mercoledì 16 settembre 2020

È giunto il momento di procedere. Siete tutti sulla corda tesa,



Sabato 12 settembre 2020,

"Caro figlio, in questi giorni di oscurità, apprezzo molto queste ore che precedono la Mia Presenza.

 Per Me, è un balsamo su ciascuna delle mie sofferenze. Imparate a consegnarmi tutto per poter cambiare tutto questo Male in Grazia. Desidero salvare quante più anime possibili ed è attraverso ciascuno degli interventi che fate prima della Mia Presenza che CONVERTO UN'ANIMA.

È versando su di lei una goccia del Mio Sangue che riceve le Luci e la Grazia della conversione.

 Pregare significa essere trasformati nella Mia Divinità, affinché io possa realizzare la guarigione dei cuori dei miei figli. 

Perché dobbiamo pregare? Per unirvi in Cielo per scacciare il male.

È attraverso la preghiera che il tuo cuore fiorisce ed è davanti alla Mia Presenza che il tuo cuore si trasforma nella Mia Divinità. È giunto il momento di procedere. Siete tutti sulla corda tesa, ma il mio cuore paterno soffre nel vedere molti dei miei figli che rifiutano il loro battesimo. Perciò, è per le luci dello Spirito Santo che molti si trasformeranno e io, per adempiere alla Mia Giustizia, scaccerò tutto il Male che si riversa su questa terra per fare spazio all'Amore.

È sacrificando se stessi che riacquisterete il vero senso della vostra vita, quello per cui siete stati creati. Prendetevi il tempo di fermarvi per compiere questa grande missione: quella di unirvi nel fuoco del mio amore

Non perdere la speranza! Pregate, affinché possiate mantenere la fede. Sappiate che io controllo tutto, senza eccezioni, e se permetto che il male si diffonda in questo modo, è perché i miei figli non sono più uniti al Mio Cuore Paterno. È per questo motivo che la malattia ha preso il suo posto e semina confusione tra coloro che non pregano più.

Caro figlio, apprezzo molto la tua presenza con Me... Ti amo e ti benedico". 

Il tuo papà dell'amore

Robert Brasseur

CON L’IMMACOLATA CONTRO MASSONI E “NEMICI” DELLA CHIESA DI DIO



VITTORIOSI CON E ATTRAVERSO L'IMMACOLATA

L'Immacolata costituisce il sommo e il più puro trionfo della Redenzione, la grande vittoria di Dio e di Gesù. In Lei, per i meriti e il sangue di Cristo, satana è stato totalmente sconfitto. Se ne deduce che basterebbe anche solo l'Immacolata a giustificare l'opera della redenzione, voluta da Dio.
Sconfitto totalmente in Maria, satana lo sarà ancora, fino alla fine dei tempi, in Lei e attraverso Lei: è questa la «via» scelta da Dio, obbligata perché così è piaciuto
a Lui. E cioè: Gesù continua a redimere le anime, servendosi principalmente della sua Mamma Immacolata che, così, continua dal cielo la sua missione. «L'Immacolata ha lasciato la terra - dice P. Kolbe - ma la sua vita è penetrata e si è dilatata sempre più nelle anime», con una attività incessante di tenera Madre delle anime redente. Ma tutto questo lo si può provare teologicamente?

P. ANTONIO M. DI MONDA O.F.M.Conv.

Ti cercherò nel tuo nulla per unirti a Me (N. Signore a Josefa - 8 novembre 1920).



COLUI CHE PARLA DAL FUOCO 

L'offerta fatta da Josefa doveva sospingerla sempre più innanzi nel cammino tracciatole dal Maestro. Nei giorni seguenti più che mai ella sperimenta ciò che la volontà divina sta per chiederle di coraggio e di fiducia.  

«Mi trovo in una tale tentazione di freddezza e di turbamento - scrive alla fine di ottobre - che mi sembra non aver più né vocazione né fede, tanto mi sento insensibile e immersa nell'oscurità. Offro le mie sofferenze per consolare il Sacro Cuore e guadagnargli anime, ma questo stesso pensiero rimette sotto i miei occhi tutta la mia vita infedele. Vedermi come sono e ardire di pregare per altre anime, mi sgomenta!».  

Così Nostro Signore pareva si compiacesse di abbandonarla e questi abbandoni apparenti, non rari nella vita spirituale, siccome succedevano immediatamente ai privilegi d'amore, lasciavano Josefa insolitamente sconvolta. Tuttavia reagiva decisa a restare fedele attraverso ogni difficoltà.  

«Mio Dio! - scrive - voglio consolare il tuo Cuore! Non Ti vedo, non Ti sento, ma credo in Te e Ti amo! Eppoi, occorre dirlo? ricorro continuamente alla mia celeste Madre!».  

Trascorrono così otto giorni. Il sabato 6 novembre 1920, Josefa si sveglia convinta di aver perduto la vocazione e che tutto sia ormai inutile.  

«In mezzo a tale tormento - scrive - non potevo che ripetere quest'invocazione: Gesù, Gesù non mi abbandonare! Così passò la meditazione, poi la Messa, e mi comunicai, ma non potevo che chiamare Gesù in mio aiuto e ripetere: credo che Tu sei nell'anima mia, lo credo, mio Dio!  

