UN EPISODIO CAPITATO A ROMA
A Roma, nel 1873, verso la metà di agosto, una delle povere ragazze che vendevano il loro corpo in una casa di tolleranza si ferì a una mano. II male, che a prima vista sembrava leggero, inaspettatamente si aggravò, tanto che quella povera donna fu trasportata urgentemente all'ospedale, dove morì poco dopo.
In quel preciso momento, una ragazza che praticava lo stesso "mestiere" nella stessa casa, e che non poteva sapere ciò che stava avvenendo alla sua "collega" finita all'ospedale, cominciò a urlare con grida disperate, tanto che le sue compagne si svegliarono impaurite.
Per le grida si svegliarono anche alcuni abitanti del quartiere e ne nacque uno scompiglio tale che intervenne la questura. Cos'era successo? La compagna morta all'ospedale le era apparsa, circondata di fiamme, e le aveva detto: "Io sono dannata! E se non vuoi finire anche tu dove sono finita io, esci subito da questo luogo di infamia e ritorna a Dio!".
Nulla poté calmare l'agitazione di quella ragazza, tanto che, appena spuntata l'alba, se ne partì lasciando tutte le altre nello stupore, specialmente non appena giunse la notizia della morte della compagna avvenuta poche ore prima all'ospedale.
Poco dopo, la padrona di quel luogo infame, che era una garibaldina esaltata, si ammalò gravemente e, ben ricordando l'apparizione della ragazza dannata, si convertì e chiese un sacerdote per poter ricevere i santi Sacramenti.
L'autorità ecclesiastica incaricò della cosa un degno sacerdote, Mons. Sirolli, che era il parroco di San Salvatore in Lauro. Questi richiese all'inferma, alla presenza di più testimoni, di ritrattare tutte le sue bestemmie contro il Sommo Pontefice e di esprimere il proposito fermo di mettere fine all'infame lavoro che aveva fatto fino allora.
Quella povera donna morì, pentita, con i conforti religiosi. Tutta Roma conobbe ben presto i particolari di questo fatto. Gli incalliti nel male, com'era prevedibile, si burlarono dell'accaduto; i buoni, invece, ne approfittarono per diventare migliori.
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