sabato 2 settembre 2023

I Dieci Comandamenti

 


Alla luce delle Rivelazioni a Maria Valtorta

Il decimo Comandamento: “Non desiderare la roba d’altri”.


10.4 Un aiuto in più, per amare come Dio comanda, direttamente dallo Spirito Santo.

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Egli è andato oltre . Non si è limitato ad amare il prossimo suo come amava Se stesso, ma lo ha amato ben più di Se stesso, perché per dare "bene" a questo suo prossimo ha sacrificato la sua vita e l'ha consumata nel dolore e nella morte. Ma a voi non propone tanto. Gli basta che la grande maggioranza dei membri del suo Corpo Mistico portino la piccola croce di ogni giorno e amino il prossimo come amano se stessi. 

Solo ai suoi eletti, ai suoi predestinati, Egli indica la sua Croce e la sua sorte e dice: "Amatevi come Io vi ho amato", e insiste: "Nessuno ha un amore più grande di quello di colui che da la vita per i suoi amici", e termina: "Voi siete miei amici, se farete quello che Io comando 200 ". 

La predestinazione non è mai separata dall'eroismo . I santi sono eroi. In questa o in quella maniera, nella maniera che Dio loro propone, la loro vita è eroica. Essi sanno ciò che fanno, sanno a cosa li conduce il fare ciò che fanno. Ma non se ne spaventano. Sanno anche che ciò che loro fanno serve a continuare la Passione di Cristo, e ad aumentare i tesori della Comunione dei Santi, a salvare il mondo dai castighi di Dio, a strappare all'Inferno tanti tiepidi e peccatori che, senza la loro immolazione, non si salverebbero dalla dannazione. Perché anche la tiepidezza, raffreddando gradatamente la carità che ogni uomo deve avere per poter vivere in Dio, conduce lentamente alla morte dell'anima come per un'inedia spirituale. 

Se la predestinazione fosse disgiunta dal volere eroico della creatura, sarebbe cosa non giusta. E Dio non può volere cose non giuste. Parlo qui della predestinazione alla santità, proclamata dalla giustizia della vita e dai fatti straordinari che punteggiano come stelle la vita e la via del predestinato fedele alla sua predestinazione alla gloria, e che continuano ad essere proclamati dai miracoli oltre la morte del predestinato. 

Perché altra è la predestinazione alla Grazia divina, comune a tutti gli uomini, e perciò concessa gratuitamente da Dio in misura sufficiente a salvarsi; e altra è la predestinazione alla gloria che viene data a quelli che durante la vita terrena hanno bene usato del dono della Grazia, e le sono rimasti fedeli nonostante ogni prova di tentazione al male, o di ogni altro dono straordinario, accettato con commossa gioia, ma non preteso e non distrutto facendo di esso una stolta presunzione di essere tanto amati e tanto sicuri di possedere già la gloria, da non essere più necessario lottare e perseverare nell'eroismo per arrivarvi. 

Il quietismo, nel quale degenerano talora i primi impulsi di uno spirito chiamato a via straordinaria, è inviso a Dio. E così pure la superbia e la gola spirituale: i due peccati così facili negli eletti, beneficati — e provati per confermarli nella missione o privarli di essa come indegni — da doni straordinari, i peccati di Lucifero, di Adamo, di Giuda di Keriot, che avendo moltissimo vollero aver tutto; che credendosi sicuri di salvarsi senza merito e per il solo amore da parte di Dio; che fidando soltanto nell'infinita Bontà senza pensare che la perfetta, divina Bontà, pur essendo infinita, non diviene mai stoltezza e ingiustizia; che credendosi "dèi" perché tanto erano stati eletti, peccarono così gravemente. Dio certamente sa quali saranno coloro che rimarranno perseveranti eroicamente sino alla fine, mentre l'uomo non sa se sarà perseverante sino alla fine. 

E anche in questo è giustizia. Perché se Dio volesse che nonostante il libero arbitrio dell'uomo, molto sovente causa contraria rispetto al conseguimento della gloria — perché l'uomo difficilmente usa giustamente di questo regale dono di Dio, donato onde l'uomo, conscio del suo fine ultimo, liberamente elegga di compiere solo le azioni buone per meritare il conseguimento di quel beato fine — ogni uomo fosse salvo, costringerebbe gli uomini a non peccare. Ma allora verrebbe meno al suo rispetto per la libertà dell'individuo, creato da Lui con tutti quei doni che lo rendono capace di distinguere il bene e il male, capace di comprendere la legge morale e la legge divina, capace di tendere al suo fine e di raggiungerlo. 

E verrebbe pure a mancare per ogni singolo predestinato la causa della gloria: l'eroicità della vita per rimanere fedele al fine per cui fu creato e per usare, e usare santamente, dei doni gratuiti avuti da Dio, di quei doni che sono i frutti mirabili dell'Amore divino che vorrebbe la salvezza e il gaudio eterno di ogni uomo, ma che lascia libero l'uomo di volere il suo eterno futuro di gloria o di condanna. 

Ed è anche giustizia, questo ignorare, da parte vostra, la vostra sorte ultima. Perché se voi sapeste il vostro futuro eterno, restereste senza il movente che spinge i giusti ad agire per meritare la visione beatifica di Dio che è gaudio senza misura, e potreste cadere o in quietismo o in superbia anche transitori, ma sempre sufficienti a crearvi più lunga espiazione e minor grado di gloria, mentre gli ingiusti avrebbero in ciò il movente che li spingerebbe a divenire veri satana tanto giungerebbero ad odiare e bestemmiare Dio, odiare e nuocere al prossimo loro, senza più alcun freno, sapendosi già destinati all'inferno. 

No. Conoscendo la Legge e il fine a cui porta l'ubbidienza o la disubbidienza alla Legge, ma ignorando quanto solo l'onniveggenza di Dio sa, onde non manchi ai giusti lo sprone del puro amore che meriterà loro la gloria, e non manchi ai perversi, che preferiscono peccato e delitto a giustizia e amore, la libertà di  seguire ciò che a loro piace — onde, nell'ora della divina condanna, non compiano l'estremo peccato contro l'Amore lanciandogli questa blasfema accusa: "Ho agito così perché Tu, da sempre, mi avevi destinato all'inferno" — ogni creatura ragionevole deve liberamente scegliere la via che le piace, ed eleggersi il fine preferito.

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a cura del Team Neval

Riflessioni di Giovanna Busolini 

 

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