Se c’è stato un tempo nella storia della chiesa in cui il pensiero cristiano ha potuto affermarsi e
avere una risonanza nella vita privata e pubblica, quello è senza dubbio il Medioevo europeo. In
tutte le nazioni d’Europa, dal Mediterraneo al Polo, la chiesa faceva sentire la sua presenza e il suo
influsso. La vita religiosa, come la vita civile, politica, economica, sociale, era regolata alla stregua
delle norme che arrivavano periodicamente da Roma e che stabilivano le mete da raggiungere e le
vie per raggiungerle.
Stando alla nota teoria vichiana dei corsi e dei ricorsi della storia il Medioevo potrebbe essere
definito «l’età degli dèi», a cui, nel Rinascimento, succederà «l’età degli eroi» e nei tempi moderni
«l’età degli uomini».
Il Medioevo è per eccellenza l’epoca della civiltà teocentrica, il che forma e spiega la sua
grandezza. Vi furono anche nel Medioevo una quantità di errori e di imperfezioni, anche delitti
odiosi e brutalità nella vita dei singoli e dei raggruppamenti umani, ma come l’individuo, malgrado
le sue imperfezioni, sapeva risollevarsi sempre perché non aveva ancora perduto il concetto e la
coscienza del peccato, così anche nella vita sociale penetrava sempre e si imponeva vittorioso
l’ideale cristiano.
Il Medioevo, come sappiamo, copre l’arco di circa un millennio, dalla caduta dell’impero romano
fino alla scoperta del nuovo mondo e alle prime avvisaglie del sorgente umanesimo. Mille anni che
si possono considerare il crogiolo dei popoli d’Europa. I barbari del nord vengono a contatto coi
popoli del sud eredi della civiltà e della lingua dei romani, e a poco a poco, con sforzo lungo e
sofferto, ne assimilano i costumi, il genere di vita e la religione. Si tratta di uno scambio reciproco
che reca notevoli vantaggi a tutte e due le parti interessate. Il barbaro è disceso dal nord non solo
per ricevere ma anche per dare, e l’uomo civilizzato del sud non ha soltanto dato ma anche ricevuto.
Da questo scambio reciproco è nata la nuova civiltà europea, un’osmosi felice tra una forza fisica e
una forza morale. I popoli che oggi occupano il continente Europa non sono più totalmente né i
discendenti dei romani né totalmente gli eredi delle tribù germaniche e scandinave. Essi sono gli
esponenti di una «nuova Europa», derivata dall’amalgama sapiente e regolato di popoli e di stirpi
diverse, e formato moralmente e spiritualmente dalla chiesa cattolica. E stata la chiesa che ha
formato, educato, istruito, organizzato la nuova Europa alla luce degli insegnamenti del vangelo e
ha avviato i popoli verso nuovi ideali e nuovi destini. E questo il pensiero fondamentale sul quale
ama spesso fermarsi papa Giovanni Paolo Il: l’Europa deve tornare all’unità della sua origine —
un’origine cristiana — e solo in questa unità ritroverà la sua grandezza e la capacità per affrontare il
domani.
Se il Medioevo — diciamo ancora questo — è oggi un periodo tanto calunniato e bistrattato dagli
storici laicisti e atei, definito l’epoca dell’oscurantismo e della barbarie di cui deve vergognarsi
l’uomo civile e progredito di oggi, e di cui è meglio dimenticarsi o non parlarne mai, è appunto per
il posto di primaria importanza e di primaria utilità che vi ha occupato la chiesa cattolica. L’odio
alla Chiesa porta automaticamente alla distorsione e alla falsificazione più ingiusta e irrazionale
della realtà storica.
Nell’arco dei mille anni che comprendono «l’età di mezzo» — questo è il significato di Medioevo
— c’è un secolo che ne forma come l’apogeo e il punto centrale, il Duecento.
