domenica 2 luglio 2023

(Vogliono spazzare via tutti coloro che Mi servono)

 


Messaggio ricevuto il 21 giugno 2023

Mia cara figlia scrivi, Io sono il tuo Dio, il tuo Salvatore. Sono venuto con il Mio Amore di Padre per darti un altro messaggio che viene dal Mio Sacro Cuore al tuo. Sono venuto a dare tutto per amore, perché voglio dare tutto per il bene delle mie anime. Il tempo che aspettate è di angoscia, perché tutto è in disordine. Chi vuole stare con me deve lasciare tutto e seguirmi, perché il disordine è grande e gli operai sono pochi. Voglio che tutti ascoltino questi messaggi, perché l'intruso entrerà e comincerà a rovinare di più, in modo che rimangano solo le mura della Mia Chiesa. Tutto è già distrutto, quindi non state con le mani in mano aspettando giorni migliori, ma solo miseria, perché non avrete altro da fare che adorare l'anticristo, perché sarà lui a prendere il mio posto.

Vi avevo avvertito che tutto sarebbe iniziato molto presto, e molti ancora ascoltano le parole che parlano delle Mie cose, ma sono dette con false dottrine, senza che le sentano. Perché tutti saranno ingannati? Perché molti avranno paura di parlare di ciò che verrà detto loro, perché si accorgeranno che la mistura (cambiamento) data è già con loro, e non potranno fare nulla. Dio farà sapere a tutti che tutto sarà cambiato, affinché i miei figli non si lascino ingannare dalle cose che verranno date all'interno della mia Chiesa. Chi vuole scegliere deve farlo ora, perché non servirà a nulla per i Miei figli che amano servirMi (Sacerdoti), ma con questo miscuglio (cambiamento) non vale la pena stare in un luogo che non vi appartiene.

Sto dicendo a tutti coloro che mi ascoltano attraverso questi messaggi, di andarsene al più presto, perché sarete catturati come in guerra e portati in un campo di concentramento, perché vogliono spazzare via tutti coloro che mi servono (prima i sacerdoti e poi noi, alla fine). Allora tutti dovranno rifugiarsi, se non vogliono subire le conseguenze.

Io sono il vostro Dio, Padre, Figlio e Spirito Santo. Amen.

LETTERE D' UN EREMITA

 


LA PACE UNIVERSALE

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Secondo le cronache degli ordini fondati da San Francesco d'Assisi (Cap. XIII del Lib. II), un demonio sforzato in nome di Dio a dire la verità per bocca d'un ossesso, dopo aver annunziato la decadenza dei Francescani, e lo sprezzo in cui sarebbero caduti presso gli uomini, avrebbe predetto che il Santo Papa di cui parliamo sarebbe uscito da cotesto ordine: « Finalmente sorgerà da quest'ordine stesso un religioso, il quale non sarà inferiore a Francesco per le virtù, e giungerà a tanta altezza di santità, che convertirà una terza parte degli uomini co'suoi buoni esempi e colla predicazione della parola di Dio. » Questa predizione si trova avvalorata anche dalla Ruota profetica di Sant'Anselmo vescovo di Marsico in Sicilia che viveva nel XII secolo. Questo santo vescovo ci lasciò una profezia sopra i Papi espressa per via di figure che li rappresentano, in sieme con altre immagini simboliche. E nella serie di ritratti dei Papi si vede che quello che risponde al nostro Papa santo, è vestito del saio di San Francesco. Il venerabile Bartolomeo da Saluzzo, morto a Roma nel 1605, descrivendoci in un lungo componimento in cattivi versi e brutta lingua i mali che debbono affliggere il mondo e la Chiesa, s'eleva ad un tratto a contemplare la bella pace che dee visitare il mondo ed esclama: 

- « Ma ecco che viene una bella compagnia, Che ben venuta sia º Nel nome di Gesù, Croce e Maria. Oh quando sia quel tempo felice! Oh che bella radice ! Oh che sarà tanta e Gente martirizzata! Quando sarà spianata O che sarà distrutta Quasi l'Italia tutta; O che sarà ridutta La Chiesa in Oriente. O fortunata gente - Che la vedrete piantata e rinnovata! A te saran le porte Del Cielo spalancate, O benedetto frate Dell'ordine minore. Oh! che gloria e splendore Daratti il tuo Signore Quando sia che fuore Di tal male uscirai. Non temere che avrai Coraggio assai, assai. Non temer che gran vigore Ti darà il tuo Signore, Se tu soffri per suo amore, Ma non dei ritrarti indietro Quando contro di San Pietro Udirai che il Gallo canta AContro la fede santa.

Un pio eremita per nome Teolosforo raccoglieva le diverse profezie che corre vano al suo tempo, cioè verso l'anno 1380, e le riuniva in un libro che si stampò a Venezia nel 1527. Questo libro ha per ti ſtolo: Demagnistribulationibus et statuecclesiae. Ivi si parla a lungo e con abbondanza di particolari di quanto si riferisce al pastore angelico. Non potendo io riprodurre il tutto ne recherò alcuni passi: « Dopo la strage del falso pontefice e de' suoi complici, e dopo la morte dell'ultimo imperatore tedesco, dopo aver sanati i mali della “Chiesa occidentale, e fatte cessare le guerre in Italia, per opera d'un pastore angelico e del nuovo imperatore, si radunerà un concilio generale, per muover guerra agli in fedeli e liberare i Luoghi Santi. Si metterà in piedi gran nerbo di forze terrestri e marittime sotto il nome di Santa Unione della Chiesa.... in cotesto tempo del rinnovamento della Chiesa accadrà di nuovo ciò che accadde al tempo della nascita di Gesù Cristo (Vi rammentate, signore, che egli è appunto di questa nascita che parlava Ezechiele in quel primo senso della profezia ch'io vi citava; è questa una coincidenza cui non aveva ancora posto mente nel cominciare la mia lettera), imperocchè vi sarà un altro Zaccaria, un altro Giovanni Battista ed un altro Cristo, cioè un pastore angelico che avrà dodici apostoli scelti in fra il nuovo ordine religioso i quali predicheranno di nuovo il vangelo; ed i pagani saranno battezzati. Tutti, eccetto gli ebrei, si convertiranno a Dio uno in tre persone per virtù di questa predicazione. Tutte queste cose devono accadere prima della venuta del vero Anticristo, e dopo che saranno già venuti molti Anticristi precursori di lui, i quali sorgeranno sia dal corpo della Chiesa, sia dal popolo cristiano. »

di J. E. DE CAMILLE

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Preghiera al preziosissimo Sangue

 


O Gesù, il cui Sangue Prezioso è sgorgato dalla sorgente immacolata della tua Santa Madre, per noi generato ad immagine di Dio, noi ti adoriamo nella tua Umanità, inseparabile dalla tua Divinità, con tutta la fede e l'amore di cui siamo capaci.

Che i sacramenti che escono dal tuo Cuore come sette fiumi di vita, ci ricordino la virtù della Presenza invisibile del tuo Sangue redentore in ciascuno di essi, per comunicarci la grazia particolare che ti sei degnato di aggiungervi, affinché si compia la nostra santificazione.

Tu sei, Gesù, "la carne di Maria". Tu sei anche "il Sangue del suo sangue". Tra te e la tua divina Madre esiste la parentela più stretta e l'unità più perfetta.

Permetti che la Vergine ci ottenga un'ardente devozione al Prezioso Sangue che l'ha resa Immacolata, in previsione dell'Incarnazione redentrice.

E ancora, noi vedremo fruttificati al centuplo, dalla tua grazia, i tesori della tua Passione, nell'attesa della santità che, nella sua preconoscenza, la Trinità ha voluto per ciascuno di noi, per tutta l'eternità. Amen.


Per redimerci Gesù ha versato ben sette volte il suo Sangue!

 


Gesù mio, accetta gli ossequi di questo Mese, in compenso di tante iniquità degli uomini; e mentre il nemico del bene cerca di allontanare il ricordo del tuo amore dalla mente dei tuoi figli, la devozione al Divin Sangue avvicini le anime al tuo Cuore. (S. Gaspare)