«La Sua voce ad un tratto mi rispose:  

«- Sono qui!».  

«In quell'istante mi sentii pervasa da una grande pace e Lo vidi. Aveva in capo la corona di spine e la fronte rigata di sangue. La ferita era aperta e con le mani Egli mi mostrava il Cuore».  

«Gesù mio, come mi lasci sola! e per tanto tempo, e tentata».  

«- Quando ti lascio così fredda - disse – è perché prendo il tuo ardore per riscaldare altre anime. Quando ti abbandono all'angoscia, la tua sofferenza placa la collera divina. Quando ti sembra di non amarmi eppure mi ripeti il tuo amore, allora tu consoli maggiormente il mio Cuore. Ecco quello che voglio: che sii pronta a consolare il mio Cuore ogni volta che ho bisogno di te».  

«Gli risposi che ciò che mi tormenta di più è il timore di offenderlo, poiché poco importa il soffrire, ed Egli lo sa bene».  

«- Vieni, Josefa, non temere di niente, non sei sola! Non posso abbandonarti... Più sei piccola e umile, più hai bisogno d'essere custodita...».  

Di fronte a tali assicurazioni divine, ella confessa di nuovo le sue debolezze e ripete il suo amore e il suo abbandono...  

«L'ho supplicato di darmi le virtù di cui ho tanto bisogno, soprattutto l'umiltà. Mi interruppe:  

«- Ho dell'umiltà per il tuo orgoglio».  

«Sono poi così vile, così debole nelle sofferenze!».  

«- Io sono la forza stessa!».  

«Infine mi sono offerta senza nulla ritenere per me». 

«- Tu dici bene, Josefa: nulla per te... tu, tutta per Me, ed Io tutto per te! Quando ti lascio sola nell'angoscia abbraccia la mia Volontà, abbandonati al mio Amore».  

Suor Josefa Menéndez

Il movente si rafforza



La Battaglia  Finale del Diavolo

Su richiesta del Cardinale Ruffini, dalla fede incrollabile, attorno al  1948 Papa Pio XII iniziò a considerare l’idea di convocare un Concilio  generale, passando diversi anni a compiere i preparativi necessari.  Vi sono prove che alcuni elementi progressisti a Roma riuscirono a  dissuadere Pio XII dal portare a realizzazione un simile concilio, dato  che sarebbe stato sicuramente conforme alla Humani Generis ed alle sue  condanne verso gli errori modernisti. Come questa grandiosa enciclica  del 1950, quel nuovo concilio avrebbe sicuramente combattuto “le false  opinioni che minacciano di sottominare le fondamenta della dottrina  Cattolica”.120
Allo stesso tempo, gli “errori della Russia”, di cui aveva parlato la  Madonna di Fatima, si stavano diffondendo all’interno della Chiesa  stessa. Vari ordini religiosi Cattolici ne erano già risultati infetti, come  ad esempio il cosiddetto movimento dei “Preti Operai,” così chiaramente  infiltrato dai Comunisti, che negli anni ’50 Pio XII ne ordinò la chiusura.  Tragicamente, Pio XII si convinse di essere troppo vecchio per  sostenere il peso oneroso di un Concilio che affrontasse a viso aperto  i ranghi sempre più numerosi dei nemici della Chiesa, e si rassegnò  all’idea che questo sarebbe stato un “compito del mio successore”.121  Papa Pio XII morì il 9 ottobre 1958.
Ci stiamo avvicinando sempre di più a quell’anno fondamentale che  ben conosciamo. Siamo nel 1958, due anni prima del 1960 – data in  cui il Terzo Segreto avrebbe dovuto essere rivelato, secondo i desideri  della Vergine di Fatima e come testimoniato da Suor Lucia. Durante  tutto il Pontificato di Pio XII, il Sant’Uffizio, tramite l’abile direzione  del Cardinale Ottaviani, aveva mantenuto intatta la fede Cattolica,  tenendo a freno i cavalli selvaggi del modernismo. Molti degli odierni  teologi modernisti raccontano con sdegno come essi stessi ed i loro  amici fossero stati “messi a tacere” durante questo periodo.
Ma neanche il Cardinale Ottaviani poteva evitare quello che  sarebbe accaduto nel 1958, cioè l’elezione di un nuovo tipo di Papa che  “i progressisti credevano sarebbe stato dalla loro parte”122, che sarebbe  salito al Trono Pontificio e avrebbe costretto un riluttante Ottaviani a  rimuovere il cancello del recinto e a far uscire la mandria scatenata.  Un simile stato di cose era già stato previsto. Alla notizia della morte  di Papa Pio XII, il vecchio Don Lambert Beauduin, amico di Roncalli  (futuro Papa Giovanni XXIII) confidò a Padre Bouyer: “Se eleggono  Roncalli, tutto si risolverà; egli sarebbe capace di indire un concilio e di  consacrare l’ecumenismo”.123
A questo punto del libro dobbiamo chiarire, a beneficio soprattutto di  un lettore non Cattolico, che i cambiamenti avvenuti nell’orientamento  basilare della Chiesa di cui stiamo discutendo sono assolutamente senza  precedenti, nella Chiesa, e rappresentano forse la peggiore crisi della  sua storia. Uno studio attento di ciò che segue chiarirà i motivi per cui il  Messaggio di Fatima, con la sue richieste di consacrazione e conversione  della Russia in quanto portatrici di una pace mondiale, siano diventate  inaccettabili agli occhi degli ecclesiastici liberali e politicamente corretti  di questi ultimi 50 anni. Questi cambiamenti senza precedenti, nella  Chiesa Cattolica, non sono una benedizione, bensì un grave danno per chi  non è Cattolico, dal momento che il risultato di questo “adeguamento”  della Chiesa, non porta soltanto agli scandali sacerdotali a cui stiamo  assistendo, ma anche al fallimento dell’elemento umano della stessa  nel compiere un’azione – la solenne consacrazione della Russia – che  porterebbe grandi benefici all’umanità intera.

