IL DISCERNIMENTO DEGLI SPIRITI
§. I.
19. Ora che il lettore ha compreso quanti e quali siano gli spiriti che possono destarsi nei nostri cuori, e i modi con cui questi si formano dipendentemente dalle loro cagioni, non gli sarà difficile l'intendere cosa sia discrezione degli spiriti. Ma per procedere ordinatamente, bisogna distinguere due discrezioni di spiriti: una che appartiene alle grazie gratis date, ed è la settima tra le grazie che numera l'apostolo (1Cor 12, 8,9,10): l’altra che consiste in un giudizio prudente acquistato con arte e con industria, circa il proprio, e l'altrui spirito. La prima discrezione è un dono gratuito che si concede a pochi; la seconda è un industrioso discernimento che può conseguirsi da ognuno. Della prima parleremo nel presente capitolo; della seconda ragioneremo ne' capitoli che seguiranno.
20. S. Tommaso dice che la discrezione degli spiriti, in quanto è grazia gratis data, sia una chiara cognizione degli arcani degli altrui cuori (S. Thom. 1-2. quaest. III. art. 4). Sebbene la discrezione degli spiriti dichiarata in questo modo convenga in qualche guisa con la profezia, è però da lei molto diversa: perché alla profezia compete generalmente il conoscimento di qualunque cosa occulta, e con più proprietà la notizia delle cose future contingenti; ma alla discrezione solamente si appartiene lo scoprimento de' cuori. Questa grazia da Dio si dona sempre per vantaggio spirituale dei prossimi (il che è il fine a cui sono indirizzate tutte le grazie gratis date), perché in realtà non v'è cosa che più concilii credenza alla dottrina della fede, quanto il vedere, che chi la propone svela gli arcani del cuore che sono palesi solo a Dio: né v'è cosa che più conferisca alla retta direzione delle anime fedeli, quanto il penetrare gli occulti nascondigli de' loro cuori. Non v'è dubbio che questa grazia sia stata da Dio talvolta compartita ai suoi servi fedeli, mentre alcuni di essi sapevano ad altri ridire accertatamente i pensieri che loro passavano per la mente, e gli affetti che nutrivano nel cuore; altri nell'atto della sacramentale confessione scoprivano ai loro penitenti i peccati, che quelli, o per debolezza di memoria o per il rossore colpevole, lasciavano di confessare, segno chiaro, che con lo sguardo della mente entravano a vedere l'intimo delle loro coscienza.
Altri poi arrivavano fino a vedere lo stato in cui si trovavano le anime altrui, se in grazia o disgrazia di Dio: il che è un grado di discrezione più alto e più pregevole.
21. Ma perché il vedere l'interno delle persone è grazia che si concede a pochi, però altri sacri dottori spiegano in altro modo la discrezione degli spiriti in quanto è grazia gratis data e dallo Spirito Santo infusa nelle nostre menti.
Dicono questi, che una tal discrezione consiste in un istinto o luce particolare che dona lo Spirito Santo, per discernere con giudizio retto, o in sé o negli altri, da quale principio procedano i moti interni dell'animo, se dal buono o dal cattivo.
Questa è cosa diversa da quella che secondo la mente dell'angelico abbiamo dianzi dichiarata: perché una cosa è, che la persona giunga di fatto a vedere con l’occhio della sua mente i segreti degli altrui cuori; e altra cosa è, che essendole da altri manifestati i segreti del proprio cuore, sappia poi, col favore di una luce molto particolare, decidere con giudizio retto da quale principio provengano, se da buono, o da reo. Questa seconda, sebbene è discrezione di spiriti infusa a cagione della luce straordinaria che Iddio infonde nell'anima per renderla abile ad un tale discernimento; con tutto ciò è grazia inferiore alla prima, come ognun vede. In questo secondo senso espone la discrezione degli spiriti l'apostolo. Scrivendo egli ai Corinti, dice loro, che quegli il quale sarà tra essi discernitore degli spiriti, conoscerà chiaramente che i documenti che loro propone nella sua lettera li ha ricevuti da Dio (1Cor 14,37).
