LA MESSA ECUMENICA DI PAOLO VI
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Siamo proprio alla confusione delle lingue, alla Torre di Babele! E questa situazione, creata testardamente e massonicamente da Paolo VI, non può non richiamarci alla mente il “piano ecumenico” che il canonico Roca6, in contatto con occultisti del Rito Scozzese, del Martinismo e della Teosofia, davanti ai partecipanti del Congresso spiritista e spiritualista del 1889, aveva proclamato dicendo: «IL MIO CRISTO NON È QUELLO DEL VATICANO (…). CRISTO È IL DURO ADAM-KADMON DEI CABALISTI; VALE A DIRE LA “RELIGIONE DELL’UOMO”»7. Cristo, quindi, non è più quella figura divina che afferma: «Io sono la Via, la Verità e la Vita», e «Senza di Me non potete far nulla», perché - come dice ancora il massone Roca - :
«Per aderire al Cristo, è sufficiente aderire al Principio della giustizia che s’è incarnato nel Cristo e che è il Cristo in Persona»8.
Ma questo offuscamento di Nostro Signore in semplice “principio”, apre la via all’ecumenismo massonico:
«Al Cristo-Uomo sofferente, succede, ai nostri giorni, il Cristo-spirito trionfante (l’umanità divinizzata delle Logge - n.d.r.). Il Cristo che così si manifesta nella scienza, sarà riconosciuto dagli ebrei, dagli indù, dai brahmani, dai mahatma, dai cinesi, dai tibetani»9
I riti si semplificheranno per favorire la diffusione dei nuovi concetti ecumenici:
«Credo che il culto divino, come è espresso dalla liturgia, il cerimoniale, il rito e i precetti della Chiesa romana subiranno, prossimamente, in un Concilio ecumenico, una trasformazione che, restituendo ad essi la venerabile semplicità dell’età dell’èra apostolica, li metterà in armonia con il nuovo stato della coscienza e della civilizzazione moderna»10.
Il “piano ecumenico” del massone canonico Roca, inoltre, prevedeva che si sarebbe giunti ad una religiosità e alla
«universalità di un cristianesimo, col quale si metterranno in armonia tutti i centri religiosi della terra»11.
A questo punto, s’impone un giudizio di valore su un ecumenismo così inteso e praticato. È ormai evidente a tutti coloro che osservano e studiano il fatto, che l’odierno ecumenismo non è più una presa di coscienza ed una affermazione della Fede nell’insegnamento di Gesù Redentore, ma bensì una tendenza a superare le differenze - tacendole o reinterpretandole! - tra noi cattolici e i fratelli separati. Da qui, quel liberalismo dottrinale, liturgico e pratico degli ecumenisti cattolici che, “spesso, si spiega con la coscienza che la responsabilità ultima della verità non appartenga loro, e che l’ubbidienza romana dà loro la sicurezza di dire e di fare tutto ciò che non è proibito formalmente dal magistero”12. Nessuna meraviglia, quindi, che ci si preoccupi più dell’unità che della Verità rivelata, anche se questo è ingiurioso a Dio! Ricordo, qui, quel preveggente monito di Pio XII che, nella sua “Humani Generis” (12 agosto 1950) ha detto:
«crollato quanto costituisce la difesa o il sostegno dell’integrità della Fede, (in primis, la Sacra Liturgia: “lex orandi, lex credendi”), tutto viene, sì, unificato, ma soltanto nella comune rovina».