Padre Paul Kramer

PREGHIERE DI LUISA PICCARRETA CHE SI TROVANO NEI SUOI SCRITTI



Stavo facendo la mia solita adorazione al Crocifìsso mio Bene, dicendogli: “Entro nel tuo  Volere, anzi dammi la tua mano e mettimi Tu stesso nell’immensità della tua Volontà, affinché  nulla faccia che non sia effetto del tuo SS. Volere”. Ora, mentre ciò dicevo, pensavo tra me: 
“Come, la Volontà Divina è da per tutto, già mi trovo in Essa... ed io dico: entro nel tuo Volere?”  
Ma mentre ciò pensavo, il mio dolce Gesù, movendosi nel mio interno, mi ha detto: “Figlia  mia, eppure c’è grande differenza tra chi prega o agisce perché la mia Volontà lo involge e di sua  natura si trova dappertutto, e tra chi, di sua volontà, avendo in sé conoscenza di quello che fa,  entra nell’ambiente divino della mia Volontà per operare e pregare...” (Vol. 15°, 21.06.1923). 

a cura di D. Pablo Martín

La Chiesa, tra non molto, cercherà di incoronare un uomo che ha pensieri di distruzione.



12.09.2020 – São José dos Pinhais/PR
Messaggio di Maria SS.

Pace.

Figli miei, quanto si rallegra oggi il mio Cuore Immacolato nel vedervi riuniti in preghiera in questo mio Santuario.
Figli miei, è necessario pregare. Senza preghiera, non riuscirete a restare in piedi.
È arrivato il momento in cui i cuori duri come la pietra stanno criticando molti dei miei figli, specialmente voi che siete al mio fianco, ascoltando i miei appelli.
Figli miei, il tempo si sta esaurendo. È necessario che vi convertiate, che cambiate vita, che cambiate comportamento.
Sta arrivando il giorno in cui Dio darà una prova della sua esistenza, ma molti non avranno tempo per convertirsi.
Quanti messaggi ho già lasciato, avvertendo che sarebbero arrivati ​​giorni terribili per la Chiesa.
Oggi essa sale il calvario …
Oggi sono qui per invitarvi a meditare sulle Sante Piaghe del mio Divino Figlio e anche a riparare le ferite che sono sul suo corpo.
C’è molto odio nei cuori, questo mi rattrista molto.
Non dimenticate di consacrarvi a me.
Vi chiedo preghiera, digiuno, penitenza e obbedienza.
Figli miei, la Chiesa, tra non molto, cercherà di incoronare un uomo che ha pensieri di distruzione.
Voi, miei amati figli, dovete pregare molto.
Chi ha i mezzi per andare in Terra Santa, ci vada presto. Percorra i passi di mio Figlio Gesù.
Figli miei, vi chiedo di ascoltare le mie richieste.
Il dragone non sta dormendo. Si solleva contro questa generazione.
Preparatevi per i tempi in cui vivete e non guardate indietro. Alzate gli occhi verso l’Alto.
Voglio vedervi tutti in preghiera al mio fianco.
Pregate, figli miei. Chiedete sempre lo Spirito Santo.
Vi benedico nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo.

LA MAESTA' DELLA MORTE



La maestà della morte riflette la serietà della vita. Un'esperienza decisiva della vita è aver visto "la pace meravigliosa" che si diffonde sul volto di una persona cara "defunta": è il volto di un’anima, che ha trovato la pace


La maestà della morte riflette la serietà della vita

 di Francesco Lamendola


Il cristiano – è quasi banale dirlo – ama e rispetta la vita in sommo grado, poiché la considera il dono più grande fatto da Dio alla sua creatura, un dono dal valore incommensurabile; ed è per questa ragione che egli considera l’aborto e l’eutanasia come dei peccati gravissimi, che non potranno mai e poi mai trovare comprensione, né essere accettati in vista, come dicono i loro fautori, di un bene ulteriore, o, se si preferisce, di un male minore rispetto a quello che si vorrebbe scongiurare. Il male maggiore sarebbe, nel primo caso, una vita che non si è disposti ad accogliere e nel secondo una morte presumibilmente dolorosa. A ben guardare, però, nel primo caso il problema non è la vita che sta arrivando, ma la disponibilità degli altri ad accoglierla, quindi è su questo altro che si dovrebbe operare e non, sbrigativamente, barbaricamente, sull’altro, eliminando il “problema” alla radice con l’eliminazione dell’incolpevole nascituro. Nel secondo caso, il male che si vorrebbe allontanare non è la morte in sé – a meno che gli uomini contemporanei, nel loro delirio di onnipotenza, aspirino realmente all’immortalità, magari senza avere il coraggio di esprimerlo a parole – ma la sofferenza che la precede, per lenire la quale, tuttavia, esistono dei farmaci e che quindi non richiederebbe, di per sé, neppure questa volta, il rimedio sbrigativo e barbarico di sopprimere la vita, o, il che è lo stesso, di negarle gli alimenti e i liquidi per mantenere in vita il paziente (questo fu precisamente il caso della povera Eluana Englaro, lasciata letteralmente morire di fame e di sete in nome di un malinteso concetto di “pietà”).

