sabato 18 ottobre 2025

GESÙ, RE DELL'AMORE

 


L' INTRONIZZAZIONE 

Che cosa è l'importanza pratica?


In cosa consiste?

Possiamo definirlo: il riconoscimento ufficiale e sociale della sovranità amorosa del Cuore di Gesù sulla famiglia cristiana. Riconoscimento sensibile per l'installazione definitiva e solenne di un'immagine del Sacro Cuore in un luogo d'onore, e per l'intera offerta della casa attraverso l'atto di consacrazione. (Vedi la Brochure Ufficiale: "L'Entronizzazione del Cuore di Gesù nelle famiglie"). Disse Dio di misericordia a Paray-le-Monial che, essendo Lui stesso la fonte di tutte le benedizioni, le distribuirebbe copiosamente dove fosse collocata l'immagine del Suo Cuore, affinché fosse amata e onorata. (Vita e Opere di Santa Margherita Maria, di Gautey, p. 296). Disse inoltre: "Regnerò nonostante i miei nemici e tutti coloro che intendano opporsi". 

L'Entronizzazione, quindi, non soddisfa solo questo o quel desiderio del Salvatore a Santa Margherita Maria, ma realizza completamente e integralmente tutti loro, attirando il compimento di tutte le splendide promesse che li hanno arricchiti. Si osservi che diciamo "realizza integralmente" il complesso dei desideri formulati a Paray, perché il suo fine supremo, trascendentale, non è, né deve essere, il fomentare alcune devozioncine, ma la santificazione profonda della casa - secondo lo spirito del Sacro Cuore - affinché diventi il primo trono del Re divino, trono vivo e di carattere sociale. 

Per trasformare e salvare il mondo è imprescindibile che il Natale si perpetui, pulsante e permanente, cioè che Gesù, il Dio Emmanuel, sia davvero "Dio con noi", che abiti realmente ed effettivamente tra noi, suoi fratelli esiliati, ben più deboli che malvagi... Non inganniamoci: per arrivare, in un giorno più o meno prossimo, al Regno Sociale di Gesù Cristo, facendolo riconoscere e rispettare come Re sovrano, sarà necessario ricostruire la società moderna dalle sue fondamenta, ricostruirla sulle basi di Nazareth, della famiglia profondamente cristiana. 

Si valuta il valore di un popolo dal valore morale della famiglia. In santità o corruzione, un popolo vale quanto vale 'La casa. Regola senza eccezione. Ricordo ciò che mi diceva un grande convertito: "Padre, non potrà mai esagerare l'importanza della Crociata che predica. Come già le ho detto, i Fratelli della Loggia a cui tanti anni ho appartenuto non mirano ad altro che a descristianizzare la famiglia. Una volta fatto, in parte o totalmente, i cattolici possono rimanere con le loro cattedrali, chiese e cappelle. Che importano monumenti di pietra, una volta ottenuto il dominio sul santuario della casa?... Nella proporzione del successo di questa strategia settaria, l'inferno ha assicurata la sua vittoria. Così ragionai, e agii di conseguenza, io stesso, Padre, mentre ero affiliato alle schiere della massoneria". 

Triste ma eterna è la verità del Vangelo: "I figli di questo secolo sono più abili nella loro generazione dei figli della luce" (Lc 16, 8). Il grande male, il maggiore della nostra società, è aver perso il senso del divino; ma questo male deve avere un rimedio... Quale? Tornare sulla via del Vangelo, ritornare a Nazareth. Il Signore, sapientissimo, volle fondare la redenzione del mondo sulla pietra angolare della Sacra Famiglia. In essa, il Verbo, Gesù, nostro Fratello, iniziò la Sua opera redentrice... E non sarà in modo diverso che dobbiamo salvare il mondo moderno. Modelliamolo secondo la forma, tanto semplice quanto sublime, di Nazareth. 

Quanto si è parlato, con l'eloquenza dei discorsi e delle fotografie, delle devastazioni orrende di chiese e templi nel vasto campo di battaglia della Grande Guerra!... Cattedrali, monasteri, cappelle distrutti dalla mitragliatrice, nel inevitabile andirivieni degli eserciti che si scontravano... Quanto più spaventosa è, però, la rovina morale della famiglia cristiana! La casa è il tempio per eccellenza, il Tabernacolo tre volte santo. Per quanto artistiche e venerande possano essere, basiliche e cattedrali non salveranno il mondo. Esso sarà redento dalle famiglie sante, Nazareth divino. E questo si comprende. 