L’attuale imprudente ecumenismo fu condannato, sì, anche da Paolo VI13, ma, come sempre in Lui, il Suo agire contraddiceva le Sue parole, proprio come il Suo modo di governare contraddiceva la Sua stessa “Professione di Fede”! E così con Paolo VI si è compiuta la “Riforma” del rito della Santa Messa, ma che fu certamente ispirata da un massonico ecumenismo di radice sincretista. Per questo si sono eliminate, o espresse equivocamente, le “Verità” cattoliche invise ai protestanti, come quelle sull’essenza della Santa Messa; come quelle sul Sacerdozio ministeriale, ordinato al sacrificio della Messa; e perfino sulle forme esterne che hanno adeguato allo squallore dei riti protestanti, dove manca ogni senso del sacro. Però, così, i “fratelli separati” - come ebbe a dire Max Thurian - potranno «celebrare la Santa Cena con le stesse preghiere della Chiesa cattolica». Ma che senso ha quel “celebrare la Santa Cena” se resta ancora “cena” e non è più un “Sacrificio”? Fino al “Novus Ordo” di Paolo VI, l’integrità della Fede, nella Messa di San Pio V trovava “una barriera invalicabile contro qualunque eresia che intaccasse l’integrità del Mistero”; dopo il “Novus Ordo”, invece, le eresie sono pullulate ovunque, a piene mani! “Le ragioni pastorali” - scrissero i cardinali Ottaviani e Bacci, nel loro “esame critico” sul “Novus Ordo” - addotte a sostegno (…) - anche se di fronte alle ragioni dottrinali avessero diritto di sussistere! - non appaiono sufficienti. Quanto di nuovo appare nel “Novus Ordo Missae” e, per contro, quanto di perenne si trova soltanto un posto minore o diverso, se pure ancor ve lo si trova, potrebbe dar forza di certezza al dubbio - già serpeggiante, purtroppo, in numerosi ambienti - che verità sempre credute dal popolo cristiano possano mutarsi o tacersi senza infedeltà al sacro deposito dottrinale, cui la Fede cattolica è vincolata in eterno. Le recenti riforme hanno dimostrato a sufficienza che nuovi mutamenti nella Liturgia non porterebbero se non al totale disorientamento dei fedeli, che già danno segni di insoddisfazione e di inequivocabile diminuizione di Fede. Nella parte migliore del Clero, ciò si concreta in torturante crisi di coscienza di cui abbiamo innumerevoli e quotidiane testimonianze”14. Ancora oggi, le previsioni dei due Cardinali, Ottaviani e Bacci, sono verificabili nella catastrofica crisi di Fede che è tuttora in atto tra i Sacerdoti e i fedeli! Per averne un’idea del disorientamento del Clero, alto e basso, della Fede nell’Eucarestia, basterebbe richiamare alla memoria il Congresso Eucaristico di Pescara - al quale intervenne anche Paolo VI! - in cui il Vescovo locale eliminò la “Processione Eucaristica”, perché “trionfalistica”, e per non urtare la sensibilità dei “non credenti”!.. Basterebbe richiamare anche il Congresso Internazionale di Melbourne, in cui, invece del Santissimo Sacramento, fu portata in processione la Bibbia!.. Basterebbe ricordare il Congresso Eucaristico Internazionale di Lourdes, in cui si è perfino riesumato l’eretico articolo 7 del “Novus Ordo”, per proporlo, poi, a meditazione in un Congresso che scelse, come emblema, un’ostia nera e un calice spezzato!.. Basterebbe ricordare il Congresso Eucaristico Nazionale di Milano (14-22 maggio 1983) in cui l’Eucarestia fu presentata non tanto come Rivelazione di Cristo, quanto rivelazione dell’uomo; in cui venne accusata la teologia scolastica di aver “cosificato” l’Eucarestia; in cui veniva rifiutata la “transustanziazione”, pur ammettendo la Presenza del corpo e del sangue di Cristo, ma senza esser stato transustanziato nulla; in cui la teologia eucaristica slittava verso la sociologia...15
Basterebbe ricordare, infine, il Congresso Eucaristico Nazionale di Bologna (20-28 sett. 1997), in cui i fedeli, invece di venire convenuti per rinnovare i loro sforzi di avvicinamento all’azione salvifica del SS. Sacramento nei confronti di un mondo che distrae di continuo dai richiami di Dio, che li vuole più distaccati dalle quotidianità per realizzare in se stessi una decisa separazione tra l’uomo carnale e l’uomo spirituale, a fine di riuscire a subordinare il primo al secondo, invece sono stati spinti a partecipare ad una specie di “kermesse”, in cui furono fatte anche delle preghiere, ma che questo avvenne, sopratutto, fuori della cattedrale, a tutto campo, e che poi finì non con una solenne processione col SS. Sacramento, ma bensì con un finale di musica rock, alla presenza, addirittura, del Santo Padre e di molto Episcopato!.. Un “nuovo stile”, insomma, di “Congresso eucaristico”, sommerso da un fiume di denaro (23 miliardi di costo generale!), anche per vergognosi “caschè” a