domenica 8 marzo 2020

LA PRESENZA REALE



IL SANTISSIMO SACRAMENTO NON E' AMATO
Tutto il dì stesi le mie mani al popolo incredulo e contradittore.
Isaia, LXV, 2. - Romani, X, 21.

I. - Ohimè! è cosa troppo vera, Nostro Signore nell'adorabile Sacramento non è amato! E prima, dai milioni di pagani, di ebrei, di scismatici e di eretici, i quali ignorano o conoscono male l'Eucaristia.
Fra tanti milioni di creature a cui Iddio ha dato un cuore capace di amare, quanti amerebbero il Santissimo Sacramento se lo conoscessero come lo conosco io! Non debbo almeno cercare di amarlo anche per loro?
Fra i cattolici, pochi, pochissimi amano Gesù in Sacramento: quanti pensano spesso a Lui, parlano di Lui, vengono ad adorarlo, a riceverlo? Perché questa dimenticanza, questa freddezza? Ah! perché non hanno mai gustato l'Eucaristia, la sua dolcezza, le delizie del suo amore.
Non hanno mai conosciuto Gesù nella sua bontà. Non s'immaginano l'estensione dell'amor suo nel Santissimo Sacramento.
Certuni hanno la fede in Gesù Cristo, ma una fede inoperosa, superficiale cosi che non va sino al cuore e si limita a quanto è rigorosamente voluto dalla coscienza, per salvarsi. E ancora questi tali sono poco numerosi in confronto di tanti altri cattolici che vivono da veri pagani, come se non mai avessero inteso parlare dell'Eucaristia.

II. - Perché dunque Gesù è così poco amato nell'Eucaristia? Perché non se ne parla abbastanza e non si raccomanda che la fede nella reale Presenza di Gesù Cristo, invece di parlare della sua vita e del suo amore nel Santissimo Sacramento, facendo vedere i Sacrifici che lo stesso amor suo gl'impone e mostrando Gesù in Sacramento che ama ciascuno di noi in particolare, personalmente.
Un'altra causa è il nostro contegno che accusa in noi poco amore; dal vedere come preghiamo, come adoriamo e quanto poco frequentiamo la chiesa, non si può argomentare la presenza di Gesù Cristo. Quanti tra i migliori non fanno mai una visita di devozione a Gesù in Sacramento, per parlargli cuore a cuore e dirgli il loro amore! Non amano dunque Nostro Signore nell'Eucaristia, perché non lo conoscono abbastanza. Ma da parte di quelli che lo conoscono col suo amore, coi suoi Sacrifici e con le brame del suo Cuore e tuttavia non lo amano, oh quale ingiuria!
Sì, ingiuria: perché è quanto dire a Gesù Cristo che non è abbastanza bello, buono, amabile per essere preferito a ciò che loro piace.
Quale ingratitudine! dopo tante grazie ricevute da questo caro Salvatore, dopo tante promesse di amarlo, tante offerte di se stessi al suo servizio! Trattarlo così è un ridersi del suo amore.
Quale viltà! Ah! se non vogliamo conoscerlo tanto, vederlo da vicino, riceverlo, parlargli cuore a cuore, è perché temiamo di essere presi dal suo amore! Temiamo di non poter resistere alla sua bontà, di essere costretti ad arrenderci e a sacrificargli il nostro cuore senza riserva; la nostra anima, la nostra vita senza condizioni.
Abbiamo paura dell'amore che ha per noi Gesù Cristo nel Santissimo Sacramento, e lo fuggiamo. Sì, sì, siamo sconcertati dalla sua presenza, paventiamo di dover cedere. Come Pilato, come Erode, cerchiamo di liberarci dalla Sua presenza.