Notisi che non dice il santo apostolo che quegli è spirituale, cioè conoscitore degli spiriti, che con guardo interiore vedrà dentro il suo cuore gli insegnamenti che gli ha comunicati Iddio; ma che quegli sarà tale il quale ascoltando gl'insegnamenti della sua lettera: conoscerà con sicurezza che gli sono stati dati da Dio. E in questo senso prendono comunemente i santi padri la grazia gratis data della discrezione degli spiriti.
§. II.
22. Posto ciò, passiamo a dichiarare la definizione che abbiamo data, secondo tutte le sue parti, incominciando dalla materia ch'essa ha per oggetto. Prima però suppongo, che la regola infallibile del nostro credere è la sacra scrittura e la tradizione apostolica, in quanto ambedue sono ricevute dalla Chiesa cattolica; e che la regola sicura del nostro operare santo e soprannaturale è la retta ragione in quanto è illuminata dagli insegnamenti della fede. Onde segue, che tutti quegl'impulsi che çi portano a credere ciò che è rivelato nelle sacre carte e ciò che d è stato tramandato per ereditaria successione dagli apostoli, è, in riguardo all'intelletto, spirito retto e santo: ma se poi tali impulsi ci inclinano a credere l'opposto, sono evidentemente spirito falso e perverso. Rispetto poi alla volontà, tutte quelle mozioni che ci fanno operare secondo la retta ragione e secondo i documenti divini, sono chiaramente spirito buono; ma se poi queste ci portino a discordare dalla ragione naturale e dalle leggi divine, sono sicuramente spirito cattivo. Dico dunque, che la discrezione in quanto è dono che da Dio s'infonde nelle umane menti. non ha per materia e per oggetto de' suoi discernimenti certi spiriti che senza dubbietà sono buoni o rei, sono veri o falsi; mentre per dare retto giudizio in una materia sì chiara non sono necessari i lumi speciali dello Spirito Santo, ma basta la luce ordinaria della fede, che a niun fedele da Dio si nega.
Perciò l'Angelico spiegando le parole dell'apostolo - omnia probate - aggiunge: scilicet, quae sunt dubia. Manifesta enim examinationem non indigent (S. Thom. Expos. sup. ep. 1 ad Thess. cap. 5.).
23. Materia della discrezione infusa sono certi spiriti dubbi ed incerti, di cui non è facile l'intendere se da principio buono o cattivo abbiano la loro origine: e. g. certi impulsi ed eccitamenti a credere qualche cosa vera o ad operare qualche cosa buona, che però non è chiaramente vera né apertamente buona; e se è in sé stessa vera o buona, può essere indirizzata a qualche errore o a qualche male, o almeno ad impedire il maggior bene. Tali sono, in quanto all'intelletto, certe rivelazioni private, certe locuzioni interne, certe visioni fatte ai sensi o interiori o esteriori, certe dottrine nuove, e certe verità non rivelate nelle sacre carte, non insegnate dai sacri dottori, a cui sentasi la persona ispirata.
In quanto alla volontà, tali sono certi impulsi a far cose grandi o sante, ma insolite; certi stimoli ad intraprendere cose superiori alle proprie forze, benché fondati nella fiducia della divina assistenza; certe ispirazioni di passare da uno stato buono ad un altro buono o anche migliore; certi zeli ardenti per la salute de' prossimi, che posti in esecuzione possono sortire buono o infelice esito; certi accendimenti nell'orazione che paiono santi, ma pur non costa della loro santità; e mille altre cose che hanno ottima apparenza, ma pure giustamente si teme che possano nascere da cattivo principio, o possano sortire pessimo fine.
