domenica 20 luglio 2025

Non può esserci pace nel mondo, perché molte famiglie stanno ammalandosi.

 


Vergine di Naju


Mentre ero in profonda meditazione con gli occhi chiusi davanti alla statua della Beata Vergine Maria, tutto si illuminò. Aprii gli occhi e vidi che la statua della Beata Vergine Maria era cambiata e risplendeva. Mi sentivo come se fluttuassi nell'aria e provavo una profonda unione con la Beata Vergine Maria.

LA BEATA VERGINE MARIA:

Oh, figlia mia! Guardati intorno. Questo mondo è avvolto dall'oscurità, mentre i peccati si moltiplicano. Non può esserci pace nel mondo, perché molte famiglie stanno ammalandosi. Le coppie che si sono unite per vivere una vita felice stanno diventando individui isolati, poiché non sono in grado di perdonarsi e amarsi a vicenda e stanno diventando gelose, risentite e piene di odio l'una verso l'altra. Figlia mia, guarda quanto sono gravi i problemi familiari.

Mi ha mostrato le scene di molte famiglie come quelle di un film. Solo pochi cercavano di vivere secondo la volontà del Signore. Le famiglie malate sembravano così terribili e infelici. Conflitti tra suocere e nuore, tra mariti e mogli, tra fratelli e sorelle, tra genitori e figli... I loro occhi bruciavano di odio e erano permeati di veleno. Si odiavano a vicenda, perché il loro pensiero era egocentrico. Mentre gli adulti litigavano e si ferivano a vicenda, i loro figli venivano calpestati. Le ferite davano origine ad altre ferite. Che tragedia dover continuare a vivere così! Insistere sulla parità dei diritti tra uomini e donne... non perdonarsi a vicenda... i diavoli applaudivano e ridevano in modo orribile per le divisioni e l'odio che avevano promosso. Anche coloro che credevano in Dio cadevano spesso in tentazione a causa della loro debolezza. Questo offendeva il Signore e gli causava grande dolore.

Julia:

Madre! ... Cosa posso fare?

LA MADRE BENEDETTA:

Aiutami ad aprire gli occhi. I miei occhi sono arrossati a causa dello shock provocato da ogni sorta di insulti. Asciuga le mie lacrime che scorrono ogni giorno.

Julia:

Insegnami cosa fare.

LA BEATA MADRE:

Racconta alla gente della tua famiglia. La vita che hai vissuto non è stata tua. L'ho guidata io fin da molto tempo fa. Non è stato facile scegliere una famiglia. Ti darò la forza di superare le difficoltà, poiché ti ho chiamata e ho scelto la tua famiglia in quest'epoca in cui molte famiglie sono malate e, di conseguenza, il mondo è privato della pace ed è avvolto da un'oscurità sempre più fitta. Vivi una vita consacrata piena di preghiere costanti, sacrifici, penitenza e amore.

Julia:

Come posso farlo?

LA MADRE BENEDETTA:

Non pensare di aver vissuto una vita scelta grazie alla tua perseveranza... Ho pianificato e preparato la tua vita e tu hai acconsentito a viverla di conseguenza. Quindi, fai come hai promesso. Addio. An-nyoung! (“An-nyoung” è una forma abbreviata dell'equivalente coreano di “Arrivederci”. È normalmente usato tra amici e da chiunque si rivolga a una persona più giovane in modo amichevole).

Julia:

Madre! Ti prego, dimmi di più.

Ho continuato a chiedere, ma lei non ha detto altro.

13 marzo 1987

DELL'APPARIZIONE DELLA S. CROCE NEL CIELO

 


DELL'APPARIZIONE DELLA S. CROCE NEL CIELO


Lettera di suor MARIA LUIGIA TERESA AURELIA, Priora delle Monache Benedettine in Narni, alla M.to Rev. Madre Suor TERESA AURELIA di San Giuseppe, Carmelitana scalza nel monastero di Santa Teresa in Terni. 


Mia dilett. Madre, e consorella Cariss. in G. C. 

22 Marzo 1848. 

Sono molti giorni che guardo il letto e la camera per certi mali che girano qui in Narni, ma io non ne fo conto, perchè sono grazie di Dio sempre benedetto. Per appagare il di Lei desiderio, e quello dei santi suoi Religiosi, risponderò in questo foglio con tutta sincerità a quanto desiderano sapere sulla nota croce, che non comprendo come da poco in qua si sia conosciuta, non parlandone noi per niente, e qui da niuno se ne sa cosa alcuna, e non si richiede; ma sono tante le ricerche da parti lontane, anche fuori di Stato che di più di 300 che ne avevo, ora poche ne restano. Dio sa tutto. Eccomi alle dimande, che per spiegarmi bene non so restringerle nella cartina che Lei mi acclude.

Nulla abbiamo, nè sappiamo della copia della Cro ce del Padre Vincenzo da Osimo di b. m. che noi non conosciamo. Il fatto è il seguente. Subito che io intesi dalle cinque religiose l'apparizione di questa nostra croce, ne feci alle medesime una esatta descrizione, e mostrai ad esse molte diverse croci, ma tutte dissero non essere queste simili in nessuna maniera a quella che avevano veduta. Provai col toccalapis a formarne molte altre, e non erano affatto come quella apparsa. Licenziai tutte le cinque e presi a scrivere ad un servo di Dio a me co gnito; gli dichiarai quanto le suddette avevano veduto, ed a posta corrente mi venne questa risposta. « Mando qui acclusa una croce, e da questa vedrà e conoscerà qual sia la croce apparsa. Dio la benedica. » Osservai la croce, mi sembrò singolare e mai veduta. Era stampata nel 1815, e seppi dipoi che l' aveva fatta un servo di Dio già passato al cielo. Riposi la croce senza mostrarla ad alcuno e aspettai Monsignor Vescovo, il quale già sapeva l'apparizione della Croce, e ne stava pensoso poichè di ceva: – Se una sola monaca l'avesse veduta, si potrebbe dubitare di qualche alterazione di testa, ma essendo cinque non vi può essere dubbio. Venuto il Vescovo, entrò, per - chè io stava male. Si portò in mia camera, e licenziò tutti di sua compagnia, e mi disse che gli mostrassi il luogo preciso dell'apparizione; lo additai subito, perchè ap parve proprio incontro alla mia finestra della camera che corrisponde all'orto ove apparve. Di poi gli diedi la lettera colla croce ricevuta dal servo di Dio, e nel mirarla re stò sorpreso e disse: «Che croce è questa l io mai ne ho veduto una simile fra le tante che se ne trovano. » E dopo averla bene esaminata, mi disse: « Lei chiami una per volta le cinque Religiose che videro l'apparizione, gli mostri questa Croce, e senta cosa ne dicono: poi ad una per volta gl'imponga obbedienza decisa di tenere a tutte si lenzio, e non parli nessuna, neppur fra loro cinque, d'aver veduta questa croce. » Per mandar la cosa al naturale misi questa croce nel mio Breviario, e feci chiamar la prima in mia camera, e gli dissi: Guardate un poco questa croce, vedete se niente somigliasse a quella che vedeste. La giovine appena la guardò, alzò le braccia al cielo e disse: Eccola eccola, questa è proprio quella che apparve; e come mai voi l'avete ? Le risposi con indifferenza. La avevo qui nel mio Breviario, gli dissi, osservatela bene se è simile in tutto a quella comparsa. Allora disse : la croce è tale e quale, ma qui ci sono i piedi, e le mani di G. C. e in quella che vidi non ci erano, solo ci erano i tre chiodi delle mani, e piedi; in quella ci era la lan cia, la spugna, il martello, e le tanaglie. In questa non ci sono. Le lettere pure non sono come quelle (essendo scritte le 12 Tribù a stampa manoscritta). In quella croce erano lettere come noi le facciamo alle biancherie (let tere maiuscole) ed erano tante che empivano tutto lo spa zio vuoto del quadro, ma noi quantunque le vedessimo bene, non sappiamo leggere. Questa stella è grande ; ed era così. Queste nuvole non c'erano, era tutto il cielo sereno. Gli splendori poi erano tanti, che non hanno che fare con questi pochi; gli domandai mostrandole a dito il Trire gno, e le Chiavi. Rispose oh ! questo sì che era tale e quale, e brillavano tanto. Questi due cori e queste brac cia sotto la croce ci erano, ma la gran luce non lasciava ben distinguere tutto. Questo globo che era grandissimo, era tanto pieno di roba che cadeva di sotto, che non è niente tutto questo che qui si vede, ma erano corone, e tante cose che io non so come si chiamano. 