LE SETTE EFFUSIONI

Venite, adoriamo Cristo, Figlio di Dio, che ci ha redenti con il suo Sangue. Per redimerci Gesù ha versato ben sette volte il suo Sangue! Il motivo di sì copiose e dolorose effusioni non va ricercato nella necessità di salvare il mondo, perché a salvarlo ne sarebbe bastata una sola goccia, ma soltanto nel suo amore per noi. Agli albori della storia umana avviene un grave fatto di sangue: il fratricidio di Caino; Gesù, agli albori della sua vita terrena, vuole iniziare la redenzione con la prima effusione di Sangue, quello della Circoncisione, versato sulle stesse braccia della Madre, come primo altare del Nuovo Testamento. Sale allora a Dio la prima degna offerta dalla terra e, da allora in poi, Egli guarderà l'umanità non più con lo sguardo della giustizia, ma della misericordia. Passano anni da questa prima effusione - anni di umile nascondimento, di privazioni e lavoro, di preghiera, di umiliazioni e persecuzioni - e Gesù dà inizio nell'orto degli ulivi alla sua Passione redentrice, versando sudore di sangue. Non sono le pene fisiche che gli fan sudare Sangue, ma la visione dei peccati della intera umanità, che egli innocente si è addossato, e la nera ingratitudine di coloro che avrebbero calpestato il suo Sangue e rifiutato il suo amore. Gesù versa di nuovo Sangue nella flagellazione per purificare particolarmente i peccati della carne, perché «per una piaga così putrida, non poteva esservi una medicina più salutare» (S. Cipriano). Ancora Sangue nella coronazione di spine. È il Cristo, re d'amore, che al posto di quella d'oro ha scelto la corona di spine, dolorosa e sanguinosa, affinché l'orgoglio umano si pieghi davanti alla Maestà di Dio. Altro Sangue lungo la via dolorosa, sotto il pesante legno della croce, fra gli insulti, le bestemmie e le percosse, lo strazio d'una Madre e il pianto delle pie donne. «Chi vuol venire dietro di me - egli dice - rinneghi se stesso, prenda la sua croce e mi segua». Non c'è dunque altra via per raggiungere il monte della salute, che quella bagnata dal Sangue di Cristo. Gesù è sul calvario e versa nuovamente Sangue dalle mani e dai piedi confitti alla croce. Dall'alto di quel monte - il vero teatro dell'amore divino - quelle mani sanguinanti si protendono per un largo abbraccio di pietà e di misericordia: «Venite a me tutti!». La croce è il trono e la cattedra del prezioso Sangue, l'emblema che porterà salute e nuova civiltà ai secoli, il segno del trionfo di Cristo sulla morte. Non poteva mancare il Sangue più generoso, quello del Cuore, proprio le ultime gocce rimaste nel Corpo del Salvatore, e ce lo dona attraverso la ferita, che il colpo di lancia apre nel suo fianco. Gesù svela così i segreti del proprio Cuore all'umanità, affinché vi legga il suo immenso amore. Ecco come Gesù ha voluto spremere da ogni vena tutto il Sangue e darlo generosamente agli uomini. Ma cosa hanno fatto gli uomini dal giorno della morte di Cristo ad oggi per ricambiare tanto amore? Gli uomini han continuato ad essere increduli, a bestemmiare, ad odiarsi ed uccidersi, ad essere disonesti. Gli uomini hanno calpestato il Sangue di Cristo! Almeno noi, per riparare a tante ingratitudini e ricambiare così grande amore, offriamolo a Dio e invochiamolo non solo per noi, ma anche per tutti i fratelli peccatori.

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Nel 1848 Pio IX, a causa dell'occupazione di Roma, fu costretto a rifugiarsi a Gaeta. Quivi si recò il servo di Dio D. Giovanni Merlini e predisse al S. Padre che, se avesse fatto voto di estendere la festa del Prez.mo Sangue a tutta la Chiesa, presto sarebbe tornato a Roma. Il Pontefice, dopo aver riflettuto e pregato, il 30 giugno 1849 gli fece rispondere che lo avrebbe fatto non per voto, ma spontaneamente, se la predizione si fosse avverata. Fedele alla promessa, il 10 agosto dello stesso anno, firmava il decreto per l'estensione della festa del Prez.mo Sangue a tutta la Chiesa nella prima domenica di luglio. S. Pio X. nel 1914, la fissò al primo di luglio e Pio XI nel 1934, a ricordo del XIX Centenario della Redenzione, la elevò a rito doppio di prima classe. Nel 1970 Paolo VI, in seguito alla riforma del calendario, l'ha unita alla Solennità del Corpus Domini, col nuovo titolo di Solennità del Corpo e del Sangue di Cristo. Il Signore si servì della profezia di un santo missionario per l'estensione di questa festa a tutta la Chiesa e volle così dimostrare quanto gli fosse caro il culto al suo Prezioso Sangue.


(Ti sto chiamando perché tu non sia lasciata indietro)

 


Messaggio n. 2 ricevuto il 18 giugno 2023

Mia cara figlia scrivi, Io sono il tuo Dio, il tuo Salvatore. Sono venuto con il mio amore di Padre per darti un altro messaggio che viene dal mio Sacro Cuore di Padre al tuo. Sì, figlia mia, tutto ti sarà dato per l'onore e la gloria di Dio, perché le cose che verranno nel mondo devono essere rivelate a tutti coloro che non accettano le cose che ti vengono rivelate. Ma tutti dovranno imparare, perché il diavolo ha tempo per togliere le mie cose e mettere le sue, per martirizzare i miei figli con parole false che tutti dovranno conoscere perché tutti cadano. E questo accadrà, dove ci sarà pianto e stridore di denti, perché questo cane disgustoso non ha cuore quando si tratta della Mia creazione. (Creato) Perché tu rimanga nell'amore della mia Chiesa e in tutte le cose che ho da dare ai miei figli.

È per questo che vi ho creati, per essere portatori della pace e dell'amore che ho per voi. Sì, figli miei, voglio che impariate il libro dell'amore, perché quello che avete adesso vi porta all'inferno, dove non potete fare nulla. Ha fatto di tutto per allontanarvi da Me, con le parole che vi allontanano da Me e dal Padre mio. Io sono la Luce del Mondo, dove tutti vedranno la verità che darò, ma quello (Papa?) porterà molti alla morte e al fuoco eterno. O figli miei, vi avverto affinché non cadiate, prendete (accettate) tutto ciò che vi sto dicendo con amore e fate la promessa di cambiare, perché non potete vedere la Luce della Vita con ciò che avete ora, ma solo la morte eterna.

Vi sto chiamando attraverso questi messaggi e quelli di mia Madre, e tutti coloro che stanno lavorando per il mio ritorno, perché molti stanno lavorando dalla parte sbagliata, dove non posso fare nulla se non fanno tutto come vi ho dato. La mia venuta è vicina, vi sto chiamando affinché non siate lasciati indietro, perché tutto è in disordine.

Io sono il vostro Dio, il vostro Salvatore. Amen.

Maria De Jesus Coelho

 


sabato 1 luglio 2023

Adorazione

 


I SEGNI DI DIO NELLA VITA DI UN BAMBINO AFRICANO

 


Come è nata la sua vocazione sacerdotale e la decisione di entrare in seminario?


Se cerco l'origine della mia vocazione sacerdotale, come posso non vedere, come San Giovanni Paolo II, che essa "pulsa nel Cenacolo di Gerusalemme"? È dal Cenacolo, durante l'ultima cena di Gesù con i suoi discepoli, "la notte in cui fu tradito" (1 Cor 11,23), "l'immensa notte delle origini", e da questa prima celebrazione eucaristica, che sgorga la linfa che alimenta ogni vocazione: quella degli apostoli e dei loro successori, e quella di tutti gli uomini. La mia vocazione sacerdotale e quella di tutti i sacerdoti si trova nella prima Eucaristia. Ma sono anche stato scelto, chiamato a servire Dio e la Chiesa, fin dal grembo di mia madre. Ad ogni mia Eucaristia quotidiana sento risuonare nel mio cuore le parole che Gesù rivolse agli apostoli nel giorno memorabile della lavanda dei piedi, dell'istituzione del sacerdozio e dell'Eucaristia, come se le rivolgesse anche a me: "Capite quello che ho fatto per voi? Voi mi chiamate Maestro e Signore, e avete ragione, perché lo sono. Se infatti io, che sono il Signore e il Maestro, vi ho lavato i piedi, anche voi dovete lavarvi i piedi gli uni gli altri" (Gv 13,12-15). Sono sicuro che quella sera Gesù pensava anche a me e aveva già posato la sua mano sul mio capo.

Fu nel contesto dell'Eucaristia quotidiana che padre Bracquemond, scoprendo il mio ardente desiderio di conoscere Dio e forse colpito dal mio amore per la preghiera e dalla mia fedeltà alla Messa quotidiana, mi chiese se volevo entrare in seminario. Con la sorpresa e la spontaneità che caratterizzano i bambini, risposi che mi sarebbe piaciuto, anche se senza sapere esattamente a cosa mi stavo impegnando, perché non avevo mai lasciato il villaggio e non avevo mai conosciuto la vita di un seminario?

Mi spiegò che si trattava di una casa sostenuta dalla preghiera e dall'amore di tutta la Chiesa. Questo luogo, mi disse, avrebbe preparato me e altri giovani a diventare sacerdoti come lui. Con questa semplice spiegazione, la gioia di diventare un giorno sacerdote riempì ancora di più il mio cuore di ammirazione e di "follia".

Padre Bracquemond mi disse di parlare con i miei genitori, Alexandre e Claire, che conosceva bene.

Andai prima da mia madre per dirle che sarei potuto entrare in seminario. Lei non sapeva cosa fosse un seminario, ma era curiosa di sapere cosa motivasse il mio desiderio. Le spiegai che volevo entrare in una scuola speciale che mi avrebbe preparato a diventare sacerdote e a consacrarmi a Dio, come i padri spirituali... Mia madre, con gli occhi spalancati, mi disse che avevo perso la testa o che non avevo capito quello che mi aveva detto mio padre. Per lei e per gli abitanti del villaggio, tutti i sacerdoti erano necessariamente bianchi. In effetti, le sembrava impossibile che un uomo di colore potesse essere un sacerdote! Era quindi evidente che aveva frainteso le parole di padre Marcel Bracquemond. E mi consigliò di parlare con mio padre, convinta che gli avessi raccontato una storia stupida e senza via d'uscita.

Cercai di dirgli che era stato padre Bracquemond a suggerirmelo: sì, potevo essere come lui. Con un sorriso pieno di tenerezza e di ironia, il Padre mi strinse a sé come per consolarmi del suo scetticismo: era convinto di averlo solo sognato la notte precedente! Anche a lui la mia aspirazione sembrava impossibile: un nero non può essere sacerdote nella Chiesa cattolica. Un'idea così folle poteva nascere solo dalla mia ingenuità infantile. Ma io insistetti, assicurando loro che erano proprio le parole di padre Bracquemond... Decisero allora di andare da lui per verificare la veridicità della notizia. Padre Bracquemond confermò che non era una bugia, che era stato lui a suggerirmi l'idea: diventare sacerdote, ma non prima di essere entrato nel seminario minore per essere formato! I miei genitori caddero letteralmente all'indietro. Quella sera, al chiaro di luna, mi proposero di partire per un anno, chiarendo che non avevano idea di quanti anni di studio richiedesse il seminario?

