martedì 14 aprile 2020

Mantenete la calma e non provocate!



Pregate per questi figli fedeli a Mio Figlio perché essi “sostengono il vostro mondo”. Il loro sacrificio è grandissimo e in ogni sofferenza restano fedeli a Mio Figlio.

Pregate, pregate, pregate! La Russia e la Cina pianificano il peggio! Opponetevi a tutti i piani malvagi e RESTATE CALMI!

I seguaci del male aspettano soltanto che voi vi opponiate e vi solleviate contro di loro, perché questo sarebbe poi il motivo per la diffusione del comunismo in tutti i paesi occidentali e per la dichiarazione di guerra, a favore della macchinazione della terza guerra mondiale.
Mantenete quindi la calma e non provocate. La provocazione viene dal diavolo non da Dio Nostro Padre. Non rispondete alle provocazioni e restate nella calma!

Pregate, pregate, pregate perché soltanto la preghiera è la vostra arma in questi difficili tempi e grazie alla preghiera voi resistete al male e ne evitate molto!

Pregate, figli Miei, sempre quando Noi vi chiamiamo, perché soltanto la vostra preghiera vi può aiutare e proteggere in questi giorni della fine.

Soltanto in Gesù trovate sostegno. Soltanto in LUI siete al sicuro e protetti.

In profondo amore,

La vostra Mamma Celeste. 



La Russia e la Cina pianificano la diffusione del comunismo e una parola sbagliata basterà loro per mettere in pratica questo loro progetto. Pregate perchè il comunismo non travolga il vostro mondo e pregate per tutti i fratelli e sorelle perseguitati.

La vostra preghiera è forte!

La vostra preghiera è potente!

La nostra preghiera è vigorosa!

La vostra preghiera è la vostra arma in questi giorni della fine.

Amen.

Il vostro Gesù che vi ama moltissimo. Amen.”

Io sono il Creatore del cielo e della terra, uno, per la Divinità, con il Padre e con lo Spirito Santo.



Le Rivelazioni Celesti di Santa Brigida di Svezia 


Parole di N. S. Gesù Cristo alla sua eletta sposa amatissima riguardanti la sua insigne Incarnazione e come disapprovi la profanazione del battesimo e la mancanza di fede e come inviti la detta sposa al suo amore. 


Io sono il Creatore del cielo e della terra, uno, per la Divinità, con il Padre e con lo Spirito Santo. Io sono Colui che parlava per bocca dei Profeti e che essi aspettavano. Per il loro desiderio e la mia promessa, io – senza peccato e senza concupiscenza – assunsi la carne, entrando nelle viscere verginali, come il sole luminoso in una pietra purissima. 
Perché, come il sole entrandovi non lede il vetro, così neppure patì danno la verginità della Vergine, quando io vi presi carne. 
Io poi presi la carne in modo da non lasciare la Divinità. E non ero da meno, con il Padre e con lo Spirito Santo, nella Divinità, tutto reggendo e riempiendo, quando ero umanizzato nel grembo della Vergine. Perché come la luce non si separa mai dal fuoco, così la mia Divinità non si è mai separata dall'umanità, neppure nella morte. 
Il mio corpo purissimo poi io ho voluto crocifisso e lacerato dalla punta dei piedi fino al capo, per i peccati di tutti. E questo stesso corpo ogni giorno è immolato ora sull'altare, affinché tanto più mi amasse l'uomo e più spesso ricordasse i miei benefici. Ma adesso io sono del tutto dimenticato e trascurato e disprezzato e come un re scacciato dal suo regno. Al suo posto è stato eletto e onorato un pessimo ladrone. E io volli nell'uomo il mio regno, per doverne essere Re e Signore di diritto, perché io l'ho creato e redento. 
Ma ora egli ha infranto e profanato la fede a me promessa nel battesimo, ha violato e disprezzato le mie leggi, da me a lui proposte. Ama la propria volontà e aborre dall'ascoltare me. Più ancora, a me preferisce quel pessimo ladrone che è il diavolo e a lui si è affidato. E davvero egli è un ladrone perché se ne prende l'anima, da me redenta con il sangue mio, suggerendogli il male e promettendogli il falso. Né la rapisce, come se fosse più forte di me, mentre io sono così potente da tutto poter con una sola parola, e così giusto da non fare la minima ingiustizia, neanche fossi pregato da tutti i Santi. Ma siccome l'uomo, dotato di libero arbitrio, liberamente acconsente al diavolo, disprezzando i miei comandamenti, così è giusto che l'uomo provi la tirannia del diavolo. 
Perché lo stesso diavolo, da me creato buono, ma caduto per sua cattiva volontà, è come mio servo per vendicare il male. Sebbene così disprezzato, Io sono tuttavia così misericordioso, che perdono, a quelli che si umiliano, tutto quel che hanno fatto e li libererò dall'iniquo ladrone. Quelli poi che si ostineranno a disprezzarmi, li tratterò con giustizia, sicché sperimentandola diranno: Guai a noi, che abbiamo provato l'ira di Dio! Tu poi, figlia mia da me scelta e con la quale parlo con il mio spirito, amami con tutto il cuore. 
Non come un figlio e una figlia o i parenti, ma più di ogni cosa al mondo. Perché io, che ti ho creato, per te a nessuna parte di me ho evitato il tormento. E anche adesso amo così caritatevolmente l'anima tua, che prima di privarmene, mi farei di nuovo mettere in croce, se fosse possibile. Imita l'umiltà mia; io, Re della gloria e degli Angeli, indossai vili panni e udii con le mie orecchie ogni insulto e disprezzo. 
E preferisci anche la mia volontà alla tua, perché la Madre mia e tua Signora per tutta la vita altro non volle che quello che volli io. Se farai così, il tuo cuore sarà nel mio e si infiammerà dell'amor mio; come una cosa secca subito s'accende al fuoco, così l'anima tua sarà da me riempita ed io sarò in te, sicché tutte le cose temporali ti saranno amare e veleno ti sarà ogni piacere carnale. Riposerai in braccio alla mia Divinità, ove non c'è alcun piacere carnale, ma gaudio e diletto spirituale. Perché l'anima dilettata è piena di gaudio, dentro e fuori. Né altro pensa o vuole che il gaudio che ha. Ama dunque soltanto me e avrai tutto ciò che vuoi e sovrabbonderai. 
Non sta forse scritto che l'olio della vedova non diminuì, fino a che Dio mandò la pioggia sulla terra, come aveva detto il profeta? Io sono il vero profeta, se avrai creduto alle mie parole e le avrai osservate, non ti mancheranno in eterno l'olio, il gaudio e l'esultanza. 