Il cristiano sa che la morte è un dono prezioso, incommensurabile, e lo sa perchè lo vede nel volto di Cristo morto sulla croce, meglio ancora sul volto di Cristo deposto ai piedi di essa, e accolto fra le braccia di sua Madre!

Dunque, il cristiano ama e rispetta la vita, dal suo concepimento fino alla sua conclusione naturale: così è, e così non potrebbe non essere. Sono le parole stesse di Gesù a confermarlo, quando Egli dice:  Dio non è Dio dei morti, ma dei vivi; perché tutti vivono per lui (Lc. 27,38). E tuttavia: che cosa significa, veramente, amare e rispettare la vita? Significa, senza dubbio, averne compreso il profondo significato. Ma quanti si soffermano a riflettere su ciò? Quanti trovano il tempo, fra le mille cose nelle quali sono quotidianamente affaccendati, di chiarire a se stessi perché la vita è un dono così prezioso, affinché la loro convinzione non sia il frutto d’una formula imparata a memoria, ma di una lezione di vita realmente maturata e portata alla piena consapevolezza? Perché senza una tale profonda, personale convinzione, la vita continuerà ad essere vista come un bene fino a quando le cose andranno bene, ma come una disgrazia quando le cose prenderanno una brutta piega. Invece la convinzione cristiana del valore incommensurabile della vita non può essere soggetta a una simile altalena: deve prescindere dalle circostanze esterne, o anche interne, che rendono più o meno gratificante, più o meno deprimente, un determinato momento o una determinata fase della propria vita. «Ma io - obietterà qualcuno, impregnato di cultura esistenzialista - non ho che questa mia vita, non posso conoscere la vita in generale: dunque ho il diritto di giudicarla in base alla mia esperienza soggettiva, e di decidere da me stesso se è bella o brutta, se è degna di essere vissuta o meritevole di essere rifiutata, come un dono sgradito o giunto in un momento inopportuno, quando non esistono le condizioni affinché se ne possa godere». Gira e rigira, questo punto di vista è sempre e comunque figlio del materialismo edonista: dell’idea, cioè, che la cosa più importante che la vita possa offrire è il piacere; e che ove manchi il piacere, o sia troppo scarso rispetto al dolore, l’uomo abbia ogni diritto di decidere da sé, ed eventualmente rifiutare quel dono che si è rivelato per lui, piuttosto, un pesante fardello. Ma come uscire da questa visione esistenzialista, soggettivista, utilitarista del dono della vita? Come salire ad un punto di vista superiore, assoluto, non soggetto agli alti e i bassi della singola esistenza, senza tradire il fatto incontestabile che la vita che noi conosciamo è in effetti la nostra, e che sulla nostra pelle, per così dire, ne sperimentiamo costi e benefici? Come coniugare, cioè, l’esperienza soggettiva della vita con la coscienza del suo valore perenne, che travalica le contingenze e le determinazioni individuali e che può infondere speranza, essa sola, appunto nei momenti di maggior difficoltà e sofferenza?

Un'esperienza decisiva della vita è aver visto "la pace meravigliosa" che si diffonde sul volto di una persona cara "defunta": è il volto di un’anima, che ha trovato la pace!

