mercoledì 6 aprile 2022

LE QUATTRO ULTIME COSE: MORTE, GIUDIZIO, INFERNO, PARADISO

 


LE QUATTRO ULTIME COSE: MORTE, GIUDIZIO, INFERNO, PARADISO

"Ricorda la tua ultima fine e non peccherai mai".


CAPITOLO IV. SULLA PAURA DELL'INFERNO. 

La morte è resa ancora più amara per noi dalla paura dell'inferno e dalla chiara visione dell'eternità davanti a noi. Infatti, quando siamo pericolosamente malati e la morte ci guarda in faccia, il terrore che ci riempie alla prospettiva dell'eternità è così travolgente, che ci riempie di paura. Perché vediamo chiaramente che tra pochi giorni o forse poche ore dobbiamo entrare nell'eternità, e non sappiamo cosa ci aspetta lì. Il timore di essere perduti per sempre è così grande da farci rabbrividire. Inoltre, l'allarme che ci tortura non è poco aumentato dal ricordo dei peccati per i quali abbiamo spesso meritato l'inferno; poiché nessun uomo può essere certo di aver fatto bene penitenza e di aver davvero ottenuto il perdono. Questo è spiegato da un passo degli scritti del già citato Papa San Gregorio, che descrive questo timore con le seguenti parole: "L'uomo giusto che si preoccupa veramente della sua salvezza eterna penserà di tanto in tanto al suo futuro giudice. Mediterà, prima che la morte lo sorprenda, sul resoconto che dovrà dare della sua vita. Se non ci sono grandi peccati con cui la sua coscienza lo rimprovera, ha comunque motivo di allarmarsi per i peccati quotidiani di cui forse non si cura. Perché quante volte non pecchiamo col pensiero? È relativamente facile evitare le azioni cattive, ma è molto più difficile mantenere il proprio cuore libero da pensieri smodati. Eppure leggiamo nella Sacra Scrittura: Guai a voi che concepite ciò che non è utile e operate il male nei vostri pensieri (Mich. ii. i). E ancora: Nel tuo cuore operi iniquità (Sal. Ivii. 3)". Perciò i giusti sono sempre nel timore dei terribili giudizi di Dio, perché sono consapevoli che tutti questi peccati segreti saranno portati in giudizio, come dice San Paolo: In quel giorno Dio giudicherà i segreti degli uomini (Rom. ii. 16). E anche se per tutta la sua vita un uomo buono camminerà nel timore del giudizio, tuttavia questo timore aumenterà notevolmente man mano che si avvicina la fine dei suoi giorni. Si dice di Nostro Signore che quando si avvicinò l'ora della sua morte, cominciò ad essere addolorato e a temere, ed essendo in agonia, pregò più a lungo.  Non era forse questo lo scopo di insegnarci come sarebbe stato per noi nella nostra ultima fine, e quali afflizioni e angosce ci avrebbero sopraffatto? Queste sono le parole di Papa San Gregorio, calcolate per ispirare timore non solo ai peccatori, ma anche ai giusti, poiché, come dice il santo, anche coloro che non sono coscienti di aver commesso peccati gravi, sono tuttavia pieni di apprensione riguardo alla sentenza che verrà loro inflitta. Se i giusti non sono privi di apprensione, cosa possiamo fare noi poveri peccatori, che sappiamo di essere colpevoli di molte e molteplici trasgressioni, e che ogni giorno aggiungiamo peccato a peccato? Che ne sarà di noi? Cosa possiamo fare? Non c'è nessun mezzo che possiamo impiegare per ottenere la misericordia di Dio? Non conosco consiglio migliore di quello che Cristo stesso ci dà nelle parole: "Vegliate dunque, pregando in ogni momento, affinché siate ritenuti degni di sfuggire a tutte queste cose che verranno e di stare davanti al Figlio dell'uomo" (Luca xxi. 36). Poiché Cristo ci indica la preghiera come il mezzo migliore e più facile, ognuno segua fedelmente questa esortazione e invochi diligentemente Dio onnipotente e la Sua Beata Madre, e tutti i santi, implorandoli giorno per giorno di proteggerlo, e raccomandando loro la sua ultima fine.

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