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domenica 29 ottobre 2023

DELL'ULTIMA PERSECUZIONE DELLA CHIESA E DELLA FINE DEL MONDO

 


Profezie Allegoriche e miste

***

Si lamenta in appresso de falsi profeti, i quali andavano ingannando il popolo promettendogli la pace e la tranquillità, mentre era vicinissimo il flagello (3); e del vecchi, i quali mentre dovevano essere l'esempio del giovani, erano loro invece di scandalo (4); e de Sacerdoti e de Pastori, i quali non avevano più cura delle pecorelle, nè amore alcuno per le anime (5). Racconta i benefizi singolari fatti da lui a questo po polo, sotto la bella allegoria d' una donna. » Tu na scesti da pessimi genitori, dice, e non fosti punto da loro curata. Io ti vidi nella tua vergogna nuda e povera fanciulletta, tutta cospersa di sangue. Vivi, dissi, vivi; ed ebbi cura di te: ti feci crescere e divenir grande fino alla pubertà. Ma ti vidi ancora, e tu eri nuda e piena di rossore; ma il tuo tempo era il tempo degli amanti. Distesi sopra di te il mio manto, coprii la tua nudità. E feci giuramento di prenderti in isposa, e ti sposai in fede, e fosti mia. Ti lavai dalle tue mac chie, ti purgai dal tuo sangue, ti unsi coll' olio della salute. Ti vestii di vestimenta a vaghi colori, ti diedi calzari colore di viola, ti cinsi di fascia candidissima di bisso, ti sovraposi serico e trasparente velo, ti do nai mille varii ornamenti; strinsi i tuoi polsi di gem mate smaniglie; appesi al tuo collo alabastrino un vago monile, alla tua fronte vaga gemma, alle tue orecchie preziose anella. Ti posi su le chiome una ricca corona; e d' avvantaggio ti diedi altri ornamenti d' argento e d' oro, di bisso, di porpora vagamente ricamati in mille foggie. T'ammisi a convito reale, ti cibai di fiore, e di mele e d'olio: e tu divenisti bellissima oltre ogni  credere, e sedesti regina su d'alto trono (1). La fama delle tue bellezze si diffuse per tutto il mondo, per chè eri bellissima e perfetta, come ti aveva fatta il tuo Dio. Ma, sciagurata ! insuperbisti delle tue bellezze, le deturpasti in mille fornicazioni con qualunque in cui t' imbattesti. Maculasti le belle vesti che ti diedi : ti abusasti de miei doni, e ti desti alla idolatria e al culto del Demonio. Prendesti i tuoi figli e le tue figlie, che a me partoristi, e li immolasti a tuoi idoli. Forse che credi lieve questo tuo delitto ? E dopo tanti er rori e tanti delitti, non ti sovvenisti mai dei giorni della tua adolescenza, quando eri nuda, piena di vergo gna e macchiata di sangue. E dopo tanta tua malignità (guai, guai a te, dice il Signore!), edificasti un lu panare, e ti facesti un postribolo per ogni piazza, e ad ogni svolta di via ponesti il segno delle tue pro stituzioni, e rendesti abominevole la tua bellezza, e ti corcasti, e moltiplicasti le tue fornicazioni, e for nicasti con i vicini figli dell'Egitto, e moltiplicasti le tue abominazioni per provocarmi ad ira (2). . . . E forni casti con i figliuoli degli Assiri (3), quasi non fossi an cor sazia; e sì che proseguisti a peccare con i Cana nei, con i Caldei; e non sei ancora contenta. . . . Nè ti vendesti come meretrice per prezzo, ma come adul tera che fa copia di sè gratuitamente ad altri. Anzi tu facesti di peggio: conciossiacchè tu davi donativi e mercede a tutti i tuoi drudi (4). Tu in nulla sei migliore delle tue sorelle, anzi le hai superate tutte nelle tue iniquità e nelle tue turpezze (5) » Escendo poi di metafora e di allegoria, spiega partitamente i delitti di questa Nazione abbominanda. Nota primieramente l'idolatria, ossia l'apostasia di religione. Indi segue a dire che » i principi versarono il sangue innocente, che i figli disprezzarono i loro genitori; che gli stranieri erano calunniati publicamente; che le vedove e i pupilli non erano difesi; i santuari profanati, i giorni festivi non osservati. » Aggiunge che v' erano fra quel popolo molti detrattori. Parla in ap presso della corruzione del costumi, e dice che si ope rava ogni nefandezza contro le leggi sacrosante della natura, che non si conosceva più legge di pudore e di parentela. Oltre di questi delitti, si lamenta degli omicidiari, degli assassini, degli usurai, degli avari, e sopra di tutti, degli ingannatori e seduttori del popolo, e di nuovo dell'apostasia (1). Riprende l'allegoria, e sotto la figura di due giovinette, rappresenta le due famiglie d'Israele e di Giuda, come abbiamo notato altrove (2). Descritta così al vivo l'apostasia, l'ingratitudine, e la corruzione di questo popolo, passa ad annunziargli gli imminenti provocati flagelli. Da prima rappresenta in sè medesimo lo stato d'assedio, e la schiavitù, e la sua durata con un simbolo assai bello ed eviden te (3); poi annunzia tre terribili flagelli, la fame, la guerra, la schiavitù (4) e per aggiunta un quarto, la pestilenza (5). Per i quali flagelli, la Palestina sarà di spogliata de' suoi abitatori, demolite le sue città (6). Tanto poi sarà acceso il suo sdegno in quel giorno, chè se Noè, Daniele e Giobbe, s'interponessero per ottenere perdono a quel popolo, Dio non li ascolte rebbe (7). Parlando poi nella figura di quella Giovi netta accennata di sopra, tanto da lui amata, benefi cata ed ornata, dice, che a castigarla a dovere, convocherà tutti i suoi Drudi, alla loro presenza la dispoglierà di tutte le vestinenta, di tutti gli adornamenti che le aveva dati, e la lascierà nuda e coperta d'ignominia e di rossore; e le darà la pena e il castigo che por ta la legge contro le meretrici e le adultere. Poi la consegnerà nelle mani dei suoi amatori, i quali can giando l'amore in odio, distruggeranno i suoi lupa nari, i suoi postriboli, le rapiranno le vesti, gli or namenti, le ricchezze, e nuda la lapideranno, e la faranno in brani con le loro spade: ed arderanno tutte le sue case; e ciò alla presenza delle altre donne, per aggiungere alla pena, lo scorno (1). » Daniele, l'uomo dei desideri, non poteva pro fetare della prima desolazione di Gerusalemme, essendo già questa da buon tempo accaduta, mentre egli fu trasportato giovinetto assai nella schiavitù di Babilonia. Ma comecchè egli fosse ardentissimo di conoscere i de stini della sua Patria, e ne facesse perciò di molte e fervorose preghiere a Dio (2), meritò d' essere esau dito. Vide dunque che il suo popolo sarebbe ritornato in Palestina, che avrebbe rifabricata Gerusalemme, e che vi avrebbe dimorato parecchi anni in pace. Ma intanto una terribile persecuzione si stava preparando, la più fiera e terribile che avesse mai provata quel popolo. Questa persecuzione gli fu rappresentata da prima per simbolo, e poi spiegata dall'Arcangelo Ga briele. Comecchè questa visione sia allegorico-mista, la riportiamo alla lettera. - a» Alzai gli occhi, e vidi: ed ecco un Capro stava presso una palude, avente molti alti corni, frà i quali uno più grande di tutti e prominente. Dipoi vidi questo Capro squassare le corna contro Occidente, contro l'Aquilone e contro il Mezzodì, e niuna bestia gli po teva far resistenza, nè liberarsi dalle sue corna: per ciò fece ciò che gli veniva a talento, e diventò glo rioso. Ed io studiava questo, quando: ecco un Ircone veniva dall'Occidente e correva la terra senza toccarla: e questo aveva un corno insigne alla fronte. E venne fino al Capro cornuto, e corse contro d'esso con im peto di grande forza. Mentre ardeva la zuffa, l'Ircone afferrò il Capro, e gli strappò due corna, e quello non gli potè resistere: e dopo lo cacciò per terra, e niuno lo poteva salvare dalle sue forze. L' Ircone allora divenne grande , ma mentre cresceva, gli cadde infranto il grande corno, e in luogo di quello glie ne nacquero quattro, sotto i quattro venti de cieli. Da uno di quelli spuntò un cornetto assai piccolo, il quale però divenne grande contro il mezzogiorno e contro la fortezza. E inorgoglì fino contro la forza del cielo, e fiaccò parte della virtù celeste, e delle stelle, e le calpestò. E fino al principe della forza si esaltò, e a lui tolse il giornaliero sacrifizio, e disfece il Santua rio. Ma la forza contro il sacrifizio gli fu data a causa del peccati: ed egli schiaccierà la verità, e pre valerà, ed ogni cosa gli verrà bene. Ed ascoltai uno de Santi parlare, e disse uno de Santi ad un altro, non so chi fosse, che parlava: fino a quando durerà la visione, e il giornaliero sacrifizio, e il peccato della desolazione che è compita, e il Santuario, e la forza sarà calpestata ? E gli fu risposto: fino alla sera e alla mattina, due mila e trecento: poi sarà mondato il San tuario ». Il Profeta chiede qui ansiosamente la sposi zione di questa visione simbolica, e l'Arcangelo Ga briele gli risponde. » Io ti mostrerò quelle cose che sono per venire alla fine della maledizione; imperoc chè anche il tempo avrà il suo fine. Il Capro che ve desti con le corna è il re de' Medi e de Persiani: l' Ircone poi, è il re de Greci, e quel corno grande che gli vedesti, rappresenta il primo re di quella po tenza. Perchè poi vedesti che rotto quello ne spuntarono quattro, quelli pure significano quattro re, che sor geranno da quelle genti , ma non della fortezza del primo. E dopo il regno di quelli, mentre si aumen terà l'empietà su la terra, sorgerà un re impudente, ma intelligente, e diverrà forte, ma non della fortezza sua, e sopra ogni credenza, devasterà ogni cosa, e prospererà, e farà ciò che gli verrà alla mente. E tru ciderà i forti e il popolo de Santi, secondo la sua volontà, e le machinazioni e le frodi saranno nelle sue mani: e il suo cuore insuperbirà, e nella copia di tutte le cose truciderà molti: insorgerà contro il principe dei principi, e cadrà senza mano mortale. E la visione della mattina e della sera, che è detta, è vera: tu dunque suggella questa visione, chè sarà tra molto tempo (1). » L'Angelo rivelatore gli conta gli anni che passar dovevano tra la riedificazione di Gerusalemme e la ve nuta del Messia, e li restringe a sessantanove setti mane d' anni, e dopo queste Cristo sarà ucciso, e il popolo ebreo riprovato. La santa città e il santua rio sarà dissipato dal popolo e dal Condottiere che sarà per venire: e il fine sarà la devastazione, e dopo il fine della guerra è stabilita la desolazione. Ma con fermerà un patto con molti in una settimana, e in mezzo alla settimana mancherà l'Ostia, il Sacrifizio, e sarà nel Tempio la desolazione, e fino alla consumazione e alla fine durerà la desolazione (1). Moltissime controversie suscitò questa profezia di Daniele tra gli ebrei ed i cristiani dottori, e molte ancora tra gli Interpreti stessi. Gli ebrei non vogliono che qui si parli del Messia, e i cristiani si appoggia no a questa, come la più evidente e precisa, per ad dimostrare la divinità di Cristo, l'ostinazione e ripro vazione degli Ebrei: ma questo a noi non appartiene. La quistione che ha rapporto all'opera nostra, è quella che è accesa tra gli Interpreti, singolarmente moderni, volendo gli uni che tutta sia adempita nella prima ve nuta di Cristo, tenendo altri che riguardi più la se conda che la prima, ed altri tanto la prima quanto la seconda. Ma i primi fanno troppa violenza al sacro testo, giunti che sono a sporre quella parte di profe zia che riguarda l' ultima settimana, e sono forzati a passare dal senso letterale della profezia all'allegori co, il che è contrario alle loro medesime leggi. Di fatti; se si volessero prendere di seguito le settimane, converrebbe cadere in uno di questi anacronismi, o che Cristo avesse predicato sette anni: confirmabit pactum multis hebdomada una: o che avesse predicato tre anni e mezzo innanzi la morte, e tre e mezzo dopo: in di midio hebdomadis deficiet hostia: così per quelli che spon gono il deficiet hostia per la morte di Cristo (senso accomodatizio e troppo lontano dal reale e dal conte sto). Nè minori e più leggieri gli inconvenienti sono nella sentenza di coloro, i quali quest'ultima settimana fanno compita e avverata con la venuta dei romani, con la distruzione della Città. Imperocchè, siamo sem pre da capo: o le settanta settimane si hanno a in tendere in ordine cronologico e sucessivo, o no: se no, in quanto all' ultima singolarmente, allora ruina tutta la loro sentenza; se così si debbano prendere, converrà consentire che Gerusalemme fosse distrutta dieci anni e mezzo dopo la morte di Cristo, essendo loro sentenza ch' egli sia stato crocefisso in mezzo alla sessantesimanona settima, e dal mezzo della sessante simanona alla settantesima compita, non restano ap punto che dieci anni e mezzo. Ma le storie ci inse gnano che dopo la morte di Cristo vi passarono almeno trentasette anni alla distruzione di Gerusalemme: dun que questa sposizione non può reggere. Si aggiunga che il Sacro Testo narra prima la distruzione del Tem pio e della città , la riprovazione del popolo, e poi incomincia a parlare di questa settimana, e dice che alla sua metà mancherà l'ostia e il sacrifizio, e sarà nel tempio l'abominazione della desolazione e fino alla fine durerà questa desolazione. Come può esser questo? il popolo è disperso, e Cristo per sette anni predica a questo popolo ? il tempio è distrutto, e in esso re gna la desolazione ? l' altare e il tempio è disfatto, e solo dopo tre anni e mezzo che era disfatto, manca l' ostia e il sacrifizio ? Queste ci sembrano contraddi zioni tanto palesi, che non abbiano bisogno d'ulteriore prova a smentirle. Perchè pare dunque evidente che almeno quest'ultima settimana di Daniele si debba in tendere degli ultimi tempi del mondo, quando riedi ficata Gerusalemme, ritornato il popolo ebreo in Pa lestina, in angustia temporum rialzate le mura, e formate le piazze, convertito il popolo alla predicazione d' Elia, confermato cioè il patto con molti ebrei, venendo l'Anti cristo, farà cessare l' Ostia e il Sacrifizio nella metà della settimana, si farà adorare egli nel tempio nuovo, come un Dio, e sarà questo veramente l'abbominazione della desolazione, la quale resterà appunto in vita fino alla consummazione e alla fine della settimana, dovendo regnare tre anni e mezzo, come attesta Daniele e l'A pocalissi. Che questo poi sia il senso letterale e reale di questa profezia, si appare dal Vangelo, mentre Cri sto tra i segnali della venuta dell'Anticristo, della fine del mondo mette questo ancora: quando vedrete l'abo minazione della desolazione, predetta da Daniele, stante nel luogo santo (chi legge intenda) (1).