Finita la esplorazione, di questa prima monaca, chiamai la seconda, eppoi l'altre, e senza più dilungarmi, tutte dis sero lo stesso. Le lettere o scritture che in questa croce si leggono, sono state messe da chi ne fece il rame, e prese dalla croce che mi mandò il servo di Dio; sicchè Lei gli dia quella fede che crede, perchè nessuna potè qui leg gere cosa dicevano le tante lettere che empivano il gran quadro, il quale era posto come entro una cornice di bel - lissimi fiori, uno bislungo ed altro rotondo, e tutti uniti e disposti l'un dopo l'altro senza variazione. Noi non ab biamo fatto fare questo rame, ma bensì una signora di Firenze ora defunta, avendo intesa questa apparizione qui seguita, volle che io minutamente gliela descrivessi ; e nel sentire che vi era altra quasi consimile croce, avendo conoscenza con tanti servi di Dio, trovò ed ebbe un'altra stampa come quella a me mandata, e prese le scritture di quella per inserirle nel rame. Dipoi improvvisamente mi mandò le stampe, il rame, ed una croce, ma delle nostre, e ben dipinta, perchè credeva vicina la sua morte come fu, acciò io ne avessi tutto. Sicchè Ella veda la croce come realmente apparve, meno le scritture che io non so se siano messe per rivelazione o per divozione. Le parole Charitas nella traversa della croce veduta, dis sero che ci erano, ma non sanno se le leltere volessero dir Charitas. La stella a destra della croce, siccome resta dalla parte di Schifannoia, ove sta il nostro fattore di campagna in un nostro casale, io dopo alcuni giorni che qui venne gli dimandai, se mai fosse sortito di casa in nanzi giorno, ed avesse osservato niente nel cielo (ma non gli dissi niente della croce); mi rispose, che lui stava male, ma i figli, ed altri contadini che erano sortiti ai lavori campestri, nel tornare a casa gli dissero (e noto l'ora e il giorno): « Tata mio, poco è mancato che non siamo morti tutti, perchè prima di giorno è venuta dall'oriente una gran stella verso noi, ha mandato un raggio di fuoco così grande, che parve mezzogiorno di agosto; ha fatto un giro per tutto il mondo (così ci parve), eppoi ha vol tato verso Narni, e non si è veduta più ; ma la striscia è durata finchè il sole è salito in alto, e noi siamo ri masti gelati e fermi per un pezzo, temendo d'esser bru ciati tutti. » La croce del servo di Dio la manderei, ma mi è stata data in segreto, e temo ancora di perderla: sarebbe meglio che qualcuno venisse da me, e gliela mo strerei. Mi sembra da quanto ho scritto che potessero ca pir bene tutto. Ed è tutta verità.

Mia buona amica, dica al suo santo Religioso che scusi come scrivo perchè poco ci vedo. Ci sarebbe da dire che quando la croce cominciò a scomparire, uscì ai piedi della croce un gran raggio che serpeggiando andò passando il fiu me Nera verso Amelia, e lì pure mi disse un contadino che venne qui a trovar la sorella, che mentre andava con molti contadini, e bestiame ad una fiera, vide calare una gran stella che mandò un fiume di fuoco per cui restarono tutti spaventati e immobili, credendo che fosse andata a fuoco tutta Amelia; eppoi la stessa tornò in alto, e restò fino a giorno chiaro il chiarore del fuoco. Gli dimandai che giorno fosse, e che ora, e trovai appunto tutto seguito nell'ora della comparsa croce. 

Mi disse una persona l'anno scorso, che le Monache Barberine in Roma hanno nel loro archivio una lunga profezia intitolata la Donna Enfatica, che dice in un verso c0sì: 

- Da qui al fiume Nera 

Vedrassi il gran Vessillo; 

Per dar la caccia al grillo 

Ottimo è l'orto.

Chi mi disse questo, va supponendo che il vessillo sia S. Croce che fu nel nostr'orto, ed il trapasso del raggio sulla Nera che passò in Amelia possa aver relazione col fatto dell'apparsa croce; ma io non saprei come spie gar tutto questo. La verità si è che si sta sempre in ti more. Qui si fece la commedia venerdì giorno santo e di tempora: sabbato un'accademia, eppoi illuminazione; insulti agl' ecclesiastici, ed al curato Paterni ingiurie, e sfasci delle vetrate della casa. Si grida Morte e si schia mazza. Non so come si finirà. Una buona serva di Dio es sendo stata dal S. P. mi ha detto, che essendo da più anni conoscente del Papa, ora più non si riconosce da quello che era, ma che sibbene ci sara d' alcune parti molto spargimento di sangue; non si tema qui, e che per le monache ci sarà qualche crisi, ma si stia quiete, che Dio ci penserà, e tutto terminerà a gloria della S. Reli gione. Orazioni, e fiducia nel Signore e Maria SS. Dun que speriamo, ed oriamo. - M. Agnese la saluta tanto, e la sua salute è fiacca as sai, così è stata sempre, e col suo naturale sempre ma linconico, e mai contento, si finisce di rovinare. Io ci patisco assai, perchè sono tutta all'opposto, e presto mi rallegro nelle tribolazioni, perchè tutto passa, e sempre vedo la mano sovrana che ci assiste. Stiamcene nel dolce Cuor di Gesù, dove si trova ogni bene, e scambievolmente raccomandiamoci a Dio. Sono con tutto il rispetto sua Umiliss. 

Serva e Amica M. L. T. A.


Chi vede senza vedere, chi sente senza sapere, e chi fa senza comprendere vincerà il Regno dei Cieli. Io gli aprirò la porta.

 


DICIASSETTESIMA APPARIZIONE STRAORDINARIA DELLA VERGINE MARIA NEL CENTRO MARIANO DI AURORA, PAYSANDÚ, URUGUAY, ALLE ORE 20:00, AL VEGGENTE FRATE ELÍAS DEL SAGRADO CORAZÓN DE JESÚS


Come fu richiesto, il gruppo ha realizzato una processione di candele dall'auditorium della Casa Redenzione fino all'Albero delle Apparizioni.

All'arrivo al luogo, tutti si sedettero e cominciarono il lavoro di preghiera.

Mentre tutti pregavano, Frate Elías ed un altro fratello si sono avvicinati all'Albero, un po' dopo lo fecero le sorelle della Rete Fraternità di Preghiera e più tardi si sono anche avvicinati altri due fratelli oranti molto fedeli all'Opera della Madre Divina, che, insieme al gruppo che era già, sono rimasti un tempo sotto l'Albero.

