroce martirio quando lo vidi pallido e profondamente malinconico con un sorriso doloroso, arrivare al Cenacolo. 

Io con le altre donne partecipammo alla Cena pasquale, ma rimanendo là dove era solito per noi donne rimanere. Una tenda e una transenna forata ci separavano. Lo guardavo stando distante, scrutavo i suoi occhi e ascoltavo le sue parole dolci e tranquille, ma sentivo una morsa di dolore nel mio cuore e mille sussurri terribili affollavano le mie orecchie... 

Quando fu trascinato nella casa di Hanna, iniziai a sentire la stessa spada, sempre più penetrante, e il mio cuore era già dolorosamente in cerca del suo sguardo. 

Durante tutta la Passione atroce di mio Figlio partecipai a quello scempio con l’anima, il corpo e il cuore, in uno stato di sofferenza che mi straziava, mi uccideva e poi, in quello stesso dolore, mi faceva rivivere, affinché quella stessa sofferenza mi facesse morire ancora e ancora.... 

Il silenzio pro fondo nella mia anima accoglieva quell’amore che ogni volta mi uccideva e mi ridonava la vita, per offrire all’eterna Giustizia tante morti per quante torture mio Figlio subisse con amore ed in silenzio, e così mi univo a Lui, che riparava tutti i peccati dell’umanità. 

Quando rimase in croce per tre ore, sospeso tra la terra e il cielo, la mia anima e il mio cuore erano legati e crocifissi con Lui, e le mie membra, battute dalla furia del dolore, rimanevano scarnificate nel corpo santo di mio Figlio. 

O Calvario doloroso, o monte della morte e della vita, tu sei il monte di coloro che amano, del mio acutissimo dolore e del mio profondo amore che abbracciava quello di mio Figlio, e si parlavano in un dialogo silenzioso di sguardi e di volti che si sarebbero voluti toccare e baciare, ma potevano solo morire. 

Quando la vita lo lasciò, io sono morta con Lui. La luce dei suoi dolcissimi occhi che si erano chiusi non brillava più ed io mi spensi come un debole chiarore, ma uno spasimo improvviso, intenso, investì tutte le mie viscere, il mio cuore e la mia anima, e svenni    tra le  braccia del piccolo Giovanni... 

Lo stesso amore mi destò e abbracciai il corpo senza vita del  Figlio mio e mio Signore. Nella morte aveva trionfato, ma la vittoria era celata.  

Era sublime il suo volto velato di silenzio, la sua potente Maestà divina traspariva tra il sangue ed il gonfiore. Lo contemplai, bagnando il suo viso con le mie lacrime d’amore, e così piano piano pulii tutto quel sangue raggrumato, tutto era una ferita e un livido gonfio, la carne gelida, quasi trasparente era infossata sulla bocca riarsa... Accarezzandolo e baciandolo, mi accorsi che l’osso del suo naso era schiacciato e deviato, il labbro superiore, tagliato d’un lato come da un colpo di pietra affilata, e vidi che quando dopo essere stato crocifisso avevano girato la croce per ribattere i chiodi sul legno, lui aveva battuto con forza la bocca sopra una pietra e due dei suoi bellissimi denti si erano spezzati. 

Lo strinsi al mio petto verginale e la sua morte entrò nuovamente in me, straziandomi d’amore dolorosissimo. Lo baciai molte volte e la mia bocca rimase coperta dal suo sangue, lo adorai, lo guardavo  e pregavo il Padre di togliere la luce ai miei occhi e lasciare solo quella del cuore, così da contemplare il suo viso d’eterna bellezza senza l’atroce visione di quello strazio sulla sua carne... Quella spada, il richiamo continuo al mio dolore, rimase infilata tra il mio cuore e la mia anima  facendo sanguinare il mio intimo. 

Rimasi a contemplarlo, ma il tempo inclemente e impietoso mi costrinse a lasciare che lo togliessero dalle mie braccia per avvolgerlo nel lino bianco e portarlo nel seno silenzioso della terra... 