Ma si richiederà: se questa è profezia diretta per noi, perchè riportarla qui tra le allegoriche e miste? Rispondiamo, che ciò abbiam fatto per riverenza di quei Padri ed Interpreti che l'intendono così ; mentre per noi, sia pura, sia mista, sia letterale, sia allego rica, poco importa. Basta che, o in un modo o in un altro ci riguardi, e in questo convengono tutti gli In terpreti e i Santi Padri (1).

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P. B. N. B.

domenica 21 maggio 2023

DELL'ULTIMA PERSECUZIONE DELLA CHIESA E DELLA FINE DEL MONDO

 


Profezie Allegoriche e miste

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Dice che non stiano a confidare nella protezione del Tempio di Dio, perchè egli distruggerà anche questo quando sarà profanato; ma che la distruzione del Tempio porterà seco quella della città e di tutto il popolo. Tanta sarà la strage, che non vi sarà chi sepelisca i cadaveri, e questi saranno divorati dagli augelli rapaci e dalle fiere. Farà cessare per tutte le città, ma singolarmente nella Santa, ogni canto di letizia e di gioia, e i dolci nomi di sposo e di sposa (1). Aggiunge che in quel tempo si profaneranno i sepolcri, e le ceneri saranno sparse ai venti, e tanti saranno e tali i flagelli, che quelli che resteranno vivi invidieranno ai morti ; tra i quali annovera quello della deficienza e dell' infermità delle viti (2). 

Quindi con bella, ma terribile poesia apostrofa le donne, e grida. Ascoltate dunque, o donne, la parola di Dio, ascolti il vostro orecchio il comando della mia bocca. – In segnate alle vostre figlie il lamento e il pianto ; perocchè è ascesa la morte per le nostre finestre ed è entrata nelle nostre case, a disperdere i fanciulli di fuori, e i giovani dalle piazze. – Parla, o profeta, queste cose dice il Signore. Cadranno i cadaveri, come letame, per tutta la Nazione, come il fieno di dietro a falciatori, e non vi sarà chi li raccolga. Queste cose dice il Signore: Non insuperbisca il dotto della sua dottrina, il forte della sua fortezza, il ricco del le sue ricchezze (3). Ma quanto è terribile là dove dice, che quando grideranno a lui, egli non li esaudirà più, e quando digiuneranno non li ascolterà, e quello che è peggio ancora, che vieta ai Santi di pregare per questo popolo abbandonato ! (4). Ma tralasciando altre molte profezie, veniamo un poco a quelle lamentazioni, le quali se siamo soliti noi a cantare ne' nostri templi sopra quella sciagurata Città , verrà tempo che dovranno essere cantate sopra altra città ed altra Nazione. E un fatto che queste lamentazioni furono scritte sopra le ruine di Gerusalemme, ed è un fatto pure che queste entrano nel novero delle profezie. D'altronde quando anche questo non fosse, ripetiamo con Paolo e con i primi Santi Padri, che tuttocciò che accadde agli Ebrei in istoria, era figura e profezia per noi. A ciò credere ci possono fare testimonianza molte espressioni di questo lamentoso canto, le quali meglio assai convengono a noi che agli Ebrei, ad Italia più che a Palestina, a Roma più che a Gerusalemme. » O come siede abbandonata e sola la Città un giorno piena di popolo: ridotta è come vedovella la dominatrice delle genti, la metropoli delle provincie è caduta sotto tributo. Piange di notte, e le lacrime le scorrono per le meste gote: non vi ha chi la consoli tra suoi cari: tutti i suoi amici la disprezzano e si sono fatti suoi avversari. Emigrò Giuda, non potendo più reggere all'afflizione ed alla dura schiavitù: errò fra le genti, ma non vi trovò requie e riposo. Tutti i suoi persecutori la serrarono fra le angustie. 

Piangono le vie di Sionne, perchè non v'ha più chi venga alle solennità. Tutte le sue porte sono atterrate: i suoi Sacerdoti gementi; squallide le sue verginelle; ed essa è oppressa dall' amarezza. I suoi nemici salirono al potere, si arricchirono delle sue ricchezze, perchè il Signore parlò a causa delle sue molte iniquità. I suoi fanciulletti furono trascinati nella schiavitù, dinanzi al persecutore. Sparì ogni bellezza e decoro dalla Figlia di Sionne: i suoi principi divennero come i capretti che non ritrovan pascolo, d'innanzi al tiranno caddero d'ogni fortezza snervati. Gerusalemme si ricordò, nei giorni della sua afflizione, della sua prevaricazione e di tutte le sue antiche delizie... la vide il nemico e schernì le sue feste. Peccò, peccò Gerusalemme, e perciò è divenuta instabile: tutti coloro che l'applaudivano e la corteggiavano, ora nella sua ignominia la disprezzano: ma essa gemendo rivolta mestamente la fronte. Macchiata a piedi, non si ricordò la stolta della sua fine: cadde grandemente dell'animo, non ritrovando consolatore. Vedi, o Signore, e considera come si gloria il nemico. Egli mise la sua mano rapace sopra tutte le sue cose preziose: e si vide entrare nel santuario gente profana a dar di piglio a suoi tesori. Tutto il popolo geme e chiede invano del pane: diede le cose più preziose per isbra mar la fame. Oh ! vedi o Signore, e considera come sono umiliata! O voi tutti che passate per via, fermate il passo, considerate se v'è dolore eguale al mio: conciossiachè Dio m'ha vendemmiata, come minacciò nel giorno dell'ira sua. Dall'alto fece cadere le fiamme nelle ossa mie; mi castigò : distese a miei piedi i suoi lacci, e mi fece rovesciare a terra: mi rese desolata, e in tutto il giorno ripiena di pianto. I miei delitti gridarono a lui vendetta, il loro giogo mi schiacciò le spalle: svanì la mia virtù: il Signore mi consegnò in mani, da cui giammai mi potrò liberare. 

. . . Sei giusto, o Signore, perchè ho provocato di troppo l'ira tua. O popoli, per pietà, udite e vedete il mio pianto: le mie verginelle, i miei figli andarono in ischiavitù. Chiamai gli amici miei, ed essi m'ingannarono con false promesse: i miei Sacerdoti, i miei vegliardi perirono nella città, chiedendo invano del pane. Vedi, o Signore, come io sono tribulata, come è convulso il mio seno, come trafitto il cuore, come piena sono d'amaritudine: di fuori la spada, di dentro tristezza di morte. Udirono i miei gemiti, e non furono mossi a pietà: anzi tutti i miei nemici gioirono del mio affanno, perchè mi viddero da te umiliata... (1). O come Dio nel suo furore cinse di tenebre la, figliuola di Sionne; rovesciò a terra l'inclita d'Israele, e non si ricordò, nell' ira sua, dello scabello del suoi piedi. Precipitò, senza misericordia, tutte le preziose cose di Giacobbe, diroccò le munizioni della vergine di Giuda, conculcò il regno e i principi suoi. Franse la fortezza d'Israele, gli tolse ogni difesa, e cinse Giacobbe d'una fiamma divoratrice. Tese l'arco suo, distese la sua mano come inimico, finì quanto di bello vi era nei tabernacoli di Sionne, versò l'ira sua a guisa di fiamma ardente. Il Signore divenne come avversario; precipitò Israele, precipitò tutte le sue rocche, e riempì d'amarezza l'umiliato e l'umiliata. Disfece le sue tende, demolì il suo tabernacolo, cancellò la memoria delle sue feste, coprì di vergogna, nell' ira sua, i re e i sacerdoti. Ripudiò il suo altare, maledisse alle cerimonie, diede le torri in mano de' nemici; i quali riempirono di grida profane quelle volte sacre. Decretò il Signore di distruggere la santa città, pose le mani all' opera, e non le ritrasse finchè non la vide compita. Screpolarono gli antemurali, e le mura: furono preda delle genti il suo re e i principi suoi; non v'è più legge, e i profeti non veggono più le celesti visioni. Si ravvolsero nella polvere i venerandi vecchi di Sionne, aspersero il bianco crine di cenere, si cinsero di cilicio, e le belle vergini di Gerusalemme si prostrarono con la fronte a terra. Inaridirono gli occhi miei dal lungo pianto, si agitarono le mie viscere, mi cadde il cuore quando vidi perire di fame per le piazze i fanciulletti e i lattanti. Dicevano alle loro madri: dov'è il pane, dove è il vino ? mentre cadevano svenuti per le piazze o morivano nel loro seno. Cui ti eguaglierò? cui ti assomiglierò, o figlia di Gerusalemme º come ti potrò consolare, o vergine di Sionne ? mentre è eguale all'immensità de mari il tuo dolore; chi ti darà un refrigerio? I tuoi profeti ti vendevano delle favole e delle stoltezze; non ti mostravano il tuo stato infelice e la tua iniquità, per provocarti a penitenza: ma invece ti blandivano e ti promettevano onoranze e glorie. Tutti coloro che passavano per via t'insultavano, zuffolando, crollando il capo, e dicendo: E ella cotesta quella città di perfetta bellezza, gaudio di tutta la terra ? E con sarcasmo proseguivano: l'abbiamo divorata ! ecco il giorno che abbiamo sospirato cotanto: l' abbiam ritrovato: l' abbiam veduto (1). . . Chiamasti come ad una solennità i miei nemici, per tutto attorno, e non vi fu luogo alla fuga nel giorno dell' ira di Dio. Quelli che educai, che nutrii con tanta cura, vennero consumati dall'inimico (1). O come si è oscurato l'oro, come è illanguidito il bel colore! le lapidi del Santuario furono disperse ai capi di tutte le piazze. Gli incliti figli di Sionne, adorni d'oro, come sono stati reputati a guisa di cocci vili. Le lammie crudeli allattaron i loro figli, ma la figlia del mio popolo, ahi più crudele! li divorò: Inaridì sul palato per la sete la lingua del lattante, i fanciulli chiesero pane, e non vi fù chi loro lo porgesse. Quelli che convitavano voluttuosamente, perirono di fame nel trivi; e coloro che erano nutriti nelle delicatezze finirono ne' mondezzai... I Nazareni, candidi più della neve, più puri del latte, rubicondi come l'ebore antico, più risplendenti del zaffiro, oh come sono divenuti neri come carboni, e confusi colla feccia del volgo! non sono più che pelle ed ossa. Ebbero miglior sorte i trucidati dalle spade che quei che sfinirono lentamente di fame. Le mani pietose delle madri cossero i loro figli, e se ne fecero orrendo pasto (2). 