IL NOME AL DI SOPRA DI OGNI NOME



(Il problema ―dell‘esistenza‖ di Dio in S. Tommaso) 

Dopo tutto ciò che abbiamo appena detto, si potrebbe credere che Tommaso raggiunga alla fine quel che cerca. Ma egli sa bene che non è così. In questa stessa risposta in cui mette a confronto i due nomi, egli aggiunge molto curiosamente qualcosa che assomiglia ad un ripensamento letterario: «Ancora più appropriato è il Tetragramma che è impiegato per significare la sostanza stessa di Dio in quanto incomunicabile e, se così è lecito esprimersi, singolare» 98 .  Il Tetragramma, come si sa, è il nome con il quale Dio nomina se stesso nella rivelazione del Roveto ardente. Questo nome di quattro lettere (JHWH), che gli ebrei evitavano di pronunciare per timore reverenziale e di cui avevano perso il senso esatto e la vera pronuncia, ha dato luogo ad innumerevoli esegesi‖ 99 . Sebbene non fosse ignoto alla tradizione teologica latina, Tommaso sembra avere scoperto la sua importanza soltanto dalla lettura di Maimonide, che consacrandogli lunghe trattazioni, ritiene il Tetragramma un nome differente da «Colui che è» 100 .  Anche se Tommaso non condivide né l‘equivocità né l‘apofatismo estremo di Maimonide 101 , questa ascendenza merita di essere sottolineata poiché essa non poteva che confermarlo nella sua opzione per la teologia negativa. In ogni caso è l‘esegesi dell‘erudito ebreo che gli permette d‘affermare che il Tetragramma è un nome ancora più appropriato di «Colui che è». Egli lo ha già affermato nell‘articolo precedente della Somma quando si interrogava sulla proprietà del termine «Dio»: «Se fosse dato un certo nome a Dio per significarlo non sotto l‘aspetto di natura, ma sotto l‘aspetto di soggetto, in quanto è tale essere, questo nome sarebbe assolutamente incomunicabile. E forse il caso del Tetragramma presso gli ebrei» 102 .  Il «forse» potrebbe tradurre una certa perplessità circa il vero significato cli questo nome, ma è più importante osservare che se egli lo cita già nella Somma contro i Gentili 103 , è soltanto nella Somma di teologia che ne fa questo uso topico. Il cambiamento è capitale, poiché Tommaso non si situa più solamente nella prospettiva dell‘origine del nome, ma piuttosto in quella della realtà che il nome è destinato a significare. Il nome rivelato al credente è preferito al nome definito dal filosofo. Davvero singolare, esso è di certo il nome al di sopra di ogni nome e non designa che Dio.  Giunto a questo punto della ricerca, sembrerebbe che l‘uomo in cerca del1‘intelligibilità di Dio non possa andare oltre. Ciò sarebbe vero se Tommaso ragionasse come un semplice filosofo, ma non è mai stato il caso in questo contesto. Nel momento stesso in cui sembrava utilizzare soltanto le risorse della sua ragione naturale, egli in qualità di teologo aveva già esplicitamente posto dei cardini e faceva appello alla conoscenza nettamente più elevata ottenuta per mezzo della grazia:  «Malgrado la rivelazione della grazia, resta vero che fino a quando siamo in questa vita noi non conosciamo l‘essenza di Dio (il suo quid est) e che gli siamo uniti come ad uno sconosciuto; tuttavia, lo conosciamo in modo più completo perché ci è accessibile per mezzo di effetti più numerosi e più eccellenti e perché la rivelazione divina ci permette di attribuirgli delle qualità alle quali la ragione naturale non può giungere, come il fatto che Dio sia uno e trino» 104 . 
Tommaso non si addentra immediatamente in questa pista, ma vi ritornerà alcune pagine più avanti quando riprenderà la questione dei nomi divini in pieno trattato della Trinità, dove si interroga sui nomi personali attribuiti in proprio ad ogni persona divina: il Padre, che non ha altri nomi propri; il Figlio, che ha anche come nomi propri quello di Verbo e di Immagine; lo Spirito Santo, a cui convengono anche personalmente i nomi di Dono e di Amore 105 . Questo nuovo modo di trattare le cose non toglie nulla all‘impossibilità in questa vita di conoscere il «quid est» di Dio o alla struttura di una conoscenza di Dio ottenuta a partire dagli effetti, ma permette di vedere che Tommaso non perde di vista le nuove prospettive offerte alla ragione a partire dalla rivelazione.  Già la rivelazione del «Colui che è» autorizzava la teologia a prendere il suo posto e a penetrare nel mistero di Dio al di là di quella sua unità, che la ragione filosofica avvertiva di non avere il diritto di oltrepassare. Con una chiarezza d‘intuizione che fa onore alla loro grande conoscenza della Bibbia, i teologi medievali non temettero di ampliare il «Colui che è» dell‘Esodo e di vedere in esso un abbozzo della rivelazione del mistero della Trinità. Essi si sentivano autorizzati a fare ciò da tutta una tradizione che ha trovato la sua espressione nell‘arte e nella liturgia, e di cui la Glossa si faceva l‘eco: «Questo vero essere è quello del Dio vivente, della Trinità: solo esso è in verità, il Padre con il Figlio e lo Spirito Santo. Per questo si dice: Dio vive, poiché l‘essenza divina vive di una vita che la morte non affetta» 106 .  