Finalmente, fu chiesto silenzio.

 

Frate Elías del Sagrado Corazón de Jesús:

La Madre Divina dice che ora ci benedirà, che irradierà il Suo Cuore di Pace.

Ci chiede che tutti quelli che possono si mettano in ginocchio per ricevere la Sua benedizione.

 

Per lo splendore del Mio Amore Materno, nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo. Amen.

 

Frate Elías del Sagrado Corazón de Jesús:

Mentre la Madre Divina ci benedice, ripetiamo una preghiera che ha insegnato all'inizio dell'Apparizione a questo gruppo che è vicino all'Albero. Ci ha chiesto di pregarla tutti, che è il vero Messaggio che gli diede l'Arcangelo Gabriele quando gli annunciò la Nascita del Messia.

Cominciamo pregando i fratelli che sono qui ed ognuno si unirà man mano che si sente sicuro. Mentre preghiamo, lasciamo che l'energia della Madre arrivi a noi. Ella emanerà questa energia dal Suo Centro Cardiaco, dal Suo Cuore di Pace, verso tutti. Accettiamo questa offerta.


Tutti i presenti cominciarono a pregare la seguente preghiera:
 

Benedetta Tu sei tra tutte le creature,
perché sei stata concepita da una Grazia Maggiore.


Frate Elías del Sagrado Corazón de Jesús:

La Madre Divina disse che presto tornerà per più tempo. Ora, si sta elevando, però il Suo Cuore di Pace continua ad irradiare. Lei è molto allegra per la risposta che Le abbiamo dato.

Nell'alto del Cielo, Lei ci dice:
 

Pace e risucsiterete

Confidate nella Mia Pace e risucsiterete

 

Frate Elías del Sagrado Corazón de Jesús:

Lei Si è proiettata verso l'infinito come una sfera di Luce. Spegniamo le candele e cantiamo la canzone "La Patrona", per salutarLa.

 

Si canta la canzone richiesta.

 

Madre María Shimani de Montserrat:

Facciamo un piccolo racconto dell'Apparizione affinché tutti possano comprendere cosa è successo.

 

Frate Elías del Sagrado Corazón de Jesús:

Quando siamo arrivati qui, c'erano già le condizioni create per l'Apparizione, e Lei disse, internamente, che stava aprendo i Cieli per apparire.

Oggi, sono venuta con un Manto verde e coronata di stelle, e ci ha spiegato: "Il Manto celeste è per stabilire la pace ed il Manto verde è per curare il cuore".

La Madre Divina è venuta dalla luna. Quando Si è avvicinata, una sfera di Luce ha disegnato nel cielo un grande simbolo dell'infinito a molta velocità. L'infinito si è disegnato in senso orizzontale, però presto, quella stessa sfera ha cominciato a realizzare un altro infinito in senso verticale.

Mentre questo succedeva, i cieli cominciarono ad aprirsi ed un'energia celeste ha bagnato tutto lo spazio sopra di noi. Sono apparsi vari cori di angeli e due sfere in più che hanno cominciato a fare lo stesso disegno che la prima ha realizzato. Quelle tre sfere erano vicine, una alle altre, si muovevano insieme nella stessa direzione, allo stesso tempo ognuna disegnava, in un punto dello spazio, un fiore.

Subito, la Madre apparve oltrepassando i tre fiori disegnati nel cielo, portando nelle Sue Mani il simbolo del Fiore di Lyz e ci disse: "Io Sono la Signora di Lys, Sono il Fiore di Lys".

Lei scese fino alla cima dell'Albero e fece scomparire il simbolo del Fiore di Lys. Con le Mani aperte, ci bagnò con la Sua Luce. Lei ci sorrideva in silenzio e il Suo Volto si illuminava ogni volta di più, fino a diventare totalmente splendente. La Sua silhouette e la Sua immagine erano molto reali ed erano in costante movimento.

In un altro momento, mi ha indicato che guardava verso un luogo, accanto all'Albero, dove sono apparsi gli apostoli. Ci salutarono, fecero una riverenza come fanno gli orientali e sono scomparsi.

Quando ci chiamò (a Frate Elías e all'altro fratello del monastero), non abbiamo compreso molto bene il perché del Suo sorriso. Ella ci spiegò che era affinché accettassimo il Suo Amore in silenzio.

Allora, Ella cominciò a parlare e trasmise la preghiera che voi avete appena conosciuto.

Più tardi, chiamò le sorelle della Rete di Preghiera, alle quali ha anche trasmesso alcune Parole.

Poi, chiamò altri due fratelli oranti, li ha benedetti e gli ha trasmesso alcune Parole di istruzione per il loro lavoro.

Tutti quelli che sono passati al fronte lo hanno fatto per indicazione di Lei. Li chiama per il nome e per la coscienza; non solo chiama il nostro essere planetario, la nostra personalità, ma chiama anche il nostro essere interno, la nostra anima. Quando la chiama, lo fa per il nome di quell'anima.

Oggi, la Madre Divina ha chiamato alcune persone che necessitano di assumere certi compromessi che hanno con Lei. Quando si sono avvicinati all'Albero e sono stati davanti alla Madre Divina, Lei scese un po' più affinché alcuni toccassero i Suoi Piedi.

Ad alcuni consegnò una corona di rose, ad altri consegnò una rosa dorata che Lei, inchinandoSi, ritirava dal Suo Manto.

Quando fece questo, disse: "Questo è il Fiore dell'Immacolata Concezione".

Mentre parlava, diceva che era allegra della nostra risposta, perché noi credevamo in quello che Lei ci diceva.

In un determinato momento, Lei elevò le Sue Braccia, collocò le palme delle Mani verso l'alto, fissò il Suo sguardo sui Cieli, nel profondo universo, e realizzò una poderosa preghiera.

In quel momento, i Cieli cominciarono ad aprirsi in un modo grandioso.

Trascriviamo la preghiera realizzata dalla Madre Divina:


Oh, Signore di tutti gli universi,
 che germogliasti dalla purezza dell'esistenza,
che parta da Te la fiamma
verso tutte queste creature
 che consacrano i loro esseri al Mio Cuore Immacolato.

Che la Divina Trinità,
 che sorge dalla sublime speranza in tutte le anime,
 accenda le essenze
 affinché si compia il Piano d'Amore e di Luce
  che Tu Mi hai confidato, Benedetto Signore.

Io Sono la Divina Concezione della Trinità,
 la Guardiana dell'Amore,
 la Protettrice e la Madre della Pace.

Ti supplico, con la Mia pura speranza,
 che Tu dia Luce a tutti i cuori che sono caduti
 e che riconcili tutti i Tuoi Figli
 attraverso la Fiamma del Mio Amore.

Tu Mi hai concepito come la Signora dei Cieli,
 come l'alba nella vita delle anime,
 come il frutto del Tuo Cuore..

Ora, Ti chiamo, Signore,
  insieme ai Miei figli,
  affinché ascolti la Mia supplica,
 che Ti implora dal profondo della Mia Coscienza.

Io Sono Tua,
 e Sono elevata per la Tua Grazia e per il Tuo Amore.

Angeli ed Arcangeli intonano i cori dell' Amore
 affinché la Tua Volontà si compiuta, Signore,
 ed il Proposito sia seminato nei cuori.

Io aspetto, Signore, con sublime speranza,
 come la Madre Maria, Regina della Pace,
 affinché la Tua Luce scenda
 ed il male si strappi da tutte le coscienze;
 perché la spada che Tu Mi hai concesso,
 Sacro Arcangelo Gabriele,
 taglia le trappole e i legami
 che soffocano i cuori.

