lunedì 31 ottobre 2022

FUGGITA DA SATANA

 


MICHELA

La mia lotta per scappare dall'Inferno


Il secondo rifiuto di mia madre

L'ispirazione che ne ho tratto è stata quella di mettermi alla ricerca di mia madre, per dirle il mio «grazie». Chiesi un parere a Chiara e lei dapprima fu un po' dubbiosa. Lasciai cadere la cosa, ma dopo qualche mese gliene riparlai e questa volta mi incoraggiò. Anche suor Gabriella era d'accordo, quindi avviai le procedure consentite dalla legge. Il mio caso infatti rendeva possibile chiedere al tribunale una procedura per contattare la madre naturale.

La provvidenza ha voluto che trovassi una avvocatessa che sapeva bene come agire. C'è stato bisogno di un po' di tempo, ma alla fine mi è giunta la notizia che mia madre aveva dato il consenso a comunicarmi il suo indirizzo e il suo numero di telefono. La stessa sera - ricordo che mi trovavo in un ristorante cinese con alcune persone della comunità - chiamai mia madre e stabilii il primo contatto.

Ci siamo sentite per qualche settimana al telefono, sino a quando stabilimmo una data per l'incontro, che sarebbe avvenuto nel giorno del compleanno di un'altra mia sorella che viveva con lei. A giugno del 2004 partii in automobile per questa città del Nord. Ero piena di aspettative, ma non volevo illudermi. Sapevo che non sarebbe stato un momento facile e perciò chiesi di essere accompagnata. Le gambe mi tremavano, il cuore batteva forte, facevo di tutto per restare con i piedi per terra. Arrivai nella città dove viveva mia madre quasi volando.

Quando potei guardarla per la prima volta negli occhi e abbracciarla, la sentii fredda come un cubetto di ghiaccio, senza l'espressione di alcun sentimento. La cosa mi turbò non poco, perché non sapevo che pensare di questo suo comportamento: o c'era una patologia, oppure era talmente senza cuore... Siamo state insieme un paio d'ore, il tempo del pranzo. Man mano che parlava, mi si rivelava la realtà che ho già descritto nel secondo capitolo, fatta di fratelli e sorelle mai conosciuti, di un padre importante e privo di scrupoli, di un disagio di fondo che l'aveva portata a liberarsi di me perché ero un peso nella sua vita. Io in ogni caso le ho espresso la mia gratitudine per il «sì» che aveva pronunciato quando ero ancora nel suo grembo.

Ma lei non reagiva positivamente.

Al termine del pranzo, la doccia fredda. Guardandomi con perfetta tranquillità, pronunciò queste esatte parole: «Tu per me non sei esistita allora e non esisti oggi. Esci fuori dalla mia vita». M'avessero tagliato in due in quel momento, avrei sofferto di meno. E lì ebbi un cedimento e mi trovai a fare i conti con un'altra verità assoluta: quando la casa non è costruita sulla roccia, crolla. Io dovevo onestamente ammettere che al primo posto non avevo messo Dio, ma i miei bisogni. Purtroppo quando Dio non è al primo posto, se arriva un po' di vento - e quello era davvero un uragano - cade tutto.

Non sono mai riuscita a comprendere il motivo per cui mia madre prima accettò di incontrarmi e poi mi comunicò la cancellazione dalla sua vita: sarebbe stato sufficiente farmi sapere che non desiderava incontrarmi, e io l'avrei finita lì.

Anche gli amici che mi avevano accompagnata si arrovellarono su questo enigma, che resta tale. Non posso dire che fosse matta, ma probabilmente c'era qualche aspetto di follia alle spalle. In ogni caso il mio obiettivo di partenza l'avevo raggiunto: dire a mia madre un grazie per aver accettato di donarmi la vita e farle vedere che stavo bene. Alla fine mi sono definitivamente resa conto che la mia famiglia era soltanto una: Nuovi Orizzonti. Era inutile andare alla ricerca di ciò che mi era mancato nel passato e che volevo recuperare nel presente.

Intanto però, sulla via del ritorno verso Roma, mi sentivo a pezzi. Piangevo e non mi davo pace per quello che era accaduto. Quando incontrai Chiara sbottai a chiederle: «Ma che cosa avrò fatto di male a Gesù? Perché tutta questa sofferenza nella mia vita? Adesso inoltre lavoro per il Signore... Perché non mi aiuta?». Allora Chiara si limitò a raccontarmi un aneddoto relativo a santa Teresa d'Avila, alla quale ne succedevano sempre di tutti i colori. Un giorno si rivolse a Gesù, perché gli parlava davvero a tu per tu, e gli disse: «Senti, ma perché mi tratti così?». Lui le rispose: «Sai Teresa, mi comporto in questo modo con i miei amici», e lei di rimando: «Adesso capisco perché ne hai così pochi!». Chiara comunque oltre a questo aneddoto (che usò per cercare di sdrammatizzare) mi disse che non possiamo fare l'errore di attribuire a Gesù la responsabilità della nostra sofferenza che deriva piuttosto, nella maggior parte dei casi, dalle scelte sbagliate degli uomini. Mi disse con convinzione che la maggior parte della sofferenza che viviamo è frutto del peccato, del no che l'uomo nella propria libertà dice all'Amore di Dio (non era certo Gesù ad aver voluto il rifiuto di mia madre... era la sua libertà che l'aveva portata a fare un gesto che mi aveva ferito così in profondità... e chissà quanta sofferenza doveva avere vissuto anche mia madre per arrivare a comportarsi così con me). Il Signore però ci ha amato fino al punto da fare Suo ogni nostro grido per donarci la risposta, ogni nostra angoscia per donarci la Sua pace, ogni nostro abbandono per farci sapere che Lui non ci abbandonerà mai, ogni nostra ferita per trasfigurarla e rivelarci che «per le sue piaghe noi siamo stati guariti» (Isaia 53,5). Chiara mi ricordò che il Signore mi aveva amato fino al punto di morire per me per farmi dono della pienezza della gioia della Sua risurrezione e mi disse ancora una Parola di Dio a lei particolarmente cara: «Tutto concorre al Bene per coloro eh amano Dio!». Mi assicurò che anche le sofferenze più terribili riconsegnate nelle mani di un Padre che ci ama con infinito Amore possono concorrere al bene (anche se lì per lì non siamo in grado di vederlo).

Siamo rientrati a Piglio nel giorno della solennità del Corpus Domini e c'erano diversi giovani della scuola di evangelizzazione di Daniel Ange che erano venuti, insieme con lui, a farci visita. Era in corso una grande festa e io mi sentivo del tutto fuori luogo. All'improvviso Chiara mi domandò se me la sentivo di offrire una testimonianza sulla mia esperienza. Pur con una certa titubanza, accettai di mettermi in gioco. Raccontai qualcosa di quello che avevo vissuto e fu un momento fortissimo per me e per tutti i presenti: avevo avvertito con gioia e con forza l'azione dello Spirito Santo.

In quella circostanza ho sperimentato concretamente, in maniera incredibile, come ogni dolore, anche quelli più profondi, si possano trasformare in amore. La desolazione che mi spaccava in due il cuore era immensa, ma nel momento in cui ho accettato di donarmi - amando l'altro al quale mi veniva chiesto di raccontare la mia esperienza - iniziai a ritrovare un po' di pace interiore e di gioia.


Nessun commento:

Posta un commento