LA CITTÀ DI DIO
Inoltre differisce molto la condizione tanto di quella che si considera prosperità come di quella che si considera avversità. L'individuo onesto non si inorgoglisce dei beni e non si abbatte per i mali temporali; il cattivo invece è punito dalla sorte sfavorevole appunto perché abusa della favorevole. Tuttavia Dio manifesta abbastanza chiaramente la sua opera spesso anche nel dispensare tali cose. Se una pena palese colpisse ogni peccato nel tempo, si potrebbe pensare che nulla è riservato all'ultimo giudizio. Se al contrario un palese intervento di Dio non punisse nel tempo alcun peccato, si potrebbe pensare che non esiste la divina provvidenza. Lo stesso è per la prosperità. Se Dio non la concedesse con evidente munificenza ad alcuni che la chiedono, diremmo che queste cose non sono di sua competenza. Allo stesso modo se la concedesse a tutti quelli che la chiedono, supporremmo che si deve servirlo soltanto in vista di tali ricompense. Il servizio a lui non ci renderebbe devoti ma interessati e avari. Stando così le cose, buoni e cattivi sono egualmente tribolati, ma non ne consegue che non siano diversi perché non è diversa la sofferenza che gli uni e gli altri hanno sopportato. Resta la differenza di chi soffre anche nella eguaglianza della sofferenza e, sebbene sia comune la pena, non sono la medesima cosa la virtù e il vizio. Come in un medesimo fuoco l'oro brilla, la paglia fuma, come sotto la medesima trebbia le stoppie sono triturate e il grano è mondato e la morchia non si confonde con l'olio per il fatto che è spremuto dal medesimo peso del frantoio, così una unica e medesima forza veemente prova, purifica, filtra i buoni, colpisce, abbatte e demolisce i cattivi. Quindi in una medesima sventura i cattivi maledicono e bestemmiano Dio, i buoni lo lodano e lo pregano. La differenza sta non nella sofferenza ma in chi soffre. Infatti anche se si scuotono con un medesimo movimento, il fetidume puzza disgustosamente, l'unguento profuma gradevolmente.