mercoledì 10 maggio 2023

L'ultimo Papa canonizzato



Il Beato Pio X, del Padre Girolamo DAL GAL Ofm c. 


CANCELLIERE VESCOVILE 

Mons. Sarto era Cancelliere Vescovile, ma di una Curia dove il Vescovo, per  le sue precarie condizioni di salute, non poteva esercitare la sua antica attività; dove il Vicario Generale era oramai vecchio ed malaticcio e dove  l'unico Coadiuvatore di Curia era quasi sempre ammalato. 

Gli affari della Diocesi - eccettuata la corrispondenza privata del Vescovo -  erano tutti nelle sue mani. Ed erano in buone mani, perché a Mons. Sarto  nulla sfuggiva. 

 “Era un incanto - affermava chi più volte lo aveva veduto al suo tavolo di  lavoro - osservarlo nel suo stanzone a piano terra del Palazzo Vescovile nei  giorni e nelle ore di maggiore affluenza, specialmente nel Martedì, in cui i  Parroci e i Cappellani della Diocesi, cogliendo l'occasione del grande  mercato cittadino, andavano in Curia. 

"Con il capo leggermente inclinato e con una inimitabile espressione di  mitezza accoglieva tutti, ascoltava tutti con il medesimo umore, con  semplicità e naturalezza, con lo stesso vigile e costante controllo di sé. Poche  parole sommesse.... risposte pronte, conciliative, tranquillizzanti che  ispiravano fiducia e confidenza .... misure spicce e risolute .... un largo  sorriso che gli veniva dal cuore .... e quei Reverendi se ne andavano tranquilli  e contenti” 218. 

Si sarebbe pensato che in tutta la sua vita non avesse fatto altro che il  Cancelliere di Curia. 

L'intuizione pronta delle cose che egli aveva, la rapida percezione dei mezzi  più efficaci, il giudizio sicuro e l'inarrivabile sua accortezza ed abilità  sorprendevano tutti. Tutti ne erano meravigliati, tutti lo portavano in palma di  mano e tutti avevano di lui “un concetto come di un uomo senza eccezione”  219, “animato da una rettitudine addirittura ammirabile” 220. 

Ma più di ogni altro il Vescovo, Mons. Federico Zinelli, il quale, soddisfatto  di non essersi ingannato nello scegliere nel Parroco di Salzano il suo  Cancelliere, non cessava dal ripetere di “non avere mai conosciuto un  Cancelliere così assiduo, così laborioso, così pronto, così abile e così destro  nel trattare con ogni ordine di persone e nel risolvere i casi più delicati e le  più complicate difficoltà, come Mons. Sarto” 221. 

*** 

Per i sacerdoti era tutto premure, tutto cuore. Si prestava del suo meglio per  loro, portava e raccomandava al Vescovo i loro desideri, i loro bisogni. Li  favoriva in tutti i modi, ma, rigido custode del loro onore e del loro prestigio  nell'adempimento del dovere e nel dare buon esempio, quando la forza delle  circostanze lo obbligava a richiami o ad ammonizioni, una nube di mestizia gli scendeva sulla fronte, si faceva serio in volto e quel suo occhio, rivelatore  di dolcezza, diventava severo. Allora era la sua fermezza che parlava, era la  sua indomita volontà che si imponeva. 

E guai se qualche prete avesse osato erigersi a censore del Vescovo, di cui  egli - come di tutti i Vescovi - aveva un culto profondo! Era inflessibile  perché nessuna cosa provocava in lui un giusto sdegno come un prete che  non obbedisse ai propri Superiori o che non si diportasse da prete 222. 

*** 

Una volta un suo intimo amico lo interessò per il miglioramento delle  condizioni di un Cappellano. Mons. Sarto accolse la raccomandazione con la  benevolenza dell'amicizia. Ma quando l'incauto patrocinatore ritornò per  sapere che cosa fosse avvenuto della sua raccomandazione, il Servo di Dio,  guardandolo fisso, gli disse: 

- Oh! sei qua tu, avvocato delle cause perse? Già il Cappellano da te  raccomandato .... Ma non sai? ... - e gli fece intendere quanto bastava per  persuaderlo che quel Cappellano non era da raccomandarsi. 