Dopo altri flebili lamenti, chiude Geremia con quella bellissima orazione che faceva piangere, ogni volta che la leggeva, il grande Gregorio di Nazianzo. » Ti ricorda, o Signore, di ciò che ci è accaduto: guarda e considera la nostra vergogna. La nostra eredità è passata in potere degli stranieri, e le case nostre sono da loro abitate. Siamo divenuti pupilli, e le madri nostre come le vedovelle, dopo che tu nostro padre ci hai abbandonati. Compriamo l'acqua nostra, e la nostra legna dagli usurpatori: Siamo minacciati continuamente, e non ci danno un momento di riposo. Distendemmo la mano agli Egiziani ed agli Assiri, chiedendo un pane. I padri nostri peccarono, e non sono più, e noi portiamo il peso della loro iniquità. I nostri servi sono di venuti nostri padroni, e non vi fu chi ci liberasse dalle loro mani. Sotto il lampo delle spade, nelle angustie traemmo la vita. La pelle nostra è divenuta attaccata al l'ossa, e nera per la gran fame. Le nostre spose furono disonorate in Sionne, e le vergini violate nelle città di Giuda. I principi nostri furono sospesi, e non si perdonò a vecchi cadenti. Svennero i giovinetti nelle nefande violenze; i vecchi mancarono nelle porte, e i cantori nei cori. Finì il gaudio del nostro canto, si convertirono in lutto le nostre armonie. Caddero sfrondate le corone dal nostro capo: guai a noi perchè abbiamo peccato. Perciò è mesto il nostro cuore; perciò dal pianto illanguidirono le pupille. Per cagione che disparve il monte di Sionne e delle volpi è fatto nido. Ma tu, o Signore, vivi in eterno, e il tuo soglio non s'infrange per volgere di secoli. Perchè non ti risovvieni di noi? perchè ci abbandoni per tanto tempo? Ritorna a noi, o Signore, e noi ritorneremo fra le tue braccia: ritorna i nostri antichi giorni. Ma tu ci hai ripudiati, e sei grandemente contro di noi sdegnato (1). » 

- Se il Cristianesimo, se Italia, se Roma imiteranno adunque nella incredulità, nella ingratitudine, nell'apostasia, e negli altri delitti l'Ebraismo, Palestina, Gerusalemme; ecco la sorte che loro aspetta. Queste sono profezie miste, allegoriche; e verificata la causa, si verrificherà pure l'effetto. Ma che sia possibile che ciò sia per succedere l'abbiamo di fede nel Vangelo, nell'Apostolo Paolo, come vedremo in appresso; che già oggimai sia un fatto storico questa apostasia, d'Italia singolarmente, e questa ingratitudine e corruzione, questa imitazione insomma degli ebrei per parte nostra, in tutti i delitti qui rimproverati, non lo può negare se non chi non ha occhi, non ha intelletto, od è ostinato a negare la verità conosciuta e compianta da tutti: dunque?.. Oh! è presto ancora a dedurre le conseguenze, e troppo lungo cammino ci resta ancora a percorrere prima di giungere alla meta. Il leggitore cortese e sagace, si faccia intanto prezioso tesoro di queste profezie, mentre noi andremo consultando altri profeti. Parla Iddio ad Ezechiele profeta, e nell'affidargli l'ardua missione, gli descrive quale sia quel popolo, al quale è mandato. Questa è una gente apostata che ha abbandonato il suo culto, la sua religione, calpestata la sua legge; una gente sfrontata orgogliosa, ostinata (1). Ma perchè alle apparenze sembrava anzi un popolo religioso, buono e santo (2); Iddio a togliere il profeta da questo inganno, lo introduce in ispirito di notte tempo in Gerusalemme e dentro il Tempio, e sotto simboli d'idolatria, gli fa vedere tutte le iniquità che si commettevano da quel popolo singolarmente nella santa Città. Vide nell'atrio del Tempio inalzato un Idolo, che provocava lo sdegno di Dio. Quest' Idolo era Baal, che noi abbiam veduto essere il Dio della Setta, cioè il Demonio; quel popolo dunque, o gran parte di quel popolo, era caduto nella Demonolatria (3). Osservò nelle camere Sacerdotali (4), attorno alle pareti, dipinti molti idoletti, e tutto il Sinedrio di quella Nazione col sommo Sacerdote, che li stavano incensando. Ma quale non fu il suo orrore, quando ascoltò quegli sciagurati assicurarsi a vicenda, che Dio non li vedeva, che si era ritirato ne' cieli, ne' si prendeva cura de mortali. Erano dunque perfino i Sacerdoti e i Magistrati ruinati nella incredulità, nell'ateismo; mentre esternamente sembravano zelanti della religione (5). Entrò per la porta aquilonare, e udì molte femmine che piangevano la morte di Adone. Erano dunque tante adoratrici di Venere, lascive, impudiche, e comunque di giorno sembrassero castissime, nelle tenebre notturne entravano nelle orgie settarie, e commettevano ogni fatta d'abominazione (6). Giunto finalmente l'attonito Profeta presso l'Arca Santa, vide fra il vestibolo e l'altare molti uomini, i quali avevano rivoltate le spalle all'Arca, ed adoravano verso l' Oriente i loro idoletti. Ecco la formale apostasia, (1) ecco l'avversione a Dio, ecco la fonte di tutti i delitti ! (2).

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P. B. N. B.

martedì 15 novembre 2022

DELL'ULTIMA PERSECUZIONE DELLA CHIESA E DELLA FINE DEL MONDO

 


Profezie Allegoriche e miste

» Annunziate a Giuda e fate udire queste cose a Gerusalemme; gridate, date fiato alle trombe, gridate forte e dite: Congregatevi, andate nelle rocche munite, alzate il vessillo guerriero sopra Sionne. Confortatevi, non vi fermate, perchè io condurrò dall'Aquilone un gran male, un gran flagello. Sorse il leone dal suo covile, e il cacciatore delle genti si mosse; uscì dal suo luogo per porre la terra in solitudine. Le tue città saranno devastate e resteranno senza abitatori. Sopra di ciò cingetevi di cilicio, piangete, gridate, perchè non si è ancora da voi allontanata l'ira di Dio. E in quel giorno avverrà, dice il Signore, che si smarrisca il cuore del re, e il cuore dei principi, resteranno stupidi i sacerdoti, e costernati i profeti. . . In quel tempo si dirà a questo popolo e a Gerusalemme; un vento infuocato viene dal deserto per la via della figlia del mio popolo, non a ventilazione, non a purgazione. Uno spirito gravido di nembi in sorge. . . Ecco ascende a guisa di nube, e come una tempesta sono i suoi carri ; più veloci delle aquile i cavalli suoi: guai a noi, perchè saremo devastati. . . Flagello sopra flagello è stato chiamato, tutta la terra è devastata, devastati in furia i tabernacoli. . . . Ciò avvenne perchè il mio popolo stolto non volle intendere: sono figli ignoranti e sfrontati: sono sapienti, ma solo per fare il male ; ma del ben fare non hanno scienza (1). »

 » Scorrete le vie di Gerusalemme, e guardate e considerate, e cercate per le piazze per vedere se potete ritrovare un sol uomo che faccia bene, che abbia fede, ed io gli sarò propizio. Che se diranno che ve n' hanno di molti, giuro io, dice Dio, che sono mentitori. . . . Ma io risposi, dice il profeta , questi saranno i poveri e gli ignoranti. Andrò dunque presso i maggiorenti, e parlerò a loro; conciossiachè essi conoscono la legge di Dio. Ma ecco che trovai questi peggiori di quelli: hanno scosso il giogo della legge, hanno infrante le sue catene. Per questo li percosse il Leone della selva, il Lupo li devastò, e le città loro inghiottì il Pardo. Perchè si moltiplicarono le loro iniquità, si moltiplicarono le piaghe. E in che vi potrò essere propizio, dice Dio? I tuoi figli mi abbandonarono, e giurano nel nome di false deità : lisatollai, e si sono prostituiti, e frequentarono le meretrici. Sono divenuti come cavalli sfrenati : ognuno insidia all'altrui talamo. Forse che non castigherò tal gente, e sopra tali delitti non farà l'anima mia vendetta?.. M' hanno oltraggiato insieme le due Case d'Israele e di Giuda: hanno negato Dio, ed han detto: Non è egli che ci percuote: non verrà sopra di noi nè guerra, nè pestilenza, nè carestia... Per questo, dice Iddio, io chiamerò sopra di te una gente da lontano, gente robusta, gente antica, gente della quale ignorerai la lingua e non intenderai le loro parole (2). Il loro turcasso è come un sepolcro aperto, ed essi sono tutti uomini forti. Ed essa gente mangierà le tue biade, il tuo pane, divorerà i tuoi figliuoli, le tue figliuole, consumerà i tuoi armenti, i tuoi greggi, si satollerà delle tue viti e de tuoi frutti, diroccherà le tue città munite, nelle quali hai riposta ogni tua speranza di difesa. Ma però in quei giorni non vi sarà ancora fine. Che se chiedessero mai, perchè ci ha fatto questo male Iddio ? Dirai loro: siccome voi avete abbandonato me per servire a deità straniere; così vi ho fatti schiavi degli stranieri in terra straniera. . . Questo popolo si è fatto di cuore incredulo e duro e provocante: mha abbandonato e si è allontanato da me. . . Si sono ritrovati in questo popolo degli empi insidiatori come uccellatori, i quali hanno distesi i lacci e le reti per sedurre gli uomini. Come un roccolo, le loro case sono piene di tranelli e d'inganni; perciò si sono insuperbiti, ingrassati, e brutalmente sprezzarono le mie parole. Non giudicano più la causa delle vedove e del pupillo, e del poverello. Forse che contro tal fatta di gente non si accenderà l'ira mia? e forse che di tal gente non farò le mie vendette ? Un portento, e una mera viglia si è veduta sopra la terra: i profeti vendevano errori, e i sacerdoti applaudivano a loro, e il popolo amava questi inganni. Che sarà dunque alla fine (1) ? »

Ripete in appresso la minaccia di questo popolo Aquilonare, chiamato da Dio a punizione, e aggiunge che questo è un popolo crudele che viene dagli ultimi confini della terra (2), che non conosce nè pietà, nè misericordia, che la sua voce è come il mugghio del mare in tempesta; che solo ad udirne la fama si snervarono le mani, la tribulazione si apprese alle genti, e sentirono dolori, come di partoriente (3). E sorta, prega, scongiura questo sciagurato popolo a convertirsi, se fuggir vuole quel tremendo flagello.

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venerdì 19 agosto 2022

DELL'ULTIMA PERSECUZIONE DELLA CHIESA E DELLA FINE DEL MONDO

 


Profezie Allegoriche e miste

Isaia, nel suo spirito profetico, vede compite le vendette del cielo sopra della sua Patria, della sua Nazione, della sua prediletta Gerusalemme, e vede pure il medesimo succedere ad un'altra patria, ad un'altra nazione e ad un'altra Gerusalemme; quindi trasportato con lo spirito a quei tempi, compone la preghiera che faranno quei due popoli, e questa non potrebbe essere più tenera e commovente. » Ecco tu sei giustamente adirato, e noi non cessiamo dal peccare: Noi, tutti siamo divenuti immondi, e le giustizie nostre stesse sono tutte macchiate di sangue. Cademmo come una foglia, e l'iniquità nostra fu il vento che ci fece cadere. Non v'è chi invochi il tuo santo Nome, chi sorga e ti freni. Nascondesti il tuo volto, per non vedere le nostre miserie, e ci abbandonasti in preda alle nostre iniquità. Ma ora, o signore, tu sei il padre nostro, e noi siam fango innanzi a te: tu sei il nostro creatore, e noi tutti siamo tue creature. Non ti adirare d' avvantaggio e non volerti più ricordare delle nostre iniquità. Guarda, noi siamo il tuo popolo. La tua Santa Città è divenuta un deserto. Come è deserta, desolata Gerusalemme! La casa della nostra santificazione, della gloria nostra, dove ti lodarono i padri nostri, fu data in preda alle fiamme, e tutte le cose nostre preziose andarono in ruina. Forsecchè su di queste miserie non ti sentirai mosso a pietà ! tacerai, e seguirai ad accrescere la nostra pena (2) ? » Dall'Evangelico profeta passiamo al Dolente, dal quale non meno utili e terribili profezie miste ed allegoriche ritroveremo. Veduto abbiamo in Isaia come Dio si lamentasse, sopra tutti i delitti del suo popolo, della mostruosa sua ingratitudine, e del ricorrere che facevano gli apostati e i ribelli di questa Nazione prediletta, a due potenti Nazioni vicine; e ascoltammo le minacce che fece di perdere e gli aiutati e gli aiutatori. Ora in Geremia ritroviamo gli stessi lamenti, i medesimi rimproveri, e le stesse minacce. Incomincia dall'ingratitudine, e adopera tali dolci espressioni, che farebbe ammollire un cuor di sasso, un cuore di tigre.