Accendo la Mia Luce ora e sempre,
per tutta l'eternità, per i secoli dei secoli,
 come la Tua Guardiana dell'Amore,
 la Tua Messaggera della Pace,
 la Serva infinita della Misericordia.

Io Sono, Io Sono, Io Sono
 la Madre della Pace.

 Amen.


Frate Elías del Sagrado Corazón de Jesús:

Abbiamo compreso che questa preghiera sorgeva spontaneamente da Lei, piena d'amore e di vita. È una preghiera che fece per l'umanità, in cui unisce le Sue Apparizioni, da Fatima fino a Medjugorje, come la Regina della Pace, ed anche come la Divina Concezione della Trinità.

Quella preghiera collega le Sue Apparizioni a Maria, la Madre di Nazareth. Mentre faceva questa preghiera, la Madre ha proiettato alcune immagini molto espressive ed istruttive, dove mostrava come Lei si connetteva con il Padre quando pregava e come il Padre rispondeva alle Sue preghiere.

In questa preghiera, pregava non solo per i cuori che sono caduti, ma anche per quelli che non credono a ciò che sta succedendo e per quelli che non ascoltano il Suo Messaggio in questo tempo.

La Madre Divina pregò ad alta voce, in modo contundente e poderoso. E si percepì che il Padre rispose dall'Universo Spirituale, poiché cominciò a scendere una Luce che sembrava astratta, era un'energia molto sottile e superiore che veniva dall'Alto e che é scesa su di Lei, impregnandoLa, colmandoLa, una Luce che si é espansa nel mondo intero.

Dopo questa preghiera, Lei ha trasmesso alcune Parole.

 

Per la Grazia e la Pace che emanano dal Mio Cuore, Io Sono la Divina Concezione della Trinità.

Nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo. Amen.

Vi chiedo di essere miti e di aspettare le moltitudini.

Io Sono Maria, quella di Nazareth, la Madre Universale, che fu concepita come l'Immacolata Concezione e che fu concepita dalla Divina Trinità.

Dite a tutti i vostri fratelli che dal Mio Cuore sgorga l'allegria perché avete creduto alla Mia chiamata. 

Accogliete tutti quelli che verranno, comprendendo o non comprendendo.

Vi porto la Mia Pace dal Centro di Medjugorje. Lì, la Mia Fiamma Trina discende come qui. Però qui ed ora, è attraverso la Luce della preghiera e della Mia Apparizione costante.

Voglio che si compia un unico proposito che è riscattare le anime, attraverso la collaborazione di tutti voi.

Chi vede senza vedere, chi sente senza sapere, e chi fa senza comprendere vincerà il Regno dei Cieli. Io gli aprirò la porta.

Grazie per rispondere alla Mia chiamata! 

 

Frate Elías del Sagrado Corazón de Jesús:

Oggi, ci ha anche domandato chi si sarebbe sentito di accettare il Suo Amore, chi si sarebbe sentito di rischiarsi per Lei.

I fratelli, che sono stati chiamati da Lei, hanno ricevuto una richiesta. Lei gli ha detto alcune cose non solo alle loro coscienze, ma anche ai loro esseri interni, e gli ha affidato dei compiti.

Parte di questo movimento è per comprendere che dobbiamo essere preparati ad essere chiamati in qualsiasi momento, a stare attenti ad ascoltare le Sue Parole, che sono Parole d'Amore e Parole di Pace.

Come tutti sanno, alla fine dell'Apparizione, ha detto che ci avrebbe benedetti. Dopo la benedizione, ha cominciato ad elevarSi e a smaterializzarSi. Gradualmente divenne una sfera di Luce e si sono plasmati i portali del Cielo, che Lei chiama "Porte dei Cieli".

Mentre quelle porte apparivano, la sfera di Luce cominciò a scomparire con molta lentezza? Mentre scompariva, si sentiva che Lei proiettava verso di noi il Suo Cuore di Pace. Quel Cuore, in altri piani, si vede come un cuore umano che batte, che è vivo, che emana Luce; e, in quel momento, lo proiettò per mezzo di due raggi di Luce bianca.

Questa notte, ci ha invitato a che ognuno portasse il Suo Cuore con sé quando andrà a dormire ed a cercare di sentirLa.

Grazie a tutti.

Mercoledì, 31 Agosto 2011

Un miracolo ai nostri occhi

 


In ogni tabernacolo dove si trovano le Ostie Consacrate, Gesù è presente. Ha accettato volontariamente di essere prigioniero di celebrazioni, chiese e tabernacoli. Ha accettato di essere imprigionato in un'Ostia Consacrata. Ha accettato questo, ma non ha cessato di essere se stesso. L'umiltà, in definitiva, ci dona la chiarezza di coscienza così necessaria per evitare le insidie del nemico. Se sappiamo come mantenere e preservare questo atteggiamento umile, non cadremo nel peccato di incredulità.

Il miracolo eucaristico più famoso è quello di Lanciano, in Italia. Un sacerdote nutriva dubbi sull'Eucaristia e chiese al Signore di liberarlo da quei dubbi. Durante la celebrazione della Messa, davanti al popolo in chiesa, l'ostia che teneva in mano si trasformò in carne e il vino nel calice si coagulì. Questo accadde nel 700. I frati conservavano questi campioni in un reliquiario, all'interno di un calice di acrilico trasparente. Sono passati più di 1.300 anni, e quella carne è rimasta carne, e quel sangue è rimasto coagulato.

Papa Paolo VI permise alla scienza di analizzare il frammento di carne e il sangue coagulato. Per garantire che nessuno perdesse la fede, il Signore stesso si sottomise al giudizio della scienza. Dopo lunghi esami, nel 1971, fu confermato che il tessuto dell'ostia era carne umana e il sangue era effettivamente sangue. La carne era il tessuto muscolare del cuore: miocardio, endocardio e nervo vago. In quell'ostia c'era l'intero corpo di Gesù. Scelse una fetta del Suo cuore.

Quando analizzarono il sangue coagulato, scoprirono che era ancora sangue vivo. Da un giorno all'altro, il nostro sangue muore. Come fa un sangue vecchio di 1.300 anni a rimanere vivo? Il Signore è ben oltre la nostra comprensione. È come se dicesse: "Nell'Eucaristia, è sempre il mio sangue vivo che è lì. Lo stesso sangue che ho dato per te, lo do ogni giorno. È lo stesso sangue e lo stesso sacrificio". È davvero un miracolo ai nostri occhi. Possiamo credere e confidare. Lui è con noi! È in mezzo a noi!

Dio vi benedica!
Vostro fratello,
Monsignor Jonas Abib


Consacrati non seguite le nuove scritture che vi imporranno

 


Dio Padre: “Oggi Mi rivolgo al Consacrati che nel Mio Nome esercitano e professano la propria fede senza discernere la Verità dall' errore. A cosa vi sono serviti anni di studi teologici, se non sapete distinguere ciò che realmente viene da Me, che Sono il Creatore e dal Cui Spirito è stata trasmessa la Verità Assoluta? Ascoltate: non prendete per buono ciò che vi si propone dagli alti vertici ecclesiastici. Imparate a distinguere la Divina ispirazione dall' inganno e non seguite le nuove scritture che vi imporranno. A breve tutto sarà cambiato e già sono visibili modifiche nelle Celebrazioni Liturgiche di alcune zone del [Bel Paese]. Nel nord è già da tempo, che è stato apportato un cambiamento che si fa sempre più evidente. Ora sarà introdotto in tutto il Paese. Miei Consacrati, conservate le vecchie Bibbie e proseguite nella direzione conosciuta. Adottando le nuove modifiche, voi offendete Me e la Chiesa verrà profanata poiché nulla di quanto proposto Ha l'approvazione Divina. Io distruggerò il tempio profano. Crollerà ogni mattone e sarà data al fuoco la falsa parola. Ascolta [città dei papi]: ciò che esce da te Io non lo riconoscerò perché non Mi appartiene. Riconoscerò solo ciò che ha su di sé il Mio Santo Sigillo.