- Povero uomo! ... - sfuggì all'amico. 

- Povero uomo davvero! - riprese con tono energico Mons. Sarto - e non  soltanto povero, ma pazzo e disgraziato .... Pregare per lui, sì!... aiutarlo, fare  per lui di nascosto quanto esige la carità, sì.... ma pubblicamente,  ufficialmente, no: non è giustizia, sarebbe scandalo. Taci e non parlarne più  né al Vescovo, né a me 223. 

*** 

Ma non erano soltanto preti che Mons. Sarto riceveva nel suo stanzone di  Cancelliere. Non erano soltanto cose curiali che egli trattava. 

Erano anche poveri, diseredati dalla Fortuna, miserabili affranti dalle  traversie della vita che andavano a lui per confidargli segrete angustie,  sofferenze, miserie, situazioni pericolanti, casi pietosi. Ed egli aveva per tutti  una dolce parola di fede, di serena speranza e di coraggio cristiano, mentre a  tutti apriva il suo cuore e la sua mano con una larghezza così generosa che a  Treviso si diceva ad una voce che il Beneficio Canonicale di Mons. Sarto  “non era suo ma dei poveri” 224; mentre tutti riconoscevano quanto fosse  bene intesa e bene ordinata la sua carità, perché, non venendo mai meno alla  giustizia ed ai sacri doveri della pietà filiale, alla mamma dilettissima ed alle  sorelle che continuavano a lavorare nella loro umile casetta di Riese “non  faceva mancare mai il necessario, modesto sì, ma sufficiente” 225. 

*** 

E quanta delicatezza, quanta comprensione nel soccorrere personalmente per  un sentimento di carità coloro che altri avrebbero dovuto soccorrere per  dovere di giustizia! 

Un povero tipografo che aveva un credito con la Curia Vescovile, era alla  disperazione. I suoi affari andavano male e gli scadeva d'urgenza una  cambiale di 4.000 lire. Gli mancavano mille lire per arrivare alla cifra voluta.  Si rivolse al Cassiere della Curia, ma questi, temporeggiando, gli diede  soltanto parole. Non vi era tempo da perdere: una dilazione sarebbe stata la  sua rovina. Pallido e come fuori di sé, si presentò a Mons. Sarto,  esponendogli con le lagrime agli occhi la dolorosa situazione. 

Il pietoso Cancelliere si raccolse un momento, come pensando. Poi,  guardando con occhi di compassione il povero tipografo, gli disse: 

- Coraggio, il Signore c'è per tutti, anche per i poveretti e non abbandona mai  chi in lui confida. Io, come sempre, non ho un centesimo, ma ben volentieri  vi verrò in aiuto. 

E, continuando a rivolgergli parole di conforto, si ritirò in una stanza vicina.  Aprì e chiuse cassetti, scatole, pacchetti di tela, involti e buste, levando da  tutte del danaro e ponendovi in ognuna un biglietto per memoria. 

 “Muto e commosso - così raccontava lo sventurato tipografo - con il cuore  gonfio di riconoscenza, io seguivo ogni movimento del pietoso Monsignore.  "Finalmente, mi si avvicina, e, porgendomi il danaro che mi occorreva, tutto  lieto e contento, esclamò: 

- “Ecco i mille franchi che vi mancano: il Signore vi benedica e pregate per  me” 226. 

Così il Cancelliere Vescovile di Treviso, intendeva la carità: sacrificando se  stesso fino a ridursi a vestire poveramente e più ancora a vendere qualcuno  dei suoi magri campicelli di Riese per aiutare tutti e soccorrere tutti 227.  Chi poteva non volergli bene? 


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