Avevo undici anni e avevo appena ottenuto la licenza elementare. A quel tempo, i seminaristi guineani dovevano essere formati in Costa d'Avorio. Ero emozionato, felice, orgoglioso e totalmente ignaro della vita che mi aspettava al seminario di Sant'Agostino di Bingerville.

Quando lasciai i miei genitori, sentii che il corso del tempo stava cambiando. Ero consapevole che i miei legami con Ourous si sarebbero gradualmente interrotti e che ne sarebbero nati di nuovi tra il Signore e me, che non possedevo altro che un piccolo cuore innamorato di Lui. Ero figlio unico e capivo l'immenso sacrificio che significava per loro. Con le loro mani mi fecero una piccola valigia e ci misero dentro due o tre paia di pantaloni e qualche camicia: niente di più. I padri spiritani mi hanno aiutato a organizzare il viaggio e uno di loro mi ha accompagnato a Labé, una cittadina a 250 chilometri da Ourous, per prendere un furgone che mi avrebbe portato a Conakri. Ho avuto la fortuna di fare il viaggio con un altro seminarista, Alphonse Sara Tylé, che era già stato a Bingerville per qualche tempo. È stato un compagno molto caro e un grande conforto per me all'inizio di quella straordinaria avventura.

Non avevo mai lasciato il villaggio. A parte gli abitanti di Ourous, non conoscevo assolutamente nessuno. A Conakri mi sentivo perso. Tuttavia, la gioia di entrare in seminario e l'incoraggiamento ricevuto da Alphonse, più anziano di me, continuavano a trascinarmi sulla strada che ci portava a Dio. Mi dicevo che, se lui era partito e ora stava tornando, l'esperienza non poteva che essere arricchente. Ci imbarcammo su una grande nave, la Foucault, per un viaggio di quattro giorni che si concluse ad Abidjan, dopo aver costeggiato le isole Loos e le coste della Sierra Leone e della Liberia. Non sapendo nuotare, sono rimasto molto sorpreso nel vedere una macchina carica di merci e passeggeri che "camminava" sull'acqua: che scoperta! C'erano molti viaggiatori e molti bagagli e c'era un gran viavai. Mi imbarcai con una dozzina di seminaristi guineani di cui non ho mai dimenticato i nomi: Adrien Tambassa, Pascal Lys, Maximin Bangoura, Richard Bangoura, Camille Camara, Alphonse Sara Tylé, Joseph Mamidou, Yves Da Costa e Jean-Marie Turé. Io ero il più giovane... Abbiamo fatto il viaggio nella stiva, dove faceva un caldo soffocante. Non potevamo nemmeno mangiare. L'odore dei motori e della cucina ci dava la nausea: il poco cibo grasso che riuscivamo a mangiare veniva subito usato per ingrassare i pesci. Il nostro stomaco non conteneva nulla. Gli unici momenti piacevoli e meravigliosi di quei quattro giorni di viaggio furono quelli della messa, celebrata dal cappellano della nave in una cappella di prima classe. In questa atmosfera di lusso e comfort, liberi dal rumore della nave, desideravamo che la messa durasse ore e ore. Purtroppo, una volta terminata, ci aggiravamo per un po' sul ponte e poi tornavamo giù nella stiva, che era diventata un vero inferno.

Arrivammo al porto di Abidjan esausti. Un'auto ci è venuta a prendere per portarci al seminario minore di Sant'Agostino. Dopo un viaggio faticoso, è iniziata la vera avventura.

CARDINALE ROBERT SARAH


RIMBORSO

 


          Non puoi più dire, figlio mio, che la Via che percorri è difficile. Questa parola è per i miscredenti, per i traditori. Ma per coloro che già mi conoscono, come Io Sono, non devi dire che la mia Via è difficile. Ciò che ostacola questo passaggio sono le preoccupazioni del mondo, ciò che gli uomini fanno per non condividere gli uni con gli altri. Allora, coloro che sono al Mio servizio, vengono dimenticati, facendoli desistere ed entrare nel loro ritmo, senza curarsi delle Mie questioni, non sapendo che tutti, alla fine della vita, dovranno regolare i conti con Me, perché Io sono l'Unico Capo, non ce ne sono due o più.

          I debiti sulla Terra non sono come i miei in Cielo. Qui è ingiustizia. L'indulto, solo per i gangster; i piccoli vanno in galera, sui giornali. In Cielo è il contrario: al piccolo vengono condonati i debiti, per le sofferenze patite per mano dei grandi ladri. E agli usurpatori, i loro conti sono imperdonabili.

          Bento, figlio caro, chi cammina sul mio sentiero non ha nulla di cui vergognarsi. Io, Gesù, trovo sempre un modo per far sopravvivere tutti, basta non disperare, confidare in Me, perché vedo tutto ciò che accade sulla faccia della Terra. C'è sempre qualcuno che ha qualcosa in più, che ama aiutare i miei servi. Questi che hanno qualcosa in più, mi capiscono e i loro cuori sono sempre aperti a Me. L'aiuto che chiedo loro per i bisognosi lo ripago presto, perché siano più felici.

          Figlio mio, il tuo palcoscenico è incompreso da alcuni, ma in seguito sarai l'orgoglio della tua famiglia, perché sei stato scelto come il mio Messaggero più autentico, per la tua semplicità nel modo in cui tratti gli altri. Dalla tua bocca non si capisce nemmeno il prezzo del tuo servizio, mentre molti di quelli che sono al mio servizio non perdono una parola di quello che fanno. Coloro che vegliano su di voi possono considerare che anche voi siete già Miei. Quando verrà il momento di giudicare coloro che si prodigano per voi su questo Cammino, io diminuirò il loro dolore e saranno chiamati figli miei. Questo garantisco a tutti coloro che aiutano uno dei miei piccoli. La loro ricompensa li attende in Paradiso.

          Chi accumula ricchezze e non le condivide non avrà più ricompensa. La sua ricompensa è già stata pagata e il suo cuore sarà sepolto con essa (Mt 6,21). La vera felicità di una persona non sta in ciò che possiede, ma in ciò che fa il suo cuore quando si prende sempre cura dei più deboli. Questo si chiama amore e questa parola è sacra. È un dono che viene da Me e che arriva attraverso il mio Spirito Santo, che conduce la persona alla Via più bella che esista. Satana non passa per questa strada, perché la sua è solo vendetta, disprezzo e odio. È come due fili di luce: uno uccide, l'altro non fa male a nessuno. Io sono così, figlio mio Benedetto. Tutti possono toccarmi, perché Io sono dolce e affettuoso, l'altro è stupido e invidioso. La sua rabbia è che il suo cammino sta per finire. Per tormentarti, figlio mio, fa in modo che tu non abbia soldi nemmeno per comprare il necessario, ma Io, Gesù, non permetterò che si arrivi a questa fine. C'è qualcuno che ti aiuterà.

          Grazie, figlio mio. Il mio cammino, sei tu che lo aprirai per far passare Me. Sii con la mia pace.

GESÙ

02/07/1995


IL DISCERNIMENTO DEGLI SPIRITI

 


Caratteri dello spirito divino circa i movimenti o atti della volontà . 


§. I. 

93. Se tanto importa conoscere da qual principio prendano il loro nascimento le cognizioni della mente, se da Dio o dal demonio; molto più è necessario discernere da quale spirito procedano gli atti della volontà, in cui consiste ogni bene morale che adorna l'anima, ed ogni male morale che la deforma. Gli atti stessi dell'intelletto benché abbiano da sé stessi l'esser veri o l'esser falsi, l'essere però moralmente buoni o cattivi, lo desumono dalla volontà, in quanto in essi trasfonde o il balsamo della virtù o il veleno del vizio. 

Per questa ragione dice egregiamente il cardinal Bona, che dobbiamo noi penetrare con sagace accorgimento nell'intimo dei cuori per indagarne ogni affetto, ogni moto più recondito; pesarlo sulle bilance del santuario, e con la dottrina di Cristo e dei suoi santi, quasi con pietra di paragone esaminarne le qualità buone o ree (Card. Bona De discret. spirit. cap. I, num. 4.). Proseguendo dunque l'ordine intrapreso, esporrò prima i caratteri che porta seco lo spirito di Dio circa i movimenti della volontà, e poi i caratteri diametralmente opposti con i quali procede io spirito diabolico: onde gli uni posti al paragone degli altri riescano più discernibili. E questi saranno la bilancia e la pietra di paragone che metterò in mano al lettore, per fare dell'uno e dell'altro un ottimo discernimento. 


§. II 

 94. Primo carattere' dello spirito divino circa gli atti della volontà si è la pace che Iddio movendo la volontà vi lascia impressa. Questo è uno dei caratteri più propri dello spirito di Dio. Basti dire ch'egli è chiamato nelle sacre scritture per antonomasia il Dio della pace: Deus autem pacis sit cum omnibus vobis (Rom.15,33). E poco dopo: “Il Dio della pace stritolerà ben presto satana sotto i vostri piedi. La grazia del Signor nostro Gesù Cristo sia con voi” (Rom.16,20). Ed altrove: “Ciò che avete imparato, ricevuto, ascoltato e veduto in me, è quello che dovete fare. E il Dio della pace sarà con voi!” (Fil.4,9). Anzi Gesù Cristo chiama di propria bocca la pace carattere suo proprio: “Vi lascio la pace, vi do la mia pace. Non come la dà il mondo, io la do a voi. Non sia turbato il vostro cuore e non abbia timore” (Gv.14,27): vi do la mia pace, cioè quella pace intima e sincera ch'è propria solo di me, e non già quella pace fallace che il mondo dona (Gv.14,27). Aggiunge il profeta reale che parlando Iddio alle anime sante che si raccolgono interiormente nel loro cuore, dice loro parole di pace: “Ascolterò che cosa dice Dio, il Signore: egli annunzia la pace per il suo popolo, per i suoi fedeli, per chi ritorna a lui con tutto il cuore (Psalm. 84, 9): e che non discende il Signore ad abitare se non che in quei cuori, che sono pieni di pace: Factus est in pace locus ejus (Psalm. 75,3). 