La famiglia è la fonte della vita, la prima scuola del bambino. Perciò vogliamo così profondamente impregnare la casa di Gesù Cristo e della linfa del Suo amore divino, che tutto l'albero si trasformi nel Cristo stesso, in fiori e frutti. Ora, l'Entronizzazione, ben compresa, non è altro che Gesù, il Re di Nazareth sulla soglia della porta, a chiedere il posto che è Suo, che per diritto divino Gli spetta, lo stesso che Gli riservava Betania, nei tempi antichi. Luogo d'onore, perché è Re (Gv 18, 37), e, in un giorno non lontano, avendo conquistato con il Suo amore famiglia per famiglia, regnerà su tutto 'Il complesso di esse, la società.

Luogo di intimità, nel seno della casa, perché vuole essere realmente l'AMICO (Cânt 5, 16). Soprattutto per il suo Cuore, e usando il dolce scettro dell'amore, la sua sovranità delicata incrementa questa intimità. In una parola: L'Entronizzazione mira a perpetuare la convivenza con il Gesù del Vangelo, l'Emanuele che torna per abitare nelle tende dei figli degli uomini. 

Ma quanto poco è conosciuto Cristo! E per questo, quanto poco amato! La maggior parte di coloro che si dicono cristiani ha paura di lui e vive a distanza. Gli dice, non forse con le labbra, ma con le sue attitudini: "Resta, Signore, nel tuo tabernacolo; quanto a noi, vivremo per conto nostro e rideremo, vivremo la nostra vita familiare, senza che tu ti intrometta troppo intimamente in essa... Non avvicinarti troppo, non parlarci, affinché non ci accada di morire di paura" (Giov 20, 19). 

Così parlarono gli ebrei a Geova, e allo stesso modo continuano a rivolgersi i figli al loro Padre e Pastore! Ci impegniamo a vedere in Gesù Salvatore, così mite e accessibile, il Geova terribile che scarica fulmini sul Sinai, invece di fissare il Re d'Amore, che trova le sue "delizie nel stare con i figli degli uomini" (Prov 8, 31). Colui che, durante la sua vita mortale, si compiaceva di ospitare a casa di peccatori (Mt 9, 11) e di assistere alle nozze di Cana (Giov 2, 2). In mille modi, incantevoli e meravigliosi, gli è piaciuto mostrarci che il desiderio del suo Cuore è partecipare alla nostra vita, così com'è, con tutte le sue sofferenze e gioie. 

Ci lamentiamo della nostra indegnità!... Che assurdità! Come se fosse stato degno Zaccheo, a cui la curiosità, e non altro motivo, mise sulla strada del Salvatore... Come se fossero state degne - o sante - la Cananea e la Samaritana; santo, Simone il Fariseo, e tanti nostri compagni nella lebbra morale, nella miseria e malvagità... No, nessuno di loro era degno, ma tutti ebbero fede nell'amore misericordioso del Maestro, e accettarono con semplicità la sua condiscendenza. Felici disgraziati, il cui sfortuna attirò e commosse il cuore del Salvatore! Nelle loro case e nelle loro anime, con Gesù entrò la felicità, la pace e la conversione... "Oggi è entrata la salvezza in questa casa" (Lc 19, 9). 

Pretesto farisaico, il rispetto! Il Dio di tutta la maestà, spogliandosi del suo splendore, ci chiama e, con le braccia tese, ci offre la mano... Arriva a essere audacia e insolenza pretendere di dargli una lezione e, invocando rispetto, mantenerci a distanza, come a dirgli: "Ricordati che sei Dio e Re; allontanati". 

Ci sono per vedersi migliaia di pseudo-cristiani che, nonostante la Redenzione, pretendono di servire il Redentore aprendo valli tra loro e Lui, erigendo montagne, scavando abissi. E questo, sempre per rispetto! Il rispetto, nella sua essenza, è amore e non etichetta, perlomeno in relazione a Gesù. Per volontà Sua esplicita, il rispetto non è distanza, poiché Egli l'ha già soppressa con l'Incarnazione e l'Eucaristia. 