Il Duecento vede la maturazione dei semi che erano stati seminati nei secoli precedenti dai grandi
artefici della civiltà: san Benedetto da Norcia, l’ordine benedettino, san Gregorio Magno, san
Bernardo e l’ordine cistercense, le crociate, san Gregorio VII. In questo secolo nascono e si
affermano le più belle e grandiose realizzazioni che appartengono tipicamente a quell’epoca: san
Francesco e la fondazione dei francescani, san Domenico e i domenicani, gli altri ordini mendicanti,
carmelitani, agostiniani, servi di Maria, con la fioritura meravigliosa di santi, religiosi e laici, che ne
derivano; le scuole e le università, Bologna, Padova, Pisa, Pavia, Parigi, Oxford; le fondamentali
opere teologiche e filosofiche uscite dalle cattedre della Scolastica col nome di Tommaso d’Aquino,
Alberto Magno, Bonaventura da Bagnoregio, Duns Scoto e molti altri; le magnifiche cattedrali
gotiche — nel nuovo stile propriamente medioevale che sostituisce lo stile romanico — Firenze,
Siena, Orvieto, Parigi, Vienna e moltissime altre; le gloriose repubbliche marinare, Venezia,
Genova, Pisa, Amalfi; la letteratura di tutti i paesi che fa la sua prima timida apparizione per, in
breve tempo, affermarsi e diventare gigante: pensiamo alla Divina Commedia di Dante Alighieri.
Qua era il fondamento, il punto d’Archimede, su cui poggiava e trovava la sua stabilità questa
meravigliosa strutturazione religiosa e civile?
Il teocentrismo. La grandezza dei secoli medioevali sta appunto nella fondamentale conformazione
teocentrica che non andò mai perduta né nella vita degli individui né nei vari campi della società e
della civiltà. La differenza essenziale tra quei tempi e i nostri sta ne1 fatto che ora quella
fondamentale conformazione si è spezzata. Oggi al posto del teocentrismo troviamo
l’antropocentrismo: l’uomo ha sostituito Dio, l’uomo si è messo al posto di Dio.
Il teocentrismo medioevale presentava un’ossatura unica in tre caposaldi tra loro inseparabili: Dio,
Cristo e chiesa. La religione monoteista, comune ad altri popoli, si concretizzava nel vangelo
predicato da Cristo e nella chiesa gerarchica da lui fondata. E intorno a questo trinomio che si
svolge tutta la vita medioevale nelle grandi città, nei villaggi e nelle campagne. E sarà contro questo
sacro trinomio che vedremo presto scatenarsi la rabbia satanica e la sua strategia nel tentativo di
scalzarne le basi e distruggerlo.
L’anno giubilare 1300 — il primo giubileo della storia — fece brillare in tutto il suo splendore la
potenza della chiesa, ma nello stesso tempo fece sentire i primi scricchiolii del suo prossimo
declino. Eravamo a una svolta della storia e all’alba dei tempi nuovi.
Nel 1309 il papa Clemente V cede alle pressioni di Filippo il Bello — bello soltanto di nome,
dicono i contemporanei — re di Francia, e trasporta la sede papale da Roma ad Avignone. Comincia
così la «cattività» che durerà 70 anni, porterà la Chiesa a! quasi fallimento finanziario e sarà motivo
non ultimo dello scisma d’occidente con la presenza di due papi, e per un certo tempo anche di tre,
in lizza tra loro, sostenuti da re e da popoli, anch’essi conseguentemente divisi tra loro. Il grande
scisma occidentale aprirà la strada all’apostasia luterana che segnerà — come vedremo — il primo
clamoroso crollo del prestigio papale già compromesso da tempo.