Quando lo misero dentro al tumulo disteso su quella fredda pietra, sentii il mio ventre colpito duramente da una frustata di dolore e rividi con gli occhi dell’anima mia il mio bambino protetto nel mio seno. 

Vedevo la mangiatoia, semplice, accogliente e calda con la paglia e il panno rosso scuro... Fu adagiato lì da Giuseppe, e già un mistero a me sconosciuto mi rivelava nel patire che il suo corpicino indifeso era cibo, cibo di vita eterna, e quella pietra fredda e ruvida adesso accoglieva disteso ed immobile il suo corpo senza vita. Volevo essere io quella pietra per accoglierlo tra le mie braccia, desideravo stringerlo al mio cuore come tante volte avevo fatto quando era bambino, ma non mi guardava più, non mi chiamava più… O figlio adorato, o figlio del mio dolore e del mio amore..., il tuo corpo fu donato per essere immolato e il tuo sangue per essere sparso! O figlio, la notte ti avvolge e il silenzio ti ricopre! O Figlio, sono qui, la tua Mamma è qui, chiamami, fammi sentire ancora la tua voce dolce che mi chiama, sento la vita uscire da me, oramai sono solo dolore... 

Ora quel Figlio tanto amato rimaneva solo nel ventre della terra, dove il mio amore materno non poteva sfiorarlo... Ah, ventre freddo senza vita  e crudele della terra, che strappava dal mio petto il mio cuore di madre! Il momento della mia più profonda desolazione fu l’abbandono che subii, il consegnare il suo corpo santo alla terra muta, senza luce né  calore né  amore. 

Quella pietra rotolata nascondeva l’Eterno nel buio che spezzava qualunque parola sulle mie labbra stirate dal dolore, chiudendo l’entrata del sepolcro e il mio respiro si spezzò nel mio petto. Ecco, eravamo separati totalmente, il mio grande amore, il mio Figlio adorato... Con gli occhi completamente velati da lacrime amare, cercavo ancora e ancora di scorgere il suo corpo... 

Quella spada che Simeone mi aveva descritto rimase trapassandomi e squarciando il mio cuore. Nulla poteva toglierla. Rimasi fredda, impietrita, i miei occhi non avevano più lacrime e    la mia bocca era come paralizzata e riarsa.  

Mi portarono via, ma rimasi lì tormentata dall’amore. 

Ore di silenzio nell’anima mia, tempo interminabile in una prigione d’amore e di acuto dolore e silenzio. La speranza alitava sul mio cuore perché non cessasse di battere, e tutti i momenti della sua vita passarono nella mia mente e mi laceravano intimamente, ma le parole, le mie parole non avevano più alcun suono, ero morta per dolore e viva per amore! 

Il silenzio di quelle due notti mi investiva di echi e di ghigni satanici, i demoni desideravano colpirmi profondamente, non ero più difesa da mio Figlio e se l’Eterno Padre non avesse inviato l’angelo dell’annuncio per consolarmi e sorreggermi, l’odio immenso degli esseri infernali mi avrebbe divorato. 

Sì, Gabriele mi consolò con tanto amore e mi diede forza, dono dello Spirito... 

Quando scese la notte del giorno di festa, che già era passato, sentii un irrefrenabile richiamo d’amore e corsi, corsi e tornai in ogni luogo dove il sangue di mio Figlio aveva bagnato la terra, sentivo le urla, le bestemmie, le imprecazioni e gli oltraggi dei soldati e del popolo inferocito, sentivo il rumore del legno della pesante croce che poggiava a terra e la graffiava mentre veniva trascinata sulle deboli spalle di mio Figlio, lo rividi cadere a terra violentemente, una, due, tante volte... La sua lacera veste intralciava il suo cammino, finendo sotto i piedi malfermi, e i soldati non gli risparmiavano ulteriori frustate, spinte e calci. Molti gli sputavano addosso e gli tiravano cose marcie il cui acre odore era insopportabile.... 

O impotenza d’amore, la tua Mamma è qui, non sapevo se fossi io a guardare o solo il mio cuore... 

Rividi la sua mano sfiorare il mio volto in quell’attimo doloroso, il suo sguardo sereno, pieno di paziente amore mi accarezzava l’anima impietrita dal dolore... 