» Ascoltate il Signore, o Famiglie di Giacobbe, e voi tutti della casa d'Israele. Cosa ritrovarono in me d'iniquità i padri vostri, che mi avessero ad abbandonare per seguire la vanità, e diventar vani ? Perchè non dissero: dove è quel Dio che ci trasse dall'Egitto? ... I Sacerdoti non dissero: dov' è il nostro Dio ? ma tenendo per le mani la legge, non mi conobbero, e i pastori prevaricarono, e i profeti profetarono nel nome del demonio. . . Andate a vedere i gentili se abbandonarono mai i loro idoletti; e certo quelli non sono Dei; ma il mio popolo mi abbandonò per gettarsi nell'idolatria. Stupite, o cieli, e voi potenze celesti vestite il corrotto:.. Due mali ha fatto il mio popolo, ha abbandonato me, che era fonte di acqua viva, e scavò cisterne, cisterne spesse e screpolate che non sono valide a capire le acque. Forse che uno schiavo è divenuto Israele, che è divenuto preda? Sopra di lui ruggirono i leoni, e misero le loro grida: posero la sua terra in solitudine, arsero le sue città, ed ora non vi è chi v'abiti. I figli pure di Memfi e di Tafne ti prostituirono fino al collo. E non ti è egli avvenuto cotesto perchè abbandonasti il tuo Dio? Ebbene, non ne hai ancora abbastanza ? perchè vuoi di nuovo ricorrere all'Egitto, a bere quelle acque torbide e limacciose ? Che hai tu a fare con gli Assiri, che corri assetato al loro fiume 7 (1). La tua malizia ti accuserà, e. la tua apostasia ti sgriderà ! Sappi dunque e conosci una volta quanto ti fu di danno e di amarezza crudele, l'avere abbandonato il tuo Dio, e il non aver più il divino timore. . . Già ab antico hai scosso il giogo mio, frangesti quelle dolci catene d'amore che mi ti univano, e dicesti: Non ti voglio servire. Sopra d'ogni colle elevato, e sotto d'ogni albero fronzuto ti coricavi, o meretrice. . . Ma io ti piantai vigna eletta, con ogni buon seme: perchè dunque mi ti sei convertita in empia, o vigna straniera ? Se ti laverai ancora col nitro, se moltiplicherai gli impiastri; sarai sempre dinanzi a me maculata, dice il Signore. Come ardisci di dire: non sono lorda, non seguii le vie di Baal 2 Sconsigliata! considera i tuoi passi, e vedi ciò che facesti fra le convalli... . Tu dicesti: sono disperata! Amai gli stranieri, e corsi dietro loro... Che volete mai contender meco ? Si, tutti m'avete abbandonato, dice il Signore. Invano flagellai i vostri figli, essi non vollero piegarsi alla disciplina. La spada divorò i vostri profeti, come un leone devastatore è la vostra generazione (1). »

P. B. N. B.

lunedì 24 gennaio 2022

DELL'ULTIMA PERSECUZIONE DELLA CHIESA E DELLA FINE DEL MONDO


 

Profezie Allegoriche e miste

» Spiegherà il Signore il vessillo . . . e verrà la Siria dall' oriente, e il Filisteo dall' occidente, e divo reranno Israele. Ma in tutto questo non è ancor paga l' ira sua ; la sua mano è ancora distesa a ferire. Il popolo non si convertì verso di quel Dio che lo ha percosso, e non ebbe ricorso al Dio degli eserciti. Per ciò disperderà il Signore da Israele il capo e la coda, e l'oppresso e l'oppressore in un sol giorno. Il vecchio e l' onorato è il capo, il profeta bugiardo è la coda. E saranno precipitati coloro i quali vanno sol lucherando, seducendo e beatificando questo popolo. Perciò il Signore non avrà misericordia delle giovinette, non la perdonerà ai pupilli ed alle vedovelle, perchè regna per ogni dove l'ipocrisia, e non v'è labbro che non abbia parlato stoltamente. Ma in tutto questo non è ancora con tenta l'ira sua, la sua mano è ancora distesa a ferire. Imperocchè l'empietà è accesa come una fiamma, ed ha divorati i veprai e le spine insieme, ed ha incendiate le selve e i monti, e spinge fino al cielo gli orgogliosi vortici delle sue nere fiamme. Nell'ira del Signore si conturberà la terra, e il popolo sarà preda del fuoco dell'ira sua: il fratello non la perdonerà al fratello. Ognuno si volgerà a dritta per ritrovar cibo, e non lo troverà, si rivolgerà a sinistra, e non sazierà la sua fame. Ognuno si morderà pel dolore ambe le mani. Manasse contro Efraimo, Efraimo contro Ma nasse, e tutti contro Giuda. Ma in tutto questo non è fine all'ira di Dio; la sua mano è ancora distesa a ferire (1). » - 

» Guai a coloro che fabbricano leggi inique, e scrivendo scrissero ingiustizie, opprimendo i poverelli con ingiu stizie, malmenando i pupilli e le vedovelle e i meschinelli del mio popolo. Che farete, sciagurati, nel giorno delle mie vendette, e della calamità che viene da lontano? A chi ricorrerete per ajuto, ove salverete la vostra gloria, sì che non cadiate tra gli uccisi? Ma in tutto questo non è contenta l' ira sua, il suo braccio è ancora disteso a ferire. Guai, o Assur, verga del mio furore, flagello delle mie mani; nelle loro braccia stà la mia vendetta. Contro una gente ingannatrice lo manderò, gli concederò di rapire le spoglie del mio popolo, e di conculcarlo come il fango delle piazze. Ma egli non crederà d'essere mandato da me. . . Per ciò quando avrò compite le mie vendette, verserò il mio furore contro di lui (2). » » Che è questo mai che tu ancora ti fai vedere tutta piena di morti ? Tu Città piena di grida, esul tante di popolo, città lietissima? I tuoi morti non fu rono uccisi da spada, nè in guerra onorata. Tutti i tuoi principi nel darsi alla fuga, caddero nei ceppi, e tutti coloro che furono ritrovati, vennero stretti da catene. Perciò gridai: Allontanatevi da me, piangerò amaramente; non vi vogliate prendere pensiere di con solarmi sopra la devastazione della figlia del mio po polo. Imperocchè i giorni sono giunti dell'uccisione, della conculcazione, e dei pianti dell'ira di Dio nella Valle della visione. . . . E le tue dilette vallicelle saranno ripiene di carri, e di cavalleria; saranno occupate le tue porte. E cadranno le mura, e vedrete le fessure della città di Davidde. . . Va, o profeta, a colui che abita nel Tabernacolo, al prefetto del Tempio, e grida: Perchè stai qui ? o perchè stai come chi stà quì? perchè hai preparato qui il tuo sepolcro, e la tua tomba? Ecco il Signore ti trasporterà da questo luogo come un pollo, e come un nido. Ti cingerà il crine d'una corona di tribulazione, e ti manderà in una terra gran de e spaziosa, ed ivi morrai senza gloria... (1). Guai ai figli ribelli, grida il Signore, i quali fate consigli senza di me, e ordite una tela, ma non secondo il mio spirito, per aggiungere delitto a delitto: i quali di scendete nel vostro Egitto, e non interrogate me, sperando aiuto nella fortezza di quel vostro re Faraone, e nutrendo fiducia d'essere protetti sotto l'ombra del l'Egitto... Non vi saranno di ajuto, nè di alcuna utilità, ma di confusione e vergogna. . . Questo è un popolo provocatore, sono figli infedeli, figli che non vogliono ascoltare la legge di Dio. I quali dicono ai profeti: non vogliate prevedere sinistramente, non vogliate dire quelle cose che sono rette: parlateci cose dolci, vende teci errori. Allontanate da noi la via, divertite il sentiere, cessi dalla nostra presenza il Santo d'Israele. Perciò queste cose dice appunto il Santo d'Israele. Per chè avete ripudiata la mia parola, e speraste nella ca lunnia e nel tumulto, e vi siete appoggiati sopra di quel potente ; perciò questa iniquità vi cadrà repente sopra il capo, come un muro, quando meno ve l'a spettate. (2). Guai a voi, ripete ancora, che ricorrete per ajuto in Egitto, e sperate nella sua cavalleria, ne' suoi carri, perchè sono molti e forti... Questi è un uomo e non un Dio, i suoi cavalli sono di carne e non di spirito: il Signore piegherà la sua mano e ca drà l' ausiliatore cogli ausigliati (1). »

P. B. N. B.

martedì 16 novembre 2021

DELL'ULTIMA PERSECUZIONE DELLA CHIESA E DELLA FINE DEL MONDO

 


Profezie Allegoriche e miste


Isaia incomincia la sua profezia con questi flebili lamenti, e giusti ma duri rimproveri, i quali se bene furono meritati dalla Sinagoga, molto più lo sono dai figli della Chiesa, come comprenderà leggermente chi dunque voglia considerare i benefizi maggiori ricevuti da questi. » Ascoltate, o cieli, ascolta, o terra, io ho nutriti del figli, dice Iddio, gli ho esaltati sopra gli altri, ed essi abi crudeli! m' hanno disprezzato, m'hanno abbandonato. (sarà questa l'apostasia quasi universale de cattolici, predetta, come vedremo, da Cristo e dall'apostolo Paolo ). Riconobbe il bue il suo padrone, il vil giumento il presepio del suo Signore; ma Israele non mi volle riconoscere, non m'intese il popolo. (Ecco gli ebrei e i cristiani insieme) (1). Ma guai a questa gente peccatrice, a questo popolo di grande iniquità, a questo seme iniquo, a questi figli scellerati, i quali hanno abbandonato il Signore, hanno bestemmiato il Santo d'Israele, sono divenuti apostati! In che vi castigherò di più, o voi che aggiungete prevaricazione a prevaricazione ? Dalla pianta de piedi fino alla sommità del capo non v'è in voi parte sana, ma siete tutti una piaga, un lividore, e la vostra piaga non è cinta da fasce, non è curata da balsamo alcuno, nè addolcita con olio. La terra vostra sarà deserta, le città vostre saranno in preda alle fiamme, la vostra Patria sarà divorata sotto degli occhi vostri dagli stranieri, e verrà desolata, siccome avviene per invasione ostile. La Figlia di Sionne sarà abbandonata come una città devastata. Se il Signore pietoso non conservasse le nostre reliquie, diverremmo come Sodoma e Gomorra (1). Ascoltate la parola del Signore, o principi di Sodoma, porgete le orecchie alla legge di Dio, o popoli di Gomorra. (Questi epiteti sono evidentemente allegorici d' un popolo guasto e corrotto nella più o scena turpitudine). A che mi giovano le molte vostre vittime? ne sono sazio e stanco... il vostro incenso m'è di nausea, le vostre feste, le solennità non posso più sopportarle; odiai le vostre chiese. . . . Quando inalze rete a me le vostre mani supplichevoli, io rivolgerò altrove gli occhi per non vederle: quando moltiplicherete le preghiere, non vi esaudirò, perchè le vostre mani sono piene di sangue. (Oh Dio! e non veggiam noi adempita a giorni nostri questa profezia terribile? Quando mai la Chiesa intiera ha pregato di più, e quando ha tardato tanto Dio ad esaudirla? Ma questi sono i preliminari!). . . Come è divenuta meretrice la Santa Città, la città fedele e piena di equità (2)! » Un tempo vi regnava la giustizia ed ora l'assassinio. Il tuo argento è divenuto scoria, il tuo vino un acquaticcio, i tuoi principi infedeli, associati ai ladri: tutti desiderano donativi, non seguono che l'interesse. Non giudicano il pupillo, non difendono le vedovelle. Perciò, dice il Santo d'Israele: Ahi! mi consolerò sopra i miei nemici, farò le mie vendette... diventerete come una quercia senza fronde, come un orto senza acqua. E la vostra fortezza come una fa villa nella stoppa, e le vostre opere come una scin tilla: saranno tutte incendiate, e non vi sarà chi e stingua l' incendio » (3). » Piantai una vigna al mio diletto, e la circondai attorno di siepe, (4) ed elessi del bei marmi da lei, e la formai amabile, e vi edificai nel mezzo una torre, e un vinaio, e aspettai che mi producesse delle uve, e non fece che delle amare lambrusche. Ora, o citta dini di Gerusalemme, o figli di Giuda, siate giudici tra me e la mia vigna. Che è mai ch'io far dovessi per lei e fatto non l' abbia ? che aspettai che mi producesse delle dolci uve, e mi produsse delle amare lambrusche 2 Ma ora vi mostrerò quello ch' io sarò per fare della mia vigna. Toglierò le siepi, e sarà manomessa, disfarò i ripari e sarà conculcata. La renderò un deserto; non si poterà più, non si coltiverà più: vi nasceranno solo del prunai e de spini: vieterò alle nubi di versare sopra di lei le acque, e al cielo di stillare le rugiade (1). La vigna del Dio degli eserciti è la casa d'Israele, la vite preziosa è la casa di Giuda (2): aspettai che operasse da senno, ed ecco iniquità ; aspettai la giustizia, e non ascolto che lamenti. Guai a voi che distendete le vostre possidenze, che aggiungete casa a casa. . . . Giuro io che le vostre case grandi e piccole resteranno senza abitatori. Dieci ara ture di vigna non renderanno alla vendemmia che una misura di vino; trenta moggia di semente non ne rendranno che tre sole alla raccolta. Guai a voi che siete tutto il giorno avvinazzati e ingolfati nelle intemperanze. . . Perciò il popolo mio sarà condotto in ischiavitù, perchè non ebbe scienza, e i nobili periranno di fame, e la moltitudine perirà nella sete. Perciò la morte ha allargati senza confine i sepolcri, e vi discenderanno i forti suoi, e il suo popolo, e i suoi sublimi e gloriosi uomini. . . Guai a voi che fate tesoro d' iniquità nelle vanità vostre, e vi incatenate di delitti. . . Guai a voi che dite male il bene e bene il male, chiamando tenebre la luce e la luce tenebre, e amaro il dolce e dolce l' amaro. Guai a voi che andate boriosi della vostra scienza e della vostra politica... Guai a voi che giustificate l' empio a prezzo d'oro, e condannate l'in nocente. Per questo, saranno sterminati, come un a rida scheggia fra le fiamme. Imperochè abbandonarono la legge del Dio degli eserciti, e bestemmiarono la parola di Dio. Perciò si è acceso il furore di Dio contro il suo popolo; è distesa la sua adirata mano sopra di lui, e lo percosse; e si conturbarono i monti, e del loro putridume, come di sterco, sono ripiene le piazze. Ma in tutto questo non è ancora sazia l'ira sua, la sua mano è ancora distesa a ferire. Ed ecco che inalzerà il vessillo nelle nazioni lontane, e sibilerà contro di lui dagli ultimi confini della terra. Ed ecco ch' egli corre, e viene velocemente. . . Le sue freccie sono tutte appuntate, tutti tesi gli archi. Le ruote de' suoi carri sono come un nembo di tempesta, le unghie de cavalli duri come una selce. Il suo ruggito è come quello del leone, e ruggirà come i leoncini, e squarterà e azzafferà la preda, la terrà tra le sue zanne e non vi sarà chi la possa liberare. E griderà in quel giorno, come un mugghio di mare: guarderemo alla terra, ed ecco tenebre di tribulazione, e la luce di sparve fra le sue caligini (1). »