Or dico, che siccome il formare giudizio retto di tali spiriti dubbi è cosa difficilissima, così per essi è molto opportuna la discrezione infusa; perché per mezzo di essa riceve l'uomo luce speciale per discernere le qualità di tali spiriti, e per decidere senza errore se siano buoni o rei. E però diciamo, che questi spiriti incerti e mal sicuri sono l'oggetto proprio di questa grazia gratis data. Lo insegna chiaramente S. Bernardo (S. Bern. Sermo 32 super Cant.): e lo conferma Gersone, il quale attribuisce la discrezione di questi spiriti dubbi a quella operazione divina che non solo può discernere le qualità degli spiriti, ma può anche dividere lo spirito dalla stessa anima (Gers. Tract. de prob. spir.), benché in realtà sia con esso lei una stessa cosa in sostanza.
§. III.
24. Dissi, che la discrezione di tali spiriti si fa per mezzo di un giudizio retto, regolato da una luce straordinaria, con cui Iddio rischiara la mente dell'uomo discreto. Ma qui si può cercare, se questo giudizio discernitore sia certo ed infallibile, o aia incerto e soggetto ad errore. Risponde a questo dubbio il padre Suarez (Suar. De grat. par. 1. prolegomenon 3, cap. 5, num. 42.) dicendo, che non è un tal giudizio formalmente certo ed infallibile; perché una tale infallibilità non può provenire se non che o dalla evidenza, o dalla fede; e né l'uno, né l'altro compete al predetto giudizio: non è evidente, perché sebbene decide circa le qualità degli spiriti, non li vede però chiaramente in sé stessi: non è atto di fede, perché sebbene si muova dalla luce divina, non si muove però dalla parola di Dio; e giudica degli spiriti, non perché abbia da Dio alcuna rivelazione delle loro qualità, ma solamente per quel merito che in essi scorge. Distingue l'Angelico due specie di profezia (quaest. 171, art. 5). Una perfetta, per cui conosce il profeta le cose future per rivelazione espressa che riceve da Dio, e però forma delle verità rivelate un giudizio certo ed infallibile; l'altra imperfetta, che più propriamente dee dirsi istinto profetico. per cui conosce il profeta le cose segrete, non per divina rivelazione, ma solo per un certo lume che Iddio gli dona, né egli in questo caso può essere certo e sicuro della verità delle cose che intende, perché non sapendo di certo se la luce che lo muove provenga da Dio o da altra cagione fallace, né, pure può esser sicuro della verità di quegli oggetti che per mezzo di una tal luce gli si manifestano.
Ed infatti sbagliano tal volta gli uomini santi in questa specie di profezie meno perfette, come dicono S. Gregorio (S. Greg. In Ezech. homil. L) e Riccardo di S. Vittore (Rich. In cant. par. 2, c. 33). Applicando ora la dottrina al caso nostro dico, che la discrezione degli spiriti non è come la profezia perfetta, perché l'uomo discreto non ha da Dio rivelazione alcuna circa gli spiriti di cui forma giudizio, ma circa essi ha solo un certo lume e un certo istinto molto simile all'istinto profetico; e però non può avere circa la rettitudine o pravità di detti spiriti una sicurezza infallibile: onde non può il giudizio ch'egli ne forma, essere formalmente certo e sicuro.
25. Con tutto ciò aggiunge il sopraccitato dottore (Suarez), che un tal giudizio discernitore degli spiriti, se sia regolato dalla luce particolare dello Spirito santo, è materialmente certo ed infallibile: perché sebbene la persona che giudica non può esser sicura di coglier nel vero per mancanza di motivo infallibile nel giudicare, nondimeno il suo giudizio è certo per cagione del principio che internamente la muove; non potendo lo Spirito santo eccitarci a giudicar falsamente né spingerci a pronunciare alcun errore (Suar. De grat. part. I. prologomenon 3, cap. 5, num. 43.). Questo pare che sia anche il sentimento di S. Bernardo (S. Bern. Sermo 17 super Cantica) né faccia ombra al lettore quella parola “cum loquitur spiritus»; perché per locuzione di spirito intende S. Bernardo, non solo la parola espressiva di Dio. ma qualunque mozione speciale che faccia Iddio nell'intimo dello spirito.