Dante Alighieri previde da lontano questa rovina del regno di Dio derivata dalla volontaria prigionia
deI papato ad Avignone e dall’alleanza della chiesa universale con interessi nazionali. I due poteri
— i «due soli» come li chiama Dante —, base dell’ordinamento civile, la chiesa e l’impero
— il Sacro Romano Impero di estrazione germanica ma sotto l’egida della chiesa avevano perso di
vista l’estensione dei loro diritti e doveri. La conseguenza di questo squilibrio si sentiva tutti i
giorni, e peggio si sentirà in seguito. Dante non se lo nasconde:
Soleva Roma che ‘l buon mondo feo
due soli aver, che l’una e l’altra strada
facean veder, e del mondo e di Deo.
L’un l’altro ha spento, ed è giunta la spada
col pastorale, e l’un con l’altro insieme per viva forza mal convien che vada.
Purg. 16,106-111.
Ecco dunque costituita nel medioevo la Res publica christiana, o meglio la Civitas Dei, la città di
Dio come l’aveva sognata Agostino.
«Città di Dio» che non poteva certo piacere al nemico e che egli cercherà di smantellare pezzo per
pezzo fino a ridurla a completa rovina. Ma il demonio non avrebbe potuto in breve tempo arrivare al
suo scopo. Una struttura civile e politica già affermata da secoli non si può annullare in poco tempo
come se fosse un individuo singolo.
Eva era caduta in pochi momenti di tentazione, ma la Civitas Dei medioevale esigeva una tattica
diversa, più lunga, più metodica, più tenace. Tutto stava nell’impostarla bene e nel portarla avanti
con raffinata astuzia, abbattendo prima il punto più debole e vulnerabile per arrivare poi col tempo
ad abbattere il tutto. Il demonio non si è dimostrato ottimo stratega soltanto nel blitz-krieg, nella
guerra lampo, ma anche nella strategia a distanza, disponendo sapientemente le sue batterie più
sicure, mettendole in campo al momento più opportuno e servendosi delle posizioni raggiunte per il
lancio sulle altre fino a impossessarsi di tutto il territorio.
Dio, Cristo, Chiesa. La parte più debole, perché formata da uomini, era quest’ultima. Di qui
comincerà l’assalto. Distrutta la chiesa, sarà più facile togliere di mezzo il Cristo, e, eliminati questi
due caposaldi, Cristo e la sua chiesa, sarà un gioco facile arrivare all’eliminazione totale dell’ideale
religioso, all’ateismo completo.
Seguendo il teologo tedesco Konrad Algermissen, possiamo anche noi seguire passo passo il
processo di decomposizione avvenuto in Europa in questi ultimi cinquecento anni. Scrive
l’Algermissen:
«Il cammino dell’umanità moderna, sviluppatosi dal Rinascimento, può dividersi in tre grandi
tappe. Nei miei studi mi colpì una strana coincidenza riguardo alla durata di questi periodi e una
strana somiglianza riguardo al computo degli anni con cui si possono incominciare. Sono i tre anni
1517, 1717, 1917, tutti a intervalli di due secoli:
1517, esplosione della ribellione protestante e distacco dell’umanità dalla chiesa; 1717, fondazione
della massoneria quale espressione concreta dell’ondata di illuminismo razionalistico, e distacco
dell’umanità dalla rivelazione soprannaturale e quindi da Cristo; 1917, principio del regime
sovietico, dell’odio contro Dio organizzato nel campo internazionale, e della lotta contro ogni
religione»47.
L’anno 1517 rappresenta il primo gradino della discesa. E l’anno in cui Lutero, il monaco apostata,
lancia la sua sfida a Roma e inizia quel movimento che fu chiamato impropriamente e continua ad
essere chiamato «riforma», ma che in pratica deve essere chiamato «ribellione» e «apostasia». Dopo
il 1517 l’Europa, riunita religiosamente sotto un solo capo, il papa, non sarà più quella di prima.
Sarà quella che oggi politici e sociologi vorrebbero con tanto sforzo e con dubbio successo far
tornare: l’Europa unita.
