mercoledì 22 gennaio 2020

FUGGITA DA SATANA



MICHELA 

La mia lotta per scappare dall'Inferno


Di ritorno a Trigoria

Di giorno in giorno le mie condizioni fisiche peggioravano. Sentivo dolori dappertutto, avevo la sensazione che qualcuno mi rompesse le ossa adagio adagio, non riuscivo a dormire. E poi avevo il problema della cocaina: ne ero ormai dipendente e la mancanza delle mie dosi quotidiane mi provocava una terribile crisi d'astinenza. Andai dal mio medico di base e mi feci dare quindici giorni di malattia, per potermi togliere un po' di torno.
A Chiara, che sentivo di frequente, continuavo a dire che volevo lasciare il lavoro per andare a fare volontariato e la pregavo di accogliermi in comunità. Lei però - come mi ha raccontato successivamente - si era resa conto che in realtà facevo parte di una setta e che ero stata mandata per distruggere Nuovi Orizzonti.
L'esperienza con tanti giovani in difficoltà l'aveva resa particolarmente sensibile. Per di più nei mesi precedenti, su 24 ragazzi che aveva accolto in comunità, ben 20 avevano avuto in vario modo a che fare con gruppi di satanisti. Dunque riscontrava in me alcune caratteristiche che le permettevano di intuire quale fosse il mio reale problema al di là di ciò che mostravo e raccontavo.
Isuoi sospetti l'avevano spinta a fare qualche sondaggio - sia con il vescovo che seguiva Nuovi Orizzonti, sia con padre Raffaele, un prete esorcista - per consigliarsi con loro su come comportarsi nei miei riguardi. Ambedue si erano mostrati concordi con quanto da lei proposto: avere sì una certa cautela ma fare di tutto per aiutarmi a uscire dalla trappola infernale che mi aveva imprigionata. Di fatto Chiara si era accorta che io stavo vivendo una situazione di morte dell'anima, di disperazione e anche di vero e proprio pericolo. Facendo finta di nulla con me, aveva deciso di agire su due livelli: protezione della comunità, per evitare che io potessi fare del male a lei e agli altri, ma anche amore nei miei confronti.
Sempre con la scusa di voler tornare in comunità per approfondire la mia esperienza di quello che facevano, concordai con Chiara che il 17 gennaio sarei rientrata a Trigona. A lei però avevo detto che mi erano stati concessi alcuni giorni di ferie, non che avevo spedito al mio datore di lavoro il certificato di malattia. All'alba caricai un po' di roba in macchina e mi misi in viaggio. La cosa strana era che nella cintura continuavo a tenere il coltello a serramanico con il quale avrei dovuto ucciderla. C'era in me come un conflitto tra il desiderio di uscire dalla setta e poter vivere anch'io in comunità e la forza diabolica che comunque, volente o nolente, mi teneva sottoscacco.
Nel pomeriggio arrivai in comunità e, secondo la definizione di Chiara, «è cominciato il film L'esorcista». Io infatti, della decina di giorni fra il 17 e il 27 gennaio, ricordo ben poco: quasi tutto quel che so mi è stato descritto da lei stessa e dai pochi altri che furono testimoni della girandola di fuochi d'artificio che i demoni suscitavano dentro di me. In pratica io ero scissa fra le presenze che dominavano la mia volontà e il desiderio del mio cuore di liberarsi; c'era la parte posseduta che voleva distruggere Chiara e Nuovi Orizzonti e la parte cosciente che aveva cominciato un cammino di conversione e desiderava salvarsi definitivamente.
Appena entrata in casa, Chiara mi abbracciò di nuovo con affetto, mostrandomi tutta la sua accoglienza. Se il primo abbraccio è stato capace di sciogliere il mio cuore, subito dopo il secondo abbraccio (forse proprio perché in cuore mio ero tornata per iniziare un cammino di conversione e aprire il mio cuore all'Amore di Dio), è successo di tutto e di più. Nell'attimo stesso in cui Chiara mi ha abbracciato i demoni a cui mi ero consacrata sono letteralmente "esplosi". Io mi sono completamente trasformata: contorsioni del corpo, il volto sfigurato, lo sguardo carico d'odio. E poi, al posto della mia, parlavano diverse voci maschili non umane, qualcuna metallica, qualcuna cavernosa. Gli spiriti demoniaci che erano in me hanno cominciato a inveire contro di lei: «Maledetta, era nostra, era completamente nostra. Adesso pensi che sei arrivata tu e in pochi giorni potrai strapparcela? Ti illudi, perché lei ci appartiene e non la lasceremo. Non avrà scampo, la uccideremo e uccideremo anche te, e poi distruggeremo tutta la comunità».
A quel punto ha iniziato a evidenziarsi una forza che mi faceva sollevare da terra, mi prendeva e mi scagliava contro gli spigoli del muro e della finestra. Chiara aveva già assistito a simili episodi e dunque non tentava di contrastare questa forza con la forza fisica (i ragazzi della comunità, per quanto forti fossero, non riuscivano a tenermi), ma pregava con altrettanto vigore. Ogni tanto tornavo a essere cosciente e non ricordavo nulla di ciò che era accaduto, ma cercavo di dirle i veri motivi per cui ero arrivata a Nuovi Orizzonti. In un momento di temporanea calma mi ha portato in camera sua, per evitare che gli altri ragazzi si spaventassero nel veder la rabbia degli spiriti che si manifestava attraverso di me. Lì ho sentito che potevo aprirle il mio cuore e ho iniziato a rivelarle che appartenevo a una setta satanica e che mi stavo rendendo conto che non volevo più continuare quel tipo di vita. Le ho raccontato alcune cose che avevo combinato tra cui la mia consacrazione a Satana e l'ho pregata di aiutarmi a uscire da questa esperienza infernale nella quale ero rimasta incastrata.
Per riuscire a dirle tutto questo ci sono però volute alcune ore, perché appena iniziavo a raccontare qualcosa della setta e di quello che avevo fatto si manifestavano queste pesanti "interferenze", contrastate a loro volta dalla preghiera di Chiara e di un'altra responsabile della comunità che nel frattempo era sopraggiunta. La forza che governava il mio corpo cercava costantemente di aggredire Chiara e di farmi sbattere violentemente con la testa sulle pareti in modo da uccidermi.
Continuavo comunque a percepire dentro di me un accavallarsi di emozioni. Verso Chiara provavo un sentimento di amore-odio che non riuscivo a spiegarmi razionalmente: la vedevo come una persona pericolosa per la setta, ma anche come colei che avrebbe potuto salvarmi la vita. Avevo paura di dirle tutta la verità, perché temevo che la setta mi avrebbe ammazzata, ma nello stesso tempo mi sentivo voluta bene così come ero, come se sapesse tutto di me e non mi giudicasse affatto per tutto quello che avevo combinato.

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