95. Si osservi, che volendo l'apostolo annunziare ai popoli a cui indirizzava le sue epistole, l'abbondanza della divina grazia, unisce sempre con la grazia la pace. Così scrivendo ai Romani, dice: “grazia a voi e pace da Dio, Padre nostro, e dal Signore Gesù Cristo” (Rom.1, 7). Lo stesso annunzio fa ai Corinti, lo stesso ai Galati, agli Efesini, ai filippesi, ai Colossesi, ai Tessalonicesi, a Tito, a Filemone. Tanto è inseparabile la pace da quella grazia, per cui opera in noi lo spirito del Signore. E più chiaramente, parlando di quei preziosi frutti di cui lo spirito divino arricchisce le anime pure, dice, che uno di quelli è la pace: “Il frutto dello Spirito invece è amore, gioia, pace, pazienza, benevolenza, bontà, fedeltà, mitezza, dominio di sé” (Gal.5,22). Lo stesso afferma l'apostolo S. Giacomo, dicendo nella sua epistola cattolica che i frutti di ogni bontà hanno nella pace la loro semenza - Un frutto di giustizia viene seminato nella pace per coloro che fanno opera di pace -. (Gc.3,18). Insomma tanti sono i testi della sacra scrittura in cui si dice che Iddio operando nell'anima vi porta pace, che non può negarsi questo carattere allo spirito divino senza incorrere la nota di grande temerità. Se dunque esaminando il direttore qualche anima favorita da Dio, troverà, che dopo le comunicazioni che riceve nelle sue orazioni, le rimane impressa una pace intima, serena, sincera e stabile, avrà un gran contrassegno di esser ella visitata da quel Signore che visitando gli apostoli dopo la sua risurrezione portava loro la pace: pax vobis (Lc. 24,36. - Gv.20, 19-21). 


§. III. 

96. Il secondo carattere è l'umiltà non affettata, ma sincera. San Bernardo la definisce così: “l'umiltà è quella virtù per cui l'uomo conoscendo profondamente sé stesso, si stima da nulla» (S. Bern. De XII grad. humilit). Onde segue, ch'essa ha due parti. Una che appartiene all'intelletto, con cui conosce l'uomo con cognizione verissima, cioè bassissima, qual egli è: e di questa già parlammo nel capo sesto. L'altra, che appartiene alla volontà, con cui la persona si tratta da quella che si conosce di essere, voglio dire, si dispregia nel suo cuore; si sottopone agli altri, si confonde e si annichila nei suoi affetti, come spiega S. Bonaventura (S. Bonav. De profectu religiosor. lib. 2, cap. 29.). 

Or di questa diciamo, ch'è uno de' più chiari caratteri con cui si palesa lo spirito divino, perché Iddio si è già dichiarato in Isaia, che riguarda con occhio di amore tutti quelli che sono poveri ed umili di cuore, e pieni di timor santo è riverenziale – “Su chi volgerò lo sguardo? Sull'umile e su chi ha lo spirito contrito e su chi teme la mia parola” (Is.66,2) che abita negli spiriti umili e nei cuori dimessi e contriti, e che loro dà vita:  

“ In un luogo eccelso e santo io dimoro, ma sono anche con gli oppressi e gli umiliati, per ravvivare lo spirito degli umili e rianimare il cuore degli oppressi”. (Is.57,15). Finalmente il Redentore stesso ci assicura che l'eterno Padre comunica i suoi segreti solo a quelli che si fanno piccoli, che si abbassano e si sottomettono a tutti ne' loro cuori: «Ti benedico, o Padre, Signore del cielo e della terra, perché hai tenuto nascoste queste cose ai sapienti e agli intelligenti e le hai rivelate ai piccoli” (Mt. 11,25). 

 97. S. Bernardo parlando di sé stesso, dice così: se vedrò aprirsi il cielo, e dilatare sopra di me il suo seno, e discendere una pioggia di soavissime meditazioni: se mi sentirò aprire la mente ad una intelligenza saporosa delle sacre scritture, e per infuso celeste lume sentirò rivelarmi gli arcani più reconditi dei divini misteri, crederò che sia meco lo sposo divino, venuto a visitarmi, e ad arricchirmi con sì preziosi doni (S. Bern. Serm. 69. super cant.). Indi soggiunge al nostro proposito: se poi di vantaggio sentirò infondermi nell'intimo dello spirito una divozione umile che generi in me odio e dispregio di ogni vanità, di modo che né le alte intelligenze mi gonfino, né l'abbondanza delle visite celesti m'innalzi: allora sì sono sicuro, che è meco il divin Padre, e che mi tratta con amore paterno, instillandomi spirito di umiltà (Ibid.). E qui si noti, che il santo in mezzo alle sue rivelazioni, intelligenze, ed altissime contemplazioni non si teneva sicuro, se non le vedeva accompagnate, e quasi suggellate col carattere di una profonda umiltà. 

 98. All'autorità di un santo padre aggiungo l'esperienza di una serafina. Santa Teresa confessa di sé, che Iddio non le fece mai favore segnalato, se non quando stava annichilandosi alla vista delle proprie miserie; e ch'egli stesso le suggeriva materia di maggiore umiliazione, acciocché più profondamente si annientasse nella cognizione di sé. Su questa sua esperienza fonda la santa questa massima di spirito: che Iddio tanto più opera nelle anime, specialmente in tempo di orazione, quanto le scorge, con l'umiltà più disposte a ricevere le sue grazie: «Quello che ho io conosciuto ed inteso è, che tutta questa fabbrica dell'orazione va fondata in umiltà; e che quanto più s'abbassa un'anima nell'orazione, tanto più Dio l'innalza. Non mi ricordo, che m'abbia il Signore fatto grazia molto segnalata di quelle che dirò appresso, che non sia stata, mentre stavo annichilandomi, e confondendomi in vedermi tanto miserabile, e cattiva: e procurava anco sua Maestà darmi ad intendere cose per aiutarmi a conoscermi, che io non l'avrei saputo immaginare (Vita di S. Teresa - scritta da lei stessa - cap. 22.). Tanto è vero, che non v'è carattere più chiaro e più sicuro dello spirito divino, quanto una vera umiltà per cui la persona si stimi indegna dei divini favori; essendone priva, non li desideri; ricevendoli si confonda e si meravigli come Iddio a lei li comparta; ne tema; li nasconda; e solo li palesi al direttore, costretta dal timore di essere illusa. 

 99. Ebbe dunque ragione il dotto e mistico Gersone di assicurare i direttori con grande asseveranza, che non dubitino di qualunque operazione, la quale sia preceduta, accompagnata e seguita dall'umiltà, senza mescolamento di alcun contrario; perché è certo, che proviene da Spirito buono ed ha Iddio per autore (Gers. Tract.de distinct. Ver. vision. sign. 4). Sentimento non diverso da quello dell'abate Antioco che dà la santa umiltà per segno, non già congetturale o probabile, ma evidente, che Iddio abita in quel cuore in cui essa risiede (Abb. Antioch. Hom. 102). 

 100. Per non sbagliare però in cosa di tanto rilievo, si avverta bene a ciò che dissi fin dal principio che l'umiltà acciocché sia carattere di vero spirito, non dev’essere affettata, ma sincera. Umiltà affettata si è, il dire di sé cose vili ed abiette, ma non sentirle nel cuore. Umiltà sincera si è, sentir di sé bassamente, e secondo quel sentimento sottoporsi schiettamente nel suo animo a tutti; dispregiarsi nel suo cuore, e soffrire con pace di essere dagli altri dispregiato: se poi giungesse la persona ad amare i disprezzi ed a riceverli con piacere, sarebbe giunta a possedere in grado eroico questa virtù. Umiltà affettata si è il non voler conoscere i doni di Dio e chiudersi appostatamente gli occhi per non vederli. Umiltà sincera si è il conoscere i benefici e favori che Iddio ci comparte, ma attribuirli a lui solo, e dargliene tutta la gloria senza che ci si attacchi punto di compiacenza o di vanità; anzi a vista del nostro demerito cavare dai doni stessi di Dio conosciuti, affetti di confusione. Dice l’apostolo, che è proprietà dello spirito umile di Dio farci conoscere i doni che riceviamo dalla sua mano benefica. “Ora, noi non abbiamo ricevuto lo spirito del mondo, ma lo Spirito di Dio per conoscere tutto ciò che Dio ci ha donato” (1Cor 2, 12). Altrimenti rimanendo noi in un'affettata ignoranza o dimenticanza dei divini favori, come potremmo essergliene grati? come dargliene le dovute lodi? come accenderci in corrispondenza di amore? Come muoverci a confidenza nella sua bontà? Dunque, conclude S. Agostino con queste belle parole, conosci che i doni li hai da Dio, che nulla hai da te; acciocché non sii o superbo per vanità, o ingrato per dimenticanza (S. Aug. In psal. 85).  