Molte sono le cause che hanno portato al luteranesimo e molti sono gli aspetti che la nuova eresia
presenta. Non è nostro compito analizzare queste cause e questi aspetti — e non sarebbe qui il posto
adatto per farlo — quanto piuttosto vedere l’opera del maligno in questa immane tragedia che aveva
colpito la chiesa e l’umanità.
Con Lutero il teocentrismo diventa antropocentrismo, anzi soggettivismo. In luogo della visione
obiettiva diretta all’edificazione del regno di Dio, sottentra la considerazione soggettiva delle cose.
La forza universale, creatrice della socialità del Medioevo, cede sempre più il passo
all’individualismo moderno distruttivo di ogni socialità.
Il soggettivismo individualista si costruisce una religione tutta a misura d’uomo, accettando e
ritenendo quello che piace e rifiutando quello che non piace senza entrare nel piano generale
concepito in precedenza. Una religione che conserva ancora il nome e la targhetta di «cristiana», ma
che rigetta l’autorità del papa romano su cui è fondata la vera ed unica chiesa di Cristo, che riduce il
numero dei sacramenti, abolisce il sacerdozio gerarchico, cancella dal canone dei libri sacri gli
scritti che non colli- mano con le proprie vedute. La fede stessa, che è proclamata unica garanzia di
salvezza, è presentata e definita arbitrariamente. L’uomo privato della sua libertà — non «libero
arbitrio» diceva Lutero, ma «servo arbitrio» — diventa un automa irresponsabile zimbello della
passione e della tentazione senza possibilità di emanciparsi e di risorgere.
Il protestantesimo portò la rottura con la chiesa di una gran parte dell’umanità cristiana, distrusse
così la prima e più concreta uniti religiosa dei popoli e ostacolò la chiesa nella sua opera di
edificazione del regno di Dio.
Il distacco dell’umanità dalla chiesa doveva necessariamente portare anche al distacco dell’umanità
da Cristo, perché la chiesa è per sua essenza e per sua missione la continuatrice della vita e
dell’opera di Cristo sulla terra. E il distacco da Cristo doveva, a poco a poco, portare al distacco da
Dio. Dalla distruzione della fede in Dio doveva derivare il crollo della solidarietà umana, del
sentimento di fratellanza fra gli uomini che trova la sua ragione d’essere e il suo fondamento solo
nella fede in Dio.
La così detta «riforma» ha visto le esigenze del Corpo mistico di Cristo negate dalla maggior parte
dell’Europa che a quel tempo era tutta cattolica. Questo significa rigettare l’ordine stabilito da
nostro Signore Gesù Cristo pure sforzandosi di conservare la fede nella sua divinità. Per gli ebrei
era questo un enorme passo avanti perché voleva dire l’abolizione della supremazia del Corpo
mistico di Cristo sopra molti stati. Lo stato prese il posto di Cristo in tutti quei paesi che avevano
abbracciato il protestantesimo. Così un’entità puramente naturale si arrogò da se stessa funzioni e
autorità divine organizzando quella particolare forma di religione fatta di una mistura di elementi
naturali e di elementi soprannaturali come fosse un ministero di stato48.
Il protestantesimo ha rifiutato Roma, ha rifiutato la chiesa e ha messo al suo posto il «libro», la
Bibbia, con l’idea che lo Spirito Santo insegnasse ad ognuno, con l’aiuto della Bibbia, tutte le verità
religiose. In pratica si è avuto tutto il contrario. Senza un magistero autorevole che potesse definire i
dubbi e mettere fine alle controversie, ne è derivata una plétora di sette, di movimenti e di gruppi
fanatici, tutti riferentisi all’autorità della Bibbia, che non è più possibile discernere la verità
dall’errore. Per questo vediamo nascere nel protestantesimo la massoneria, l’illuminismo, il
puritanesimo, il pietismo, i battisti e gli anabattisti e tutti quei movimenti talvolta in contrasto tra
loro, ma sempre uniti e solidali quando si tratta di ostacolare e di combattere la vera chiesa di
Cristo, la chiesa di Roma.