Prima di formulare una risposta diretta questo interrogativo, ci sia concesso fare una riflessione preliminare, sotto forma di un’ulteriore domanda, tanto personale quanto lo è il punto di vista esistenzialista: avete mai visto il volto della persona a voi cara, subito dopo che la vita ha lasciato quel corpo? Avete mai visto la pace meravigliosa che si diffonde su quel volto da voi tanto amato, il volto di un’anima che finalmente ha trovato la pace? Avete notato il vaghissimo accenno di sorriso su quelle labbra, come se stesse sorridendo a qualcosa d’ineffabile, di splendente, di meraviglioso, che lei sta già contemplando, mentre a voi rimane invisibile? Se sì, possiamo andare avanti con il nostro ragionamento; se no, crediamo che ciò non sia possibile, perché siete ancora dei bambini. È ancora e solo un bambino, magari di quaranta o cinquant’anni di età, colui che non ha mai contemplato coi propri occhi il volto delle persone care, subito dopo che la morte ha posto fine al viaggio della loro esistenza terrena. È un’esperienza che non si può esprimere a parole, ma che solo chi l’ha fatta può comprendere e valutare in tutta la sua portata. È, a ben guardare, l’esperienza decisiva nella vita di un essere umano, quella da cui dipende ogni altra esperienza, ogni altro giudizio, ogni altro pensiero. Chi non l’ha mai fatta è ancora bambino, perché, per quanto possa aver letto molti libri e fatto molte altre cose, gli manca l’esperienza più importante, la più formativa, la più densa di significato. La società moderna tende ad espropriarcene, e si capisce il perché: per essere dei “bravi” cittadini-consumatori, che obbediscono al Sistema e non fanno mai domande scomode, bisogna restare ignari di ciò che potrebbe innescare un processo di consapevolezza. Ecco perché qualcun altro, al posto nostro, si prende cura della salma del defunto, la lava, la veste, la prepara per le esequie; e prima ancora, ecco perché, all’avvicinarsi dell’ora fatale, il malato viene portato in ospedale, in modo che la sua agonia si svolga lontano dagli sguardi dei familiari, e specialmente dei bambini. Eppure, fino a meno di due generazioni fa, si moriva in casa propria, così come in casa propria si nasceva: l’ospedalizzazione della nascita e della morte sono due aspetti centrali della strategia del Sistema consumista volta ad addomesticare l’essere umano e farne un docile strumento del potere finanziario. Solo mantenendo gli uomini e le donne in uno stato di perenne minorità artificiale li si può asservire completamente; solo presentando loro la vita come un continuo diritto al piacere, il che è possibile solo a patto di nascondere le spine che indubbiamente in essa si trovano, e delle quali, anzi, sovente è disseminata.
Michail Sadoveanu, Racconti di guerra; titolo originale: Povestiri de razboi; traduzione di Laura Rocca, Vicenza, Edizioni Paoline, 1963

C’è una pagina di un importante scrittore romeno, Mihail Sadoveanu (1880-1961), da molti considerato il massimo esponente di quella letteratura, che si presta magnificamente a illustrare il concetto che stiamo tentando di esprimere: la solenne, silenziosa maestà della morte. Si trova nel racconto Il cavaliere, ispirato a un episodio della guerra d’indipendenza del popolo romeno dall’Impero Ottomano, nel 1877-78. Si noti con quanta finezza, con quanta maestria e, al tempo stesso, con quanta semplicità (l’apparente semplicità dei grandi!) lo scrittore ci mostra il senso di pace e di serenità che è sceso sul volto degli eroi caduti in battaglia. Ecco la pagina in questione (da: M. Sadoveanu, Racconti di guerra; titolo originale: Povestiri de razboi; traduzione di Laura Rocca, Vicenza, Edizioni Paoline, 1963, pp. 78-79):
Il nemico, dopo aver fatto in fretta dietro-front, fuggì in direzione del ponte, bersagliato dai nostri cavalieri che, col corpo teso in avanti, caricavano a fondo come tanti falchi. Incalzati da vicino, gli ultimi squadroni che non avevamo avuto il tempo di raggiungere il corso d’acqua furono decimati sul posto. Quelli che erano riusciti a passare sull’altra rimasti disseminarono per cespugli e fossi, mentre dalla nostra parte si continuava a sparare.
Poco alla volta i colpi di fuoco diminuirono; l’ultimo fece, per così dire, il punto. E il silenzio riprese i suoi diritti.
Quel giorno non si sotterrarono i morti; e quando il tramonto ebbe cosparse le rive del fiume con la sua impalpabile polvere dorata, sulle sponde solitarie regnò di nuovo sovrana la pace. Il nemico lasciava numerosi morti sul campo di battaglia, che erano precipitati da ogni lato come l’effetto di un tornado, tra gli spezzoni di armi e i cadaveri dei cavalli. Sulla sponda stavano tre dei nostri cavalieri – due lancieri e un ussaro – che, fra tanti altri, erano periti in battaglia.
Nel saliceto nemmeno un brusio. Il gabbiano, col suo grido acuto, aveva ripreso a planare sulla tovaglia d’acqua. Un volo di vannelli [pavoncelli] errava da uno stagno all’altro e lanciava timidi appelli. Ad oriente, il cannone tuonava sordo mentre parabole incandescenti illuminavano l’orizzonte a intermittenze.
I tre eroi dormivano il sonno eterno sotto le ultime luci del tramonto.
Il primo lanciere giaceva sul dorso, tutto rannicchiato, schiacciato sul terreno, con la mano destra irrigidita sulla lancia e la sinistra raggrinzita sul petto come a voler strappare qualcosa. Il secondo lanciere, con gli occhi vetrosi spalancati, era coricato sul fianco; aveva la lancia spezzata, i pugni chiusi e le braccia abbandonate lungo il corpo. Pareva che scrutasse ancora l’orizzonte in direzione del levante. Il terzo cavaliere era un ussaro. Con le palpebre chiuse, il viso voltato verso il cielo e le braccia in croce, sembrava che dormisse. Sul suo viso, dall’espressione calma, i baffi scuri e le sopracciglia marcate, il vento della sera passava come una carezza di sogno..
Riposavano tutti e tre in quella solitudine e le foglie tremanti dei salici mormoravamo un canto misterioso sull’ala vaporosa della brezza.
Che cosa significa, veramente, amare e rispettare la vita? Significa, senza dubbio, averne compreso il profondo significato. Ma quanti si soffermano a riflettere su ciò?