E voi, Ministri, preparate la Sacra Mensa dove vi verrà indicato, quando giungerà il momento della Misericordia. Sarete istruiti per assicurare che il Cibo non venga a mancare e la Parola sia ben custodita. Siate forti perché Mi appartenete e Ho bisogno della vostra fedeltà.”

Estratti di Messaggi e Profezie date dal Cielo alla veggente Giglio, (2015-2017)

Entro nella sua Passione

 

Intendo la immensità della misericordia di Gesù, la sua espansione nei cuori, l'amabilità, la tenerezza, la forza, la sublimità del suo amore infinito.

Entro nella sua divina Passione con il dolore e trovo l'amore; entro con ansia e pena e trovo pace e soavità; entro col cuore in tempesta e vi trovo la calma e la tranquillità.

È proprio della misericordia di Dio riempire di dolcezza anche le cose più amare.

La vita della Passione, cioè i frutti, i meriti, i doni, le grazie, tutti i benefici della Redenzione, sono a disposizione delle anime e in ogni istante...

O Sangue adorabile di Gesù, introducimi nella vita della sua Passione.

O Sangue adorabile di Gesù, aiutami a comprendere la vita della Passione.

O Sangue adorabile di Gesù, consuma la mia vita aumentando quella della Passione. q. 29

  SR. M. ANTONIETTA PREVEDELLO


Sapeste quanto amo gli uomini

 


Figlia, vuoi che non conosca le creature che creo, che non le curi, che non le ami nei tempi di purificazione. Anche allora mi occuperò di esse. Se sapessi quanto amo gli uomini. Se coloro conoscessero il mio amore, non cercherebbero altrove nel mondo, amori che non ricolmano il loro cuore, o nella sensualità sensazioni per essere felici. Pochi momenti di esaltazione e poi ritorno in amarezze nel vuoto più profondo di prima.  

Io ardo d’amore, non sono solo una fiammella, e vorrei deporre questo mio fuoco in tanti cuori. Tutti chiamo alla santità, alcuni a un amore più profondo. Così pochi rispondono per dirmi di “sì”. Chi gusta le mie tenerezze sente il mio ardore, non prova più alcun piacere negli amori umani. Non cerco di incantarti, ma ti irroro della mia luce. Sei come una piantina piccola, ancora secca e che Io fecondo con la mia rugiada, che bagno con la mia pioggia e riscaldo con il mio sole. Le piante intorno cercano di soffocarti. Per questo sei influenzabile, ma io ti faccio vedere sempre la mia luce e non potrai mai perderti.  

Il tuo “sì” sarà spontaneo e libero. Sii fiduciosa, faccio tutto Io. A volte quasi mi ferisce ancora il tuo dubbio, ma sono con te e ti accolgo nel mio amore. 

Sono un Dio che ama stare con gli uomini, che elemosina, s’arranca, cerca il loro affetto. Desidero vivere la loro vita, dato che l’amore umano solo se unito a Dio diviene grande e fruttuoso. Come cerco la loro compagnia. 

Nella chiesa quanta poca fiducia dai miei sacerdoti; conferenze, riunioni, tavole rotonde, così inutili. Invano faticano gli operai perché sono Io il costruttore. Quanto è più valida una preghiera che si eleva per cercarmi e cercare il mio aiuto.  

La felicità gli uomini non la devono cercare nelle grandi cose, ma nelle piccole e appagarsi della serenità della giornata che Dio offre loro. 

 Tu offrimi le piccole cose di ogni giorno. Attraverso mia Madre diverranno corone di fiori offerte a me. Voglio deporre il mio amore in te e ti ho scelta perché in te ho visto la sincera disposizione d’amarmi, l’accoglienza. 

Non pensare al quadernino dato al padre o al viaggio a Fatima. Sono Io che tutto dispongo. Tu rimani serena. Non crucciarti per la tua famiglia che ora è nel buio. Ci vorrà tempo, ma risorgerà, ah se risorgerà.  

Ti tengo nel mio abbraccio. 

5/5/1996

Gocce di Luce

GESU’ SACRAMENTATO - “Le mie vere Ostie…”

 


Selezione di brani tratti dagli Scritti della Serva di Dio LUISA PICCARRETA la PFDV


OMELIA DEL SANTO PADRE BENEDETTO XVI

Basilica di San Giovanni in Laterano

Giovedì, 7 giugno 2012


Cari fratelli e sorelle,

Questa sera vorrei meditare con voi su due aspetti, tra loro connessi, del Mistero eucaristico: il culto dell’Eucaristia e la sua sacralità. E’ importante riprenderli in considerazione per preservarli da visioni non complete del Mistero stesso, come quelle che si sono riscontrate nel recente passato.

Anzitutto, una riflessione sul valore del culto eucaristico, in particolare dell’adorazione del Santissimo Sacramento. E’ l’esperienza che anche questa sera noi vivremo dopo la Messa, prima della processione, durante il suo svolgimento e al suo termine. Una interpretazione unilaterale del Concilio Vaticano II aveva penalizzato questa dimensione, restringendo in pratica l’Eucaristia al momento celebrativo. In effetti, è stato molto importante riconoscere la centralità della celebrazione, in cui il Signore convoca il suo popolo, lo raduna intorno alla duplice mensa della Parola e del Pane di vita, lo nutre e lo unisce a Sé nell’offerta del Sacrificio. Questa valorizzazione dell’assemblea liturgica, in cui il Signore opera e realizza il suo mistero di comunione, rimane ovviamente valida, ma essa va ricollocata nel giusto equilibrio. In effetti – come spesso avviene – per sottolineare un aspetto si finisce per sacrificarne un altro. In questo caso, l’accentuazione giusta posta sulla celebrazione dell’Eucaristia è andata a scapito dell’adorazione, come atto di fede e di preghiera rivolto al Signore Gesù, realmente presente nel Sacramento dell’altare. Questo sbilanciamento ha avuto ripercussioni anche sulla vita spirituale dei fedeli. Infatti, concentrando tutto il rapporto con Gesù Eucaristia nel solo momento della Santa Messa, si rischia di svuotare della sua presenza il resto del tempo e dello spazio esistenziali. E così si percepisce meno il senso della presenza costante di Gesù in mezzo a noi e con noi, una presenza concreta, vicina, tra le nostre case, come «Cuore pulsante» della città, del paese, del territorio con le sue varie espressioni e attività. Il Sacramento della Carità di Cristo deve permeare tutta la vita quotidiana.

In realtà, è sbagliato contrapporre la celebrazione e l’adorazione, come se fossero in concorrenza l’una con l’altra. E’ proprio il contrario: il culto del Santissimo Sacramento costituisce come l’«ambiente» spirituale entro il quale la comunità può celebrare bene e in verità l’Eucaristia. Solo se è preceduta, accompagnata e seguita da questo atteggiamento interiore di fede e di adorazione, l’azione liturgica può esprimere il suo pieno significato e valore. L’incontro con Gesù nella Santa Messa si attua veramente e pienamente quando la comunità è in grado di riconoscere che Egli, nel Sacramento, abita la sua casa, ci attende, ci invita alla sua mensa, e poi, dopo che l’assemblea si è sciolta, rimane con noi, con la sua presenza discreta e silenziosa, e ci accompagna con la sua intercessione, continuando a raccogliere i nostri sacrifici spirituali e ad offrirli al Padre.