Duecento anni dopo l’apostasia di Lutero, il 24 giugno 1717, era fondata a Londra la prima loggia
massonica — da maon francese, mason inglese che significa muratore — sotto la forma del costume
simbolico delle confraternite di scalpellini del Medioevo.
Era una società segreta. Il segreto formava, e continua a formare ora come allora, uno dei punti più
gelosamente custoditi dagli adepti della setta. Lo scopo nominale della fondazione era di riunire
tutte le persone oneste, al di fuori e al di sopra di qualunque considerazione politica o religiosa, per
conservare e assicurare le conquiste liberali fino allora ottenute. Idee fondamentali erano l’assoluta
tolleranza anche e soprattutto in materia religiosa — tolleranza rimasta sulla carta e mai tradotta
nella realtà — la libertà e la fraternità.
Gli statuti di Anderson del 1723 stabiliscono che:
«il massone è per la sua funzione obbligato a osservare la legge morale... Si considera più
opportuno lasciare a ciascuno le sue particolari opinioni e di obbligarli a quella religione in cui
convengono tutti gli uomini, cioè ad essere onesti e fedeli uomini di onore e di rettitudine,
qualunque sia la denominazione e la convinzione che possano separarli».
La massoneria nasceva in Inghilterra, paese protestante, dove nel Seicento si era sviluppata e
imposta la corrente illuminista coi nomi di Francesco Bacone, Robert Boyle, Isacco Newton,
Thomas Hobbes e altri, che proclamava la supremazia assoluta della ragione. Non più la fede
rivelata, proveniente dal di fuori dell’uomo, doveva essere la norma morale dell’uomo, ma la
ragione, quella che pochi decenni più tardi, nella cattedrale dissacrata di Notre Dame a Parigi, sarà
salutata e venerata col nome di «dea». L’illuminismo, presto passato dall’Inghilterra alla Germania
col nome di Aujkldrung, alla Francia, all’Italia, andò ancora più in là del protestantesimo in quanto
rigettò non soltanto il pensiero ecclesiastico-scolastico, ma anche l’ideale civile antico che mirava
alla perfetta armonia dell’uomo come individuo e come membro della società. La ragione umana,
libera da qualunque vincolo, era la regola suprema della conoscenza e del sapere.
Nasceva così il «deismo», antitesi della teologia rivelata, un dio «razionale», costruito dall’uomo e
manipolato dall’uomo, definito «l’architetto dell’universo», ma senza spiegare perché e come e fino
a qual punto egli fosse «architetto». Il deismo — da non confondere col «teisino» che è la fede nel
Dio vero — passò pari pari alla massoneria, il cui bagaglio religioso, molto limitato, si può fissare
in una fede molto vaga nell’architetto, di cui sopra, nell’immortalità dell’anima e in una ancor meno
definita ricompensa nell’aldilà.
Per definire meglio quella che è la «religione» massonica e il significato da dare al concetto di
«architetto dell’universo», riportiamo un brano di Monsignor Juin, studioso di società segrete,
fondatore della celebre Revue Internationale des Sociétés secrètes:
«La lettera G che si trova al centro della stella fiammeggiante a cinque punte — il così detto
pentagramma simbolo della massoneria — conferma col suo triplice significato i principi e lo scopo
di questa società segreta, chiamata giustamente la “contre-Eglise” da uno dei suoi più ferventi
adepti, il fratello Limousin49. Questa G significa in primo luogo God, la divinità esclusa da questo
mondo con la rottura di ogni rapporto confessionale: è la soppressione dell’ordine soprannaturale
con la necessaria conseguenza del rovesciamento dell’autorità. Questa G massonica indica inoltre
Geometrie, la scienza che sbocca nella divinizzazione pagana dell’uomo e del superuomo della
cultura tedesca (cfr. l’Ubermensch di Nietzsche). L’uomo non è più quello che Dio ha fatto nella
creazione e nella redenzione. La lotta per la vita diventa egoisticamente l’unica regola delle azioni
umane ed il fermento di continue rivoluzioni, nascosto sotto il nome fallace di uguaglianza e di
fratellanza. Finalmente questa G significa Generation, cioè i simboli e gli atti dei culti fallici
dell’antichità, l’umanità scesa al fango, nel regno inferiore della scimmia che reputa sua antenata,
donde la soppressione della vita soprannaturale» 50.
