Aridità – Terminate le tentazioni del nemico infernale, il nostro Giuseppe non stette molto in pace, mentre Dio volle provarlo di nuovo Egli stesso, sottraendogli i lumi, il fervore e la consolazione interiore, così il Santo cadde in una grande aridità di spirito. Oh! Qui sì che il nostro Giuseppe soffrì un grande travaglio, per il timore di avere disgustato il suo Dio e per vedersi come derelitto e abbandonato dal suo Dio, unico oggetto del suo amore. Come smaniava! Come si raccomandava! Quante suppliche e sospiri inviava al cielo! Stava le notti intere genuflesso in atto supplichevole, pregando il suo Dio di manifestargli in quale modo fosse rimasto offeso da lui, perché, riconosciuto l’errore, potesse fare la dovuta penitenza; ma il cielo, fatto di bronzo alle sue suppliche, non gli recava conforto alcuno. L’Angelo non gli parlava più nel sonno, e non avendo il Santo con chi sfogare la sua pena si rivolgeva sovente al suo Dio dicendogli: «O Dio di Abramo, d’Isacco, di Giacobbe! O Dio mio, dal quale tanto bene ho ricevuto, che sei tutta la mia eredità, tutta la mia consolazione e il mio conforto, muoviti a pietà del tuo indegno e vile servo! Tu mi hai promesso il tuo aiuto, il tuo favore; ora è tempo che mi mantenga le promesse e mi consoli in tanta mia afflizione. Quale male ho fatto io, perché tu ti sei allontanato da me? Fammi la grazia di poterlo conoscere! È vero che ti ho molto offeso, ma tu sei buono, sei misericordioso, perciò ti supplico di perdono. È vero che io non lo merito, ma tu, sei buono e perciò lo spero». Il nostro Giuseppe faceva queste suppliche, delle quali Dio godeva molto, ma pure tardava ad esaudirlo e a manifestarsi a lui. Il Santo soffriva il suo travaglio con molta rassegnazione, ma non lasciava già di continuare a pregare il suo Dio.
Serva di Dio Maria Cecilia Baij O.S.B.
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