 101. Concludo con un insegnamento di S. Teresa in cui si contiene tutto il sugo di questa dottrina. La santa, parlando dell'anima favorita da Dio col dono della perfetta contemplazione, dice così: «Non si curi di certe sorti di umiltà, che si ritrovano, delle quali penso trattare appresso; parendo ad alcuno umiltà, non attendere, che il Signore va facendo grazie e dando doni. Intendiamo bene, come la cosa passa, cioè che queste grazie Dio ce le fa senz'alcun merito nostro e però dimostriamoci grati a sua Maestà, perché se non conosciamo di ricevere, non ci desteremo mai ad amare; ed è cosa certissima, che quanto più ci vediamo esser ricchi, non mancando però di conoscere che siamo pure poveri, tanto più giovamento ci viene, ed anche più vera umiltà: altrimenti è un invilirsi ed un perdimento di animo, se parendoci che non siamo capaci di beni grandi, principiando il Signore a darceli, cominciamo noi ad atterrirci col timore di vanagloria (Vita di S. Teresa scritta da lei stessa, cap. 10.). 

Se dunque il direttore troverà umiltà sincera e profonda nell'orazione del suo penitente, non ne tema, ancorché sia elevatissima; e molto meno ne tema, se la scorgerà in ogni sua azione; essendo questa virtù la divisa più propria dello spirito di Dio. 

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(1) Vita di S. Teresa (scritta da lei stessa) cap. 10. 


§. IV. 

 102. Il terzo carattere si è una ferma fiducia in Dio, ma appoggiata ad un santo timore di sé stesso. Quanto sia propria dello spirito buono la fiducia in Dio, evidentemente si deduce dall'avere Iddio posta in lei principalmente la forza e l'efficacia delle nostre orazioni: sicché quell’orazione sola sia potente ad espugnare il suo cuore, a strappargli di mano ogni favore, che è fatta con speranza e con fede. Egli stesso si è di ciò più volte dichiarato nelle sacre carte. Difatti in S. Matteo ci dice Gesù Cristo che tutto ciò che chiederemo con fiducia nell'orazione, lo riceveremo infallibilmente: E tutto quello che chiederete con fede nella preghiera, lo otterrete» (Mt 21,22). In San Marco ci assicura che non vi è cosa che non sia possibile ad ottenersi da chi può sperare con viva fede: «Se tu puoi! Tutto è possibile per chi crede» (Mc 9, 22). E poi giunge fino a questa espressione: se avrete tanto di fiducia, quanto un grano di senapa, potrete operare strepitosi prodigi, fino a trasferire i monti da un luogo all'altro: “se avrete fede pari a un granellino di senapa, potrete dire a questo monte: spostati da qui a là, ed esso si sposterà, e niente vi sarà impossibile (Mt 17,19). Simili dichiarazioni fece Iddio a favore di questa santa fiducia nel vecchio testamento: come in Daniele. dicendo: che non sono mai rimasti delusi nelle loro speranze, né mai confusi quelli che hanno confidato in lui: “non c'è confusione per coloro che confidano in te” ( Dn.3,40); e nei salmi, assicurandoci che basta sperare in lui, per esser libero da ogni male: Lo salverò, perché a me si è affidato; lo esalterò, perché ha conosciuto il mio nome” (Ps. 90,142): ed in mille almi luoghi che troppo lungo sarebbe il volerli tutti riferire. Solo voglio osservare, che il Redentore per autenticare questa fede, e per imprimerla altamente nel cuore dei fedeli, facendo grazie miracolose in tempo della sua predicazione, d'ordinario le attribuiva alla fiducia di chi ricevevale. Così, volendo risanare una donna dal flusso di sangue, le disse: «Coraggio, figliola, la tua fede ti ha guarita» (Mt. 9, 22). Volendo rendere la vista a due ciechi, disse, loro: «Credete voi che io possa fare questo?». Gli risposero: «Sì, o Signore!». Allora toccò loro gli occhi e disse: «Sia fatto a voi secondo la vostra fede» (Mt. 9, 28-29). Volendo dar la salute ad un paralitico, prima l’esortò a concepirne ferma fiducia. Gesù, vista la loro fede, disse al paralitico: «Coraggio, figliolo, ti sono rimessi i tuoi peccati» (Mt. 9,2). Liberando la figliuola della molto afflitta Cananea dalla invasione dei demoni ne attribuì la liberazione alla fiducia della sua madre: «Donna, davvero grande è la tua fede! Ti sia fatto come desideri». E da quell'istante sua figlia fu guarita (Mt. 15,28). Sanando il servo del centurione, alla fiducia del suo padrone diede tutta la gloria di quella guarigione: «In verità vi dico, presso nessuno in Israele ho trovato una fede così grande. - «Va', e sia fatto secondo la tua fede». (Mt. 8, 10-13). Aprendo gli occhi ad un altro cieco, dissegli, che dalla sua fiducia era stato sanato.   

(Mt 10, 52). Lascio altri simili avvenimenti, in cui manifestamente si scorge la grande stima che Iddio fa di questa fede: onde pare, che da essa sola egli si lasci vincere a compartire qualunque grazia, e fino a dispensare dalle leggi più strette ed inalterabili della natura. 

Ma se piace tanto a Dio vedere una tal fiducia ferma, e fissa nel cuore dei fedeli, converrà dire, ch'essa sia tutta conforme allo spirito di lui, anzi che non si possa da altri che da lui istillare nei nostri cuori un affetto cotanto a lui gradito. E però se il direttore la rinvenga nelle opere, e specialmente nelle orazioni dei suoi discepoli, potrà giustamente decidere. ch'essi siano internamente mossi dallo spirito del Signore. 

 103. Si avverta però, che questa confidenza in Dio dev'essere accompagnata da un santo timore di sé stesso; altrimenti non sarà retta, ma vana, e forse ardimentosa. Anche i peccatori confidano in Dio, e vanno seco stessi vanamente dicendo: eh, che Dio è buono e misericordioso: non v'è che temere di lui: proseguiamo a peccare. Il che è appunto quella confidenza stolta di cui parla il savio nei proverbi (Prov.14, 16): l'uomo stolto confida, passa avanti, e segue a peccare. La confidenza santa è solo in quelli che sperando in Dio, temono di sé stessi e diffidano delle loro forze. Se mirano la propria debolezza, entrano in un giusto timore: se guardano la bontà di Dio e le sue promesse, prendono gran coraggio; così accoppiando con bell'innesto una viva fiducia con un santo timore, corrono sicuri l'attingo della cristiana perfezione; come appunto corre sicura al bramato lido la nave se dalla zavorra sia tenuta bassa dentro le acque, e da vento propizio sia sospinta. Abbia dunque il direttore particolare avvertenza che nei suoi penitenti non vadano mai disgiunti questi due santi affetti: diffidenza o timore di sé, e confidenza in Dio. Perché il timore senza la speranza traligna in pusillanimità; la speranza senza il timore degenera in presunzione ed in arditezza. Dovechè uniti insieme questi due affetti conducono l'anima con sicurezza al porto della beata eternità; e però sono uno dei più belli caratteri dello spirito divino. 


§. V. 

 104. Il quarto carattere si è una volontà pieghevole. Dissi nel capo sesto ch'è segno di buono spirito un intelletto docile. Qui vi aggiungo una volontà flessibile; perché non basta per la prova di uno spirito retto, che si arrenda a credere, se la volontà non si piega ad operare secondo i dettami di una retta credenza. Questa flessibilità primieramente consiste in una certa prontezza di volontà in arrendersi alle inspirazioni ed alle chiamate di Dio: virtù propria de' veri seguaci di Cristo, come disse egli stesso, chiamandoli di propria bocca: Docibiles Dei (Gv.6,45). Dice S. Agostino, che quando il divino Padre internamente ci istruisce, e con la sua grazia ci stimola a seguir le orme del suo Figliuolo, muta il cuore di pietra in cuore di carne, cioè, lo rende pieghevole; ed in questo modo forma de' suoi predestinati vasi di misericordia (S. Aug. De praedest. sanctor. cap. 8). 

 105. Secondariamente consiste in una certa facilità in eseguire gli altrui consigli, massime se siano proposti da' superiori che stanno in luogo di Dio, e rappresentano la sua persona. La ragione di questo è manifesta: perché avendoci Iddio comandato nelle sacre carte, che obbediamo alla voce de' nostri superiori, come alla sua: Qui vos audit, me audit (Lc. 10,16); e che prestiamo loro una tale obbedienza, ancorché siano superiori temporali: Schiavi, obbedite ai vostri padroni secondo la carne con timore e tremore, con semplicità di spirito, come a Cristo (Ef.6,5); ed ancorché siano di costumi perversi: «Sulla cattedra di Mosè si sono seduti gli scribi e i farisei…Quanto vi dicono, fatelo e osservatelo, ma non fate secondo le loro opere, perché dicono e non fanno (Mt. 23,23): ne segue, che entrando Iddio ad operare in un'anima con i suoi celesti lumi e sante mozioni, vi debba imprimere una certa pastosità, per cui la renda pieghevole all'obbedienza di chi presiede, e facile ad eseguire i comandi o consigli di lui. Tanto più che avendo egli stesso amato questa virtù fino a soggettarsi per amore di essa alla morte infame e dolorosa di croce:  

“umiliò sé stesso facendosi obbediente fino alla morte e alla morte di croce” (Fil.2,8); non può non imprimere un simile istinto in quelle volontà che prende a governare colle sue divine inspirazioni. Né osta, che i superiori siano talvolta o ignoranti, o appassionati, o indiscreti; perché (come nota bene S. Giovanni Climaco) (S. Joan. Climac. Scala parad. Grad. 26, (post scalia) de discreta discretione.) si appartiene alla divina Provvidenza supplire in ciò che manca ai suoi ministri, qualunque volta non manchino i sudditi in prestar loro la debita soggezione. 

