[I.63-64] Mi pare di ricodarmi che più volte nella santa comunione ho provato certe cose che non posso nemmeno raccontare: solo delle volte parevami che il Signore si unisse così intimamente coll'anima mia e comunicava con essa cose che non so dirle. Solo mi ricordo che mi faceva penetrare un poco il suo infinito amore, la sua immensa carità, la sua grandezza e magnificenza. Dicevami una sola parola, la quale è queta: Ego sum. Questo solo mi dava cognizione di Lui e di me stessa; fra il nulla che ero io, fra il tutto che è Iddio; stavo fuor di me, sentivo ammaestrarmi in modo segreto, ma non so come raccontarlo.
[I.67] Di continuo restava in me cognizione dell'infinito amore e del mio niente.
[I.104] Mi pare di ricordare che il venerdì e per qualche festa particoalre, bene spesso avevo la rinnovazione della ferita. Avanti di essa davami per lo più una viva cognizione del mio niente; ed un'altra sopra l'amroe infinito di Dio. Facevami penetrare ad intra la sua potenza, la sua grandezza; e mi pareva da ciò conoscere l'impotenza mia; e solo penetravo un poco la profondità del mio nulla. Stavo così, sentivami tutta unita a Dio, e rivola a Lui senza parole parlavo.
[I.132] In un subito ebbi cognizione sopra il mio niente e ben penetravami la indegnità a tal grazia. Più comprendevo questa verità, più il Signore e si dava a conoscere, e mi pareva che dicesse: Io sono tuo sposo: ove sono i segni che tu sia mai sposa? Io dissi: Non ho niente, non posso niente. Il niente medesimo mi fa apprendere chi voi siete, e fate da quel che siete. O Signore, mi vedete tutta chi sono. Tali grazie non le ponete in me, perché non so corrispondere. Esso mi disse che cosa avevo preparato ad un tal dono e favore. Io risposi di nuovo: Mio Signore, non posso niente, non ho niente; però dono voi a voi medesimo. Il vostro infinito amore sarà il remuneratore di tutto quello che avete operato, state per operare in quest'anima. Ed Esso parmi mi dicese: Ora io voglio qualche cosa. Dicendomi così, cresceva la brama, e di cuore mi offerivo tutta a Lui. Stavo ancora con quella cognizione propria, e vedevo che niente potevo. Mi pare che rivolta alla SS. Vergine le dicessi che Ella offerisse se medesima per me al suo Figlio. Così eseguì quanto bramavo. Mentre la Beata Vergine faceva tutto ciò, mi pareva di vedermi tutta adorna di preziose gemme. Parmi di ricordare che in quel punto avessi comunicazione che queste gioie e gemme erano tutte le virtù ed opere della medesima, che si era offerta per me a suo Figlio.
[I.142] Mi pare che mi desse lume sopra il mio niente e fecemi consocere che non potevo niente. In un subito diedemi un'intima comunicazione sopra la sua grandezza e potenza infinita, mi confermò come sua sposa e presomi il cuore, lo strinse bene forte; e poi mi pare mi facesse il segno della Croce sopra di esso, e risanommi la ferita. In un subito sparì via tutto. Ritornai in me, trovai la ferita serrata; e con ansia di patire e colla cognizione di me stessa restai per molto tempo come fuori di me.
[I.143-144] Mi pare di ricordarmi che una volta, in una visione che ebbi di Gesù glorioso, il quale mi diceva: Mira queste mie piaghe e poi facevami cenno al suo costato, e dicevami: Qua dentro voglio che tu stia, pervami di vedere detta piaga come lucidissimo specchio. Iviv dentro vedevo me stessa. In un subito diedemi comunicazione e mi faceva penetrare il mio niente. Apprendevo intimamente come tutto il bene viene da Dio; facevami comprendere che tutti i doni e grazie che Esso fa per bene di queste nostre anime, dovrebbe la medesima persona unire a questi doni un contraccambio che fosse proporzionato a quelli. Fecemi capire che il patire è parte buona per trovare questi veri mezzi, cioè i disprezzi, gli avvilimenti, annientamento, cognizione versa di se stessa, e per avere quella ferma speranza in Dio solo, da diffidare di sé, e riconsocere in sé, che siamo un vero niente, inabile a tutto, fuora di tutto. Oh povero niente! Ma che dico? Oh! grandezza del nostro niente! La sua piccolezza, il suo annientamento ci fa apprendere con intimo sentimento le opere che fa Iddio in noi coll'infinito amoro suo. Più si conosce questo nostro nulla, più si fa conoscere il nostro operatore e facitore supremo, cioè Iddio. Tutte queste cose io compresi in quel niente, che il Signore fecemi vedere ivi dentro al suo costato. Ebbi anche più lumi sopra ciò, ma ora non mi ricordo.
[I.77-78] E più stavo in aridità, più cognizione avevo del mio niente. E dalla cognizione di me stessa si apriva un'altra strada della cognizione di Dio, della sua grandezza, de' suoi divini attributi. E questa davanti un'altra brama e cognizione del mio annientamento. Più conoscevo di non poter niente, più caro lo avevo, perché tutto il potere, sapere e tutto l'infinito e potente si trovasse in Dio solo. Da questo veniva un altro desiderio più efficace. Desideravo che tutti l'avessero conosciuto, acciò l'avessero amato, daddovero. Di qui mi veniva la brama di amarlo per me e per tutti. Ma di già conoscevo la mia impotenza. Dicevo: Signore fate voi per me. Amatevi col medesimo vostro amore. Questo vi chiedo per amare l'amore medesimo. Io intendo di farlo con voi per me, e per tutti quelli che non pensano a ciò; e vi voglio amare per quelli che ci pensano ancora.
S. VERONICA GIULIANI
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