Sopprimendola, ha richiesto ai cristiani, tuttavia, un'adorazione molto più perfetta di quella che tributavano gli ebrei, tremando e a distanza. Quanti non sono i cristiani battezzati nella pelle, ebrei d'anima, in perpetuo timore esagerato che, se sentissero Gesù parlare loro e chiamarli "lilioli", piccolini, "amici miei", morirebbero non di emozione e amore, ma di spavento! 

Quanto a me, lasciatemi ripetere fino alla sazietà: "Tacete in questa ora tutti i Mosè e i Profeti... Tacete gli uomini le cui voci, per quanto dolci possano sembrare, mi soffocano... Tacete le creature il loro canto di usignolo, che la mia anima anela ad ascoltare Te, Gesù, solo Te che hai parole di vita eterna e d'amore... 

Lasciami ascoltarti affinché possa predicarti, a Te, Gesù, autentico Amore degli amori, Figlio del Dio vivo e Figlio di Maria!" 

Ascoltami: detesto mille volte di più un giansenista che cento protestanti, e ancora di più di un incredulo. Ricordo di un signore che si credeva cattolico come nessun altro e che mi diceva: "Io, Padre, mettere in sala un Cuore di Gesù? Mai! Che mancanza di rispetto! Non mancava altro!" 

Cosa farebbe questo ardente cattolico, se avesse visto con i propri occhi il Re dei re fianco a fianco con peccatori a cercare, Lui stesso, la fiducia, l'intimità familiare in pubblicani e altri simili, gente molto poco raccomandabile e illustre, senza dubbio? Quante volte questi rispetti non sono altro che camouflage del rispetto umano e anche dell'orgoglio!...

Come se A quello, a cui i novelli sposi di Canà hanno invitato per le loro nozze, non dovesse sentirsi onorato e al suo posto, in una sala che si dice cristiana! Non è Lui, per caso, il Re dei re? Triste realtà: dopo venti secoli di cristianesimo, l'Amore non è amato, non è amato, assolutamente! Non si predica abbastanza l'amore di Gesù Cristo e, tuttavia, questa Sua carità non è un sentimento malato. L'amore è fiamma, amare è vita, e che vita! E tutto ciò si deve, in parte o almeno, alla mancanza di lettura, alla mancanza ancora maggiore di meditazione del Vangelo, dove da ogni pagina risalta un solo anelito divino: l'intimità familiare con l'uomo. Forse temevano a Gesù quei piccolini della Galilea, che si gettavano tra le sue braccia, si incantavano con il Suo sguardo e riposavano sul Suo Cuore? E quando, a forza, si vedevano strappati da questo nido, rapidamente vi tornavano, attratti, magnetizzati, dal petto del Maestro. Come pretendere di conoscerlo, amato con passione divina, se il nostro Cristianesimo - e la nostra pietà non si fondano su avvicinamento e intimità? Come amarlo con santa e deliziosa ebbrezza se lo contempliamo disfigurato e a distanza? Eppure, chi, dopo aver contemplato la Tua bellezza, non stimerà tutto il resto in tristezza e sventura?

Apprezzai una scena che mi azzardo a chiamare evangelica, anche se non la troviamo testualmente nel Vangelo. Intitoliamola "Le quattro prime visite di Gesù a Betania". Se mi leggete con il cuore, al termine, direte in un moto d'amore: "Se non la cornice, almeno la tela deve essere stata una felice realtà... Qualcosa di questo, e forse gran parte, deve essere accaduto a Betania". 

Quando, per la prima volta, Gesù arrivò a Betania, fu accolto da Lazzaro e Marta (Maria era ancora la pecorella smarrita e dispersa) con una certa riserva, non del tutto priva di legittima curiosità. Vedere da vicino il famoso Nazareno, i cui prodigi si commentavano ovunque, baciarne la mano, ascoltarlo in intimità... Chi sarà lui? Un Rabbì? Un Profeta? Lazzaro e Marta si sentirono senza dubbio lusingati da tanta onore, ma, allo stesso tempo, tale personaggio li intrigava... Lo ascoltavano attenti, anche se a una certa distanza. Giudicavano e lo ammiravano con le inevitabili riserve. Tuttavia, qualcosa di misterioso, di ineffabile che emanava da tutta la sua Persona commuoveva segretamente e conquistava, nei due fratelli, la fibra più delicata. 