A questo proposito, mi piace sottolineare l’esperienza che vivremo anche stasera insieme. Nel momento dell’adorazione, noi siamo tutti sullo stesso piano, in ginocchio davanti al Sacramento dell’Amore. Il sacerdozio comune e quello ministeriale si trovano accomunati nel culto eucaristico. E’ un’esperienza molto bella e significativa, che abbiamo vissuto diverse volte nella Basilica di San Pietro, e anche nelle indimenticabili veglie con i giovani – ricordo ad esempio quelle di Colonia, Londra, Zagabria, Madrid.

E’ evidente a tutti che questi momenti di veglia eucaristica preparano la celebrazione della Santa Messa, preparano i cuori all’incontro, così che questo risulta anche più fruttuoso. Stare tutti in silenzio prolungato davanti al Signore presente nel suo Sacramento, è una delle esperienze più autentiche del nostro essere Chiesa, che si accompagna in modo complementare con quella di celebrare l’Eucaristia, ascoltando la Parola di Dio, cantando, accostandosi insieme alla mensa del Pane di vita. Comunione e contemplazione non si possono separare, vanno insieme. Per comunicare veramente con un’altra persona devo conoscerla, saper stare in silenzio vicino a lei, ascoltarla, guardarla con amore. Il vero amore e la vera amicizia vivono sempre di questa reciprocità di sguardi, di silenzi intensi, eloquenti, pieni di rispetto e di venerazione, così che l’incontro sia vissuto profondamente, in modo personale e non superficiale. E purtroppo, se manca questa dimensione, anche la stessa comunione sacramentale può diventare, da parte nostra, un gesto superficiale. Invece, nella vera comunione, preparata dal colloquio della preghiera e della vita, noi possiamo dire al Signore parole di confidenza, come quelle risuonate poco fa nel Salmo responsoriale: «Io sono tuo servo, figlio della tua schiava: / tu hai spezzato le mie catene. / A te offrirò un sacrificio di ringraziamento / e invocherò il nome del Signore» (Sal 115,16-17).

Ora vorrei passare brevemente al secondo aspetto: la sacralità dell’Eucaristia. Anche qui abbiamo risentito nel passato recente di un certo fraintendimento del messaggio autentico della Sacra Scrittura. La novità cristiana riguardo al culto è stata influenzata da una certa mentalità secolaristica degli anni Sessanta e Settanta del secolo scorso. E’ vero, e rimane sempre valido, che il centro del culto ormai non sta più nei riti e nei sacrifici antichi, ma in Cristo stesso, nella sua persona, nella sua vita, nel suo mistero pasquale. E tuttavia da questa novità fondamentale non si deve concludere che il sacro non esista più, ma che esso ha trovato il suo compimento in Gesù Cristo, Amore divino incarnato. La Lettera agli Ebrei, che abbiamo ascoltato questa sera nella seconda Lettura, ci parla proprio della novità del sacerdozio di Cristo, «sommo sacerdote dei beni futuri» (Eb 9,11), ma non dice che il sacerdozio sia finito. Cristo «è mediatore di un’alleanza nuova» (Eb 9,15), stabilita nel suo sangue, che purifica «la nostra coscienza dalle opere di morte» (Eb 9,14). Egli non ha abolito il sacro, ma lo ha portato a compimento, inaugurando un nuovo culto, che è sì pienamente spirituale, ma che tuttavia, finché siamo in cammino nel tempo, si serve ancora di segni e di riti, che verranno meno solo alla fine, nella Gerusalemme celeste, dove non ci sarà più alcun tempio (cfr Ap 21,22). Grazie a Cristo, la sacralità è più vera, più intensa, e, come avviene per i comandamenti, anche più esigente! Non basta l’osservanza rituale, ma si richiede la purificazione del cuore e il coinvolgimento della vita.

Mi piace anche sottolineare che il sacro ha una funzione educativa, e la sua scomparsa inevitabilmente impoverisce la cultura, in particolare la formazione delle nuove generazioni. Se, per esempio, in nome di una fede secolarizzata e non più bisognosa di segni sacri, venisse abolita questa processione cittadina del Corpus Domini, il profilo spirituale di Roma risulterebbe «appiattito», e la nostra coscienza personale e comunitaria ne resterebbe indebolita. Oppure pensiamo a una mamma e a un papà che, in nome di una fede desacralizzata, privassero i loro figli di ogni ritualità religiosa: in realtà finirebbero per lasciare campo libero ai tanti surrogati presenti nella società dei consumi, ad altri riti e altri segni, che più facilmente potrebbero diventare idoli. Dio, nostro Padre, non ha fatto così con l’umanità: ha mandato il suo Figlio nel mondo non per abolire, ma per dare il compimento anche al sacro. Al culmine di questa missione, nell’Ultima Cena, Gesù istituì il Sacramento del suo Corpo e del suo Sangue, il Memoriale del suo Sacrificio pasquale. Così facendo Egli pose se stesso al posto dei sacrifici antichi, ma lo fece all’interno di un rito, che comandò agli Apostoli di perpetuare, quale segno supremo del vero Sacro, che è Lui stesso. Con questa fede, cari fratelli e sorelle, noi celebriamo oggi e ogni giorno il Mistero eucaristico e lo adoriamo quale centro della nostra vita e cuore del mondo. Amen.


E la stessa Madre del Verbo, nel Sacrificio del suo Figlio Divino, la troviamo sotto la croce, immersa nel mistero di una estatica muta dolorosa adorazione.

 

Unendoci a Maria SS., nella Divina Volontà rimaniamo anche noi in divina adorazione, a nome dell’intera umanità:

 

Sia lodato il Volere del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo.

Sia lodata e ringraziata ogni momento la Volontà di Gesù immolata nel SS. Sacramento.

Sia lodato e glorificato il Volere del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo.

Sia lodato il Volere del Padre in ogni Tabernacolo della terra.

Sia ringraziato il Volere del Figlio in ogni Ostia consacrata.

Sia glorificato il Volere dello Spirito Santo, perché rinnovi la faccia della terra.

Sia lodato e ringraziato ogni momento il Volere della SS. Trinità in questo SS. Sacramento.

 

Maestà Suprema, mi prostro innanzi a Te per offrirti le mie adorazioni, gli omaggi e le lodi, a nome di tutti, con la Potenza della tua Volontà, con la Sapienza e con la Volontà del tuo Amore Supremo. Voglio farti sentire la Potenza della tua Volontà che Ti adora, la Sapienza della tua Volontà che Ti glorifica, l’Amore della tua Volontà che Ti ama e Ti loda. E siccome la Potenza, la Sapienza e l’Amore delle Tre Divine Persone sono in comunicazione con l’intelletto, memoria e volontà di tutte le creature, voglio che Tu senta scorrere le mie adorazioni, i miei omaggi e le lodi in tutte le intelligenze delle creature, che elevandosi tra il Cielo e la terra Ti faranno sentire l’eco della tua stessa Potenza, Sapienza ed Amore, che Ti adora, Ti loda e Ti ama. Adorazioni più grandi, omaggi più nobili, amore e lodi più divine non posso darti e nessun altro atto mio può eguagliare quest’atto, né darti tanta gloria e tanto amore, perché in quest’atto della tua creatura Tu trovi gli atti tuoi, in quest’atto Tu vedi aleggiare la Potenza, la Sapienza ed il reciproco Amore delle Tre Divine Persone. (Cfr. Vol. 17 - 2.10.1924)  


La persistenza della tentazione

 


(CEV) "I Quaderni 1943", p. 116

Dice Gesù: "Che un'anima provi tentazioni non deve stupire. La tentazione è anzi più violenta quanto più la creatura è avanzata nella mia Via.
Satana è invidioso e astuto. Quindi spiega la sua intelligenza dove occorre più sforzo per strappare un'anima al Cielo.

