venerdì 3 gennaio 2025

LEGGENDA PERUGINA - LA STROFA DEL PERDONO

 


( COMPILAZIONE DI ASSISI )


LA STROFA DEL PERDONO

44. In quello stesso periodo, mentre giaceva malato, avendo già composte e fatte cantare le Laudi, accadde che il vescovo di Assisi allora in carica, scomunicò il podestà della città. Costui, infuriato, a titolo di rappresaglia, fece annunziare duramente questo bando: che nessuno vendesse al vescovo o comprasse da lui alcunché o facesse dei contratti con lui. A tal punto erano arrivati a odiarsi reciprocamente.

Francesco, malato com’era, fu preso da pietà per loro, soprattutto perché nessun ecclesiastico o secolare si interessava di ristabilire tra i due la pace e la concordia. E disse ai suoi compagni: «Grande vergogna è per noi, servi di Dio, che il vescovo e il podestà si odino talmente l’un l’altro, e nessuno si prenda pena di rimetterli in pace e concordia». Compose allora questa strofa, da aggiungere alle Laudi: 


Laudato si, mi Segnore,

per quilli ke perdonano per lo tuo amore

e sustengu enfirmitate et tribulacione.

Beati quilgli kel sosteranno in pace

ka da te, Altissimo, sirano coronati.


Poi chiamò uno dei compagni e gli disse: «Vai, e di’ al podestà da parte mia, che venga al vescovado lui insieme con i magnati della città e ad altri che potrà condurre con sé». 

Quel frate si avviò, e il Santo disse agli altri due compagni: «Andate, e cantate il Cantico di frate Sole alla presenza del vescovo e del podestà e degli altri che sono là presenti. Ho fiducia nel Signore che renderà umili i loro cuori, e faranno pace e torneranno all’amicizia e all’affetto di prima».

Quando tutti furono riuniti nello spiazzo interno del chiostro dell’episcopio, quei due frati si alzarono e uno disse: «Francesco ha composto durante la sua infermità le Laudi del Signore per le sue creature, a lode di Dio e a edificazione del prossimo. Vi prego che stiate a udirle con devozione». Così cominciarono a cantarle. Il podestà si levò subito in piedi, e a mani giunte, come si fa durante la lettura del Vangelo, pieno di viva devozione, anzi tutto in lacrime, stette ad ascoltare attentamente. Egli aveva infatti molta fede e venerazione per Francesco.

Finito il Cantico, il podestà disse davanti a tutti i convenuti: «Vi dico in verità, che non solo a messer vescovo, che devo considerare mio signore, ma sarei disposto a perdonare anche a chi mi avesse assassinato il fratello o il figlio». Indi si gettò ai piedi del vescovo, dicendogli: «Per amore del Signore nostro Gesù Cristo e del suo servo Francesco, eccomi pronto a soddisfarvi in tutto, come a voi piacerà».

Il vescovo lo prese fra le braccia, si alzò e gli rispose: «Per la carica che ricopro dovrei essere umile. Purtroppo ho un temperamento portato all’ira. Ti prego di perdonarmi». E così i due si abbracciarono e baciarono con molta cordialità e affetto.

I frati ne restarono molto colpiti, constatando la santità di Francesco, poiché si era realizzato alla lettera quanto egli aveva predetto della pace e concordia di quelli. Tutti coloro che erano stati presenti alla scena e avevano sentito quelle parole, ritennero la cosa un grande miracolo, attribuendo ai meriti di Francesco che il Signore avesse così subitamente toccato il cuore dei due avversari. I quali, senza più ricordare gli insulti reciproci, tornarono a sincera concordia dopo uno scandalo così grave.

E noi, che siamo vissuti con Francesco, testimoniamo che ogni qual volta egli predicesse: «Questa cosa è così, sarà così», immancabilmente si realizzava alla lettera. 

E ne abbiamo visto con i nostri occhi tanti esempi, che sarebbe lungo scrivere e narrare.


VERGILIO GAMBOSO

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