Mettendo in relazione il testo dell‘Esodo con tutti i passaggi del Nuovo Testamento in cui Gesù parla di se stesso affermando la sua esistenza nei termini assoluti di «Io sono», molti autori, sia francescani che domenicani, potevano offrire un‘esegesi cristologica del nome rivelato a Mosè.  Tommaso non è dunque un isolato quando si incammina al loro seguito nella stessa direzione, ricordando con la Glossa che il nome divino si appropria alla persona del Figlio, «non affatto in virtù del suo significato proprio, ma a causa del contesto: cioè nella misura in cui la parola rivolta da Dio a Mosè prefigurava la liberazione del genere umano compiuta più tardi dal Figlio» 107 .  I dossier riuniti nella Catena aurea mostrano a che punto egli condivida il sentimento generale dei Padri per i quali le teofanie dell‘Antico Testamento erano annunci velati del Verbo, prefigurazioni dell‘incarnazione 108 .Ma tra i teologi della sua epoca egli, meglio di altri, salvaguarda la portata della sua teologia negativa. Senza riprendere qui tutti i testi, ci limiteremo alla lettura del più esplicito per comprendere fino a che punto la rivelazione sconvolga l‘approccio puramente razionale: «Riguardo a ciò che si deve credere di lui, Cristo insegna tre cose; innanzitutto, la maestà della sua divinità; poi, la sua origine a partire dal Padre; infine, la sua unione indissolubile con il Padre.  Insegna la maestà della sua divinità dicendo; Io sono; cioè, Io ho in me la natura di Dio, e sono il medesimo che ha parlato a Mosè dicendo: Io Sono colui che sono.  Ma poiché l‘essere sussistente appartiene all‘intera Trinità, per non escludere la distinzione delle persone, subito dopo insegna agli ebrei a credere nella sua origine dal Padre, affermando: E non faccio nulla da me stesso, ma come mi ha insegnato il Padre così io parlo. Avendo fin dall‘inizio realizzato delle opere ed insegnato, Gesù mostra la sua origine dal Padre, sia in ciò che egli fa: ―E non faccio nulla da me stesso‖..., sia in ciò che insegna: ―ma come mi ha insegnato il Padre‖, cioè mi ha comunicato la scienza generandomi nella conoscenza. Dato che la natura della verità è semplice, per il Figlio conoscere significa essere. Quindi, come il Padre generandolo ha dato al Figlio il fatto di essere, così gli ha dato anche il conoscere: ―La mia dottrina non è mia‖.  E perché non si pensi che egli è stato inviato dal Padre come distaccandosi da lui, in terzo luogo insegna a credere la sua indissolubile unione con il Padre, dicendo:‖ E colui che mi ha inviato‖, cioè il Padre, è con me; da una parte, per unità d‘essenza:‖ Io Sono nel Padre e il Padre è in me‖; d‘altra parte, per unione d‘amore;‖ il Padre ama il Figlio e gli manifesta tutto quello che fa‖. Cosicché il Padre ha mandato il Figlio senza che questi si distaccasse da sé; ―e non mi ha lasciato solo‖, poiché il suo amore mi circonda. Sebbene però essi siano inseparabili, l‘uno è inviato (missus) e l‘altro invia, poiché l‘incarnazione è una missione, ed appartiene soltanto al Figlio e non al Padre» 109 .   Il seguito del testo merita di essere conosciuto, ma ci porterebbe troppo lontano. E necessario almeno prevenire lo stupore, che si rischia di provare altrove, di non trovare qui lo Spirito Santo. Tommaso si preoccupa di avvertire il suo lettore: «Se lo Spirito Santo non è citato qui, occorre sapere che ovunque si tratti del Padre e del Figlio, e soprattutto quando si tratta della maestà divina, lo Spirito Santo è sottinteso (letteralmente è ―co-inteso‖), poiché esso è il legame che unisce il Padre ed il Figlio» 110 . Non è affatto necessario insistere affinché si  percepisca l‘ampiezza del nuovo campo che si apre alla riflessione, ma il clima di ricerca non cambia. Tommaso non ritira niente di ciò che ha detto circa l‘inconoscibilità dell‘essenza divina. Egli sa che la rivelazione della semplicità divina fatta a Mosè, nella teofania del Roveto ardente, si sviluppa al tempo opportuno in rivelazione dell‘unità trinitaria, ed egli accoglie nell‘umiltà della sua fede cristiana la rivelazione di questo al di là assoluto a cui la sua ragione non poteva pretendere di arrivare. Gesù è venuto a dare alla questione di Dio una risposta che l‘uomo non poteva nemmeno immaginare.  