Tale è la maestà della morte: l’abbandono della vita terrena dopo la battaglia che è la vita stessa, e il senso di pace suprema, indescrivibile, che succede al tumulto delle passioni. Mai su quei volti abbiamo visto un abbandono così pacifico, una bellezza così intangibile, quand’essi erano vivi. Ecco un’espressione che certamente suonerà scioccante per qualcuno: la bellezza della morte! Come si può dire una cosa simile? Appunto perché si tratta di un’esperienza inesprimibile, abbiamo premesso che solo chi l’ha fatta la può comprendere; lui solo sa di che cosa stiamo parlando. I medici e gli infermieri, forse, sono fin troppo abituati ad un tale spettacolo, senza contare che, per loro, si tratta pur sempre di volti estranei; molte persone, viceversa, per le ragioni che abbiamo detto, non l’hanno mai visto, e forse mai lo vedranno. Peccato. Da parte nostra, proveremo ora a esprimere in concetti e parole, balbettando, quell’esperienza, che di per sé, ossia in quanto esperienza personale e non ragionamento astratto, è inesprimibile.
La morte è la liberazione dai ceppi della vita terrena, è la libertà della vita vera. Certo, a una condizione: che si sia vissuti nella grazia di Dio!

Qual è il volto più caro fra tutti? Senza dubbio, il primo volto che abbiamo visto subito dopo essere venuti al mondo: il volto di nostra madre. Il volto che abbiamo tanto amato fin da quando ci dava il latte e ci teneva in braccio, cullandoci dolcemente per farci riposare sul suo seno. Ebbene: se avete fatto l’esperienza di vedere il volto di vostra madre morta, avete fatto l’esperienza più importante della vostra vita. Lei, finché c’era, era la garanzia che nulla di male ci sarebbe accaduto; che il male più grande, la fine della vita, non ci avrebbe mai raggiunto. Ma ora la morte ha raggiunto lei, e sul suo volto amato non ci sono più i segni della vita: c’è solo un grande silenzio, una grande pace, quasi un ineffabile sorriso. Dunque, la morte esiste. Per questo dicevamo che chi non ha fatto una simile esperienza è rimasto come un bambino: perché è proprio dei bambini non credere alla morte, vale a dire non credere alla sua irrevocabilità. Per i bambini, come accade nelle fiabe, dalla morte qualche volta si può anche ritornare; ma da adulti si sa che questo non è possibile. Dunque, il volto di nostra madre morta ci dice che anche noi moriremo: lo vediamo adesso con estrema chiarezza, in una maniera che è al di là di qualsiasi dubbio, di qualsiasi speranza o timore. E poiché noi l’amavamo, avremmo voluto proteggerla da ogni male, ma non abbiamo potuto fare nulla contro la morte: essa è venuta e se l’è portata via, in un regno dal quale, per adesso, noi siamo esclusi. Eppure, guardando quel caro volto, possiamo scorgervi anche qualcos’altro. È come se nostra madre continuasse a parlarci, e ci dicesse, con la sua voce dolce: «Non temere: vedi? La morte è la pace. Non è la fine, ma l’inizio di qualcos’altro: della vita vera. Non rattristarti per me; io ora sono presso Dio. Impara ad apprezzare la vita, perché solo sapendo che morirai, puoi apprezzarne tutta la bellezza».
Ecco perché il cristiano sa che la morte è un dono prezioso, incommensurabile. Lo sa, non l’ha letto sui libri. Lo vede nel volto di Cristo morto sulla croce, meglio ancora sul volto di Cristo deposto ai piedi di essa, e accolto fra le braccia di sua Madre. Guarda quel volto, il volto di sua e nostra Madre, e vi scorge un immenso dolore, ma non la disperazione. La morte è la liberazione dai ceppi della vita terrena, è la libertà della vita vera. Certo, a una condizione: che si sia vissuti nella grazia di Dio.

Del 16 Settembre 2020

martedì 15 settembre 2020

“Il pontificato di Francesco? Clinicamente estinto”. Intervista al professor Roberto de Mattei



