domenica 16 luglio 2023

SULLA PERDITA DELLA VISIONE BEATIFICA DI DIO.

 


SULL'INFERNO.


CAPITOLO VI. 

SULLA PERDITA DELLA VISIONE BEATIFICA DI DIO. 


Abbiamo già parlato di molti e terribili castighi inflitti ai dannati, ma questi non sono che una parte molto insignificante del tutto. Sono innumerevoli e così grandi e terribili che, come dice Sant'Agostino, tutte le sofferenze di questo mondo sono un nulla in confronto al fuoco eterno e ai tormenti dell'inferno. Come l'apostolo Paolo dice: "Occhio non ha visto, né orecchio ha udito, né è entrato nel cuore dell'uomo, ciò che Dio ha preparato per coloro che lo amano", così si può dire: Occhio non ha visto, né orecchio ha sentito, quali castighi Dio ha preparato per coloro sui quali cadono i suoi giusti giudizi". E quando leggiamo i terribili castighi con cui Dio minaccia di travolgere, anche in questo mondo, i trasgressori della sua santa legge, non possiamo forse essere certi che Egli riverserà tutto il furore della sua ira su quegli audaci peccatori che ignorano i suoi avvertimenti e, con diabolica malizia, persistono nella loro iniquità fino alla fine della loro vita? Ricordate cosa disse Dio al popolo d'Israele: "Nella mia ira si è acceso un fuoco che brucerà fino all'inferno più basso, divorerà la terra con i suoi prodotti e brucerà le fondamenta dei monti. Io ammasserò mali sui trasgressori della mia legge e spenderò le mie frecce in mezzo a loro. Saranno consumati dalla carestia, gli uccelli li divoreranno con un morso amarissimo; manderò su di loro i denti delle bestie e la furia dei serpenti. La spada li metterà a ferro e fuoco, il giovane e la vergine, il bambino che allatta e l'uomo in là con gli anni" (Deut. xxxii. 22-25). La Sacra Scrittura contiene molte minacce simili e altrettanto spaventose. Non c'è dubbio che nell'altro mondo, dove regnerà la giustizia e non la misericordia, Dio castigherà con mano severa gli insolenti che violano i suoi santi comandamenti. Le punizioni dell'eternità saranno senza numero e senza limiti. I dannati saranno circondati da problemi e dolori, da agonie e tormenti innumerevoli. San Bernardo dice che le pene dei dannati sono innumerevoli, nessuna lingua mortale può enumerarle. Tuttavia, tra tutte queste pene, quella che dà l'angoscia più forte è la privazione della visione di Dio. Non sarà mai concesso ai dannati di vedere il volto divino. Questo dolore supererà di gran lunga tutti gli altri tormenti di cui abbiamo parlato. È impossibile per l'uomo mortale capire come questa possa essere una sofferenza così grande per i dannati. Eppure questo è l'insegnamento dei Padri; tutti sostengono che non c'è nulla che i perduti rimpiangano così amaramente come l'essere esclusi per sempre dalla visione di Dio. Mentre viviamo in questo mondo, pensiamo poco alla visione di Dio e a cosa significherebbe per noi esserne privati in eterno. Ciò deriva dalla ottusità della nostra percezione, che ci impedisce di comprendere l'infinita bellezza e bontà di Dio e la delizia provata da coloro che lo guardano faccia a faccia. Ma dopo la morte, quando saremo liberati dai vincoli del corpo, i nostri occhi si apriranno e percepiremo almeno in parte che Dio è il Bene supremo e infinito e che il godimento di Lui è la nostra massima felicità. 