P. B. N. B.

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sabato 9 ottobre 2021

DELL'ULTIMA PERSECUZIONE DELLA CHIESA E DELLA FINE DEL MONDO

 


Profezie Allegoriche e miste

Se la storia degli Ebrei è figura della nostra, come quella della legge naturale lo era della loro; ci restano certamente molte dure e brutte cose a patire, prima della fine del Mondo. Gli ultimi cent'anni, anzi gli ultimi ducento di questo popolo, furono per lui anni di flagelli terribili per parte di Dio e degli uomini; come per lui furono anni d'irreligione, d' infedeltà, di libertinaggio, di prostituzione. Non più gloria, non più pace, non più tranquillità, non più requie; ma continue calamità, continue miserie, e schiavitù, ed oppressioni, e tumulti, e assassinii, e rivoluzioni, e guerre sterminatrici; e per sopracapo fame rabida, pestilenze sterminatrici, terremoti orribili, e spaventi del cielo. E un pianto sì, è un orrore a leggere questa dolente Istoria. Ma intanto tutte queste cose mentre erano storia, erano ancora profezie, ed ombre e figure di quello che doveva accadere a noi cristiani, alla misera Italia nostra. Non si può mettere in dubbio questa dolorosa verità , senza un temerario ardimento contro l'autorità la più sacra, la tradizione la più costante, il consentimento il più completo dei Padri e degli Interpreti sacri e profani; e staremmo per dire senza cadere in errore ed eresia; troppo chiara essendo la testimonianza dell'Apostolo Paolo, il quale, oltre l' autorità riportata di sopra, asserisce a più riprese, che l'antico Testamento era figura del nuovo ; che quel popolo era il modello, il disegno del cristianesimo. Ciò non si può impugnare altresì senza contradire all'Istoria, la quale per mille riscontri combina perfettamante, e tante volte perfino nelle epoche, con l' ebraica. Che se, per diciotto secoli e mezzo, la cosa è andata costantemente consentanea a questo ideale, come non lo sarà dunque ancora per l' avvenire ? Alla men peggio, quando non vi fosse niun altra ragione, vi sarebbe una forte e plausibile analogia, fondata su l' ordine ammirabile della sapienza e provvidenza divina.

 - Ma se è così; dunque tutte le profezie che riguardavano gli Ebrei in allegoria, riguarderanno noi nel reale; cosicchè possiamo dire, che sono state scritte per noi, e che in noi dovranno ritrovare un pieno e perfetto avveramento. Per dare un cenno solo di quelle di Cristo, sono ben pochi coloro, e di poca autorità, i quali sostengano che erano dirette tutte ed esclusivamente per gli Ebrei, per la Palestina e per Gerusalemme; e questi d'avvantaggio storcono visibilmente, e fanno aperta violenza al sacro testo. Sia pure che la parte riportata di sopra si debba intendere direttamente di Gerusalemme, come pare che voglia applicarla l'apostolo Paolo (1), il Grisostomo (2), Teo filato (3), Agostino (4), Eusebio (5), ed altri molti cogli Espositori, singolarmente col Calmet (6) ed a Lapide (7); ma non sarà mai possibile spiegare così la parte che ci resta a riferire. Questa al più sarà allegorico mista, ma pura non mai. Così si dica di tante altre autentiche profezie, come quelle di Isaia, di Geremia, di Daniele e di altri profeti; come andremo vedendo a mano a mano che le svolgeremo, e meglio ancora allorchè riporteremo le sentenze dei Padri e la tradizione. Ma si richiederà: e perchè dunque i profeti non parlarono esplicitamente ?. Se lo Spirito Santo era il dettatore di quelle profezie (8), ed egli aveva in mente più i cristiani degli ebrei, perchè non dirlo aperta mente in queste cose ultime del mondo, come pure ha fatto della loro venuta alla fede? La risposta è facile, come la ragione è evidente, quando si suppongano due cose, che sono certissime per le Scritture. La prima è che la Sinagoga era figura della Chiesa cattolica; questo se lo sapevano i dotti ebrei, e per ciò era evidentissimo che quando si parlava della figura, s'intendeva parlare del figurato. La seconda è che doveva arrivare un tempo, prima della fine del mondo, che tutta la Sinagoga si sarebbe convertita alla Chiesa, come dimostreremo più sotto; allora non vi sarebbero più due popoli, due Chiese, due greggi, ma una sola Chiesa, un solo popolo, un solo ovile, sotto un solo Pastore (9). Quindi i profeti, prevedendo quest'epoca fortunatissima, nella quale Israele e Giuda ritorneranno ad essere il popolo del Signore, ritornano a parlare di lui, delle ultime sue vicende, che patirà indiviso dal cattolicismo, come se parlassero exprofesso del cattolici. Pertanto conviene fare ancora un'altra distinzione delle profezie: quelle che parlano dell'ebraismo nei casi che lo dovevano incogliere innanzi la sua riprovazione, sono tutte allegoriche e miste, che è a dire che dovevano avere un adempimento figurativo e scarso nella sinagoga, ed un pieno e perfetto nella Chiesa: quelle poi che alludono all'ultima epoca del mondo, comprendono direttamente il cattolicismo e l' ebraismo convertito. Premessa questa necessaria distinzione, raccoglieremo ora le prime, e ci riserberemo a raccogliere nel prossimo articolo le seconde.

P. B. N. B.

mercoledì 8 settembre 2021

DELL'ULTIMA PERSECUZIONE DELLA CHIESA E DELLA FINE DEL MONDO

 


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Ma già ormai s'erano verificate tutte le antiche profezie, e in buona parte quella di Cristo. Gli Apostoli e i discepoli erano già stati accusati e tradotti pe tribunali, e quasi tutti avevano incontrato il martirio: i primi fedeli avevano assaporata la persecuzione della sinagoga e quella di Nerone. Molti pseudo-profeti erano insorti: moltiplicata all'infinito era l'iniquità, e la carità era tanto spenta, che non lasciava luogo nei cuori nè anche ai sentimenti d'umanità (1). Il Vangelo era annunziato a tutta la terra conosciuta a quei tempi (2). L'abbominazione della desolazione stava nel luogo santo: il Tempio era profanato da ribelli, il sommo Sacerdozio era vilipeso e avvilito per le continue deposizioni, per le intrusioni d'indegni uomini fatte per favore e capriccio: il santo sacrifizio fu presto abolito, la religione conculcata. Già da sette anni ormai Gesù figlio d'Adamo non faceva che gridare: Guai alla città! guai al Tempio! Già da cinque anni diversi prodigi e segni spaventosi si erano veduti in Gerusalemme per la festa di Pasqua e di Pentecoste. Già si era osservato da un anno una meteora, a modo di spada affilata pendente sopra Gerusalemme; e castelli e file di soldati per l'aria combattentisi. Perchè i fedeli, secondo la parola di Cristo, si fuggirono tutti da Gerusalemme e si sparsero per le provincie. La Città restò piena solo d' Ebrei, e questi ammontarono pressochè a tre milioni. Non vi restava ormai più altro che l'assedio della città, quando Tito, che era succeduto al padre nel comando della guerra orientale, mosse alla volta di Gerusalemme con due legioni. I primi prosperi successi degli Ebrei, le false promesse de pseudo-profeti, resero cosi baldanzosi gli assediati, che non vollero sapere di tregua, nè di capitolazione. I romani stringevano vieppiù rigorosamente l'assedio, e la fame, la pestilenza, la strage infieriva sempre più; i prodigi celesti moltiplicavano, ed erano sempre più spaventosi. Ma essi erano sordi e ciechi, e sempre più ostinati alla pietà del cielo e degli uomini. La porta orientale del Tempio, che era grandissima e di bronzo massiccio, sì che venti uomini non bastavano a farla aggirare su cardini, si aprì repente con orrendo fragore da sè medesima. In una notte i Sacerdoti custodi del Tempio, ascoltarono voci orribili che gridavano: fuggiamo di qua! Erano gli angioli custodi del Tempio e della sinagoga. Il buon Tito faceva di tutto per salvare quella bella Città e quel popolo disgraziato, ma i settari non ne amavano e non ne volevano che la distruzione. Pena la morte più crudele a chiunque trattasse o fosse solo sospetto di voler passare dal lato del romani, o di volere la pace. I sicari scorrevano quella misera città insanguinandola ogni giorno più, saccheggiandola e ricoprendola di stragi, di morti e di ruine. Ma l'ora era giunta. I prodigi infiniti del valore degli assediati non valsero a frenar l'impeto dei romani, i quali stanchi ed irritati dal lungo assedio, e dalle arti ipocrite, e dagli insulti de ciechi Ebrei, si spinsero con tale violenza contro il primo recinto della città, che presto lo superarono. Gloriosi del successo, senza posa attaccano il secondo, e quindi il terzo, e respingono la guarnigione nel Tempio. Dire delle stragi, delle miserie, della ruina di quella bellissima delle città, degli urli delle grida di cui rintronarono i circostanti colli, del compianto, dello squallore in che la ritrovò Tito ravvolta, sarebbe certamente creduto una favola, un romanzo, un iperbole. Tanto era grande l'ira di Dio contro di questo popolo deicida e infedele! Vi restava però ancora intatto il Tempio, e gli ebrei, si crederà appena! erano contenti d'avere perduto tutto, conservando quel monumento carissimo della loro religione. Per fortuna avevano a fare con un Principe religiosissimo, quale era colui, che fu rettamente chiamato, la Delizia del genere umano. Tito non era meno ardente di conservare quel Tempio, che era venerato da tutto il mondo, e che era una delle sette meraviglie dell'universo. Tentò dunque le ultime prove di clemenza, nella vista ancora di salvare tante migliaia di donne e di fanciulli innocenti, che si erano lassù riparati. Tutto fu vano. Si viene all'assalto, si rinnovellano i prodigi di valore per parte del romani, di valore e di disperazione per parte degli ebrei; e se l'ora non era giunta dell'ira di Dio, i romani restavano tutti estinti col loro Tito. Ma o un tizzone scagliato da un romano, come la pensarono alcuni, o una fiamma calata dal cielo, come credettero altri, decise della sorte di quella sciagurata Nazione. Il fuoco appigliossi con tale ardore a quel vasto ed immenso edifizio, tutto vestito di cedro, e coperto di lamina d'oro, che fu impossibile agli ebrei ed a romani il poterlo spegnere. Il primo e il più grande Tempio del vero Iddio che avesse il mondo, cadde così preda delle fiamme. Mentre però si purificava dalla lordura di fuori col fuoco, di dentro si lavava col sangue. Tito ordinò che quella immensa moltitudine che era là raccolta fosse mandata tutta a filo di spada. I romani non si fecero pregare: seicento Sacerdoti e una turba infinita di donne, vecchi e fan ciulli, fu mietuta come fieno; cosicchè attesta Giuseppe, testimonio di veduta, che la strage fu così grande, che il sangue trascinava giù da gradini del Tempio i cadaveri. Un grido che ripercosse di colle in colle, e che fu ripetuto per tutta la Giudea, si destò al primo comparire delle fiamme: il Tempio è perduto, tutto è finito! Egli cadde in fatti il giorno medesimo del mese di Agosto, in che era caduto l'altra volta sotto Nabucco. I romani l'eguagliarono al suolo, con tutto il rimanente della città. Le profezie di Daniele e di Cristo non potevano avere un più perfetto e pieno adempimento. Le reliquie di quella Nazione infelice e maledetta e ripudiata da Dio furono disperse tra popoli in durissima schiavitù. Nella sola Gerusalemme, durante l'assedio, perirono un milione e cento mila persone, senza quelle che non fu possibile contare, o morte di pestilenza, o sepolte frà le macerie, od arse nell'incendio; novantasette mila furono gli schiavi. Nelle città vicine se ne numerarono de morti trecento mila. Quei sicari o settari che si aprirono la via alla fuga fra le schiere romane, ripararono dentro le inespugnabili rocche della Giudea, singolarmente in Macherunte, e di là non ces savano di molestare i romani; perchè questi indignati con incredibili sforzi e con sommo valore gli chiusero d'assedio, sicchè ridotti agli estremi, parte si trucidarono da loro medesimi, e parte furono fatti a pezzi, e spianate le loro fortezze. In tutta quanta la Palestina non vi restarono in piedi che due sole città, tutte le altre con le castella, e case di campagna furono smantellate; tutta la popolazione dispersa, e quella floridissima terra, divenne un deserto. A questo non fu nè anche paga l'ira di Dio. Moltissimi ebrei stanziavano presso i Parti, moltissimi si erano diramati per l'Egitto, la Mesopotamia, Babilonia, la Siria; ma là ancora li raggiunse la divina vendetta. E una compassione, è un orrore leggere la storia ebraica a questo periodo. Per futili pretesti, per inconcepibili modi, per un odio inesplicabile, se non si avesse ricorso allo sdegno di Dio, i popoli che dianzi li avevano come amici, si rivoltarono contro di loro nel modo il più barbaro e feroce. A migliaia e migliaia, senza distinzione di sesso, di età, di condizione, vennero scannati, crocefissi, straziati. In queste carneficine si distinse sopra tutte le città Alessandria d'Egitto, ove generale ed orribile fu la strage (1). A tutti questi mali si aggiungano i terremoti che ingoiarono intiere città, e la carestia che fu universale, e così fiera, che le madri giunsero all'eccesso di divorarsi i propri figliuoli; e fuvvi una pestilenza così universale che desolò tutta la terra (2). Tale è il succinto storico di questo popolo che era figura e tipo del cristiano; di Palestina figura e sim bolo d'Italia; di Gerusalemme imagine ed ombra di Roma: tale fu la fine della seconda epoca memoranda del Mondo, della legge scritta, del quarto Millennio. L' epoca prima della legge di natura ebbe fine nel secon do Millennio col cangiamento di religione, con la persecuzione de fedeli, con la perversione del popolo, con i flagelli del cielo, e con la dispersione di quelle genti. L'epoca seconda accoppiò in sè medesima tutti questi mali, ma in un modo più grande, più esteso, più intenso e fatale. La persecuzione di quella prima ebbe incominciamento nel secolo XIX e durò duecen tanni, e quella della seconda incominciò nel secolo XIX della sua data, XXXIX del Mondo, e durò duecento settantanni. Questa è storia, ma storia simbolica, allegorica e profetica di quello che dovrà provare il Cristianesimo, epoca terza ed ultima del mondo.