certi cantanti abituati a cantare “pezzi” notoriamente sacrileghi, inneggianti al sesso, alla droga e all’aborto!.. Ora, in tutte queste alterazioni e profanazioni del “Sacrificio Eucaristico”, forse le varie Gerarchie avevano dimenticato che esse hanno sempre attirato tremendi castighi di Dio, anche nell’Antico Testamento, benché i “sacrifici” d’allora fossero semplici figure dell’unico e perfetto Sacrificio di Cristo! E allora, perché Paolo VI ha fatto questo ribaltone liturgico nel rito della Santa Messa, pur sapendo che la Santa Messa è il sole della Chiesa cattolica, è la fonte della Luce e dell’Amore divino e della Vita soprannaturale?.. E perché, per fare questo, ha disatteso lo stesso Concilio e i Padri di Esso, che certamente non intendevano arrivare a questa trasformazione, attuata, invece, da Lui col Suo “Novus Ordo Missae”, elaborato non dal Concilio, ma dal “Consilium”, ossia da una “Commissione” che Paolo VI aveva creata il 25 gennaio 1964 col Motu Proprio: “Sacram liturgiam servari, excoli et, pro necessitate, instaurari…”, denominandola: “Consilium ad exequendam Constitutionem de Sacra Liturgia”, con il compito di attuare, “sancte”, quanto era stato stabilito dal Concilio, dopo che Paolo VI, il 4 dicembre 1963, aveva promulgata la Costituzione Liturgica “Sacro-sanctum Concilium”?.. Ma le cose andarono… come andarono!.. Invece di stare ai testi della Costituzione conciliare, i membri del “Consilium” seguirono quei liturgisti progressisti-modernisti che, messi a tacere da Pio XII con la Sua enciclica “Mediator Dei”, ora rivivevano, all’ombra di Paolo VI, attuando la loro deficiente liturgia “spontanea e creatrice”! Basti accennare a quel rivoltoso e beffardo P. Hâring ne “Les chances de la prière”16, dove scrisse che “la liturgie officielle ne donne pas la possibilité de s’exprimer dans une prière spontanée”. A questi parolai della “nuova pastorale” si aggiunsero i neo-teologi con la loro produzione di presunta teologia. Così, mentre il “Consilium” voleva che la “Nuova Messa” fosse solo “Messa normativa”, e che presentata, nell’ottobre 1967, al Sinodo Episcopale, aveva suscitato “le più gravi perplessità tra i presenti… con una forte opposizione e moltissime sostanziali riserve”, in un periodico, destinato ai Vescovi, si è persino scritto sul “nuovo rito”:
«che vi si vuol fare “tabula rasa” di tutta la teologia della Messa, e che, in sostanza, ci si avvicina alla teologia protestante che ha distrutto il sacrificio della Messa».
Come i “fatti” parlano chiaro; ma anche il “Concilio Vaticano II” aveva parlato chiaro, dicendo: 1) «Il sacro Concilio, ubbidendo fedelmente alla Tradizione, dichiara che la Santa Madre, la Chiesa, considera tutti i riti, legittimamente riconosciuti, di uguale diritto e onore (= aequo iure atque honore) e vuole che, per l’avvenire, siano conservati e favoriti…» (Art. 4). Ma questo non avenne per il “rito latino romano”, antichissimo! 2) Il Concilio aveva sancito che si conservasse la “lingua latina”: «Linguae latinae usus, salvo particolari iure, in ritibus latinis servetur» (Art. 36,1), e che «i fedeli sappiano recitare e cantare insieme, anche in lingua latina, le parti dell’Ordinario della Messa che a loro spettano» (Art. 54); 3) «La Chiesa riconosce come proprio della liturgia romana il canto gregoriano, per cui, nelle azioni liturgiche, a parità di condizioni, deve avere il principale posto» (Art. 116). Invece, col “Novus Ordo Missae” di Paolo VI, tanto il “latino”17 quanto il “canto gregoriano” scomparirono del tutto; non solo, ma sparì persino l’“Ordo Missae Romanum” (da notare: che il “Canone” del Messale di S. Pio V è lo stesso del Messale di S. Gregorio Magno!). Difatti, fu così rimaneggiato, che molti convertiti dal protestantesimo ebbero a dire: «Noi abbiamo lasciato tutto, ma ora ritroviamo quello che avevamo lasciato!», e cioè, come disse Evelyn Waugh: «Hanno tolto tutto il misticismo al sacrificio della Messa!»18. Così anche altre “voci” di teologi, sacerdoti e laici che scrissero su riviste, giornali, in area europea, quali: “Itinéraires”, “Courier de Roma”, “Una Voce”, (che si stampa in ogni nazione!)... Come pure tanti libri, quali: “La tunica stracciata”, “Dicebamus heri”, “Super flumina Babylonis”, “L’ultima Messa di Paolo VI”, “Nel fumo di Satana”, tutti di Tito Casini; “La sovversione della liturgia” di Louis Salleron (editr. Volpe); “Essere o non essere” di Marino Sanarica, lettera digressiva al card. Lercaro; “La Messe de saint Pierre aux liens. Les raisons d’un refus respecteux”, in “Itinéraires” 1970; “La nouvelle Messe et la coscience catholique” di Marcel de Corte; “La grande eresia” di Volpe; ecc. ecc.