di P.Tito S. Centi  e P. Angelo Z.

Consacrazione a Maria Regina della Pace e Mediatrice di tutte le Grazie



insegnata dalla Madonna a Eduardo il 21 agosto 1996

Vergine Maria, Regina della Pace e Mediatrice di tutte le Grazie.
Io ti offro e consacro il mio corpo e la mia anima, il mio cuore, tutto quanto sono, tutto quanto ho.
Mi consacro a te per amore e per amare. Mi affido alle tue cure materne.
Voglio, come fece Gesù tutta la vita, onorarti e restare unito al tuo cuore.
Voglio soprattutto, o Madre, imitare la tua purezza, la tua umiltà, tutte le tue virtù.
Voglio, o Madre, offrirmi e lottare ai tuoi ordini affinché venga il Regno di Dio.
Madre, accogli questo mio atto di consacrazione, prendimi come tuo figlio e offrimi insieme a Gesù al Padre Celeste.
Aiutami a essere fedele fino alla morte.
O clemente, o pia, o dolce Vergine Maria. Amen.

Non abbiate paura. Non dico che dovete riunirvi, ma abbiate coraggio di affrontare questo momento con fiducia e preghiera.



Messaggio di Maria SS.


Figlio mio, pace!
In questo tempo in cui la Santa Messa è proibita nelle chiese per non creare assembramenti, dovete dare testimonianza di veri cristiani. Molti ancora si nascondono, hanno paura di dimostrare la loro fede a Cristo Vivo. Non abbiate paura. Non dico che dovete riunirvi, ma abbiate coraggio di affrontare questo momento con fiducia e preghiera.
Ai religiosi dico: non abbiate una fede artificiale. Pregate con fiducia. Pregate con il cuore. Credete, Dio sta ascoltando le vostre preghiere e al momento giusto agirà.
Non essere un figlio ingrato né diffidente verso l’amore di Dio.
Figli miei, siate sale in questa terra in cui l’essere umano non creda più nell’azione di Dio. In questo tempo di sofferenza, cosa siete senza Dio?
Molti credono di poter fare tutto da soli. No! Si sbagliano e sono lontani dal comprendere quello che Dio dispone per ognuno dei suoi figli.
Sii come il figliol prodigo. Ammetti il tuo errore e pentiti veramente. Solo così avrai il perdono e la pace interiore.
Il momento è ancora di grazia e di purificazione, figli miei. Non sprecatelo con le cose passeggere che il mondo vi offre.
Pregate! Vedo che molti si stanno sentendo soli e tristi. Non permettete che lo scoraggiamento occupi i vostri cuori.
Vivete i miei messaggi. Tutte le risposte sono contenute in essi.
Pregate lo Spirito Santo per comprenderli.
Sono la Rosa Mistica – Regina della Pace.
Vi benedico nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo.

13.04.2020 – São José dos Pinhais/PR

Apocalisse di S. Giovanni



LA TERZA COPPA  DELL’IRA DI DIO

***
I russi, quindi, conquisteranno il Medio Oriente, ma non vi rimarranno per lungo tempo: 

«Ma notizie dall’Oriente e dal settentrione lo spaventeranno ed egli partirà con gran furore per distruggere e disperdere molti. Pianterà le tende del suo palazzo fra il mare e il bel monte santo; poi giungerà alla fine e nessuno verrà in suo aiuto» (Daniele 11, 44).

Ecco come Ezechiele profetizza la fine delle armate russe: 

«... E verrò in giudizio contro di lui, con la peste e col sangue; e farò piovere torrenti di pioggia e di grandine, e fuoco e zolfo su lui, sulle schiere e sui popoli numerosi che saranno con lui» (Ezech, 38; 18-22).

