domenica 13 settembre 2020

L'ultimo Papa canonizzato



CARITÀ SENZA MISURA 

Tramandata di padre in figlio, la memoria del nostro Beato è ancora viva per  il senso divino della sua carità che si apriva a tutte le miserie ed alle più  urgenti necessità della vita: la nota caratteristica di Don Sarto, Cappellano e  Parroco, Canonico e Vescovo, Patriarca e Papa. 
Tutti ricorrevano a lui: ora un poverello, a cui mancava il pane; ora un  mediatore che da tempo non guadagnava un soldo; ora un contadino che non  sapeva come tirare innanzi la famiglia, perché la gragnuola o la siccità gli  avevano distrutto tutto il raccolto; ora una povera vedova che non aveva di  che vestire le sue creature ed ora un ammalato che si dibatteva nella miseria,  senza medicine e senza sostentamento. 
Don Giuseppe non sapeva dire mai di no, perché sul labbro gli fioriva sempre  una parola: “Il Signore provvederà!” (95) 
Dava tutto quello che aveva e più di quello che aveva: non conosceva limiti,  né misura. Si privava di tutto, non si preoccupava di sé, non si curava delle  proprie ristrettezze che non erano poche, si toglieva persino il pane dalla bocca e non di rado si riduceva a domandare a sua volta, in carità, un po' di  farina ed un po' di formaggio per mangiare lui e le sorelle (96). 
Esagerazione? ... Esagerazione sapiente dei Santi, con i quali il Cappellano di  Tombolo si accomunava quando, levandosi con lo spirito dalle labili cose  della terra alle cose eterne di Dio, a chi confidenzialmente gli diceva che  avrebbe fatto bene a pensare un poco a sé, ripeteva: “Che cosa si ha da fare  delle cose di questo mondo che dobbiamo poi lasciare? Facciamone ora  carità ai poveri” (97). 

Tutti i piccoli guadagni che egli ritraeva dalle sue predicazioni erano destinati  alla mamma che viveva nella povera casetta di Riese con le figliole, ma  doveva mandarli subito, perché altrimenti andavano a finire diritti nelle mani  dei poveri (98). 
Un giorno — così assicurava la nipote del Parroco già da noi ricordata — per  un panegirico in un paese vicino, aveva ricevuto un marengo d'oro (20 lire)  — una ricchezza allora — ma quando ritornò a casa “nol gaveva pìù uno  scheo”: non aveva più un centesimo! 
Il fiammante marengo era andato a sollevare la miseria di un povero (99). 
Il Cappellano di Tombolo aveva il cuore fatto così: “tutto carità”! (100) 

Un altro giorno era andato a Cittadella a tenere il discorso funebre di una  piissima ed insigne benefattrice di Tombolo. 
Ma, ritornato a casa, tutto allegro e contento, disse a Don Costantini: 
— M'hanno dato una genova! (80 lire). 
— Ti comprerai qualche cosa, adesso — soggiunse il Parroco. 
— L'ho data via quasi tutta — replicò il giovane Cappellano che viveva  abbandonato alla Provvidenza Divina (101). 
Don Costantini lo guardò fisso: avrebbe voluto rimproverarlo, ma tacque,  ammirando.

“Don Sarto aveva un mantello così logoro” — testimoniava una buona  popolana di Tombolo — che i Cappellani dei dintorni, scherzando, dicevano  che era stato in guerra. 
 “Una volta essendo stato invitato a predicare a Castelfranco, Don Costantini  gli suggerì di cogliere quell'occasione per comprarsene uno nuovo. 
Don Giuseppe, lì per lì, parve ascoltare il consiglio del suo Parroco. Ma quando dopo la predica si imbatté in uno zio che gli chiedeva un aiuto per  pagare l'affitto di casa, il suo animo non resse alla commiserazione, e, senza  dire parola, gli diede tutta la “fiorella” (36 lire venete) che aveva appena  ricevuto, ritornando a Tombolo con il suo misero mantello” (102). 
Nulla era sicuro nelle mani di Don Giuseppe. 
La sorella Rosa che viveva con il suo lavoro di sarta era riuscita a  raggranellare una ventina di lire, con le quali aveva pensato di acquistare  della tela per un paio di lenzuola, di cui in casa c'era bisogno ed aveva  incaricato della compera il nostro Beato. 
Don Giuseppe prese il danaro, e, con passo lesto, si avviò verso Cittadella.  Dopo alcune ore era di ritorno, ma non aveva né tela, né danari! 
Con quella ventina di lire della sorella aveva ratto la carità ad alcuni poveretti  che gli avevano chiesto l’elemosina. 
Per le lenzuola si poteva aspettare, ma non sarebbe stata colpa fare aspettare  un tozzo di pane a chi aveva fame? Con questa considerazione e con il solito:  “Iddio provvederà”! acquietò la sorella che, sebbene di cuore largo anche lei,  avrebbe voluto lamentarsi (103). 

Don Costantini e il suo Cappellano erano due anime in un nocciolo — come  suole dirsi — pienamente d'accordo. Solo in un punto non andavano  d'accordo: sul modo di fare la carità. 
Il buon Parroco, di quando in quando, rimproverava dolcemente il suo Don  Bepi e gli raccomandava di pensare un po' più alla mamma. Ma egli nella sua  mirabile fede aveva sempre pronta questa invariabile risposta: “Questi  poveretti hanno più bisogno di lei. Il Signore penserà anche a lei, perché il  Signore non abbandona nessuno” (104). 

Il Beato Pio X, del Padre Girolamo DAL GAL Ofm c. 

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