lunedì 4 maggio 2020

Lettere di Sant'Agostino



LETTERA 1 

Scritta alla fine del 386 o all'inizio del 387. 

A. spiega a Ermogeniano perché gli Accademici usarono un  linguaggio ermetico adatto al loro tempo (n. 1), ma presentemente  pericoloso, poiché potrebbe indurre all'agnosticismo (n. 2); gli  chiede infine un giudizio su quanto afferma alla fine del III 1. del  dialogo Contra Academicos (n. 3). 

AGOSTINO AD ERMOGENIANO 


Perché gli Accademici occultarono la verità. 

1. Io non oserei mai, nemmeno scherzando, attaccare gli  Accademici; come potrebbe infatti non impressionarmi l'autorità di  persone tanto grandi, se non ritenessi che essi la pensavano molto  diversamente da come si è creduto di solito? Perciò li ho imitati, per  quanto mi è stato possibile, piuttosto che tentare di confutarli, cosa  che non sono affatto capace di fare. Mi pare infatti si addicesse perfettamente a quei tempi che, se qualcosa di puro sgorgava dal  fonte Platonico, lo si facesse scorrere tra macchie oscure e piene di  spine, così da servire di nutrimento a pochissimi uomini, piuttosto  che, effondendosi per luoghi facilmente accessibili, non potesse in  alcun modo conservarsi limpido e puro per l'irrompere in esso delle  bestie da ogni parte e senz'ordine. Che v'è infatti che più si addica  a una bestia del ritenere corporea l'anima? Contro individui di tal  fatta io penso che sia stato utilmente escogitato quell'accorto  metodo di nascondere la verità. Ma nell'età nostra, in cui non  vediamo più filosofi salvo che nel mantello (e questi io in verità non  li posso reputare degni di un nome così venerabile), mi sembra che  si debbano ricondurre gli uomini alla speranza di trovare la verità,  se qualcuno l'opinione degli Accademici ne ha distolto con la  sottigliezza dei loro discorsi dal cercare di comprendere le cose;  affìnché quello che, date le circostanze, fu opportuno per estirpare  degli errori profondamente radicati, non incominci ora ad essere di  ostacolo nell'inculcare il sapere. 

Il loro metodo può favorire l'agnosticismo. 

2. Mi spiego: allora la passione per le ricerche filosofiche da parte  delle varie scuole era così ardente che niente altro si doveva  temere se non di prendere per vero il falso. Ognuno poi, distolto  per quelle argomentazioni da ciò che di saldo e inconcusso aveva  creduto di possedere, ricercava qualcosa di diverso con tanto  maggiore costanza e cautela quanto più grande era lo zelo nel  campo della morale e si riteneva che la verità si nascondesse  quanto mai profonda e involuta nella natura e nelle menti. Ma ora  così grande è la ripugnanza per la fatica e l'incuria per gli studi  liberali che, non appena si sente dire che dei filosofi molto acuti  hanno creduto che nulla si possa conoscere con certezza, gli uomini  si perdono d'animo e rinunziano per sempre ai propri progetti. Non  osano infatti ritenersi più acuti di quelli, sicché possa rivelarsi loro  con chiarezza ciò che Carneade non è stato capace di trovare con  tanto zelo, ingegno e tempo a disposizione; per di più con una  cultura così vasta e molteplice e infine anche nel corso di una vita  lunghissima. E se pure, resistendo un poco alla pigrizia, leggono i  libri medesimi in cui pare sia dimostrato che alla natura umana è  negata la conoscenza, si addormentano di un sonno così profondo  che non si sveglierebbero neppure al suono della celeste tromba. 

Agostino chiede il parere di Ermogeniano. 

3. Perciò, essendo a me graditissimo il tuo sincero giudizio sui miei  scritti, e tenendoti io in sì gran conto che, a mio avviso, l'errore non  può trovare posto nella tua esperienza né la simulazione nella tua  amicizia, più vivamente ti chiedo di esaminare con maggiore  attenzione e poi di rispondermi se approvi quello che io, sulla fine  del terzo libro, in modo forse più congetturale che certo, e tuttavia  (a mio giudizio) con utilità maggiore di ciò che può esserci di  inverosimile, ho pensato si debba credere. Effettivamente,  qualunque sia il valore di quell'opera, mi compiaccio non tanto di  aver vinto, come tu dici, gli Accademici (lo scrivi infatti mosso forse  dall'affetto più che dal rispetto per la verità), quanto di essermi  spezzato quell'odiosissimo freno per cui io ero tenuto lontano dal  seno della filosofia per sfiducia di poter attingere la verità, che è il  nutrimento dello spirito. 

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