 106. Da questa santa flessibilità ne risulta nell'anima una certa santa propensione in aprire ai superiori spirituali tutt'i segreti del proprio cuore, ed una certa umile soggezione, per cui non solo ella eseguisce i loro ordini, ma teme d'intraprendere senza il loro consiglio alcuna notabile operazione: il che è appunto una massima di spirito, che tanto inculca Cassiano alle persone devote (Cassian. Coll. 2, cap. 10). 

Se dunque troverà il direttore ne' suoi discepoli questa volontà pieghevole alle chiamate di Dio ed alla voce di chi sta in luogo di Dio, con una certa apertura sincera, si rallegri molto nel suo cuore; perché si è imbattuto in un gran fondo di buono spirito, in cui potrà prestamente, e senza molta sua fatica piantarvi ogni virtù. 


§. VI. 

107. Il quinto carattere si è la rettitudine d'intenzione nell'operare. Iddio non muove mai, né può muovere alcuno ad operare, se non per fini che riguardano la sua gloria: perché Iddio, dice il Savio, in tutte le opere che fa fuori di sé, ha per fine sé stesso: “Il Signore ha fatto tutto per un fine, anche l'empio per il giorno della sventura” (Prov.16,4). Inoltre, è troppo chiaro l’insegnamento di Cristo, che tali sono le nostre operazioni, quali sono i fini che ci prefiggiamo in mandarle alla luce. Se l'occhio della tua intenzione dice il Redentore, sarà semplice, o puro, rimirando Iddio solo, i tuoi atti saranno splendidi, luminosi e divini: se poi l’occhio della tua intenzione sarà impuro, riguardando fini perversi, o pure difettosi; le tue azioni saranno tenebrose ed oscure: “La lucerna del corpo è l'occhio; se dunque il tuo occhio è chiaro, tutto il tuo corpo sarà nella luce; ma se il tuo occhio è malato, tutto il tuo corpo sarà tenebroso. Se dunque la luce che è in te è tenebra, quanto grande sarà la tenebra!” (Mt 6, 22-23). Ed a questo volle alludere il profeta reale allorché disse: “La figlia del re è tutta splendore, gemme e tessuto d'oro è il suo vestito” (Psalm.44,14); che tutta la bellezza di un'anima deve assumersi dall'interno, cioè dai fini dai quali internamente si muove: giacché da questi prendono tutti gli altri suoi interiori ed esteriori o l'essere divini o l’essere diabolici. Avverta il direttore, che questo è un carattere principalissimo per il discernimento degli spiriti: perché una stessa opera a çagione dei diversi fini, muta natura: se sia fatta per vanità, è mondana; se sia fatta per diletto, è carnale; se sia latta per fini torbidi ed inquieti, è diabolica; se sia fatta per Iddio è divina. Quindi si inferisca che se una persona cerca abitualmente nelle sue azioni Iddio solo, brami solamente il suo gusto, il suo piacere e la sua gloria, porta sempre in fronte un gran carattere di Spirito buono.  


§. VII 

108, Sesto carattere si è la pazienza in quelle cose che ci tormentano nelle membra del corpo, come i dolori, le pene e le infermità; ed in quelle che ci toccano sull’onore, come le persecuzioni, le calunnie e i dispregi, ed anche in quelle che ci affliggono con la perdita della roba e dei parenti, degli amici e di ciò che ci è più caro. Certo è che il sopportare questi travagli con pace e molto più il bramarli con ardore è un gran contrassegno di buono Spirito, secondo il detto dell’apostolo san Giacomo, che la pazienza è una operazione perfetta: “E la pazienza completi l'opera sua in voi, perché siate perfetti e integri, senza mancare di nulla” (Gc.1,4); e secondo l’altro insegnamento dell'apostolo che la pazienza ci è necessaria per l’acquisto dell’eterna salute: “Avete solo bisogno di costanza, perché dopo aver fatto la volontà di Dio possiate raggiungere la promessa” (Eb.10,36) E se brama il direttore saperne la ragione, eccola in pronto. La pazienza (se non sia una simulazione dei risentimenti del cuore ed una mera apparenza di virtù, ma virtù vera, radicata nell’intimo dell’anima non può nascere dallo spirito mondano che ama l'onore e non può soffrire gli oltraggi; né dallo spirito carnale, che ama il corpo e non può sopportarne le pene; né dallo spirito diabolico, che ci instilla sempre l'attacco ai beni terreni, e per conseguenza l'insofferenza di ogni loro mancanza: né dallo spirito umano, che collegato con l’amor proprio (se pur non è lo stesso amor proprio) sempre si risente all'arrivo di quelle cose che son contrarie alla natura. Dunque, resta, che non possa da altri provenire che dallo spirito divino, Aggiungo a questo proposito. che è anche gran carattere di spirito retto e divino la pazienza, la rassegnazione e la conformità al divino volere nelle aridità, nelle desolazioni, nelle tenebre e nelle tentazioni, parlando anche di quelle straordinarie, che Iddio suole permettere a certe anime che vuol portare all'alto della perfezione: perché le inquietudini, le turbazioni e le impazienze che nascono da questi travagli interni, hanno origine dall'attacco che l'anima ha preso a certe comunicazioni soavi, e ad una certa pace sensibile da lei sperimentata per il passato: né questo attacco va separato dall'amor proprio confederato con lo spirito umano che cerca sempre ciò che piace a lui, e non quel che piace a Dio, né giova addurre per scusa di queste inquietudini ed intolleranze interne, il sembrare all'anima di essere abbandonata da Dio di cui non sente più la presenza; perché Iddio, quanto è da sé, tra le desolazioni non abbandona mai l'anima: solo le toglie certe sensibilità dilettevoli a fine di renderla, con la conformità e con la pazienza, più forte nello spirito, e più robusta. Onde non può dubitarsi, che una tolleranza quieta e pacifica in mezzo ai travagli delle aridità sia carattere di buono spirito, tanto più che Iddio stesso ci esorta ad averla, dicendo a queste anime desolate: “Spera nel Signore, sii forte, si rinfranchi il tuo cuore e spera nel Signore” (Psalm.26,14). 

 109. San Cipriano con molte belle parità dimostra, che lo spirito sodo e robusto del cristiano non si prova, se non che nella tolleranza dei travagli. Un pilota, dice egli, non si conosce quando il cielo è sereno ed il mare giace in placida calma, ma quando il cielo ed il mare è tutto posto in tempesta. Un soldato non mostra il suo valore quando sotto le tende vanta vittorie, ma quando in campo aperto combatte tra mille spade nemiche. Il gloriarsi fuori delle contrarietà e dei contrasti, è vanto di persona delicata: le sole avversità sostenute coraggiosamente sono la prova della vera virtù (S. Cyprian.De mortalit.). Un albero, segue a dire il santo, che sia profondamente radicato nel suolo, non si muove alle scosse dei venti: una nave che sia fortemente compaginata e ben corredata, non si apre all'urto delle procelle. Così una virtù ben formata dalla divina grazia ed altamente radicata nell'anima, non si smuove ai venti delle tribolazioni; non si scioglie in impazienze, né dà in debolezze tra le tempeste delle persecuzioni. Ventilandosi il grano nell'aia, la paglia è trasportata da ogni ama leggiera, ma non già gli acini di grano che hanno sostanza, peso e consistenza. Così al soffiar de' venti de' travagli, siano interiori o esteriori, si conosce chi nell'aia del Signore è paglia leggiera, o grano eletto. Finalmente conclude con l’esempio di S. Paolo, il quale. dopo i naufragi, dopo le flagellazioni, dopo tanti e sì gravi tormenti ed afflizioni, non diceva di essere stato vessato, ma perfezionato dalle avversità; e confessava che quanto erano maggiori le sue afflizioni, tanto più veraci erano le prove del suo spirito (Ibid). 

 110. Ma Tertulliano passa più avanti: ed arriva a dire che agli stessi feriti la sola pazienza straordinarissima del Redentore. non veduta mai in altro uomo, con cui egli soffriva intrepidamente tanti oltraggi, tante contumelie, e tante pene, poteva bastare per intendere, che non era un puro uomo, ma un uomo Dio (Tertull. Lib. de Patient. cap. 3). Ma se la pazienza ch'era in Cristo, poteva bastare per intendere, che egli era Dio; la pazienza ch'è in quelli che l’imitano nel patire potrà anche bastare per conoscere che in essi è il vero spirito di Dio. 

 111. Avverta però il direttore, che questa pazienza non in tutti si trova allo stesso grado di perfezione. I principianti al primo incontro di dette tribolazioni sogliono sentirle al vivo. I proficienti, che hanno le p assioni più domate e l’amor proprio più mortificato, le sentono meno: ma pure e gli uni e gli altri si soggettano al divino volere, e si adattano alla loro croce. I perfetti però che hanno già trionfato delle loro inclinazioni scorrette, vanno loro incontro con allegrezza, e le abbracciano con amore e con gaudio; come gli apostoli che ritornavano con giubilo dal concilio, in cui avevano ricevuto contumelie ed onte: “Ma essi se ne andarono dal sinedrio lieti di essere stati oltraggiati per amore del nome di Gesù” (At. 5,41). In qualunque grado però si possegga questa virtù, sempre è dono di Dio che con la sua grazia la produce nelle nostre anime. 


§ - VIII. 

 112. Il settimo carattere si è la mortificazione volontaria del proprio interno. Non si può mettere in dubbio che questo sia un bel carattere dello spirito divino, perché ce l'ha detto il Redentore di propria bocca: «Se qualcuno vuol venire dietro a me rinneghi se stesso, prenda la sua croce e mi segua (Mt. 16,24): ecco la divisa dei seguaci di Cristo che hanno lo spirito di Cristo: annegare sé stessi, contraddire alle proprie voglie. abbattere le proprie passioni, “il regno dei cieli soffre violenza e i violenti se ne impadroniscono” (Mt. 11, 12): quali sono i generosi soldati del Redentore che conquistano il suo celeste regno? I mortificati che fanno forza, che fan violenza a sé stessi. “In verità, in verità vi dico: se il chicco di grano caduto in terra non muore, rimane solo; se invece muore, produce molto frutto (Gv.12, 24-25): 

acciocché un grano di frumento produca frutto, bisogna che muoia sepolto in terra; così, acciocché produca l'uomo frutti di vita eterna, conviene che muoia a sé stesso con l’esercizio di una indefessa mortificazione. 