Il coronavirus e le sue svariate conseguenze sulla società, sulla situazione politica italiana e mondiale, sul pontificato di Francesco. Intervista a tutto campo con il professor Roberto de Mattei, storico della Chiesa e delle idee religiose, presidente della Fondazione  Lepanto e direttore di Radici cristiane e Corrispondenza romana.
***
Professore, come vede questo 2020, l’anno del coronavirus?
Come l’anno di una grande svolta. Limitiamoci a un esempio: i viaggi del papa. Tutti i viaggi di papa Francesco sono stati sospesi, da quello in Argentina, dove avrebbe dovuto incontrare il nuovo presidente Alberto Fernandez, a quello, non ancora calendarizzato, a Pechino, per solennizzare l’accordo con il regime comunista cinese. I viaggi hanno svolto un ruolo decisivo nella strategia di comunicazione di papa Francesco che in sette anni ne ha compiuti 31 in 49 Paesi diversi: viaggi impegnativi, dal grande significato simbolico come quelli all’isola di Lesbo, o ad Abu Dhabi. Durante i suoi viaggi sono state pronunciate frasi entrate nella storia, come il celeberrimo “Chi sono io per giudicare?”. Ora l’ufficio viaggi pontificio è stato addirittura chiuso e non si prevedono nuovi viaggi del Papa fino al 2022. D’altra parte piazza San Pietro è vuota, e né le immagini televisive di papa Francesco, né i suoi libri e interviste attirano più l’opinione pubblica. Il coronavirus ha dato il colpo di grazia al suo pontificato, già in crisi. Quale che sia l’origine del virus, questa è stata una delle sue principali conseguenze. Per usare una metafora, il pontificato di Francesco mi sembra clinicamente estinto.
Tuttavia il 3 ottobre il papa diffonderà la sua terza enciclica, «Fratelli tutti. Sulla fraternità e l’amicizia sociale», che viene considerata il suo documento programmatico per affrontare il futuro del mondo.
Non a caso il papa si recherà ad Assisi per firmare il documento. Ciò dimostra quanto sia importante il contesto simbolico in cui si situano i suoi messaggi. Non credo però che questo mini-viaggio sia sufficiente per fare decollare mediaticamente l’enciclica. Nel 1989, l’anno della caduta del Muro di Berlino e del bicentenario della Rivoluzione francese, il tema della fratellanza, o “solidarietà”, fu lanciato dalla sinistra internazionale, come il leit-motiv degli anni a venire. La fratellanza universale, che è uno dei principi della Rivoluzione del 1789, esige però un mondo unificato in cui cada ogni barriera, geografica e culturale. Invece, il processo di mondializzazione e dissoluzione delle frontiere si è interrotto con il coronavirus, che ha eretto barriere sanitarie più rigide e invalicabili dei vecchi confini storico-politici. Anche sotto questo aspetto, il virus si è rivelato un colpo mortale per la strategia di papa Francesco.
Parliamo allora del coronavirus. Qual è il suo giudizio sulla pandemia?
La domanda andrebbe fatta agli scienziati, che però sono in disaccordo tra di loro. Ci sono innanzitutto i virologi, che sono coloro che studiano in laboratorio la natura del virus, ma non osano ammettere la possibilità di una sua origine artificiale, all’interno di progetti di guerra biologica; poi ci sono gli infettivologi, che si misurano con l’epidemia negli ospedali, dove però la malattia varia, a seconda dei tempi e dei luoghi, rendendo impossibile un’analisi omogenea del fenomeno; infine ci sono gli statistici e gli epidemiologi, che sulla base di modelli matematici studiano la propagazione del virus. I loro dati sono i più manipolabili, a seconda degli algoritmi che vengono utilizzati. Ognuna di queste categorie vede il problema da un’angolatura diversa, trasmettendo ai politici dati contrastanti. La conseguenza è che nei diversi paesi del mondo le strategie di contenimento sono differenti. Nessuno poi si fida dell’Organizzazione mondiale della sanità, il cui fallimento in questa emergenza sanitaria è analogo al fallimento dell’Onu nelle emergenze politiche.
A proposito dei politici, come si è comportato il governo italiano? Qualcuno sostiene che avrebbe strumentalizzato la crisi sanitaria per i propri interessi contingenti?
Che il governo si sia comportato in maniera inadeguata è un fatto certo, perché inadeguata è la classe politica che ci governa. Però, a mio parere, è inadeguata anche la classe dirigente che al governo si oppone. Capisco che tutti, a destra e a sinistra, cerchino di sfruttare politicamente a proprio vantaggio l’emergenza coronavirus, ma proprio per questo non credo a un piano politico organizzato. Come spiegare altrimenti che in Italia, dove governa la sinistra, il virus è stato utile al governo contro l’opposizione, mentre negli Stati Uniti, dove al governo è Trump, il virus è utile all’opposizione per impedire la rielezione del presidente americano? Mi sembra che manchi fino a oggi uno studio comparato delle misure prese da uomini politici diversi come Trump, Bolsonaro, Johnson, Macron, Merkel, Conte, Orban, e così via. Uno studio di questo genere sarebbe indispensabile per palare seriamente della pandemia.
Qual è il suo giudizio sul governo Conte?
Negativo, naturalmente, ma non peggiore del governo Colombo che introdusse in Italia il divorzio (1970), del governo Andreotti che promulgò l’aborto (1978), del governo Renzi che approvò il matrimonio omosessuale (2016). Tutti, come Conte, “cattolici adulti”, all’interno di un processo di degradazione culturale e morale della classe politica italiana. Non ci sarebbe da meravigliarsi se sotto il governo Conte fosse approvato il decreto contro l’omofobia, che si situa in linea di continuità con questo itinerario di secolarizzazione. Su questo punto l’opposizione mi sembra carente.
E nella scuola che cosa accadrà?
Nella scuola ci sarà un grande caos. Molti che si mobilitano di fronte alla disorganizzazione crescente sono rimasti però in silenzio di fronte a pericoli molto più gravi. La recente approvazione del cosiddetto Decreto scuola, da parte della maggioranza di governo, ha portato con sé la sostanziale obbligatorietà, a partire dall’anno scolastico 2020-2021, dell’insegnamento della cosiddetta “teoria del gender”. Ciò è ben peggio di un eventuale obbligo per i bambini di portare le mascherine. Il “popolo delle mamme” dovrebbe mobilitarsi per salvare i propri figli non dalla respirazione di anidride carbonica, ma dall’intossicazione ideologica che sarà loro propinata a scuola nell’anno del coronavirus.
Crede nell’esistenza di una “dittatura sanitaria”?
Bisogna intendersi sul termine “dittatura sanitaria”. Se ci si riferisce all’imposizione da parte dei governi della mascherina, del distanziamento sociale, o del lavaggio frequente delle mani, non mi sembra che si possa parlare di “dittatura”, ma di semplici regole di prudenza utilizzate in tutte le epidemie del passato, anche da quei santi che si prodigarono per curare gli appestati. Se invece ci si riferisce all’imposizione di regole alla Chiesa, per quanto riguarda l’apertura degli edifici e lo svolgimento delle cerimonie religiose, mi sembra che l’uso del termine “dittatura” sia più che legittimo, perché lo Stato non ha nessun diritto di entrare nella sfera ecclesiastica, obbligando ad esempio i fedeli a prendere la comunione in mano. Mi sembra però che spesso, più che di imposizione dello Stato, si tratti di un auto-asservimento delle autorità ecclesiastiche a quelle politiche. Di fronte a questi provvedimenti, che diffondono irriverenze e sacrilegi, il cattolico fedele ha il diritto e il dovere dell’obiezione di coscienza, mentre è tenuto a rispettare le leggi dello Stato ogni qual volta non trasgrediscano direttamente la legge divina, naturale od ecclesiastica.
Pensa che siamo di fronte a una psicosi di massa che fa pensare a una strategia del terrore?
Esistono indubbiamente fenomeni di psicosi di massa. C’è la psicosi alimentata dagli organi di stampa ufficiali (giornali, telegiornali) che punta sul pericolo virale, ma c’è anche la psicosi alimentata da molti blog che insiste in maniera ossessiva sulla presenza di piani per sterminare il genere umano. Entrambi diffondono terrore nell’opinione pubblica.
Una crisi pensata forse per introdurre un governo unico mondiale?
Il fine delle forze rivoluzionarie non è il governo unico mondiale, ma il caos unico mondiale. Per il marx-leninismo, ad esempio, la “dittatura del proletariato” non è il fine, ma il mezzo. Il fine è la società senza classi, panteista, anarchica e ugualitaria. I mezzi possono mutare, il fine è sempre il medesimo. In questo senso la conseguenza più grave del coronavirus mi sembra la perdita del senso critico e una sempre più diffusa confusione nelle menti.
Un piano preorganizzato?
Io credo all’esistenza di complotti nella storia. L’uomo in quanto essere sociale è portato ad associarsi e, in quanto ferito dal peccato originale, si associa non solo per il bene, ma anche per il male. La caratteristica dei malvagi, che non a caso sono chiamati “figli delle tenebre”, è quella di riunirsi segretamente, per nascondere le loro manovre. Perciò i Papi hanno sempre condannato le società segrete, a partire dalla massoneria. Proprio perché credo nelle manovre dei figli delle tenebre, penso che occorra essere molto prudenti nel denunciare piani diabolici senza averne le prove. Ogni ipotesi è lecita, ma bisogna fare attenzione prima di trasformarla in assoluta certezza.
Le sembra che ci sia qualcosa di diabolico nella pandemia?
Indubbiamente. Nella storia agiscono le creature razionali, uomini e angeli. E gli angeli decaduti, i demoni, oggi svolgono un ruolo importante nel portare avanti il processo rivoluzionario, soprattutto attraverso le armi della guerra psicologica. L’anarchia mentale ha qualcosa di diabolico. Ma ai demoni si oppone Maria, Regina degli angeli e Signora della storia. La Madonna a Fatima ha promesso il trionfo finale del suo Cuore Immacolato. Noi combattiamo con questa speranza che, con l’aiuto di Dio, nessuno potrà estirpare dai nostri cuori.