III. - Non amiamo Nostro Signore nel Santissimo Sacramento, perché ignoriamo, ovvero non consideriamo abbastanza i Sacrifici che il suo amore sostiene per noi: Sacrifici così sorprendenti che, al solo richiamarli al pensiero, mi si stringe il cuore e gli occhi mi si riempiono di lagrime.
L'Eucaristia non poteva essere istituita che al prezzo di tutta la passione del Redentore. E come mai? Perché l'Eucaristia è il sacrificio della legge nuova; ora non vi ha sacrificio senza vittima; l'immolazione importa la distruzione della vittima, e per partecipare ai meriti del sacrificio bisogna partecipare alla vittima con la manducazione. Ora nell'Eucaristia abbiamo tutto questo.
Essa è il sacrificio non cruento, perché la vittima è morta una volta e con questa sola morte ha riparato, meritato ogni giustificazione; ma Gesù Cristo perpetua questo suo stato di vittima, per applicarci i meriti del sacrificio cruento della croce che deve durare ed essere rappresentato a Dio sino alla fine del mondo. Noi dobbiamo mangiare la nostra parte della vittima; ma se essa non avesse questo stato di morte, troppo ci ripugnerebbe il farlo, giacché solo si mangia ciò che ha lasciato la propria vita.
Dimodoché l'Eucaristia costava a Gesù l'agonia dell'Orto degli Ulivi, le umiliazioni dei tribunali di Caifa e di Pilato, la morte sul Calvario! Per tutte quelle umiliazioni doveva passare la vittima, a fine di arrivare sino allo stato sacramentale e sino a noi.
Istituendo il suo Sacramento, Gesù perpetuava, sebbene in modo non cruento, i Sacrifici della sua Passione; si condannava a subire l'abbandono dolorosissimo che sopportò nel Getsemani, il tradimento dei suoi amici, dei suoi discepoli che diverranno scismatici, eretici, apostati, che venderanno l'Ostia santa agli Ebrei, ai fattucchieri.
Perpetuava i rinnegamenti che l'afflissero in casa di Anna; i furori sacrileghi di Caifa; i disprezzi di Erode; la viltà di Pilato; l'ignominia di vedersi preferire una passione, un idolo di carne, come si vide preferito Barabba; la crocifissione, come la può subire nel Sacramento, nel corpo e nell'anima del comunicante sacrilego.
Ebbene, Nostro Signore già sapeva tutto questo; conosceva tutti i nuovi Giuda, li contava tra i suoi familiari, tra i suoi figli prediletti; ma nulla valse a distoglierlo, volle che il suo amore sorpassasse l'ingratitudine e la malizia dell'uomo, volle sopravvivere alla sua malizia sacrilega.
Conosceva fin d'allora la tiepidezza dei suoi, la mia; il poco frutto che si ricaverebbe dalla Comunione; con tutto ciò volle amare lo stesso, amare più di quanto sarebbe stato amato, più di quanto l'uomo avrebbe potuto riconoscerlo.
Che più? Tale stato di morte, mentre Egli ha la pienezza della vita e della vita soprannaturale e gloriosa; essere trattato come un morto, riguardato come un morto, non è nulla?
Tale stato di morte dice che Gesù è senza bellezza, senza movimento, senza difesa, avvolto nelle sacre specie come in un sudario, e nel tabernacolo come in una tomba; mentre egli, là, vede tutto, sente tutto, sopporta tutto come se fosse morto. Il suo amore ha velato la sua potenza, la sua gloria, le sue mani, i piedi, il suo bei volto, la sua sacra bocca, tutto. Non gli ha lasciato che il cuore per amare ed il suo stato di vittima affìn d'intercedere in nostro favore.
Alla vista di tanto amore di Gesù Cristo per l'uomo, che gli è sì poco riconoscente, sembra che il demonio trionfi e insulti a Gesù: Io, par che dica, non do all'uomo nulla di vero, di bello, di buono; non ho patito per lui e sono più amato, più obbedito, servito meglio di voi.
Ohimè! è troppo vero, e la nostra freddezza, la nostra ingratitudine sono il trionfo di satana contro Dio. Oh, come mai possiamo dimenticare l'amore di Nostro Signore per noi, un amore che tanto gli è costato ed a cui non ha ricusato cosa alcuna?

IV. - Ed è vero ancora che il mondo fa tutti i suoi sforzi per impedire che si ami Gesù Cristo nel Santissimo Sacramento di un amore sincero e operoso, per impedire che sia visitato, per paralizzare gli effetti di questo amore.
Il mondo assorbisce, lega, fa schiave le anime tra gli affari, tra le stesse opere buone esterne, per distornarle dal fissare un po' a lungo i loro pensieri sull'amore di Gesù. Anzi direttamente combatte questo amore pratico e lo rappresenta come non obbligatorio, come una cosa praticabile tutto al più in un chiostro.
Intanto il demonio fa una guerra incessante al nostro amore verso Gesù nel Santissimo Sacramento. Ben sapendo che Gesù è là in persona per attirare ed avere come nelle sue mani le anime, si adopera per cancellare in noi il pensiero, la buona impressione dell'Eucaristia. E' questo per Lui un punto decisivo. Eppure Iddio è tutto amore.
E questo dolcissimo Salvatore grida a noi dall'Ostia sacrosanta: “Amatemi come io vi ho amato; rimanete nel mio amore! Sono venuto a portare sulla terra il fuoco dell'amore, e il mio più ardente desiderio è che questo infiammi i vostri cuori”.
Ah, quali saranno in morte e dopo morte i nostri pensieri sull'Eucaristia, quando né vedremo, né conosceremo tutta la bontà, tutto l'amore, tutta la ricchezza!

O mio Dio, mio Dio, che cosa pensi di me, che ti conosco da sì lungo tempo e mi comunico sì spesso? Tu mi hai dato tutto quello che mi potevi dare.
In ricambio tu vuol che io ti serva e io non posseggo ancora la virtù più elementare, voluta per il tuo servizio. Tu non sei ancora la mia legge sovrana, il centro del mio cuore, il fine della mia vita. Che devi fare adunque per trionfar del mio cuore? Signore, è finita, il mio motto sarà d'ora innanzi; o l'Eucaristia o la morte! 

di San Pietro Giuliano Eymard

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