 113. E qui vanno a ferire le par ole che seguono: “Chi ama la sua vita la perde e chi odia la sua vita in questo mondo la conserverà per la vita eterna” (Gv.12,25). Né vuol già significare con questo il divino Maestro, che per odio a noi stessi abbiamo a darci morte con le proprie mani; ma bensì che abbiamo a dar morte ai nostri malnati appetiti ed alle nostre prave inclinazioni, facendo loro guerra con una incessante abnegazione. Questo, come nota bene S. Giovanni Crisostomo, è propriamente odiar sé stesso: perché, siccome non possiamo mirare il volto, e né pure udir la voce di quelli che odiano a morte, ma rivolgiamo da essi dispettosamente lo sguardo; così odiando noi stessi, dobbiamo con violenza rivolgere l'animo mal inclinato da quelle cose che non piacciono a Dio: il che è lo stesso che mortificarlo potentemente (S. Io. Crysos. In Joan. homo 67 in edit. Maur., al. 66). 

114. Quindi inferisce divinamente Cornelio A-Lapide, che l'abnegazione di sé stesso è la  base ed il fondamento su cui si appoggia tutta la fabbrica della vita cristiana: questa è la radice da cui pullula ogni virtù: questa è la fonte da cui scaturisce ogni perfezione: E però chi brama di venir perfetto nella scuola di Cristo, questa dottrina di mortificazione continua deve aver sempre avanti gli occhi, e con questa regolare le sue azioni; ed in tal modo diverrà vero discepolo, ed imitatore fedele del Redentore (Cornel Alap. In Gv.12,25). Tanto è vero che lo spirito d'interna mortificazione è inseparabile dallo Spirito di Gesù Cristo. 

 

§. IX. 

 115. Ottavo carattere si è la sincerità, la veridicità, e la semplicità, virtù che sogliono andare unite. Iddio è la prima verità; e però non può infondere in quei cuori in cui risiede, se non che spirito di verità e di schiettezza. In oltre si è dichiarato lo stesso Dio, ch'egli parla alle persone semplici: perché il Signore ha in abominio il malvagio, mentre la sua amicizia è per i giusti (Prov.3,32): cioè illumina quelle menti che procedono semplicemente senza doppiezza, senza finzioni e senza frodi, come spiega San Gregorio (S. Gregor. Lib. pastoralis curae par. 3, admon. 12): 

E più espressamente al nostro proposito dice lo stesso santo dottore, che la sapienza de' giusti, in cui formalmente consiste lo spirito vero del Signore, ha di proprio non finger mai, ma palesare con sincerità i sentimenti del cuore: amare sempre il vero, e fuggire ogni ombra di falsità (Idem. Moral. lib. 10, cap. 16). Se però la semplicità e la schiettezza nasca non da natura, ma da virtù, come suole accadere nelle persone di mente aperta e d'indole sagace, è un gran segno di buono spirito. Onde di questi ancora può dirsi, che siano quegli uomini piccioli sugli occhi del mondo ma grandi su gli occhi di Dio, ai quali svela il Signore i suoi segreti: «Ti benedico, o Padre, Signore del cielo e della terra, perché hai tenuto nascoste queste cose ai sapienti e agli intelligenti e le hai rivelate ai piccoli” (Mt 11,25). 

 

§. X. 

116. Il nono carattere si è la libertà di spirito. Per questo non v'è bisogno di prova: perché lo dice S. Paolo a chiare note; (2Cor 3,17) ov'è la libertà dello spirito, ivi si trova lo spirito del Signore. Solo vi è bisogno di spiegare in che consista questa libertà di spirito, che da Dio solo s'ingenera nelle nostre anime. Per libertà di spirito qui intendono alcuni una certa scioltezza di coscienza, ed un certo operare libero e franco, poco conforme alle leggi della ragione e della fede: ma s'ingannano, perché questa non deve chiamarsi libertà, ma dissolutezza di spirito. Per capire cosa sia libertà di spirito, è necessario intendere cosa sia servitù di spirito: giacché questa è una virtù, che in modo speciale riceve luce dal suo contrario. Servitù dunque di Spirito altro non è che una soggezione volontaria dell'anima a qualche vizio, da cui la meschina si lasci predominare. La spiega egregiamente Sant'Ambrogio, interpretando quelle parole del salmo: “Io sono tuo: salvami, perché ho cercato il tuo volere” (Psal.118,94). Non può, dice il santo dottore, un uomo di mondo dire a Dio: Io, Signore, sono tuo; perché ha molti padroni, che lo tiranneggiano. Si fa avanti la libidine, e gli dice: tu sei io; perché brami i piaceri del senso. Viene l'avarizia, e gli dice: tu sei mio; perché l’oro e l'argento a cui vivi attaccato sono il prezzo con cui ho comprata la tua servitù. Gli si presenta avanti il lusso delle vivande e gli dice: tu sei mio; perché la sontuosità dei conviti è il prezzo, per cui a me ti desti. Viene l'ambizione. e dice: sei affatto mio: e non sai che agli altri ti ho fatto sovrastare, acciocché servissi a me? che ti ho data potestà sopra gli altri, acciocché soggiacessi al mio potere? Vengono gli altri vizi e tutti dicono: tu sei mio. Finalmente conclude il Santo: che schiavo vile, e miserabile è mai quello, che tanti lo pretendono per sé, e lo vogliono soggetto al suo dominio! (S. Ambros. In psal. 118, serm. 12).   

117. Ecco dichiarata la servitù dello spirito: ed ecco anche spiegata la libertà dello spirito: la quale consiste in esser libero dal predominio dei vizi, di cui è schiavo chi si lascia da essi signoreggiare. 

Bisogna però notare, che questa libertà di spirito non è una virtù indivisibile, ma può crescere in gradi di ulteriore perfezione. Può alcuno esser libero dai vizi, in quanto non consente ai loro movimenti: e questo non eccede l'infimo grado. Può esser liberi anche da' movimenti de' vizi e delle loro prave inclinazioni, in modo almeno che le senta di rado, le senta insorgere leggiere, e le reprima con molta facilità: e questo è un grado superiore. Può esser libero da ogni attacco alle cose terrene ed oneste: e questo è grado più alto. Può essere anche libero da ogni attacco ai doni di Dio: e questo è il più sublime grado di libertà spirituale. Chi possiede questa virtù in grado perfetto, ha l'animo libero da tutte le afflizioni, sollecitudini, ansietà; ed è sempre disposto e pronto a conformarsi, in tutto ciò che gli accade, al divino volere; poco si rallegra de' beni terreni, e poco si rattrista della loro mancanza; e se sente alcuna volta qualche moto di dispiacere, presto si tranquilla in Dio, ed entrando dentro di sé, ove le cose son ben composte, presto si rasserena. In somma di questi si verifica il detto dello Spirito Santo, che qualunque cosa accade all'uomo giusto non ha forza di contristarlo. “Al giusto non può capitare alcun danno, gli empi saranno pieni di mali” (Prov.12,21). Questi tali ricevono volentieri le consolazioni e le visite del Signore; e ne soffrono con pace la privazione. Fanno le loro oraziani, le loro comunioni, le loro penitenze, e tutti gli altri esercizi di spirito: mai lasciano con l’istessa facilità quando o la carità o la necessità o l'obbedienza lo richieda. In somma hanno rotta la catena di ogni attacco, perciò vivono liberi da ogn'imperfetta sollecitudine, in una placida calma ed in una dolce serenità. Beati quelli che giungono a questo stato; perché hanno un carattere, non solo di spirito, ma di vera santità. 

 

§. XI. 

118. Il decimo carattere si è il desiderio della Imitazione di Cristo. Questo è il più chiaro segno dello spirito divino; perché afferma S. Paolo, che uno non può avere lo spirito di Dio ed essere privo dello spirito di Gesù visto. “Voi però non siete sotto il dominio della carne, ma dello Spirito, dal momento che lo Spirito di Dio abita in voi. Se qualcuno non ha lo Spirito di Cristo, non gli appartiene” (Rom. 8,9). E la ragione l'arreca S. Anselmo, spiegando queste parole dell'apostolo; perché lo spirito di Dio non è distinto dallo spirito di Cristo, essendo uno stesso lo spirito del divino Genitore e del divino figliuolo (S. Anselm. In text. Edit. Colon. Agrip. 1612.): onde non ci può internamente muovere a cose aliene da quelle che operò e c'insegnò il nostro amabilissimo Redentore. Dunque alla imitazione delle virtù di Gesù Cristo ed alla obbedienza dei suoi insegnamenti altri incitar non ci può, che lo spirito di Dio. 


§. XII. 

119. L'undecimo carattere si è, una carità mansueta, benigna, disinteressata, quale la descrive l'apostolo: “La carità è paziente, è benigna la carità; non è invidiosa la carità, non si vanta, non si gonfia, non manca di rispetto, non cerca il suo interesse, non si adira, non tiene conto del male ricevuto” (1Cor 23, 4-5). S. Agostino fa tanto sicuro uno spirito pieno di sincera carità che arriva a dire queste parole; ama tu con amore di carità, e fa pur quel che vuoi, non errerai. Se parli, se taci, se correggi, opera il tutto con interna dilezione: non può essere che buono tutto ciò che pullula dalla radice di un’intima carità (S. A.ug. In epist. 1. Joan. tract. 7). Bella espressione è questa, ed insieme bella prova a favore di uno spirito caritatevole. Lascio altri caratteri, perché questi possono bastare al direttore per giudicare rettamente di qualunque moto interiore o esteriore dell'animo, e per decidere se abbia da Dio l'origine. 