Perciò, già sulla soglia della porta, inebriati da un'emozione mai provata, nel congedarsi da Gesù, dissero entrambi a una voce, con un tremore rivelatore dell'amore che si risvegliava: "Maestro, torna a Betania, non ci dimenticare". E Gesù, con un sorriso che lasciava intuire un riflesso del cielo del suo Cuore, promise di tornare...

Arriva a Betania per la seconda volta. Quasi una festa. Fiori e aspettativa. Lazzaro e Marta si commuovono nel sentire che si avvicina a Betania l'adorabile Nazareno. Impazienti, escono a aspettarlo. Si rallegrano davvero nel vederlo... Il rispetto è molto maggiore rispetto alla prima visita, poiché già sboccia l'amore. Questa volta, non si accontentano più di ascoltarlo estasiati: c'è abbastanza fiducia per interrogarlo... La conversazione è quasi familiare, con tonalità di espansione e gioia. "Com'è semplice e buono il Maestro", commentano, "che Maestà, dolce e travolgente! Il suo sguardo riaccende e illumina, le sue parole trasformano, il suo Cuore rapisce... Tutti gli amori della terra hanno il sapore del fiele quando si è provato da vicino le sue palpitazioni divine!"

Questa volta, alla partenza, Lazzaro e Marta a fatica riuscivano a reprimere il singhiozzo che gli stringeva la gola. A una voce, supplicarono entrambi con il cuore sulle labbra, semplicemente umili: "Sarà difficile abituarci da oggi in poi a vivere senza di Te; torna, Signore, considera Tua questa casa, considera noi i Tuoi amici!" E Gesù, commosso, rispose loro: "Sarò vostro Amico, tornerò sì, e, dato che mi amate, Betania sarà l'oasi del mio Cuore".

Che esplosione di giubilo, che festa d'amore il ritorno del Nostro Signore a Betania per la terza volta! A questa chiamiamo la visita e l'accoglienza dell'Entronizzazione. Con quanta impazienza avevano contato Lazzaro e Marta le ore e i giorni! Che nostalgia, che solitudine insopportabile era diventata Betania da quando Gesù aveva detto: "Tornerò, con l'Amico". Già nulla dava loro pace, nulla aveva il dono di farli sorridere. L'unico sogno dorato, o meglio, l'unica realtà è Lui. Da quando si era congedato vivevano senza vivere. Gesù aveva rapito i loro cuori.

Finalmente, ecco che arriva il Desiderato! Accorrono al suo incontro, gli cadono ai piedi piangendo di felicità, baciano le mani divine. E in mezzo a una vera ovazione di affetto, di tenerezza, chiamandolo con santa audacia "Amico", lo introducono dove non si riceve se non un intimo del focolare. 

Si avvicinano subito, senza alcun timore, parlano con la santa familiarità dei suoi discepoli, conversano con la felice intimità, il sollievo di chi si sente intuito, compreso, amato. E Gesù ascoltava, e a ogni risposta, a ogni sguardo - o sorriso penetrava fino al profondo dell'anima dei suoi amici...

Improvvisamente, nel maggior ardore di quel dialogo di celestiale intimità, si fa silenzio... Gesù tace, Lazzaro si avvicina di più al Maestro e, appoggiando il suo volto sulle ginocchia dell'Amico divino, rompe in un singhiozzo. 

"Perché piangi?" chiede Nostro Signore. "Tu sai tutto", risponde Lazzaro. "Sì, so tutto, ma poiché siamo amici di fatto, parla, confida a Me la tua anima tutta intera". E, mentre Marta nasconde tra le mani il volto arrossato e piange in silenzio, Lazzaro dice: "Maestro, siamo due, ma eravamo tre in questa casa. Maria, nostra sorella, ci ha coperto di tristezza e vergogna, la chiamano 'la Maddalena'! La amiamo tanto e, oggi, è l'onta di Betania. Gesù, se sei nostro Amico, restituiscici Maria sana, salva e abbellita!" 

Gesù, dopo aver pianto con i suoi amici, afferma con voce interrotta: "Vostra sorella tornerà, vivrà, e Betania sarà felice!" Nel congedarsi quel pomeriggio, già fuori dall'uscio, benedicendo i suoi due amici, ripete loro Nostro Signore: "Maria tornerà al gregge, cari amici, tornerà, per gloria di mio Padre e mia!"

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P. MATEO CRAWLEY-BOEVEY SS. CC.



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