MARIA ROSA MYSTICA
ECCELLENZE, POTERI E MERAVIGLIE DEL SUO ROSARIO
Con ragione ha paragonato il suo vangelo alla divina sapienza di Cristo a un tesoro nascosto nel campo. Una cosa è quella che tutti vedono in superficie, un'altra quella che si nasconde nel profondo della terra: e dove meno si immaginano le ricchezze, lì sono depositate e nascoste: Non le scopre chi scava di più, solo le ha trovate "chi ha avuto maggiore fortuna: e questo è ciò che mi è accaduto (di cui devo le grazie alla Vergine Santissima) con il presente vangelo oggi. L'occasione per cui furono dette le parole che ho proposto, fu quel famoso miracolo, comunemente chiamato del demoniaco muto: e in questo caso, apparentemente così diverso, ci ha lasciato scritta l'evangelista tutta la storia del rosario e i suoi progressi, e non per allegorie o metafore, ma propriamente e letteralmente. Lì abbiamo letteralmente la prima origine di questo sovrano invento: lì la guerra ostinata, che subito tentò di fare il demonio: lì le vittorie che per mezzo di esso raggiungiamo contro l'inferno: e lì infine, il panegirico e i lodi che dobbiamo a Cristo, e sua benedetta Madre, come autrice di così grande opera: Beatus venter, qui te porta vil.
All'inizio dunque di questo vangelo (che è il cap. 11 di S. Luca) i discepoli chiesero a Cristo Signore, che li insegnasse a pregare: Domine, doce nos orare. E il modo di pregare che il divino Maestro insegnò loro, fu la preghiera del Padre Nostro: Et ait illis: cum oratis, dicite: Pater, sanctificetur nomen tuum: Adveniat regnum tuum, ecc. Non è questa la prima preghiera che diciamo, quando recitiamo il rosario? Sì. Poiché questa stessa, e nello stesso giorno in cui Cristo la insegnò, fu la seconda e ultima con cui si perfezionò il rosario. Il rosario iniziò con l'Ave Maria, quando l'angelo salutò la Vergine, dicendo: Ave gratia plena: Dominus tecum. (Luca 1 - 28) E quando Cristo insegnò il Padre Nostro, dicendo: Pater, sanctificetur nomen tuum: Adveniat regnum tuum: allora si perfezionò il medesimo rosario; perché il rosario non è altro che un modo di pregare composto di Padre Nostri e Ave Maria.
Lanciati dunque questi due fondamenti del rosario, e perfezionata in queste due preghiere la materia a cui la Regina degli angeli, e Madre dello stesso Cristo, poi diede la forma: che cosa successe in quel medesimo punto? Cosa veramente meravigliosa, e mistero profondissimo, non occulto, ma manifesto. Nel medesimo punto in cui l'evangelista S. Luca finì di riferire la preghiera che Cristo aveva insegnato, senza ripetere parola alcuna, continua, dicendo: Et erat Jesus ejiciens daemonium, et illud erat mutum: (Luca 11 - 14) che stava Cristo scacciando da un uomo indemoniato un demonio muto; il quale demonio si chiama muto, perché aveva ammutolito e tolto la parola all'uomo. Poiché quando Cristo finisce di insegnare il Padre Nostro: quando Cristo finisce di fondare il rosario, allora (e solo in questo caso, e in nessun altro) allora (e nello stesso punto senza mettere tempo in mezzo) allora tratta il demonio di ammutolire l'uomo? Sì. Allora. E con conseguenza non solo misteriosa, ma letterale. Perché allora si vide il demonio perduto, riconoscendo i poteri della preghiera, un altro modo di ammutolire più ingiurioso a Dio, come dice sant'Agostino; perché invece di parlare con Dio, parlavano con i loro vani pensieri.
E come gli sforzi del demonio per rendere muti gli uomini, più in questo genere di preghiera che in nessun altro, si armano di tutte le sue arti, di tutte le sue astuzie e di tutti i suoi poteri; questa è la ragione e il mistero, per cui Cristo, nel momento stesso in cui stava gettando le prime fondamenta del rosario, non solo dice che ha scacciato il demonio muto, ma che lo stava mangiando: "Erat ejiciens daemonium, et illud erat mutum". Nota l'opposizione: uno era contro l'altro: "Erat ejiciens, et erat mutus". Tanta era la ribellione, tanta la resistenza, tanta l'ostinazione del demonio nel non volersi arrendere all'onnipotenza di Cristo, e nel rifiutarsi di liberare la lingua dell'uomo, che era rimasta muta. E se lo stesso Cristo, moltiplicando degli impulsi su altri, si trattenne tanto nel compiere questo miracolo; non è molto che anche noi moltiplichiamo sermoni e discorsi, poiché impugniamo lo stesso demonio e cerchiamo di guarire gli stessi muti. Il muto del Vangelo finalmente parlò con grande ammirazione dei presenti: "Loquutus est mutus, et admirati sunt turbae" (Luca XI - 14) e io spero che in questo sermone si sentirà anche parlare il muto, non solo con uguale ammirazione, ma con stupore e meraviglia. Quel muto parlò, ma il Vangelo non riferisce ciò che disse: questo deve parlare e dire ciò che non avete mai udito. Egli è colui che deve pregare, e non io. E poiché non è capace di grazia, non la chiediamo per lui, ma per noi: Ave Maria, ecc.
PADRE ANTONIO VIEIRA

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