«Butterò giù l’arco dalla tua mano sinistra, e ti farò cadere le frecce dalla destra. Tu cadrai sui monti d’Israele, tu con tutte le tue schiere e coi popoli che saranno teco; ti darò in pasto agli uccelli rapaci, agli uccelli di ogni specie e alle bestie selvatiche. Tu sarai abbattuto in aperta campagna, perché Io l’ho detto. Oracolo del Signore Dio» (Ezech. 39; 3-5).

«In quel giorno assegnerò a Gog come sepolcro un luogo famoso in Israele: la Valle di Abarim, a oriente del mare: essa chiude il passo ai viandanti. Lì, sarà sepolto Gog e tutta la sua moltitudine e quel luogo si chiamerà Valle della moltitudine di Gog. La casa d’Israele darà loro sepoltura per sette mesi, per purificare il paese» (Ezech. 39; 11-13).

Ma questa guerra non sarà limitata al solo Medio Oriente, ma sarà generale. 

La Madonna di Fatima, nel suo Terzo Segreto, a proposito di questa guerra, disse: 

«In nessuna parte del mondo vi è ordine, e Satana regnerà sugli alti posti, determinando l’andamento delle cose. (...) Una grande guerra si scatenerà nella seconda parte del 20° secolo. (...) Vi sarà morte ovunque a causa degli errori commessi dagli insensati e dai partigiani di Satana il quale allora, e solamente allora, regnerà sul mondo».

La Madonna de La Salette disse:  

«... dopo di che, vi sarà una guerra generale che sarà spaventosa. Per qualche tempo, Dio non si ricorderà più della Francia, né dell’Italia, perché il Vangelo di Gesù Cristo non è più conosciuto. I malvagi useranno tutta la loro astuzia; ci si ucciderà, ci si massacrerà reciprocamente perfin nelle case! Al primo colpo della sua spada fulminante, le montagne e tutta la natura tremeranno di spavento, perché i disordini e i crimini degli uomini forano la volta celeste. Parigi sarà bruciata e Marsiglia inghiottita; molte grandi città saranno scosse e inghiottite dai terremoti; si crederà che tutto sia perduto; non si vedranno che omicidi, non si udiranno che fragor d’armi e bestemmie. (...) 
Sciagura agli abitanti della terra! (...) Il sangue scorrerà ovunque. (...) Roma pagana scomparirà (...) Tutto l’universo sarà colpito dal terrore e molti si lasceranno sedurre, perché non hanno adorato il vero Cristo vivente in mezzo a loro. (...) 
È il tempo. Il sole si oscura, la Fede sola vivrà!». 

In questo periodo di tenebre e di morte, la Madonna de La Salette rivolge un appello alla terra: 

«Io chiamo i veri imitatori di Cristo fatto uomo, il vero e solo Salvatore del mondo (...) Infine, Io chiamo gli Apostoli degli ultimi tempi, i discepoli di Gesù Cristo, che hanno vissuto nel disprezzo e nel silenzio, nella preghiera e nella mortificazione, nella castità e nell’unione con Dio, nella sofferenza e sconosciuti al mondo. 
È tempo che escano e vengano ad illuminare la terra. Andate e mostratevi come i Miei figli prediletti. Io sono con voi e in voi, purché la vostra fede sia la luce che vi illumina in questi giorni di disgrazia. Che il vostro zelo vi renda come degli affamati per la gloria e l’onore di Gesù Cristo! Combattete figli della luce, voi piccolo numero che ci vedete, perché ecco il tempo dei tempi, la fine delle fini!».

a cura del dott. Franco Adessa

La battaglia continua



LA LINGUA LATINA

***
L’analisi di questa triste situazione liturgica ci porta a considerare anche l’inconciliabile contrasto tra la “Mediator Dei” e la “Costituzione liturgica del Vaticano II”.
Si badi: quando viene affermato che la celebrazione della Liturgia deve essere comunitaria, s’insinua che lo svolgimento della Liturgia, invece di essere di spettanza esclusiva dei ministri dell’ordine gerarchico, (come si legge nel Can. 109 e Can. 968, par. 1.A, Codex J. C., e cioè che solo l’uomo - e non la donna! - viene costituito mediante la sacra ordinazione!), spetta, invece, a tutta la comunità dei fedeli: uomini e donne, ossia a tutto “il popolo di Dio”!
Questo, purtroppo, lo si legge nell’art. 14 della “Instructio Generalis Missalis Romani”, Novi Ordinis, dove si afferma espressamente che:

«La celebrazione della Messa, di sua natura ha indole comunitaria... in quanto, mediante i dialoghi tra il celebrante e l’assemblea, e con le acclamazioni, che non sono soltanto segni esterni della celebrazione comune... (o “concelebrazione”?!),
viene favorita ed è effettuata una comunione tra il sacerdote e il popolo...»,

e il testo latino di quell’art. 14 mette in rilievo, più chiaramente, questo concetto comunitario (“eretico”!).

«Cum Missae celebratio, natura sua, indolem “communitariam” habeat, dialogis inter celebrantem et coetum fidelium, nec non acclamationibus, magna vis inhaeret: etenim non sunt tantum signa externa celebrationis communis, sed communionem inter sacerdotes et populum fovent et efficiunt» (!!).