P. B. N. B.

sabato 7 agosto 2021

DELL'ULTIMA PERSECUZIONE DELLA CHIESA E DELLA FINE DEL MONDO

 


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Le parole di Cristo toccarono il vero alla lettera. Dopo la sua morte insorsero tosto degli impostori che si facevano credere e si spacciavano per Cristi e Re dentori. Teuda sedusse molti Giudei ad abbandonare le loro famiglie, le loro sostanze, a seguirlo, pro mettendo loro mille cose; e i Romani lo trucidarono co sedotti. Tenne a lui dietro Egizio, il quale pro metteva di far cadere le mura di Gerusalemme a un suo cenno, di liberare da tutti i suoi mali la plebe, ed egli ebbe pure la medesima sorte. D'un altro Teuda ci ragionano i fatti Apostolici, il quale la finì come il primo. Gionata fu la ruina di tutti gli Ebrei della Libia. Elimas e Simon Mago furono tra costoro, e sedussero una quantità infinita di popolo, finchè la Giustizia divina li ebbe fulminati. Per tacere di tanti altri, il peggiore di tutti fu Giuda il Galileo, che si tiene autore della setta degli Erodiani, e secondo noi, capo della setta antica che sempre covò in seno del l'Ebraismo. Costui coi suoi seguaci predicava che i Giudei, come figli che erano di Abramo, non dovevano riconoscere altro maestro, nè altro Signore fuorchè Iddio medesimo, nè pagare ad altri i tributi e le imposte; questo seduttore, co' suoi sedotti, fu uno dei primi e principali autori della ribellione del Giudei contro i Romani, e perciò l'immediata cagione della ruina di Gerusalemme e di Palestina, e di tutta l'ebraica nazione (1). Questi Erodiani inculcavano al popolo di smettere il giogo e l'oppressione degli stra nieri, di ricusar loro i tributi, di ribellarsi, di armarsi per la santa causa dell'Indipendenza ; li animavano a combattere, promettevan loro miracoli, trionfi, vit torie. Milantavano che i Romani sarebbero stati scon fitti, che verrebbe il Messia a liberare Gerusalemme, e a ripristinare nella prima gloria il regno di David de (2). Le sette tutte ripullularono, rifiorirono, si raf forzarono e si accinsero all'ultima lotta. D'oggi innanzi non vi furono più che due fazioni accerrime capitanate poi una da Simone di Giora, l' altra da Giovanni di Giscala: quella di Eleazaro non fu che un misto inutile e momentaneo. Queste, che si fecero chiamare ancora i zelanti, scacciarono da Gerusalemme e dalla Palestina i Romani, proclamarono l' Indipendenza della nazione, si armarono potentemente e posero in istato di difesa Gerusalemme e le città di frontiera. Ma quanto queste fazioni erano terribili ai nemici in guerra, al trettanto erano empie e crudeli coi loro cittadini e tra di loro medesime. L'ultima occupò il Tempio, che era fortezza pressocchè inespugnabile, la prima si tenne nella città. Si verificò allora quanto aveva detto Cristo, che popolo si ribellerebbe contro popolo, gente con tro gente; imperocchè i popoli circonvicini, singolarmente i romani, si armarono contro i Giudei, ingelositi di questa loro acquistata potenza; e d'altra parte nell' interno si destò la guerra civile fra le due fazioni, e tra queste e il popolo, sì che veramente il fratello tradiva il fratello, il padre il figlio; il tutto come era predetto. Dalle quali cose ne conseguitò una carestia così orrenda, che gli uomini si divoravano cani e cavalli, e perfino il cuoio degli scudi e degli arcioni, e le donne i loro propri figliuoli. E dietro a questa tenne la pestilenza che uccise nella sola Gerusalemme moltissime migliaia di vite umane. Era tale la strage, sia per la guerra civile, sia per la fame, sia per la pestilenza, che non si potevano più sepellire i cadaveri, e questi, restando insepolti, colle loro esalazioni pestifere accrescevano l'eccidio. Frattanto i Romani avevano mandato Vespasiano con due legioni a sottomettere i ribelli. Gli ebrei fecero prodigi di valore, e contrastarono palmo a palmo il terreno, e a Giotapata successero tutti quei fatti gloriosi che usurpò il Tasso nel descrivere la sua Gerusalemme (1), e fecero costar cara a nemici questa inutile vittoria.

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P. B. N. B.

domenica 16 maggio 2021

DELL'ULTIMA PERSECUZIONE DELLA CHIESA E DELLA FINE DEL MONDO

 


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Erode, sopranominato a ragione il crudele, incominciò il suo regno dall'uccisione di tutti i membri del Sinedrio, eccettuati due soli suoi partigiani. Creò Sommo Sacerdote un uomo oscuro, quale era Hananel, e dopo depose anche questo per inalzarvi il cognato Aristobolo. Ma temendo in questo un'avversario e un rivale, lo fece trucidare con Ircano, e destinò alla Sede Suprema quel Simeone che ebbe la ventura di vedere prima di morire il desiderato Messia. Per accreditarsi presso gli ebrei, sposò Marianne principessa di rara bellezza e virtù, sorella dell' ucciso re Antigono. Ma disgustato o ingelosito presto di lei, la fece barbaramente uccidere, e poco dopo usò della medesima barbarie con la sua madre Alessandra, e con gli ultimi rampolli della gloriosa stirpe degli Asmonei. Vi restarono però due figli di Marianne, Alessandro ed Aristobolo, i quali mandò da prima a Roma, ma poi istigato dalla sorella Salome tolse anche questi di vita. Egli era per queste inaudite crudeltà che Augusto diceva che in casa d'Erode era meglio essere cane o cavallo che figlio. - Sterminata la stirpe degli Asmonei, Erode non ebbe più riguardi: introdusse nell'ebraismo tutti i costumi stranieri, gli anfiteatri, i teatri, i giuochi, gli spettacoli, ed innalzò fino dei templi gentileschi. Fremevano i buoni ebrei, e i più arditi ordirono anche congiure per toglierlo di vita; ma egli era così vigilante che di tutte ne aveva contezza, e sapeva e dissiparle e punirle. Per amicarsi i romani edificò città a nome di Augusto, prese le armi alla loro difesa, e si tenne sempre loro schiavo. Augusto grato a queste deferenze accrebbe il suo regno assoggettandogli la Traconitide, l' Auranite, l'Iturea, e la Batanea. Accolse i suoi figli; donò al fratel suo una Tetrarchia. Per placare poi i Giudei, infinitamente indignati dello sprezzo della loro religione, pensò a rifabricare il Tempio, o meglio a restaurarlo, ingrandirlo, ed arricchirlo, e fortificarlo; nella quale opera vi si sudò per quarantasei anni continuati, profondendo infiniti tesori. Gli usurpatori e i tiranni non sono mai sicuri; quindi ebbe a scoprire che il suo figlio primogenito Antipatro gli tramava la morte. Scoperta la congiura, lo fece morire. Così quest'uomo crudele tolse la vita ad una santa sposa e a tre figliuoli. Alla fine del suo regno nacqué Cristo, ed egli coronò le sue crudeltà con la strage degl' Innocenti (1). Ma prima di quest' epoca egli aveva fatto sottoporre tutti i Giudei a Romani, obbligandoli con giuramento a riconoscerli per loro padroni (an. 3998 del mondo, 1998 della religione ebraica, 2 innanzi a Cristo) (2). Morto Erode, da Romani fu fatto re dei Giudei il figlio suo Archelao, il quale, dopo soli nove anni di regno effimero e tempestoso, fu deposto ed esigliato nella Gallia, e confiscatigli tutti i suoi beni. La Giudea allora venne dichiarata provincia Romana, e retta da un Governatore (3). - Quest' invasione Romana come servì di mirabile ed opportuno pretesto alla setta, così fu causa della totale ruina di questa nazione, della sua città e del celebratissimo suo tempio. S'udì allora per la Pale stina il sedizioso grido: fuori il barbaro! vogliamo libertà e indipendenza da Romani ! non si deve pagare il tributo agli stranieri. I Cristo e coll'esempio (4) e con la voce (5) persuadeva gli Ebrei ad assoggettarsi a Romani, a pagare il tributo senza tante querele, a servirli in pace; ma le sue divine ammonizioni furono disprezzate, se ne fece a lui un delitto: si chiamò il distruttore della legge mosaica, il nemico della sua nazione, l' amico del pubblicani; (erano questi i romani Esattori, come fu s. Matteo) e s'incominciò a congiurare contro la sua vita. Vi voleva però almeno un pretesto per farlo condannare dai Romani, non avendo essi più la potestà giudiziaria, e siccome questi erano sospettosi sempre, si diede loro a credere che Cristo fosse un loro nemico, un seduttore de popoli, un'ambizioso che volea farsi re, e con questo riescirono di farlo condannare alla croce da Pilato governatore della Giudea. Onde si può dire con tutta verità storica, che Cristo fu fatto morire da settari, sotto il pretesto d'essere nemico della patria indipendenza, ed amico degli stranieri, cioè del romani; imperocchè per i settari ebrei non v'erano altri stranieri che questi. Ma pure tutt'altro che essere nemico della Patria, Cristo non aveva mancato, ad esempio del profeti, di predirne anzi i mali che vi attiravano sopra gli ebrei, sia collo, sprezzo del romani, sia molto più col Deicidio che volevano compiere (1). Tutto tenerezza e misericordia aveva fin pianto sulla futura desolazione del suo popolo e della sua città (2), e ne aveva accennate alcune circostanze (3). Ma come fu vicino alla sua morte, non predisse solo quest'eccidio, ma lo descrisse con vivissime parole. Interrogato da suoi discepoli del quando e del come di questa catastrofe; disse loro. » Badate bene che alcuno non vi seduca ; imperocchè molti verranno nel nome mio, dicendo: io sono il Cristo. Ed è prossimo questo tempo. E seduranno molta gente. Badate bene di non seguirli. Sentirete parlare di guerre e di rumori di guerre; . . ma non è ancora la fine. Si solleverà popolo contro popolo... gente contro gente. , . il fratello darà la morte al fratello, il padre al figliuolo, e si ribelleranno i figliuoli contro de genitori, e li faranno morire. Sarete traditi dai genitori, dai fratelli, dagli amici, dai parenti. Vi saranno delle pestilenze e carestie e tremuoti..,. ma tutte queste cose sono il principio dei dolori... Ma prima di tutto vi cacceranno nella tribolazione, e vi faranno morire, e sarete odiati da tutte le nazioni per causa del mio nome. Vi perseguiteranno, traendovi alle Sinagoghe ed alle prigioni, e vi trascineranno dinanzi ai re ed ai presidi. Sarete per me presentati ai presidenti ed ai re , affinchè mi rendiate testimonianza. E allora molti patiranno scandalo, e l'uno tradirà l'altro, e si odieranno l'un l'altro. E usciranno fuori molti falsi profeti e sedurranno molta gente. E per esser so vrabbondante l'iniquità, raffredderassi la carità in molti... E sarà predicato questo evangelio del regno, e allora verrà la fine. Quando dunque vedrete gli eser citi circondare Gerusalemme, allora sappiate che la sua desolazione è vicina... Saranno allora giorni di vendetta... e l'ira di Dio cadrà addosso a questo popolo. E periranno di spada; e saranno menati schiavi tra tutte le nazioni; e Gerusalemme sarà calcata dalle genti, fino a tanto che compiti siano i tempi delle genti. Quando dunque vedrete l'abbominazione della desolazione, di cui parla il profeta Daniele, posta nel luogo santo, dove non deve essere (chi legge, comprenda ); allora coloro che si ritroveranno nella Giudea, fuggano sui monti, e chi stà dentro di lei si ritiri, e chi è nelle campagne non vi rientri. E chi si ritroverà sopra il solaio non iscenda per prendere qualche cosa di casa sua; e chi sarà al campo non ritorni a pigliar la sua veste; imperocchè giorni di vendetta sono quelli, affinchè tutto quello che è stato scritto s'adempia. Guai alle donne gravide, o che avranno bambini al petto in quei giorni; imperocchè grande sarà allora la tribulazione, quale non fu dal principio del mondo sino a quest'oggi, nè mai sarà. E se non fossero accorciati quei giorni, ogni carne non rimarrebbe salva : ma il Signore ha accorciati quei giorni in grazia degli eletti da lui prescelti (1). »