E allora un desiderio così ardente si impadronirà della nostra anima di guardare e godere di questo Bene supremo, che sarà irresistibilmente attratta da Dio e desidererà con tutte le sue forze contemplare la sua ineffabile bellezza. E se a causa dei suoi peccati viene privata di questa visione beatifica, ciò le causerà l'angoscia più intensa. Nessun dolore, nessuna tortura conosciuta in questo mondo può essere in qualche modo paragonata ad essa. Lo testimonia San Bonaventura, quando dice: "La pena più terribile dei dannati è quella di essere esclusi per sempre dalla contemplazione beata e gioiosa della Santissima Trinità". Ancora, San Giovanni Crisostomo dice: "So che molti temono l'inferno solo per le sue pene, ma io affermo che la perdita della gloria celeste è una fonte di dolore più amara di tutti i tormenti dell'inferno". Lo stesso maligno fu costretto a riconoscerlo, come si legge nelle leggende del Beato Jordan, un tempo Generale dell'Ordine Domenicano. Infatti, quando Jordan chiese a Satana, nella persona di un posseduto, quale fosse il principale tormento dell'inferno, egli rispose: "Essere esclusi dalla presenza di Dio"". Dio è dunque così bello da guardare?". chiese Jordan. E quando il diavolo rispose che Egli era davvero molto bello, chiese ancora: "Quanto è grande la Sua bellezza?". Stupido che sei", fu la risposta, "per farmi una domanda del genere! Non sai che la Sua bellezza è incomparabile?". Non puoi suggerire qualche similitudine", continuò Jordan, "che possa darmi almeno in qualche misura un'idea della bellezza divina?". Allora Satana disse: "Immagina una sfera di cristallo mille volte più brillante del sole, in cui si combinino l'avvenenza di tutti i colori dell'arcobaleno, la fragranza di ogni fiore, la dolcezza di ogni sapore prelibato, il costo di ogni pietra preziosa, la gentilezza degli uomini e l'attrattiva di tutti gli angeli; per quanto bello e prezioso sarebbe questo cristallo, in confronto alla bellezza divina sarebbe sgradevole e impuro"". E prega", chiese il buon monaco, "cosa daresti per essere ammesso alla visione di Dio?". E il diavolo rispose: "Se ci fosse un pilastro che si estende dalla terra al cielo, irto di punte acuminate, di chiodi e di ganci, acconsentirei volentieri a essere trascinato su e giù per quel pilastro da ora fino al giorno del giudizio, se solo mi fosse permesso di contemplare il volto divino per qualche breve istante". Possiamo quindi capire quanto sia infinita la bellezza del volto di Dio, se persino lo spirito del male si sottoporrebbe a una tortura fisica come quella descritta per poter godere per qualche istante della vista di quel volto grazioso e maestoso. Non c'è dubbio, quindi, che nulla è fonte di tanta angoscia per i diavoli e i dannati quanto l'essere privati della visione beatifica di Dio. Di conseguenza, se Dio inviasse un angelo alle porte dell'inferno, con questo messaggio ai miseri abitanti di quel luogo di tormento: "L'Onnipotente, nella sua misericordia, ha avuto compassione di voi e vuole che siate liberati da una delle pene che sopportate; quale sarà?", cosa pensi che risponderebbe? Tutti, come un sol uomo, esclamerebbero: "O buon angelo, prega Dio che, se non altro per la sua benevolenza, non ci privi più della vista del suo volto!". Questo è l'unico favore che implorano a Dio.  Se fosse possibile per loro, in mezzo alle fiamme dell'inferno, vedere il volto divino, per la gioia di esso non baderebbero più alle fiamme divoranti.  Infatti, la visione di Dio è così bella, così beata, così piena di estasi e di delizia infinita, che tutte le gioie e le attrattive della terra non possono essere minimamente paragonate ad essa. Infatti, tutta la felicità celeste, per quanto grande possa essere, si trasformerebbe in amarezza se mancasse la visione di Dio; e i redenti preferirebbero essere all'inferno, se potessero godere di quella visione beatifica, piuttosto che essere in cielo senza di essa. Come il privilegio di avere davanti a sé il volto divino costituisce la principale felicità dei beati, quella senza la quale tutte le altre non sarebbero affatto felici, così la principale miseria dell'inferno è che le anime perdute ne siano per sempre escluse. A questo proposito San Giovanni Crisostomo dice: "I tormenti di mille inferni sono nulla in confronto all'angoscia di essere banditi dalla beatitudine eterna e dalla visione di Dio".  