Non si dica, qui, che questa dottrina non è del Vaticano II, ossia della “Costutizione Conciliare Liturgica”, perché la “Instructio Generalis” è l’organo esecutivo dei testi conciliari, e, quindi, questa “Instructio Generalis” ha confermato e aggravato la “mens” del Vertice Apostolico!
Inoltre, si deve anche presumere che in tale senso eterodosso va inteso anche l’art. 27 della Costituzione Liturgica che dice:

«Quoties ritus, iuxta propriam cuiusque naturam, secum-ferunt celebrationem communem cum frequentia et actuosa participatione fidelium... inculcetur hanc, in quantum fieri potest, praeferendam esse eorundem - (rituum) - celebrationi singulari, et quasi privatae...».

Come si vede, è una forma sibillina, ambigua, proprio come la voleva il massone mons. Bugnini nel suo scritto del 23 marzo 1968, in cui aveva detto, appunto:
“Lo stesso modo di esprimersi, talvolta fluido e quasi incerto, in certi casi, (...) fu scelto volutamente dalla Commissione Conciliare, che limò il testo della Costituzione per lasciare, nella fase di applicazione, le più ampie possibilità...”.
Ora, l’espressione di “celebrazione comunitaria” è del tutto sconosciuta nella enciclica “Mediator Dei” di Pio XII, come è del tutto sconosciuta in tutti i testi pre-conciliari fino al Vaticano II! Sì, si parla di “Messa dialogata”, ma questo non significa affatto “Messa comunitaria”, e tanto meno
“Celebrazione comunitaria”! Essere ammessi al “dialogo” coi ministri del rito, non significa nè che i fedeli ne abbiano
“diritto”, nè che senza di loro sia inconcepibile, perché, nella Messa, il protagonista è solo il Cristo, attraverso il sacerdote che Lo rappresenta “in persona Christi”, per divina istitu zione di Cristo stesso!
E qui, vediamo il significato di quel malaugurato testo dell’art. 27 della Costituzione Liturgica, stando alla regola del
Can. 18 del Codice di Diritto Canonico, che prescrive il criterio d’interpretazione delle leggi ecclesiastiche, che è la “propria verborum significatio in textu et in contextu considerata”.
Perciò, si giri e si rigiri, ma il significato di quella “celebrationem communem”, usata dall’art. 27, il suo significato non è altro che “concelebrazione”! Il che è l’affermazione di un princìpio ereticale, contrario alla dottrina contenuta nella Sessione XXIII.a del Tridentino, al capo IV, sulla Gerarchia ecclesiastica e la sacra ordinazione, che attribuisce solo al clero l’esercizio dei divini misteri e, quindi, anche della celebrazione dei riti liturgici.
Invece, nel tessuto dell’art. 27, il Vaticano II ha messo un inciso che direi “capzioso”, secondo il quale gli elementi che “secumferunt” (= comportano) una “celebrazione comune” sarebbero due: 1°: la “frequentia fidelium”, ossia una adunanza numerosa; 2°: la “actuosa participatio fidelium”, ossia una “partecipazione attiva dei fedeli”.
Ora, questi due elementi, che possono determinare (“di fatto” se non “di diritto”!) una “con-celebrazione” dei fedeli col sacerdote, costituisce certamente una paradossale aberrazione dello stesso Vaticano II contro la dottrina dogmatica della Tradizione! Su questo punto, infatti, abbiamo una categorica condanna del Magistero solenne di Pio XII con la sua “Mediator Dei”!
Certo, anche prima del Vaticano II, il popolo “dialogava” e “cantava” col celebrante, sia durante la Messa che durante il Vespro Domenicale, nelle parti che erano permesse anche al popolo. Ma questo non fu mai affermato che fosse una “celebrazione comunitaria”, o “celebrazionem communem”.
Il sacerdote celebrava “coram populo”, sì, ma non “in comune” col popolo. È ben triste, perciò, che un Vaticano II sia caduto in un “sofisma” così grossolano, in posizione del tutto contraria alla “Mediator Dei”, nella quale si legge:

«La Messa dialogata (nel testo latino: “id genus sacrum, alternis vocibus celebratum”) non può sostituirsi alla Messa solenne, anche se è celebrata alla presenza dei soli ministri».

E la “condanna” è ancora più chiara e circostanziata in un “passo” precedente:

«Alcuni, avvicinandosi ad errori già condannati... insegnano che... il Sacrificio Eucaristico è una vera e propria “concelebrazione”... e che “è meglio” che i sacerdoti “concelebrino” insieme col popolo presente, piuttosto che, nella assenza di esso, offrano privatamente il sacrificio...».

***
sac. dott. Luigi Villa

Viene il Tempo della Fine, che é il Tempo in cui il Male cesserà



Gesù: “Di’ loro questo:


“Io introduco nei vostri cuori la Mia Legge e i miei precetti, perché sono immutabili, come Dio Stesso.


Viene il Tempo della Fine, che é il Tempo in cui il Male cesserà, per ridare la Vita a tutto ciò che si é addormentato, e per gettare nel fuoco tutto ciò che si é completamente corrotto, interamente perduto.


