mercoledì 22 aprile 2020

IL PURGATORIO NELLA RIVELAZIONE DEI SANTI




ESISTENZA DEL PURGATORIO


La preghiera per i morti

Finora noi abbiamo supposto come ammessa da tutti l'esistenza  del Purgatorio, ma siccome da molti non si crede purtroppo a  questa verità, e i protestanti la considerano come una  superstizione della Chiesa cattolica, bisogna fermarci alquanto  sulle prove che stabiliscono questa verità, per trattare poi tutti i  punti della dottrina cattolica riguardante il Purgatorio.

Noi partiamo dal principio a tutti evidente, che la preghiera per  i defunti suppone il domma del Purgatorio. Infatti per i Santi  del Paradiso non si prega, come non si può pregare per i  dannati dell'Inferno, per quelli perchè non hanno bisogno e per  questi perchè si trovano nella impossibilità di trar profitto dalle  nostre preghiere. La preghiera per i morti suppone quindi uno  stato intermedio fra la beatitudine del Cielo e la eterna  disperazione dell'Inferno: stato di sofferenza, ma di sofferenza  temporanea, durante la quale le anime tormentate possono  ricevere sollievo dai suffragi dei vivi. La preghiera per i morti  suppone quindi l'esistenza del Purgatorio, e tale preghiera si è  fatta in tutti i tempi e da tutti i popoli. Gli Ebrei conobbero tale  preghiera, dal momento che vediamo Giuda Maccabeo fare una  colletta per offrire sacrifici in memoria e a vantaggio dei  soldati del suo esercito caduti combattendo. La sacra Scrittura,  lungi dal biasimare questo atto, aggiunge nel riferirlo una  riflessione opportuna Sancta ergo et salubris est cogitatio pro  defunctis exorare, ut a peccatis solvantur (2 Mac., 12, 46). A  proposito del culto per i morti tra i popoli primitivi o pagani,  abbiamo la storia e la letteratura che ne parlano. Si curò la sepoltura dei cadaveri, si offrirono sacrifici e si fecero ovunque  preghiere, perchè le anime dei trapassati riposassero in pace.  Ed è quanto si fa ancora oggi tra i popoli, ai quali non giunse  ancora la luce del Vangelo. Nella Chiesa poi i riti di suffragio  risalgono ai tempi apostolici, come ne fan fede le antichissime  liturgie, le quali prescrivevano che nel tempio, dopo essere stati  letti sui sacri dittici i nomi delle persone viventi, con le quali  v'era comunione di preghiera, si leggessero quelli dei defunti in  modo particolare raccomandati; e il sacerdote, come del resto  fa ai nostri giorni, raccolto in orazione, invocava per i defunti  locum refrigerii, lucis et pacis. Tutte le liturgie antiche, senza  eccezione, ci ricordano questo rito, il quale per le forme con  cui veniva fatto prese il nome di "preghiera sopra i dittici”-  oratio super dyptichos.

Negli Atti di Santa Perpetua, scritti in gran parte dalla Santa  medesima, è bellissimo il passo, che vogliamo citar per intero,  nel quale si parla proprio della fede che avevano gli antichi  cristiani nel Purgatorio. La Santa dopo aver parlato delle  circostanze della sua cattura e dei primi giorni passati nel  carcere in compagnia di altri confessori della fede, così  prosegue: «Mentre un giorno eravamo tutti in preghiera, mi  venne sulle labbra il nome del mio Dinocrate, e rimasi stupita  di non essermi mai fino a quel punto ricordata di lui. Mi  afflisse il dubbio della sua infelicità e conobbi allora che ero  degna di pregare per lui e che perciò bisognava pregassi.  Incominciai quindi a pregare fervorosamente, gemendo davanti  a Dio e nella notte seguente ebbi questa visione. «Vidi  Dinocrate uscire da luoghi tenebrosi, dove molti altri stavano  con lui. Egli era tutto arso e divorato dalla sete, sordido in  volto, di aspetto pallido e con la faccia tuttora corrosa  dall'ulcere di cui perì. Questo Dinocrate era mio fratello  secondo la carne, in età di sette anni morì di un cancro al volto,  che lo rendeva oggetto di orrore a quanti lo guardavano. Per lui io avevo pregato. Sembravami dunque che una gran distanza  corresse fra lui e me, in modo che fosse impossibile appressarci  l'una all'altro. Vicino a lui vidi un bacino pieno d'acqua, il cui  orlo essendo più alto della persona del fanciullo, non poteva  essendo Dinocrate in alcun modo essere raggiunto per quanti  sforzi facesse, onde appressare le sue labbra a quell'acqua  refrigerante. Oh! quanto mi addolorava quel supplizio. In  questo frattempo io mi svegliai, e da tutto ciò conobbi che il  mio fratello trovavisi in stato di pena, e sperai di poterlo  sollevare. Incominciai dunque a pregare Dio giorno e notte con  lacrime e con sospiri, perché mi concedesse la grazia della sua  liberazione, e continuai le preghiere finché fummo trasferiti  nella prigione del campo, per servire di pubblico spettacolo  nella festa di Cesare Geta. Il giorno in cui fummo avvinti in  catene per essere condotti alla festa, io ebbi un'altra visione,  nella quale scorsi il medesimo luogo visto la prima volta, e  Dinocrate col corpo mondo, rivestito di splendide vesti e senza  neppure una lieve cicatrice nel posto dell'antica piaga. L'orlo  del bacino si era abbassato fino ai fianchi del fanciullo, e  presso di lui stava un'ampolla d'oro per attingere acqua. Ed  essendosi Dinocrate avvicinato, incominciò a bere di  quell'acqua, senza che essa scemasse, e quando ne fu sazio  abbandonò tutto ilare il bacino per andare a giuocare, come è  costume dei fanciulli di quella età. In quel mentre mi destai, e  compresi da ciò che il mio fratello era ormai libero da ogni  pena ». (Acta S. Perpetuae, apud Bolland. 7 Martii).
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Sac. Luigi Carnino, Rev. Del.

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