Questa generazione malvagia e priva di amore merita una grande punizione a causa dei suoi terribili peccati.



Nostro Signore il 6 settembre 2020:

Pace al tuo cuore!
Figlio mio, scrivi le mie parole sante e ammonisci le anime:
Loro, gli agenti di Satana, faranno accettare a molti una falsa Eucaristia che non viene da me, il tuo Dio.
Tutto inizia con la falsa fraternità umana, la falsa comunione fraterna, e poi si arriva alla falsa Eucaristia da loro inventata. Satana sta agendo ferocemente nella mia Chiesa per sradicare il Grande Tesoro da tra voi, per calpestare il mio amore, i miei doni e le mie grazie, perché i servi che non mi amano si sono lasciati corrompere da lui a causa del denaro, del potere e impurità. Chi non mangia la mia carne e non beve il mio sangue non avrà parte della gloria del mio regno.
Questa generazione malvagia e priva di amore merita una grande punizione a causa dei suoi terribili peccati. Sii forte. Rendi testimonianza della verità, proclamando le mie eterne parole alle anime, affinché io possa guarirle e ripristinarle con il mio amore. Solo coloro che sono fedeli fino alla fine riceveranno la ricompensa eterna e la corona di gloria. Liberati da ogni viltà. Non avere paura. IO SONO ti ama. Io, Dio Onnipotente, sono con te. Sono sempre unito a tutti coloro che mi amano e che accolgono nel loro cuore le mie sante parole.
Ti benedico!

Edson Glauber