Un uomo di mondo, che vive per la carne, non c'è bisogno di tentarlo. Satana sa che egli lavora già di suo per uccidere la sua anima e lo lascia fare. Ma un'anima che vuole essere di Dio attira tutto il suo livore.

Ma le anime non devono tremare, non devono accasciarsi. Essere tentati non è un male. È male cedere alla tentazione. Vi sono le grandi tentazioni. Davanti ad esse le anime rette si mettono subito in difesa. Ma vi sono le piccole tentazioni che possono farvi cadere senza che ve ne accorgiate. Sono le armi raffinate del Nemico. Le usa quando vede che l'anima è guardinga e attenta per le grandi. Allora trascura i grandi mezzi e ricorre a questi, così sottili che entrano in voi da qualunque parte.

Perché permetto questo? Dove sarebbe il merito se non ci fosse lotta? Potreste dirvi miei se non beveste al mio calice?

Cosa credete? Che il mio calice sia stato soltanto quello del dolore? No, creature che mi amate. Cristo - Egli ve lo dice per darvi coraggio - ha provato prima di voi la tentazione.

Credete voi che fu solo quella del deserto? No. Allora Satana fu vinto con grandi mezzi opposti ai suoi grandi tentativi. Ma in verità vi dico che Io, il Cristo, fui tentato altre volte. Il Vangelo non lo dice. Ma come dice il Prediletto: "Se si avessero a narrare tutti i miracoli fatti da Gesù, la Terra non basterebbe a contenere i libri".

Riflettete, discepoli cari. Quante volte Satana non avrà tentato il Figlio dell'uomo per persuaderlo a desistere dalla sua evangelizzazione? Cosa conoscete voi delle stanchezze della carne affaticata nel continuo pellegrinare, nel continuo evangelizzare, e delle stanchezze dell'anima, che si vedeva e sentiva circondata da nemici e da anime che lo seguivano per curiosità o per speranza di un utile umano? Quante volte, nei momenti di solitudine, il Tentatore mi circuiva coll'accasciamento! E nella notte del Getsemani, non ci pensate con quale raffinatezza egli ha cercato di vincere l'ultima battaglia fra il Salvatore dell'umano genere e l'Inferno?

Non è dato a mente umana conoscere e penetrare nel segreto di quella lotta fra il divino e il demoniaco. Solo Io che l'ho vissuta la conosco e perciò vi dico che Io sono dove è chi soffre per il Bene. Io sono dove è un mio continuatore. Io sono dove è un piccolo Cristo. Io sono dove il sacrificio si consuma.

E vi dico, anime che espiate per tutti, vi dico: "Non temete. Fino alla fine Io sono con voi. Io, il Cristo, ho vinto il mondo, la morte e il demonio a prezzo del mio Sangue. Ma do a voi, anime vittime, il mio Sangue contro il veleno di Lucifero".


Vizio: Lussuria


È uno dei sette vizi o peccati capitali, il "vizio impuro", al di fuori della norma morale. Secondo le elaborazioni dottrinali della teologia morale del Cattolicesimo, la lussuria è causa di svariati effetti negativi, alcuni dei quali aventi una preminenza in ambito religioso, ed altri intervenendo più specificatamente sul libero arbitrio:

• grave turbamento della ragione e della volontà
• accecamento della mente
• incostanza ed incoerenza (rispetto ai valori proposti)
• egoistico amore di sé (egoismo, egotismo, negazione dell'amore per il prossimo)
• incapacità di controllare le proprie passioni

Nella dottrina cattolica la lussuria è frutto della concupiscenza della carne (al pari del peccato di gola e dell'accidia) ed infrange sia il Sesto Comandamento che vieta di commettere atti impuri sia il Nono che riguarda il desiderare la donna d'altri. Fra questi atti impuri la Chiesa indica tanto le azioni concrete materialmente compiute in materia di sessualità non finalizzata alla procreazione e all'unione in seno al matrimonio, quanto il solo desiderio e l'immaginazione ("chiunque guarda una donna per desiderarla, ha già commesso adulterio con lei nel suo cuore.", Vangelo di Matteo 5,28).

Il Catechismo della Chiesa Cattolica così sintetizza: Tra i peccati gravemente contrari alla castità, vanno citate la masturbazione, la fornicazione, la pornografia, le pratiche omosessuali e gli atti sessuali contro natura tra uomo e donna. (CCC n. 2396) L'adulterio e il divorzio, la poligamia e la libera unione costituiscono gravi offese alla dignità del matrimonio. (CCC n. 2400) Tuttavia è interessante notare come nel Deuteronomio e nel libro dell'Esodo della Bibbia il sesto comandamento sia in realtà "Non commettere adulterio"; questo rivela un'intenzione originale di focalizzarsi più sulla fedeltà coniugale, che su un più generale controllo delle proprie passioni sessuali, come invece accade nel Vangelo. Il "voluttuoso diletto", come lo si chiamava in datata saggistica, è per la Chiesa peccato mortale e, subito dopo il peccato d'orgoglio, è il maggior impedimento al progresso spirituale.


Virtù: Castità


La parola deriva dal latino castitas, il nome astratto corrispondente a "castus", che originariamente indicava uno stato "puro". Nel cattolicesimo in particolare, la castità è considerata una virtù, strettamente correlata alla temperanza, e viene intesa come un astenersi dagli eccessi o dalle implicazioni peccaminose del sesso (in questo senso, la castità viene considerata conciliabile con i rapporti sessuali fra coniugi). In questa accezione, la castità è per i cattolici la virtù opposta al vizio capitale della lussuria.

Il celibato (o "consacrazione alla verginità") è usualmente riferito al clero o ad appartenenti ad istituti di vita consacrata, è il voto con cui la persona si impegna a vivere senza gratificazioni sessuali e senza contrarre matrimonio. Un voto di castità può essere preso anche da laici come parte di una vita religiosa organizzata, come un volontario atto di devozione o come parte di una vita ascetica, spesso devota alla contemplazione.


Vizio: Gola


La gola è il desiderio di ingurgitare più di quanto l'individuo necessita. È l'ingordigia di cibi e bevande. Per la Chiesa cattolica è uno dei sette peccati capitali. Uno dei simboli che rappresentano la gola è il maiale.

Virtù: Temperanza


La temperanza in gr. σωφροσύνη, in lat. temperantia è la virtù della pratica della moderazione.