G. BATTISTA SCARAMELLI SERVUS IESUS 

Io sono il Signore Dio tuo – Non avrai alcun Dio al di fuori di Me.

 


Gesù il vostro Salvatore

Io sono il Signore Dio tuo – Non avrai alcun Dio al di fuori di Me.
In questi ultimi tempi, sulla vostra terra si fa moltissima confusione, ma non capite, che da sempre, vi ho suggerito non avrai alcun Dio all'infuori di Me?
Un Dio in Tre Persone: il Padre – il Figlio e lo Spirito Santo. Il Padre è da sempre Colui che ha fatto dal nulla tutte le cose. Il Figlio ha dato la sua vita per la vostra salvezza, lo Spirito Santo è con ognuno di voi da sempre.
I vostri tempi terreni vanno accorciandosi sempre più e il Padre che è nei Cieli concluderà la vostra vita terrena per dare ad ognuno di voi, ciò che merita, il premio o la pena eterna.
Convertitevi figli miei prima che sia troppo tardi, le mie chiese vanno svuotandosi e i miei figli sacerdoti pregano e soffrono per tutto ciò, pensando di sbagliare nel parlare, ai miei figli, di Dio Unico e Trino.
Figlioli miei, pentitevi dei vostri comportamenti non proprio giusti e chiedete perdono al Padre Mio, fino a che siete in tempo. La Madre Mia è sempre con voi e vi custodisce essendo la migliore di tutte le madri.

Valeria Copponi

La Vita nascosta di Gesù a Nazaret ,

 


Anche dormendo Gesù diede al Padre riparazione e soddisfazione per tutte le creature: 

Stavo offrendo il mio sonno a Gesù, dicendogli: “Prendo il tuo sonno e lo faccio mio e, dormendo col tuo sonno, voglio darti il contento, come se un altro Gesù dormisse”. 

E senza farmi finire ciò che volevo dirgli, mi ha detto: “Ah, sì, figlia mia, dormi col mio sonno, affinché, guardandoti, possa specchiarmi in te e, rimirandomi, possa trovare in te tutto Me stesso. E giacché dormi col mio sonno e affinché possiamo essere d’accordo in tutto, rimirandoti tu in Me, voglio dirti perché la mia Umanità si assoggettò alla debolezza del sonno. 

Figlia mia, la creatura fu fatta da Me e come cosa mia la volevo tenere sul mio seno, nelle mie braccia, in continuo riposo. Quindi l’anima doveva riposarsi nella mia Volontà e santità, nel mio amore, nella mia bellezza, potenza, sapienza, ecc.; tutte queste cose sono atti che costituiscono il vero riposo. Ma, ahi dolore, la creatura sfugge dal mio seno e, sforzandosi per distaccarsi dalle mie braccia in cui la tengo stretta, va in cerca di veglia. Veglia sono le passioni, il peccato, gli attacchi, i piaceri; veglia sono i timori, le ansietà, le agitazioni, ecc., sicché, per quanto la rimpiango e chiamo a riposarsi in Me, non sono ascoltato. Questa era un’offesa grande, un affronto al mio amore, del quale la creatura non fa nessun conto e non si prende nessun pensiero di riparare. Ecco perché Io volli dormire, per dare al Padre soddisfazione del riposo che le anime non prendono in Lui, contraccambiandolo per tutti. E mentre riposavo, impetravo per tutti il veri riposo, facendomi Io veglia d’ogni uomo, per liberarli dalla veglia della colpa. E amo tanto questo riposo della creatura in Me, che non solo volli dormire, ma volli camminare, per darle il riposo ai piedi, operare per dare il riposo alle mani, palpitare ed amare per darle il riposo al ... Insomma, volli fare tutto, per fare che l’anima facesse tutto in Me e prendesse riposo, ed Io facessi tutto per lei, purché la tenessi al sicuro in Me”. (Vol. XI: 14-12-1916). 

 

“Brevissimo era il mio sonno, ma dormivo; e non dormivo per Me, ma per le creature. Io, come Capo, rappresentavo tutta l’umana famiglia e dovevo stendere la mia Umanità su tutti, per dar loro riposo”. (Vol. XIII: 23-12-1921). 

“Serva di Dio” Luisa Piccarreta

Sveglia i miei figli che Satana ha addormentato.

 


Messaggio ricevuto il 18 giugno 2023

Mia cara figlia scrivi, Io sono il tuo Dio, il tuo Salvatore. Sono venuto con il Mio Amore di Padre per darti un altro messaggio che viene dal Mio Sacro Cuore al tuo. Sono venuto a darti tutto ciò che è necessario per il bene delle mie anime che sono disperse e che desidero salvare dai peccati che le rendono schiave. Sì, figlia mia, sveglia i miei figli che Satana ha addormentato. Molti Mi lodano con la bocca, ma il loro cuore è lontano da Me, perché Io vedo tutto e ascolto tutto ciò che fanno e dicono. Il tempo che state aspettando è molto vicino, ma i miei figli non ascoltano ciò che sono venuto a dire. È molto difficile per Me vedere tanto disordine nella Mia casa, ma loro non lo guardano nemmeno, vogliono che appaia (giusto) per gli altri, ma non ricordano che Io sono il Primo che deve vederlo.

Così, i miei figli pensano che Io non veda tutto e che non guardi ogni piccola cosa che fanno con Me, quindi d'ora in poi le punizioni saranno più severe, perché vogliono apparire come se stessero facendo tutto correttamente. Se è così che vogliono apparire, si spaventeranno, perché mostrerò a tutti le debolezze di coloro che pretendono di essere studiati (sacerdoti). Ma non pensano che io sono lì, insieme a loro, per scrivere tutto come ho scritto sulle Tavole della Legge, tutto diventerà visibile perché possiate vedere che io sono la Luce del Mondo. Voglio che tutti vedano le cose con attenzione, come vi ho mostrato in quel momento, perché non vi servirà a nulla se non farete come vi ho comandato, perché il mio tempo sta finendo.

Fare tutto come vi ho già detto non vi costerà nulla, perché ho tutto nelle mie mani, nulla è fatto invano. Quando voglio fare qualcosa, va fatto, ma se non ascoltate quello che vi dico, sarà fatto in un altro modo. Ho il mio esercito da comandare, in modo che nulla rimanga non detto, e tutti vedranno, perché ho predisposto tutto perché tutti vedano che io sono il Signore degli eserciti. Io vi amo, ma voi dovete obbedire a Me, non a coloro che si comportano solo come se lo facessero, per fare quello che lui (il Papa) comanda.

Io sono il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo. Amen.

Maria De Jesus Coelho

CONSACRAZIONE AL PREZIOSISSIMO SANGUE DI GESÚ CRISTO

 


In considerazione della mia nullità della Tua altezza, Signore misericordioso, mi prostro ai Tuoi piedi e Ti ringrazio per tante grazie che hai concesso a me ingrata creatura, specialmente per questo che mi hai liberato col Tuo preziosissimo sangue dalla forza malefica di Satana.

In presenza della mia cara Madre Maria, del mio angelo custode, dei miei santi patroni e di tutta la corte celeste, mi consacro, o amatissimo Gesú, volontariamente e con cuore sincero al Tuo prezioso Sangue; col quale hai redento il Mondo da peccato dalla morte e dall'inferno. Ti prometto, con la Tua grazia ed assistenza di propagare e di diffondere con tutte le mie forze la devozione al Tuo preziosissimo Sangue quale prezzo della nostra redenzione; affinchè venga degnamente adorato ed onorato e glorificato il Tuo prezioso Sangue. Vorrei in questo modo riparare ogni infedeltà mia commessa contro questo prezioso Sangue d'amore ed espiare le tante sconsacrazioni che gli uomini commettono contro questo preziosissimo Sangue, prezzo della loro redenzione. O, potessi annullare i miei peccati, la mia freddezza ed i sacrilegi che hanno offeso Te, o preziosissimo Sangue! Amatissimo Gesú, vedi Ti offro, l'amore, la devozione e l'adorazione che hanno offerto la Tua santissima Madre, i Tuoi fedeli apostoli e tutti Santi al Tuo preziosissimo Sangue e Ti prego che, Tu non vorrai più pensare alla mia infedeltà e freddezza che sin d'ora ho avuto per Te e di perdonarmi tutte le offese.

Aspargime, o divino Redentore e tutti gli uomini col Tuo preziosissimo Sangue, affinchè o Amore crocifisso, Ti amiamo d'ora in poi con tutto il nostro cuore e possiamo degnamente adorare continuamente il prezzo della nostra redenzione. Amen.


IL MISTERO DEL SANGUE DI CRISTO - Perché tu possa edificare il tempio...

 


Perché tu possa edificare il tempio...

- Ti dirò di più: tu hai nel fondo dell'anima un desiderio segreto, una brama ardente, un sospiro che non ti dà tregua: tu vorresti poter edificare un magnifico tempio al tuo Dio.

Ebbene, se ti dessi tutto il materiale, tutti i mezzi ed anche il mio aiuto divino per compierlo? La sovrabbondanza dei beni spirituali, la smisurata prodigalità del mio Sangue, tutti i frutti della mia Passione sono i mezzi reali, preziosi, incalcolabili che io ti somministro perché tu possa edificare il tempio più magnifico, visibile un giorno negli splendori dell'eternità. - q. 26

  SR. M. ANTONIETTA PREVEDELLO