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P. B. N. B.

domenica 25 aprile 2021

DELL'ULTIMA PERSECUZIONE DELLA CHIESA E DELLA FINE DEL MONDO

 


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Sotto il regno d'Ircano figlio e successore di Simone, il popolo cadde sotto la schiavitù dei re di Siria, e fu gravato di pesantissimo tributo; ma verso la fine del suo regno, questo re sacerdote, coll' ajuto de Romani, scosse questo giogo e riconquistò tutte le terre perdute. Fu questo l'ultimo trionfo di questo popolo (2). Mentre però si trionfava all' esterno, incominciarono le interne discordie. Ircano teneva per la setta de Farisei, potentissima in questi tempi; ma perchè uno de' suoi capi ebbe l'ardimento d' intaccarlo nella sua dignità, calunniandolo d'essere figlio di madre schiava, e perciò incapace del Sommo Sacerdozio; se la  prese tanto a cuore, sollecitato anche da Saducei, che abbandonò la loro setta, si diede a questi, e mosse loro una guerra spietata. - Il figlio suo Aristobolo gli succedette nel sacerdozio e nell' impero, circa l' anno MCM. Per gelosia di regno uccise la propria madre ed un fratello, e morì miserissimamente dopo soli due anni. Il fratello Alessandro prese le redini del governo, e le macchiò di fratricidio. Il suo regno fu una continua guerra co' popoli circonvicini, e più ancora con le sette interne. Perchè per vendicarsi d'un ingiuria ricevuta da Farisei, ne fece trucidare sei mila. Questo fatto diede origine ad una guerra civile, che durò sei anni continui. Alessandro non cedette mai, e un giorno che presa aveva una città ribelle, ne trascinò prigionieri a Gerusalemme ottocento capi, i quali fece tutti crocifiggere, e sotto a loro occhi scannare tutti i loro figliuoli, le mogli e le concubine loro, assistendo egli a quel truce spettacolo, assiso ad un banchetto con le sue donne. In tutti questi sei anni ascesero a più di cinquanta mila i settari per lui trucidati (1). Lasciò in testamento, morendo, che Alessandra sua moglie gli succedesse nel trono, e che facesse amicizia co Farisei, e raccomandasse a loro sè medesima ed i suoi figliuoli. Questi settari, che nulla più desideravano del comando, perdonarono al defunto re i mali trattamenti ricevuti, e si posero a disfogar l' ira loro contro de Saducei. Questi veggendosi taglieggiati ed oppressi nei modi più barbari ebbero ricorso alla Regina; ma questa trovandosi impotente a salvarli, come unico rimedio, li ricoverò e serrò dentro le fortezze dello stato. Venuta a morte da lì a pochi anni, Aristobolo figlio suo minorenne fuggì di notte e si mise nelle mani de Saducei, mentre Ircano il primogenito si era posto nelle mani de Farisei. L'uno e l'altro fu incoronato principe, e fatto Sommo Sacerdote dalle due sette: indi messisi ambidue a capi d' eserciti s' incontrarono in aperta campagna. I Farisei avevano disgustato il popolo con le loro tirannidi, e perciò nel conflitto si videro abbandonati. I Saducei che s'erano uniti agli Esseni, e che avevano a capo Aristobolo, uomo guerriero ben chè giovinetto, vinsero la battaglia presso Gerico, di spersero i nemici, e trionfanti entrarono in Gerusalemme, e v” installarono il loro Monarca. Le cose non restarono però in pace, perchè Antipatro, potente Idumeo, padre di Erode, sollevò il popolo contro ad ambedue i fratelli, e suscitò tra loro medesimi invidia e gelosia di regno. Queste arti sue destarono tale incendio, che tutta la nazione fu in tumulti e dissidi. Non v'era più a sperar pace senza di un giudice esterno; quindi si venne alla pessima risoluzione di far ricorso a Pompeo generale romano, che ritornava allora dalla spedizione contro Mitridate. Dopo varie vicende, Pompeo pose l' assedio a Gerusalemme, ed indi al Tempio, e l'ebbe d'assalto in sei mesi. La strage fu orrenda: da diecimila persone vennero passate a fil di spada, e tra queste, migliaia di donne e gli stessi sacerdoti sacrificanti. Il luogo santo fu profanato e tinto tutto di sangue (an. 1944: 60 innanzi Cristo). Pompeo fece demolire le mura di Gerusalemme, ristabilì sul trono Ircano, rese la Giudea tributaria dei Romani, innalzò a coadiutore del principe l' Idumeo Antipatro, ed il gentile Scauro, incatenò Aristobolo con la moglie e i figli e li trasse seco a Roma; il solo Alessandro potè nascondersi e fuggire la schiavitù. E questa è la prima epoca della schiavitù romana (1). - Alessandro, presa l' occasione che Ircano ed An tipatro erano a guerreggiare pe Romani, entrò di ce lato in città, si fece riconoscere per re, rifabbricò prestamente le abbattute mura, radunò un buon eser cito, e mosse contro di loro, i quali uditane la novella retrocedettero. Si venne alle mani, la battaglia fu cruda, ma la vittoria si dichiarò per Alessandro. Ir cano ed Antipatro sbaragliati ebbero ricorso ai Romani. Gabinio, governatore della Siria, si portò a Gerusalemme, ne scacciò Alessandro e vi ristabilì Ir cano, cangiando però la forma di governo da Monar chico in Aristocratico (1). Crasso entrò in questo tempo a Gerusalemme, dispogliò il tempio, involando nientemeno che dieci mila talenti. Giulio Cesare liberò Aristobolo col figlio Antigono, e li mandò con due legioni a far guerra a Pompeo, e a riconquistare il suo regno; mentre Alessandro, l'altro suo figlio, era sollecitato ad aiutare il padre. Le cose sarebbero bene procedute, se Antipatro, a tradimento, non avesse fatto uccidere Alessandro da Cabinio, ed avvelenare Aristobolo (2). Antigono si procurò l'amicizia del re de Parti, e questi accolse le sue suppliche, e mosse alla volta di Gerusalemme; la prese, e quindi pose lo stesso Antigono sul trono dandogli incatenati Ircano e Fasael. Questi si uccise in carcere, e quegli fu cacciato inesiglio dopo avergli tagliate le orecchie, perchè non potesse mai più essere sacerdote. Per questo fatto la Giudea tutta fu coperta di stragi e di ruine (3). Erode che era fuggito a Roma, fu preso in protezione da Marcantonio, il quale lo fece incoronare in Roma re de' Giudei, e lo mandò a conquistare il suo regno. Antigono vi oppose una ostinata resistenza; ma i Romani superarono un'altra volta quelle mura, en trarono trionfanti, misero la città a saccheggio, e l'ar sero; corse il sangue a rivi ed a torrenti per le strade e per le piazze. Antigono si gettò a piedi del vincitore chiedendo vilmente pietà e vita; ma quella e questa gli fu negata: stretto fra catene fu tradotto ad Antio chia, e giustiziato per le istanze d'Erode. In lui ebbe fine il regno degli Asmonei, durato cento ventisei anni, e quello di Giuda e di Davidde, e così si preparò la via alla nascita di Cristo, come aveva profetizzato Giacobbe (4).

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P. B. N. B.

sabato 27 febbraio 2021

DELL'ULTIMA PERSECUZIONE DELLA CHIESA E DELLA FINE DEL MONDO

 


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Era già ritornato il Popolo dalla schiavitù di Babilonia, aveva rialzato il suo Tempio, ricostruita l'abbattuta città, riordinato il sacerdozio, ristaurato il regno, ripristinato il sinedrio, rioccupate le terre perdute: ogni cosa si componeva in pace. I popoli vicini erano divenuti amici: e Alessandro il Magno, re della Grecia, era ito a Gerusalemme a consultare i libri santi, a venerare il sommo sacerdote, a fare grandi donativi al tempio, il che fecero di poi, e Seleuco splendido e religioso re d' Asia (3), e Tolomeo d'Egitto (4). Il sommo e santo Sacerdote Onia era l'oracolo dei principi stranieri e il padre del suo popolo (5). Ma di questi giorni escirono dal seno del popolo, uomini iniqui, i quali incominciarono a far tumulti, a lagnarsi del regime austero di Onia, a suscitare delle novità, a predicare che si dismettesse una volta quella intolleranza degli ebrei co gentili, la rustichezza antica, in una parola erano predicatori di progresso, di civiltà, di tollerantismo, di fusione, e di tutto ciò che è andata per due secoli ormai predicando fra noi la setta (6). La plebe sempre facile a lasciarsi corrompere e tradurre in inganno, accolse queste parole come calate dal cielo, e questi seduttori ebbe in conto di padri e di salvatori, e si diede a corpo perduto a seguirli. Sicuri questi settari del loro intento, mandarono i rappresentanti del popolo al re per ajuto, e così ottennero il loro scopo. Allora, a dispetto delle sante leggi, s'introdussero i codici gentileschi, si aprirono scuole in Gerusalemme a modo delle genti, si disfecero della circoncisione, abbandonarono Dio e l'antico patto; e si fecero schiavi degli stranieri per ogni malfare (1). Il santo Onia si oppose a queste novità con fermezza sacerdotale; ma ecco che un certo Simone l'andò ad accusare al re, e fatto capo setta, incominciò a raccogliere de sicari e degli assassini, i quali scorrendo per la città, trucidarono con gli stiliqnanti erano zelanti dell'antica legge (2). Uscì ancora un fratello del medesimo Onia e si fece capo della setta, ambendo la suprema potestà regia pontificale. Da qui l'origine di tutti quei mali che non furono finiti se non con la distruzione della città e del regno, e con la dispersione del popolo. Perchè dunque due sette erano nel popolo, la civile e religiosa, o meglio due scismi e una totale apostasia? Tenga ferme illeggitore nella mente queste cose, perchè sono di sommo interesse. - Correva allora il secolo XXXIX del mondo, XIX della religione ebraica (3). Giasone, tale era il nome di quest'empio, ottenne dal re il principato, dispogliandone il fratello. Costui introdusse in Gerusalemme tutti i costumi del paganesimo, profanò il tempio, lo dispogliò delle richezze, cacciò in esilio il sommo Sacerdote Onia, pose la città a tumulto, ogni cosa in ruina (4). Ma l'empio ebbe la fine che si meritava. Menelao comprò anch'egli il sommo Sacerdozio dal re, ed esigliò il Competitore. Egli però non si potè tener fermo, chè il fratel suo Lisimaco lo sbalzò dal trono. Così avvenne lo scisma fatale nel pontificato ebraico: tre usurpatori, e il legittimo in esilio. L'empio Menelao, comprendendo che, finchè fosse vivo Onia, era impossibile ricuperare il Pontificato, lo fece trucidare. Lisimaco cadde pure in una spedizione: Menelao riacquistò allora il trono, ma Giasone lo sbalzò di nuovo (5).