Nel mondo cristiano essa fu indicata per la prima volta come virtù cardinale assieme a prudenza, giustizia e fortezza da Tommaso d'Aquino. Queste virtù furono definite cardinali in quanto fanno da cardine per la vita di un uomo che cerca di avvicinarsi a Dio. Essa risulta come il collante delle altre tre virtù, infatti esse non sono veramente complete se non sono accompagnate dalla temperanza. Ma già nell'Antico Testamento troviamo riferimento a questa virtù nel Siracide (Sir 18, 30). Mentre nel Nuovo Testamento nella seconda lettera di Pietro si dice: "Per questo mettete ogni impegno per aggiungere alla vostra fede la virtù, alla virtù la conoscenza, alla conoscenza la temperanza, alla temperanza la pazienza, alla pazienza la pietà, alla pietà l'amore fraterno, all'amore fraterno la carità. Se queste cose si trovano in abbondanza in voi, non vi lasceranno oziosi né senza frutto per la conoscenza del Signore nostro Gesù Cristo. Nel catechismo della Chiesa cattolica, nella parte terza La vita in Cristo, sezione prima La vocazione dell’uomo: La vita nello spirito, si dice: "La temperanza è la virtù morale che modera l'attrattiva dei piaceri e rende capaci di equilibrio nell'uso dei beni creati. Essa assicura il dominio della volontà sugli istinti e mantiene i desideri entro i limiti dell’onestà".


Vizio: Avarizia


L'avarizia è la scarsa disponibilità a spendere e a donare ciò che si possiede.

Avarizia e avidità: Le due nozioni, talvolta confuse o usate indifferentemente, hanno dei significati diversi: mentre l'avidità è il desiderio di accrescere il proprio "possesso" (nel senso più generale possibile del termine) l'avarizia è concentrata sulla conservazione meticolosa di ciò che già si possiede. L'avarizia è elencata tra i sette vizi capitali. Quando l'avarizia comprende la cupidigia nei confronti delle proprietà di un'altra persona, viene usato il termine invidia. Quando l'avarizia viene applicata al soggetto di un eccessivo consumo di cibo, si usa spesso il termine gola, un altro dei sette vizi capitali.


Virtù: Carità


Carità è un termine derivante dal greco chàris (benevolenza, amore). È una delle tre virtù teologali, insieme a fede e speranza. Lo stesso termine si utilizza anche in riferimento all'atto dell'elemosina (nell'espressione "fare la carità"). Più in generale, esso si usa a proposito di ogni forma di volontariato. Carità significa amore disinteressato nei confronti degli altri; si ritiene che essa realizzi la più alta perfezione dello spirito umano, in quanto al contempo rispecchia e glorifica la natura di Dio. Nelle sue forme più estreme la carità può raggiungere il sacrificio di sé. Attraverso la carità l'uomo realizza il comandamento dell'amore lasciato da Gesù Cristo ai suoi discepoli e quindi dona la felicità eterna:

« Allora si accostò uno degli scribi che li aveva uditi discutere, e, visto come aveva loro ben risposto, gli domandò: "Qual è il primo di tutti i comandamenti?". Gesù rispose: "Il primo è: Ascolta, Israele. Il Signore Dio nostro è l'unico Signore; amerai dunque il Signore Dio tuo con tutto il tuo cuore, con tutta la tua mente e con tutta la tua forza. E il secondo è questo: Amerai il prossimo tuo come te stesso. Non c'è altro comandamento più importante di questi" » (Marco 12,28-31)

La carità, unita alle altre virtù teologali, sono gli strumenti per il raggiungimento della felicità.


Vizio: Accidia


L'accidia, o acedia (lat. acedia, ingl. sloth, franc. accidie, ted. acedie) è l'avversione all'operare, mista a noia e indifferenza. L'etimologia classica fa derivare il termine dal greco ἀ (alfa privativo = senza) + κῆδος (=dolore), sinonimo di indolenza, per il tramite del latino tardo acedia. Nell'antica Grecia il termine acedia (ἀκηδία) indicava, letteralmente, lo stato inerte della mancanza di dolore e cura, l'indifferenza e quindi la tristezza e la malinconia. Il termine fu ripreso in età medievale, quale concetto della teologia morale, a indicare il torpore malinconico e l'inerzia che prendeva coloro che erano dediti a vita contemplativa.

Tommaso d'Aquino la definiva come il «rattristarsi del bene divino», in grado di indurre inerzia nell'agire il bene divino. Il senso del termine è in stretto rapporto con quello della noia, con la quale l'accidia condivide una medesima condizione originaria determinata dalla vita contemplativa: entrambe nascono da uno stato di soddisfazione e non, si badi bene, di bisogno. Nel cattolicesimo l'accidia è uno dei sette peccati capitali ed è costituito dall'indolenza nell'operare il bene.


Virtù: Diligenza


La diligenza (dal latino diligere, "scegliere") è l'assiduità, la precisione, lo scrupolo perseguiti nello svolgimento di un lavoro o di un compito.


Vizio: Ira


L'ira, specialmente se intesa come sentimento di vendetta, è uno dei sette vizi capitali da cui bisognerebbe astenersi in ogni caso.


Virtù: Pazienza


La parola pazienza ha origine dal latino volgare patire (cfr. il greco pathein e pathos, dolore corporale e spirituale). La pazienza è una qualità e un atteggiamento interiore proprio di chi accetta il dolore, le difficoltà, le avversità, le molestie, le controversie, la morte, con animo sereno e con tranquillità, controllando la propria emotività e perseverando nelle azioni. È la necessaria calma, costanza, assiduità, applicazione senza sosta nel fare un'opera o una qualsiasi impresa. Pazienza si chiama anche una parte dell'abito di alcuni ordini religiosi ed ha lo stesso significato di scapolare.


Vizio: Invidia


L'invidia è un sentimento nei confronti di un'altra persona o gruppo di persone che possiedono qualcosa (concretamente o metaforicamente) che l'invidioso non possiede (o che gli manca). Nella religione cattolica, l'invidia è uno dei sette vizi capitali o peccati capitali (quelli cioè che prevedono la consapevolezza del desiderio di nuocere ad altri e generano altro male). L'iconografia tradizionale la presenta nell'immagine di una donna vecchia, misera, zoppa e gobba, intenta a strapparsi dei serpenti dai capelli per gettarli contro gli altri. Nel Purgatorio, Dante pone gli invidiosi sulla sesta cornice. Qui, i peccatori sono seduti, gli occhi cuciti con del fil di ferro per punirli di aver gioito nel vedere le disgrazie altrui.


Virtù: Compassione


La compassione (dal latino cum patior - soffro con - e dal greco sym patheia - "simpatia", provare emozioni con..) è un sentimento per il quale un individuo percepisce emozionalmente la sofferenza altrui provandone pena e desiderando alleviarla.


Vizio: Superbia


Per superbia si intende la volontà di conquistare per se stessi, con ogni mezzo, una posizione di privilegio sempre maggiore rispetto agli altri. Essi devono riconoscere e dimostrare di accettare la loro inferiorità correlata alla superiorità indiscutibile e schiacciante del superbo.


Virtù: Umiltà


L'umiltà è la prerogativa dell’umile. Nonostante esistano diversi modi di intendere questo termine nel quotidiano, una persona umile è essenzialmente una persona modesta e priva di superbia, che non si ritiene migliore o più importante degli altri. Il termine "umiltà" è derivato dalla parola latina "humilis", che è tradotta non solo come umile ma anche alternativamente come "basso", o "dalla terra". Poiché il concetto di umiltà indirizza a un'intrinseca stima di se stessi, è enfatizzata nella pratica religiosa e dell'etica dove il concetto è spesso definito più precisamente e ampiamente. L’umiltà non va confusa con l’umiliazione, che è l’atto con il quale qualcuno viene indotto a vergognarsi, e non ha nessuna attinenza con la presente voce. Tra i benefici riservati agli umili compaiono l’onore, la saggezza e la vita eterna.

Maria Valtorta