Noi tutti dobbiamo partecipare alla santità di Gesù. Egli non ha escluso nessuno dalla vita, che ha portata e per la quale ci rende figli di Dio;
(1); Cristo ha riaperto le porte della vita eterna all'umanità intera. Come dice S. Paolo, egli è il primo nato, ma di una moltitudine di fratelli (2).
Il Padre eterno vuole che Cristo, suo Figlio, sia costituito capo di un regno, del regno dei suoi figli. Il disegno divino non sarebbe completo se Cristo fosse isolato; la sua gloria come la gloria del Padre (3), è di essere alla testa di un'assemblea innumerevole, che è come «il suo complemento» ***, e senza il quale, per così dire, non sarebbe perfetto.
S. Paolo lo dice molto chiaramente nella sua lettera agli Efesini, nella quale traccia il piano divino: «Dio ha fatto sedere Cristo alla sua destra nei cieli, al disopra di ogni principato, di ogni autorità, di ogni potenza, di ogni dignità e di ogni nome che si possa nominare non soltanto nel secolo presente, ma anche nel secolo da venire, e tutto sottopose ai suoi piedi e l'ha dato per capo supremo alla Chiesa, che è il suo corpo» (4). Cristo si è conquistata questa assemblea, questa chiesa, secondo la parola dello stesso apostolo, perché, nell'ultimo giorno, essa sia «senza ruga né macchia, ma tutta santa ed immacolata» (5).
Questa Chiesa, questo regno si forma già quaggiù. Vi si entra per mezzo del battesimo; sulla terra vi si vive per mezzo della grazia, nella fede, nella speranza, nella carità; ma verrà il giorno in cui contempleremo il suo completamento in cielo. Sarà il regno della gloria nella chiarezza della visione, il godimento del possesso e l'unione senza fine.
Perciò S. Paolo diceva che «la grazia di Dio è la vita eterna stessa portata al mondo da Cristo» (6).
È questo il grande mistero del pensiero divino.
Se conosceste il dono di Dio! Dono ineffabile
in sé stesso: ineffabile, soprattutto, nella sua sorgente che è l'amore.
«Dio vuol farci partecipare alla sua beatitudine, come suoi figli, perché ci ama» (1), L'amore che ci fa un simile dono è infinito, poiché, dice S, Leone: «Il dono, che sorpassa, ogni dono, è che Dio chiami l'uomo suo figlio e che l'uomo chiami Dio suo Padre» (2). Ognuno di noi può dire a sé stesso in tutta verità «Dio mi ha creato e mi ha chiamato con un 'atto particolare d'amore e di benevolenza, cioè per mezzo del battesimo, all'adozione divina; poiché, nella sua pienezza e nella sua opulenza infinita, Dio non ha bisogno di nessuna creatura (3). Dio mi ha scelto con un atto speciale di dilezione e di compiacenza, Dio mi ha scelto per essere elevato infinitamente al di sopra della mia condizione naturale, per godere eternamente della sua beatitudine, per realizzare uno dei suoi pensieri divini, per essere uno di quei fratelli, che sono simili a Gesù e partecipano senza fine alla sua celeste eredità». Questo amore si manifesta con uno splendore particolare nel modo di realizzazione del disegno divino, «in Gesù Cristo».
«Dio ha rivelato il suo amore per noi, mandando nel mondo il suo unico Figlio affinché noi viviamo per suo merito» (4). Sì, «Dio ci ama talmente che, per mostrarci questo amore ci ha dato il suo unico Figlio» (5); suo Figlio, perché suo Figlio diventasse nostro fratello, e noi fossimo un giorno suoi coeredi, avessimo parte alle ricchezze della sua grazia e della sua gloria (6).
Tale è dunque, nella sua maestosa ampiezza e nella sua misericordiosa semplicità, il disegno di Dio su noi: Dio vuole la nostra santità, la vuole, perché ci ama infinitamente, e noi dobbiamo volerla con lui. Dio vuol renderci santi, facendoci partecipare alla sua stessa vita; e per ciò ci adotta come suoi figli ed eredi della sua gloria infinita e della sua beatitudine eterna. La grazia è il principio di questa santità, soprannaturale nella sua sorgente, nei suoi atti, nei suoi frutti. Ma Dio ci dà questa adozione per mezzo di suo Figlio, Gesù Cristo: in lui e per lui Dio vuole che noi ci uniamo a lui (1), Cristo è la Vita, ma la sola via, per condurci a Dio; e «senza di lui noi non possiamo far nulla» (2). «Non c'è altro fondamento, per la nostra santità, che quello stesso che Dio ha stabilito, vale a dire l'unione a Gesù Cristo» (3).
Così Dio comunica la pienezza della sua vita divina a ll’umanità di Cristo - e, per essa, a tutte le anime «nella misura della loro predestinazione in Gesù Cristo» (4).
Dobbiamo comprendere che non saremo santi che nella misura stessa in cui la vita di Gesù Cristo sarà in noi. Dio ci domanda questa sola santità, né ve n'è altra. Saremo santi in Gesù Cristo o non lo saremo affatto. La creazione non trova in sé stessa nessun atomo di questa santità; essa deriva da Dio per un atto sovranamente libero della sua potentissima volontà, e perciò esso è soprannaturale.
S. Paolo rileva più di una volta sia la gratuità del dono divino dell'adozione, sia l'eternità dell'amore ineffabile, che ha risolto di rendere partecipi anche noi, e il mezzo ammirabile della sua effettuazione per la grazia di Gesù Cristo: «Ricordatevi, scrive al suo discepolo Timoteo, che Dio ci ha scelti per mezzo di una vocazione santa, non per le nostre opere, ma secondo il suo decreto e la grazia che ci è stata data in Gesù Cristo, prima di tutti i secoli» (1). «Per mezzo della grazia vi siete salvati e santificati, - scriveva ai fedeli di Efeso, - e non con le vostre forze, affinché nessuno si glorifichi in se stesso» (2).
Beato Dom COLUMBA MARMION
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