§. IV.
26. Dissi, che si appartiene alla grazia gratis data della discrezione non solo formar retto giudizio degli altrui spiriti, ma anche del proprio.
Si noti però, che diverso è il modo, con cui la persona discreta discerne i movimenti del proprio spirito, che degli altrui: poiché dice S. Gregorio, che le anime buone distinguono le proprie operazioni sante e divine, dalle diaboliche e dalle umane, per un certo sapore di spirito che ne fa loro sentire la diversità (S. Greg. Dialosi, lib. 4, cap. 48). Lo stesso conferma Gersone, dicendo, che per mezzo di quest'interno sapore si dileguano le tenebre di ogni dubbiezza, e l'anima si assicura dello spirito buono (Gers. Tract. de prob. spir.). Il che però si deve intendere, in caso che abbia l’anima altre volte gustato lo spirito vero del Signore: perché essendo questo tanto dissimile dallo spirito umano e diabolico; quanto è diverso il bianco dal nero, e la luce dalle tenebre, è facile, a chi lo ha molte volte sperimentato, il discernerlo da ogni altro spirito falso o adulterato. Ma questo è ordinario (prescindendo da qualche caso particolare che potrebbe darsi) non sarebbe vero, se la persona non avesse provato mai lo spirito di Dio retto e verace. Parlando poi degli spiriti altrui, dico che questi non si possono conoscere per via di sapore; perché niuno può esperimentare, o gustare ciò che si fa nell'intimo degli altrui cuori. E però la discrezione di questi unicamente dipende da quel giudizio retto di cui abbiamo parlato di sopra, e dalla luce infusa che regoli un tal giudizio acciocché vada a ferire nel vero. E qui voglio avvertire le persone spirituali, che sebbene sentono alle volte da una certa soavità di spirito accertarsi che Iddio opera in loro, non lascino di consigliarsi con uomini dotti, e specialmente con i loro padri spirituali, e di regolarsi in tutto col loro parere: perché la sicurezza che provano non è tale che non possa soggiacere a qualche sbaglio. S. Teresa in un suo rendimento di conto ad un suo confessore, gli dice, che in alcuni giorni in cui trovavasi molto raccolta in Dio, se si fossero uniti contro di lei tutti i santi e letterati del mondo, e l'avessero posta al cimento d'ogni più fiera carneficina per farla credere che delle sue rivelazioni fosse autore il demonio e non Dio, non ve l'avrebbero potuta indurre. Indi soggiunge, che non ostante tanta certezza, non avrebbe mosso una mano sopra il comando o consiglio di chi la dirigeva (Vita della B. M. Teresa del P. Francesco Riviera lib. 4, cap. 26.). Questo è il vero modo per assicurarsi di non sbagliare. Perciò ii citato p. Suarez parlando di queste stesse persone devote, che possono per un certo sapore interno discernere la qualità del proprio spirito, avverte, che devono anch'esse, per procedere con sicurezza, soggettarsi all'altrui giudizio: perché a cagione dell'affetto che tutti portiamo alle cose nostre, possono più inclinarsi ad una parte che all'altra, e rimanere deluse (1Cor 2,15).
§. V.