Risusciterò tutto ciò che dorme, perché Io sono la Vita. Vengo nel Mondo per trasformare tutto ciò che si é deformato, prendendo un’altra strada diversa dalla Mia. 

Io sono la Via, la Vita e la Verità che é Una.

Si compirà così questa metamorfosi perché il Mio Santo Cuore ardentemente lo desidera ed anche perché i tempi sono compiuti. 

Io darò la Vita a quelli che Mi attendono nel sonno dell’oblio. 

Io li risveglierò perché Mi seguano. 

Io scuoterò quelli che dormono come marmotte che aspettano, impassibili, il risveglio dei giorni belli. 


Sì, tutti quelli che attendono il suono dell’ultima tromba, per mettersi in cammino e seguirMi, si alzeranno al Mio richiamo. 

Te lo ripeto: 

coloro che Mi hanno conosciuto e abbandonato; 

coloro che Mi hanno abbandonato, perché credevano d’essersi sbagliati, ma che conservano in cuore la Mia Speranza nascosta; 

coloro che non Mi hanno mai conosciuto e ai quali Mi rivelerò; 

coloro che, per falsa informazione, non Mi hanno mai riconosciuto; 

coloro ai quali il Mio Nome non é mai stato rivelato. 


Sì, essi Mi crederanno tutti e subito si alzeranno.


Ecco che Io creo un Cielo Nuovo e una Terra Nuova. L’Albero della Vita é piantato in mezzo alla Città Santa.


Non vi é alcun muro, ancor meno fortificazioni, perché la Città é spalancata, le porte si sono tutte aperte.


Il Sole brilla sempre: lo Splendore di Dio tre volte Santo illumina tutta la Gerusalemme Celeste; é una gioia per gli occhi e un dolce calore per i cuori.


Io sono la Luce del Mondo e il Tempio Nuovo.


Dinanzi a Me si prostreranno tutte le Nazioni del Mondo, divenute sorelle.

I Miei Apostoli hanno la missione di portare in sé stessi la Buona Novella del Regno di Dio e di diffonderla ovunque. È una grande gioia offrire questa Promessa che viene da Dio Stesso. Quando questa meravigliosa Novella é portata, diventa nello stesso tempo una ricchezza, una speranza e un programma.

 Il Regno di Dio sulla Terra si deve preparare. È già in voi: deve sorgere dall’interno di ogni cuore e ogni cuore deve già formare quella parte di costruzione come un potente cemento. Ogni cuore si deve unire a questa catena costruttiva, deve fondersi negli altri cuori in una sola opera che s’innalzerà ogni giorno di più e si estenderà via via che i Miei Operai del Regno Eterno del Cielo e della Terra si ritroveranno tutti insieme.


Voi siete, ognuno di voi, una particella del Mio Amore. Unitevi, unite fra loro le Mie particelle, venite ad unirvi a Me, o Amori del Mio incomparabile Amore, venite a costruire la vostra Città d’Amore, venite ad abitarla, venite a Me... 

Io sono la Città Santa d’Amore,
l’Alfa e l’Omega.
Venite e insieme terminiamo la Mia Opera, Vivente e Vera.


L’Omega farà risuonare presto 1’Ora del Grande Raduno”.

“J.N.S.R.”

CHIAMAMI PADRE




Dio, fonte di ogni bene, principio del nostro essere e del nostro agire, fa che comprendiamo i benefici della tua bontà, e, chiamandoti e riconoscendoti Padre, ti amiamo con tutto il cuore e con tutte le forze.


IO PAURA? PAURA DI CHE? SONO COL MIO PAPÀ!

Un acrobata, un giorno, si esibì in un esercizio particolarmente difficile.
Salì su un grattacielo, si sporse dal cornicione, e tenendo in braccio il suo bambino, compì alcuni volteggi molto pericolosi. Quando scesero, gli spettatori, esterrefatti, chiesero al bimbo:
«ma non avevi paura di cadere nel vuoto e di morire?».
E lui, stupito della domanda, rispose: «io paura? paura di che? Io ero al sicuro, perché ero fra le braccia di papà !».
Per lui, nessun dubbio e nessun rischio. Bastava una sicurezza: quella di avere vicino il suo papà!
Ed era contento così, sia che lo tenesse tranquillamente per mano, sia che lo portasse in alto e lo sospendesse nel vuoto.
L'unica cosa importante era la presenza di papà!