Per chi vuole una prova riassuntiva, basta che legga il “Breve Esame Critico del Novus Ordo Missae”, presentato a Paolo VI, nel 1969, dai Cardinali Ottaviani e Bacci. È un opuscolo, diviso in otto punti-sintesi delle principali difficoltà: Nel 1° si dice che la “nuova Messa” era solo “normativa”, e che fu “ripudiata” dai Vescovi; Nel 2° si esamina la definizione di “Messa”, quale si leggeva all’art. 7 della “Institutio generalis”, in cui quella “definizione” riduce la “Messa” a una “cena” e a una “assemblea del popolo di Dio”; e “non implica nè la ‘Presenza Reale’, né la realtà del Sacrificio, né la sacramentalità del sacerdote consacrante, né il valore intrinseco del Sacrificio eucaristico, indipendentemente dalla presenza dell’assemblea”; Nel 3° si sottolinea la scomparsa, o lo snaturamento delle finalità della Messa; Nel 4° vengono sottolineate le varie omissioni e le degradazioni dell’essenza della Messa; Nel 5° vi sono fatti dei rilievi sui nuovi Canoni; Nel 6° si fa una grave affermazione: «È evidente che il “Novus Ordo Missae” non vuole più rappresentare la fede di Trento. A questa fede, nondimeno, la coscienza cattolica è vincolata in eterno…». Nel 7° si sottolinea la perdita di molta fede e pietà; Nell’8° si sottolinea che il Messale tridentino, per le divisioni e gli errori esistenti all’interno della Chiesa, è oggi più che mai necessario, e che il suo abbandono è “un incalcolabile errore!”.
Naturalmente, si cercò subito di portare giustificazioni per quella “nuova Messa”. Difatti, il 29 novembre 1969, l’Osservatore Romano riportò un articolo del massone Mons. Bugnini, l’anima nera di quella rivoluzione liturgica, dal titolo: “La Messa di sempre”, in cui Bugnini scriveva:
«Comincia una “nuova epoca” della vita della Chiesa»; ma subito si contraddiceva, aggiungendo: «Non è una “nuova Messa”, perché nulla di essenziale, di genuinamente tradizionale è cambiato. Nel nuovo rito, la Chiesa riconosce, inconfondibili, la voce, il gesto, le parole, i “segni” con i quali, per venti secoli, ha creato attorno all’Eucarestia un alone di fede, di arte e di gioia. È la voce di ieri, la voce di sempre».
Ma sono espressioni tutt’altro che convincenti! I “fatti” rimangono quel che sono! Il “Consilium”, cioè, ha tralignato la volontà del “Concilium”; ha rimaneggiato il “Canone Romano” (inviso a Lutero!) e ha introdotto altri tre Canoni! Ogni giustificazione, quindi, fu fatta solo per giustificare tutti gli “arbitrii” avvenuti in seguito a questa manipolazione, voluta dal modernismo massonico, mentre il “Messale Romano” di San Pio V non consentiva abusi di sorta, essendo le rubriche obbligate “sub gravi”!
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sac. dott. Luigi Villa
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