Il sacerdozio minore non era men guasto e corrotto; e non poteva essere altrimenti dietro questi scandali. Egli si era lasciato sedurre dagli amatori delle novità e del progresso. Abbandonato ogni ritegno e pudore, mentre doveva opporsi a questi guasti di religione e di leggi, a questi empi settatori; si gettava nelle loro file, li capitanava, e dismesso ogni culto di vino, allontanatosi dal santuario, s'immischiava nella politica e nella corruzione; frequentava le moderne scuole, i teatri, la scherma, e gli altri pubblici spettacoli, e fino quei turpi balli, ora chiamati angelici! Amante delle greche glorie, disprezzava gli antichi fasti religiosi e patrii, studiava di piacere a coloro i quali erano i mortali nemici del sacerdozio ; e giunse a tanta viltà di prestarsi ai sacrifizi degli idoli (1). Diviso poi questo sacerdozio tra le sette che pullulavano a quei giorni nell'ebraismo, abbandonava l'antica purezza della fede mosaica. Quindi i Farisei, uomini politici e ambiziosi, ad una falsa esterna pietà accoppiavano una vita immonda e scellerata, come li accusò e riprese Cristo più volte, dicendoli perfino figli del Diavolo, uomini ipocriti, finti, superbi, avari, crudeli (2). Erano i veri giansenisti di quella religione: tutti rigore per gli altri, tutti sfrenatezza e licenza per loro; nemici d'ogni autorità, d'ogni legge, e solo amanti di libertà, d' indipendenza, di dominio. Quindi i Saducei, nemici ed opposti a quelli, ma avversi tutti alla fede mosaica. Perocchè costoro non ammettevano l'immortalità dell' anima, ne' la risurrezione de morti, ne l'esistenza degli angeli e degli spiriti, ne' l' autorità della tradizione. Erano veri epicurei e materialisti (3). Pochi sacerdoti si tennero fedeli, e questi fondarono la setta degli Esseni, che meglio si dovrebbe dire ordine religioso eremitico; perocchè lontani dall'umano consorzio, fuggendo i tumulti delle città, abitavano le selve, vivevano vita povera e comune, osservavano la castità, si occupavano nel lavoro, nella preghiera, nella contemplazione (1). – Se a tale era ridotto il sacerdozio; immagini, chi ha fior di senno, cosa fosse la plebe. Una corruzione eguale nel popolo ebreo non si era veduta mai più. Non v'era più traccia di religione, non leggi, non pudore, non giustizia, non carità. Si sacrificava agli idoli, si prostituivano le fanciulle e le spose, si rapivano le altrui sostanze, si perseguitavano gli uni con gli altri, si lordavano le mani nel sangue. Era una vera miseria, un orrore vedere il decadimento, la corruzione di questo popolo santo e prescelto da Dio a figurare il cristianesimo. E degna di osservazione, per quello che saremo in seguito per dedurne, una cosa che ci raccontano le storie ebraiche, succeduta in quest epoca; la quale appena sarebbe creduta, se non vi fossero così autentiche testimonianze. Due Nazioni limitrofe erano le nemiche giurate del Popolo Ebreo, l'Egitto e la Grecia. Quanto non ebbe a soffrire questo Popolo da queste Nazioni! Guerre, schiavitù, tradimenti, ed oppressioni d' ogni forma: eppure queste erano le amate, queste le ammirate, queste le desiderate e servite, singolarmente dai ribelli e dagli empi dell'ebraismo. V'era un altra Nazione, la quale, comunque lontana in origine, si era avvicinata per le sue grandi conquiste; questa Nazione, forte e terribile ma religiosa e nobile, nulla aveva mai fatto di male agli Ebrei, ma anzi solo del bene. I sommi sacerdoti avevano stretta con lei alleanza, ed era stabilito che si presterebbe in ogni incontro; ma pure non v'era nazione di lei più odiata ed esecrata da questo sciagurato popolo, ma in modo particolare da coloro, che null'altro avevano in bocca, che l'amor della Patria, che le glorie patrie, che la patria indipendenza ! Ma questi gridatori poi di libertà e d'indipendenza, mentre odiavano i Romani, si davano schiavi ai Greci, e ad una schiavitù così vile, così schifosa che fa rece re all'udirla. E non solo si davano essi per ischiavi, ma volevano che tutto il Popolo facesse il somigliante. Questa schiavitù giunse ad un punto che fece abbandonare la scuola di Mosè e delle Scritture, per istituire una università alla greca, per lo studio del filosofi greci. Si dismise l'antichissima lingua ebraica, e per fino le donne volevano parlare il greco ! Anzi di più, si abbandonò la bella semplicità del vestire ebraico, come era comandato da Dio, e si volle vestire alla greca le donne erano divenute pazze per le mode greche. A dir breve, nulla v' era più di bello, nulla più di buono, se non quello che veniva di Grecia, o portava il greco nome. Si sarebbe detto che Palestina era divenuta una Colonia greca, tanta era la smania d'imitarla in tutto, di prostituirsi a suoi piaceri ed a suoi capricci! E bene di far tesoro di questa notizia storica, perchè agli Ebrei tutto accadeva in figura, e perchè nella loro istoria è scritta la nostra (1). - Questi spasimati d'indipendenza non potendo compire i loro perversi disegni di distruggere affatto la patria, la religione ed il sacerdozio; disegni velati dalle belle parole di progresso e di libertà nazionale; non ebbero vergogna di andare per aiuto ad un re straniero e gentile, come era Antioco: ( sono pur sempre gli stessi; sempre in contradizione i settari!) Vittorioso del re d'Egitto, Epifane, si volse a sfogar l' ira sua sul popolo ebreo. Si mise egli alla testa di tutti i settari, corse la Palestina col ferro e col fuoco alla mano, non lasciando dietro di sè che stragi, incendi, e ruine. Si accostò a Gerusalemme, e l' ebbe senza colpo ferire, perocchè i settari di dentro gli aprirono le porte. Ordinò a soldati di rapire, di trucidare i cittadini senza pietà e senza misericordia. Quei non avevano bisogno di tal comando. Come fiere rabbiose, come tigri assetate di sangue, si diedero a scorrere questa popolosa e ricca città, e penetrare nelle case. Per tre giorni continui durò la strage, e il saccheggio. Non si perdonò a sesso, ad età, a condizione: vecchi cadenti, giovani e fanciulli lattanti, matrone e tenere verginelle, volgo e nobiltà, principi e sacerdoti furono messi a fascio. I morti furono ottanta. mila, i prigionieri quaranta mila, ed altrettanti i venduti in turpe schiavitù; solo avventurati nella loro miseria per essersi loro risparmiato di vedere la profanazione del Tempio, la desolazione della città, la persecuzione del popolo. Imperocchè dopo la strage, per opera dell'intruso Pontefice, il re entrò il venerato tempio, lo dispogliò d'ogni richezza, spezzò i santi vasi, stracciò i sacri veli, e lo profanò con sacrileghi sacrifizi. Nè a tanto fu sazio il diabolico suo furore, chè, dovendo partire, lasciò in sua vece Filippo, il quale per due anni appagò ad esuberanza l'empie brame del suo signore. Ma quantunque barbaro questi fosse ed estremamente crudele, parve al re troppo mite ed indulgente, e perciò gli surrogò quel demonio che fu Apollonio. Questi in un giorno di sabato fece trucidare tanti ebrei inermi, quanti ne poterono uccidere i suoi soldati, e incatenare vergini, vedove , fanciulli, e tradurli in ischiavitù. Spogliò di poi la città e vi appiccò il fuoco, e distrusse le mura fino dalle fondamenta. Il Santuario profanato restò in abbandono, come un tugurio nel deserto: le feste solenni si cangiarono in giorni nefasti e di lutto, e i sabbati in obbrobrio (1). Anche questo era stato predetto (2). Fin qui però la persecuzione era solo esterna, e molti ebrei, i più timorati, eransi rifugiati nelle caverne e nelle spelonche, ove liberamente osservavano la loro religione e la loro legge. Ma Antioco anche a questo pensò. Comandò nel terzo anno della persecuzione, che tutti i sudditi suoi professar dovessero una sola religione, cioè la greca, e mandò i suoi uffiziali, per fare eseguire i barbari decreti. Gli idolatri, i samaritani, ed eziandio molti discoli ebrei vi si acconciarono, ma i più buoni vi si rifiutarono apertamente. Da qui il principio delle violenze e delle carneficine le più crudeli. Si perseguirono ovunque i fedeli, si stivarono nelle carceri, si adoprarono lusinghe e minaccie a corromperli. Molti furono gli apostati, ma quelli che restarono fedeli furono tormentati e trucidati nei modi i più barbari e crudeli, facendo lor bere a sorso a sorso la morte. Quà si appiccava il fuoco alle caverne e alle tane, ove erano rinchiusi; là si precipitavano capovolti dalle alte mura, le madri co' loro pargoletti legati al seno erano spente per il solo delitto d'averli circoncisi. Altrove si recidevano le dita e la lingua; altre misere vittime si scorticavano vive, e su le carni si versavano carboni ardenti, o s' immergevano nelle caldaje bollenti. Una madre vide così perire sette suoi figliuoli, prima di andare essa stessa alla morte. Niun riguardo si aveva anche qui a sesso, ad età e condizione; ma chiunque si professava ebreo, per questo solo delitto era trucidato. Questa terribilissima delle persecuzioni durò appunto tre anni e mezzo, come aveva profetizzato Daniele (1). Non è poi a dire dello scempio delle cose sacre, nel quale si distinsero molto bene i discoli ebrei. Il Tempio fu interamente profanato e consacrato a Giove Olimpico, vi si celebrarono tutte le orgie gentilesche co' baccanali di Venere e Bacco! le feste vennero abolite, i libri della legge consunti dalle fiamme, tolta la circoncisione, e cancellata ogni pratica religiosa. Il solo dirsi ebreo era delitto di morte. Era dunque una vera miseria, chiude il sacro Testo. Ma Daniele aveva promesso, nell'afflizione estrema un breve soccorso: venne. Matatia non seppe reggere a tanto scempio. Radunò i suoi figli, gli esortò con forti parole a combattere per la legge e per la religione, ne andasse ancora la vita, e con eroico animo pel primo trucidò un apostata ebreo che sacrificava agl'idoli, distrusse altari gentileschi, uccise i sacerdoti, e si ritirò dalla città per far raccolta di gente. I figli di questo Eroe, eroi anch'essi, si strinsero con patto di combattere le guerre del Signore fino al l'ultima stilla di sangue; detto, fatto: si misero all'opera; alla testa di pochi zelanti mossero alla Capitale, ne scacciarono gli stranieri e i falsi fratelli, . riconsacrarono il Tempio, rimisero in vigore l'antica religione, ristabilirono il Sacerdozio e il principato; tolsero i disordini introdotti, sradicarono le cattive costumanze, fecero rivivere l'antico valore e l' avita virtù, ricomposero in pace le cose, restaurarono le ruine della santa città, contrassero onorevoli alleanze cogli Spartani e co Romani, fecero insomma risorgere e rivivere l'oppressa e quasi estinta nazione. Ciò fecero per prodigi di eroico valore in mille battaglie, fra rischi e pericoli, fra insidie e tradimenti. Il cielo benedisse a quei prodi, ed operò talvolta prodigi e miracoli (1).

 - Fin quì la storia sacra de Macabei, la quale racconta i fatti di questo popolo fino all'anno MDCCCLX circa della religione ebraica, e cento quaranta innanzi la nascita di Cristo. Il seguito di questa storia l'abbiamo dal libro IV. de Macabei, e da Giuseppe. Questa non ci racconta altro che continue ribellioni intestine, guerre esterne, schiavitù, oppressioni d'ogni maniera. Ne tesseremo un brevissimo sunto, per averne il quadro completo.

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