Per renderci conto, in qualche misura, di quanto sia grande questo dolore della perdita, dobbiamo ricordare che siamo stati creati da Dio per essere per sempre felici. Questo amore per la felicità, questo desiderio di felicità, che ognuno di noi sente nel suo cuore, non sarà mai distrutto, nemmeno all'inferno. Durante questa vita gli uomini, spinti da questo desiderio e accecati dalla passione, cercano la felicità nelle ricchezze, negli onori, nella gratificazione sensuale. Queste vane immagini di felicità ci ingannano finché l'anima è unita al corpo. Ma dopo che l'anima ha interrotto il suo legame con il corpo, tutti questi piaceri falsi e fugaci scompaiono e l'anima diventa consapevole che solo Dio è la fonte di ogni felicità e che può trovare la felicità solo nel possesso di Lui. Non più ingannata da false apparenze, non più accecata dalle passioni, percepisce chiaramente l'ineffabile, stupefacente bellezza di Dio e le sue infinite perfezioni; vede la sua infinita potenza nel creare il mondo, la sua infinita sapienza nel governarlo, il suo eccessivo amore per lei nel farsi uomo, nel morire per lei, nel donarsi a lei come cibo della sua anima nel Santissimo Sacramento, nel destinarla a condividere per sempre la sua stessa felicità in cielo. Questa conoscenza della grandezza, della bontà e della bellezza di Dio rimarrà profondamente impressa in lei per tutta l'eternità. Vedrà anche la giustizia delle punizioni che Dio infligge per sempre all'inferno a tutti coloro che non osservano i suoi comandamenti. Allora l'anima reproba, desiderando la felicità e sentendosi irresistibilmente attratta da Dio, che solo può renderla felice, cerca di precipitarsi verso Dio con tutta l'irruenza della sua natura, per vederlo, goderlo, unirsi a Lui; ma si trova respinta con forza infinita da Dio, e odiata da Lui a causa dei suoi peccati. Se ora le venissero offerte tutte le ricchezze, gli onori e i piaceri del mondo, l'anima se ne allontanerebbe, anzi li maledirebbe tutti, perché desidera solo Dio e può essere felice solo in Dio. L'anima reproba all'inferno, spinta da dolori spaventosi, cerca intorno a sé un po' di sollievo, una parola di conforto; ma nemmeno uno sguardo di compassione la accoglie, perché è circondata da diavoli crudeli e da acerrimi nemici. Non trovando compassione dove si trova, alza gli occhi al cielo e lo vede così bello, così incantevole, così delizioso, così pieno di vera felicità. Si ricorda di essere stata creata e destinata a godere della sua beatitudine e ora, in mezzo ai suoi dolori più atroci, desidera i suoi piaceri con un desiderio ancora più indescrivibile e fa sforzi straordinari per andarci, ma non può lasciare la sua dimora di tormento. Nessuno in cielo sembra fare caso a lei. Vede il trono che Dio, nella sua bontà, aveva preparato per lei, ora occupato da qualcun altro! Non c'è più posto per lei in cielo. Vi vede alcuni dei suoi parenti, dei suoi compagni e conoscenti; ma non le prestano attenzione. Vede tutti gli eletti in cielo pieni di gioia e di allegria. Non sono nemmeno solidali con lei, ma come canta il Salmista, "il giusto si rallegrerà quando vedrà la vendetta" (Sal. Ivii. ii). Invano l'anima reproba invoca i santi, la Beata Vergine e lo stesso Salvatore divino. Si sente attratta da Dio da un impulso irresistibile e capisce che solo Dio può placare la sua sete di godimento e renderla felice. Desidera vederLo e possederLo; cerca ripetutamente di avvicinarsi a Lui, ma si sente respinta da Lui con forza invincibile; si vede oggetto dell'ira divina, dell'anatema divino. È consapevole che il suo è senza speranza e che non sarà mai ammessa nelle dimore dei beati, né lascerà la dimora della miseria senza fine. La disperazione la coglie; pronuncia le più spaventose imprecazioni contro Dio e gli eletti, contro il cielo, contro se stessa, i suoi genitori, i suoi compagni, contro tutte le creature. Tutto l'inferno risuona delle sue orribili bestemmie e lei diventa, nei suoi deliri, un oggetto di terrore per tutti gli altri reprobi.


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