Improvvisamente sentii il bisogno irresistibile di correre nel giardino dell’amico Giuseppe, mi avvicinai all’entrata e non vedevo né sentivo nulla. La debole luce di due fiaccole illuminava solo  parte della pietra d’entrata, non c’era nessuno, mi accasciai a terra, appoggiai la testa sul muretto quasi all’entrata del giardino,     chiusi gli occhi e chiesi al Padre Celeste di farmi morire vicino a mio Figlio... 

Rimasi così non so quanto tempo, non sentivo né un fruscio, né una voce, né un alito di vento, anche il freddo della cupa notte era passato, tutto era immobile, sembrava che la terra, le piante, anche  i sassi piangessero in silenzio aspettando la luce... 

Mi alzai sentendomi stordita e senza forze né più vita, raccolsi delle pietruzze e terra, segno del lutto, ma mi sentii circondare da un alito profumato, un respiro soave e dolcissimo e la luce mi inondò... «Mamma... sono io!!!» Mi voltai e vidi l’eterno splendore del suo viso, oh amore mio, oh Figlio adorato, sei Tu, oh dolcissima visione, lasciati abbracciare...! 

Lui si avvicinò, mi mise le mani sulle guance delicatamente e mi baciò con tanta tenerezza gli occhi e il volto, furono istanti eterni,    e con il primo bacio mi tolse quella spada... Per la prima volta lasciò la mia anima e non sentii più la sua pungente freddezza soffocare   il palpito del mio cuore... O atroce compagna del mio dolore, l’Amore ti aveva strappata via... 

Poi mi tolse le pietruzze e la terra dalle mani e mi disse che nessuna morte ci separava più e non dovevo piangere più per nessun lutto. 

Dopo alcuni istanti, guardandomi e dandomi amore e vita, mi disse che doveva andare via, voleva che rimanessi nella gioia e nella pace, dopo l’ultimo bacio si allontanò e mi sorrise come quando era bambino e si svegliava la mattina cercando il mio volto, il volto della sua Mamma! 

Sentii solo un profumo dolce ed intenso, l’aria era luminosa    pur essendo ancora notte, le stelle brillavano imperlando il cielo e tutto sembrava pulsare di vita nuova. 

Tornai indietro fino alla casa di Giovanni, che preoccupato mi aveva cercato ovunque, ma che per paura dei giudei non era venuto alla tomba. Lo abbracciai con tanta gioia nel mio cuore, ma lui non comprese e mi accompagnò dove avrei potuto riposare. Era tanta la felicità dell’anima mia che non riuscivo a chiudere gli occhi ancora illuminati dal meraviglioso volto di mio Figlio. La vita era tornata, l’Eterno aveva sconfitto la morte e il suo pungiglione era stato strappato via, l’odio era stato abbattuto e annientato dall’amore vero di un Dio Padre e Salvatore, Re e Fratello primogenito... 

L’infer no tremò di rabbia e paura; ora satana e tutti i suoi avevano la certezza che quell’Uomo santo in realtà era Dio, che   con dolore, umiliazione, rassegnazione, obbedienza e amore aveva sconfitto per tutta l’eternità il potere della vera morte. 

L’alba illuminava oramai il cielo, era il primo giorno della settimana e il secondo degli azzimi, nel mio cuore la vita era tornata e una gioia immensa splendeva sul mio viso. Giovanni si avvicinò e mi baciò non capendo cosa mi stesse succedendo, poi mi disse di rimanere lì nella sua casa mentre lui doveva andare al cenacolo per incontrare gli altri... Sorrisi e lo benedissi.... 

Presto capirai, piccolo Giovanni, presto crederai al tuo Signore, presto profondo e puro amore invaderà più forte il tuo cuore e canterai lode e gloria all’Eterno Padre... 

Figlioletta mia, ecco, ti ho parlato del mio amore e del mio dolore, adesso mancano i tuoi fratelli, parla loro... 

Ti benedico con il mio Cuore Immacolato. E ti lascio un bacio di tenero amore materno.»

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