27. Confesso, che la discrezione che abbiamo fin ora dichiarata, essendo grazia gratis data, può da Dio compartirsi anche a persone macchiate di colpa grave; perché, come dice l'Angelico, non ripugna che questa specie di grazie si conferiscano anche ad anime ree. Così può Iddio per il bene spirituale di alcune persone semplici, dare al loro direttore, benché egli sia di mala coscienza, luce straordinaria con cui discerna le qualità o buone o cattive dei loro spiriti, acciocché rettamente le guidi per la via della salute e della cristiana perfezione. Dico però, che ciò d'ordinario non accade; ma che quasi sempre questa grazia si concede da dio a persone spirituali, che tali siano non solo in quanto al dono di conoscere, ma anche in quanto alla vita. Così S. Paolo nel sopraccitato testo parlando di quelli che avevano la grazia della discrezione degli spiriti, chiamati spirituali, o profeti: e siccome non si dà di ordinario per questi la grazia della profezia se siano peccatori, così neppure a quelli il dono della discrezione (1Cor 14, 37). Anzi torna più volte nella stessa epistola ad inculcare questa verità (1Cor 2, 15): lo spirito è quegli, a cui si appartiene il giudicare tutte le cose, e conseguentemente anche quelle che sono nascoste nel cuor dell'uomo (1Cor 2,10): lo spirito solo giunge a penetrare con guardo puro tutte le cose, anche le più profonde che sono in Dio; quanto più dunque sarà abile a penetrare nel fondo de' nostri cuori? E più chiaramente al mio proposito (1Cor 2, 14): l'uomo carnale non è capace di conoscere lo spirito divino, e per conseguenza di differenziarlo dal diabolico e dall'umano. E la ragione di questo è manifesta: perché per ricevere quella luce speciale pura che con la grazia della discrezione s'infonde, si richiede tranquillità di mente, purità di coscienza, e dominio sulle proprie passioni; doti tutte, di cui son prive le anime peccatrici.
E questa è appunto la ragione che apporta San Tommaso laddove parlando delle profezie dice, che potendosi concedere ai peccatori, pure accade molto di rado che loro si conferiscano.
28. Del resto poi è indubitato, che nella chiesa di Dio vi sono state sempre anime pure che hanno posseduto per infusione di grazia la discrezione de' propri, e degli altrui spiriti. S. Girolamo asserisce. che nel popolo ebraico v'erano sacerdoti di cui era officio di discernere quali fossero i profeti veri, quali i falsi; quali i detti che si pronunziavano per impulso divino, e quali quelli, che si proferivano per istinto umano o demoniaco (S. Hieronym. lib. 2, in cap. 3 Isaiae): sicché è molto probabile, che molti di essi avessero di un tale discernimento il dono infuso. Se vogliamo parlare della legge evangelica, tanti sono quelli che hanno ricevuto da Dio questo dono dichiarato in primo luogo, che non è possibile trovarne il numero. Santa Maria Maddalena de' Pazzi vedeva i pensieri che le sue novizie ravvolgevano per la mente, e i difetti in cui erano incorse: e questo era sì noto a tutto il monastero, che non osavano le religiose, specialmente quelle che erano state sotto la di lei custodia, presentarsele avanti senza aver prima esaminata la propria coscienza; e stando poi alla sua presenza tenevano ben custodita la mente e il cuore, acciocché non vi sorgesse pensiero di cui avessero ad arrossirsi, sapendo ch'ella li penetrava. Santa Caterina da Siena mirava i pensieri de suoi domestici, e palesava loro i secreti del cuore con tal chiarezza con cui un altro scoprirebbe ad un amico i sentimenti del proprio cuore.
E Il padre Raimondo suo confessore riferisce che volendole ricoprire un suo difetto interno di cui ella dolcemente lo avvertiva, perché, dissegli la santa, volermi nascondere una cosa che io veggo più chiaramente di quello che la vediate voi stesso? In quest'ultima nostra età il venerabile San Giuseppe da Copertino vedeva anche egli le colpe di cui erano macchiati quelli con cui trattava, e quelli con cui casualmente si imbatteva per istrada, e fino le specie particolari dei peccati dei quali erano contaminati; e soleva ammonirli con dire: vatti a lavare la faccia: volendo loro significare che si andassero a lavare col sangue di Gesù cristo nella sacramentale confessione.
E però alcuni suoi amici trovandosi talvolta rei di qualche colpa non si arrischiavano di accostarsi alla sua cella, se prima non erano andati ai piedi del confessore a ripulire le proprie coscienze. Sebbene, che serve allungarsi più nella narrazione dl tali grazie, di cui sono piene le sacre storie?
G. BATTISTA SCARAMELLI SERVUS IESUS
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