NOI, INVECE, ABBIAMO PAURA E CERCHIAMO UN PADRE

Il bimbo non si pone problemi, perché non li conosce, e perché sa che a tutto pensa papà.
È toccante la scena, abbastanza comune, del papà che, giocando, alza in alto il suo figlioletto e lo fa volteggiare sopra di sé. In questo momento il bimbo è la creatura
- più libera,
- più felice,
- più sicura del mondo.
C'è in lui una sicurezza pari alla sua ingenuità.
È ben lontano dal pensare che gli possa capitare qualcosa di spiacevole e che il papà possa cambiare sentimenti nei suoi confronti!
Il papà è il suo punto di riferimento incrollabile e sicuro!
Nessuno può rubargli un tesoro così prezioso!
Noi, uomini cresciuti, siamo ancora quei bimbi, con tanta nostalgia e con tanto bisogno di sicurezza, di affetti autentici e sinceri.
Abbiamo bisogno di riscoprire il volto di un Padre che ci richiami le caratteristiche di quel padre, che, forse, non abbiamo più, ma che continuiamo a rimpiangere.
Abbiamo bisogno di sapere se il Padre celeste può essere per noi
- una roccia, 
- un baluardo,
- una sicura difesa,
- un dolce rifugio (cf. Sai 61),
sul quale riversare le nostre insicurezze, le nostre paure, le nostre necessità, e, soprattutto, il nostro amore...
Abbiamo bisogno, in una parola, di riscoprire il volto di Dio-Padre!
Abbiamo bisogno di credere che, per dirla con Kierkegaard, «l'amore paterno di Dio è l'unico punto fermo sul quale il mondo può ancora far leva».


DON NOVELLO PEDERZINI

lunedì 13 aprile 2020

Consacrazione all'Amore




«Mi indicherai il sentiero della vita, gioia piena nella Tua presenza, dolcezza senza fine alla Tua destra». SALMO 16, Il

«La verginità ha un profumo di paradiso che rapisce il cuore. Vedi il giglio: il suo candore immacolato non è toccato dalle creature quando è circondato dalle spine. Per l'anima, spine di vigilanza, di mortificazione, spine di tentazione, di grande riserbo. Nel paradiso non entra che l'anima in grazia, cioè che ha la carità; non entra la più piccola colpa, e così nel paradiso dell'anima tua, nella tua mente, non devono entrare che pensieri di Dio e per Dio.
Io sono puro e amo la purezza: voglio, soprattutto nel cuore delle mie spose, una purezza così grande che mi rapisca, poichè esse sono il mio tabernacolo per eccellenza.
La grazia della vocazione religiosa è una delle principali grazie che lo possa fare a un'anima, perchè è sorgente di grazie innumerevoli.
Quell'intimo desiderio di darti tutta a me, sono lo che te l'ho suscitato. Desidero ardentemente di compiere in te e con te la mia opera di misericordia e d'amore.
Chi sei tu? Perchè ti ho scelta? Tu sei un'anima buona a niente, solo capace di guastare la mia opera, ma lo mi sono innestato in te e tu hai portato frutti meravigliosi: è la medesima pianta, solo vi è l'innesto che produce. Mi sono innestato in te, quando hai fatto il voto di verginità: da allora in poi, il mio amore ha sempre lavorato in te.
La tua vocazione non è naturale, è tutta opera della grazia divina che ti ha prevenuta e sostenuta.
Ti attenderà una grazia segnalata, quando varcherai la soglia benedetta del Monastero, che ti farà comprendere il nulla di questo mondo e la grazia che ti fa il Signore chiamandoti a Sè. (Anno 1905)
La religione è un piccolo paradiso terrestre, dove l'anima si trova in intimo commercio con Dio. Possedere il Cuore di Gesù vale più di tutto il mondo.
L'ora della tua vocazione è fissata da tutta l'eternità dalla mia infinita Provvidenza. Il giorno della tua entrata in Monastero sarà un giorno solenne e lo ho ragione di chiamarlo tale, perchè riceverai un patrimonio immenso di grazie e di aiuti speciali per tutte le singole necessità della vita.
Ricorda in complesso il tuo passato: non in dettaglio, per non danneggiare l'anima tua.
Ti ho tolta dal male, ti ho fatta mia sposa, ti ho dato la vocazione religiosa per un Ordine che è "il beniamino del mio Cuore" ('x) e ho-incastonato la gemma della tua verginità nell'oro della vita religiosa.
Ti voglio parlare della sublimità della tua vocazione per innamorartene sempre (*) Nostro Signore a S. Margherita M. Alacoque.
più, fartela meglio conoscere per fartela sempre più vivere. La tua è una vocazione divina, è una chiamata divina: tu non te ne sei accorta.
La tua vocazione è una delle più sublimi che vi siano nella Chiesa universale, perchè conduce le anime direttamente alla unione con Dio per via d'amore.
Il Monastero è la mia casa ed è tutto pieno di Angeli; tu non li vedi: ci sono nei claustri e anche in refettorio. Vi guardano con rispetto, perchè siete i miei tabernacoli.
Io che leggo in fondo al tuo cuore, vedo che hai un po' di paura di andare alla Visitazione; perchè? Se l'ho fatta per te, conforme ai tuoi gusti, alle tue inclinazioni, ai tuoi desideri? Sarà per te come un paradiso anticipato: potrai lavorare, pregare, essere raccolta; ci sarà solo questa differenza: che in paradiso amerai e godrai e qui soffrirai e amerai, ma per te soffrire è godere. (Anno 1905)
La via di pace, di confidenza e d'amore
è la via nella quale sono chiamate a camminare le Visitandine; quelle che vi camminano, assaporano la dolcezza della Regola, ma in questa via non introduco che le anime fedeli e distaccate da tutto.
Entrerai in Monastero come in una palestra di santità». (Anno 1906)

Suor Benigna Consolato Ferrero