Alla testimonianza di un cattolico fa eco quella di un massone:
«Il grande architetto dell’universo significa la fecondità della natura ed è un vocabolo
convenzionale per significare il dio-universo, universus versus unum, quasi si avesse voluto
significare un centro di gravità universale. Tutto nel mondo si produce per effetto dell’arcana e
misteriosa potenza della generazione»51.
Sulla base di questo razionalismo applicato nella maniera più esasperata, si arrivò fino alla
deificazione dell’uomo. Se la ragione umana è quella che dice l’ultima parola su tutti i problemi,
che stabilisce le norme e i limiti del bene e del male, che non erra mai nelle sue decisioni e
conclusioni, è chiaro: la divinità è propria dell’uomo, l’uomo è dio di se stesso. La deificazione
panteistica dell’uomo, che inizialmente non era tenuta in considerazione, si è affermata sempre più
col passare del tempo ed ora è considerata il massimo segreto, il più gelosamente conservato, della
massoneria. Anche il reale significato della parola égalité, proclamata dalla massoneria nella
rivoluzione francese, era, secondo alcuni, non l’uguaglianza tra gli uomini, ma l’uguaglianza
dell’uomo con Dio52.
Si avverava così la promessa del maligno dell’Eden:
«Sarete come Dio». Dalla divinizzazione dell’uomo, dal dominio assoluto attribuito alla ragione
umana, dal culto della facoltà generativa, nasce il cumulo di riti pervertiti e strani propri della
massoneria, che risalgono alle età più antiche e oscure della storia, ma che sono di attualità anche
oggi. Illuminismo, cabalismo e satanismo sono ancora oggi realtà. Copin Albancelli, uno scrittore
molto addentro nelle segrete cose, scriveva nel 1908:
«Esistono alcune società massoniche che sono sataniste, non nel senso che il diavolo venga a
presiedere le loro adunanze, come ha immaginato il romanziere Leo Taxil, ma nel senso che gli
iniziati professano un vero culto a Lucifero. Essi lo adorano come vero dio e sono animati da un
odio implacabile contro il Dio dei cristiani che essi definiscono chiaramente un impostore. Essi
hanno una formula che riassume il loro pensiero (domandiamo scusa al lettore nel dover riferire
queste enormità): G.E.A.A.L.H.H.H.A.D.M.M.M. (i punti fermi tra ogni lettera siano sostituiti dai
tre punti disposti a triangolo, uno in alto e due alla base), che in francese vorrebbe dire: Gioire et
Amoar à Luc.fèr, Haine! Haine! Haine! au Dieu maudit! maudit! maridit!: gloria e onore a Lucifero,
odio, odio, odio al Dio maledetto, maledetto, maledetto!
In queste società si sostiene che tutto ciò che è gradito al Dio cristiano è sgradito a Lucifero, che
tutto quello che egli proibisce è, al contrario, comandato da Lucifero e che perciò ognuno deve fare
ciò che il Dio cristiano proibisce e fuggire come fuoco ciò che comanda. Ho in mano le prove di
quello che sto dicendo. Ho visto e studiato centinaia di documenti riguardanti alcune di queste
società, che però non mi è permesso pubblicare, derivati dai membri, uomini e donne, di queste
società»53.
l’oppio del popolo. L’ateismo del bolscevico è in un senso abbastanza curioso una professione di
fede a rovescio:
non si combatte ciò che non esiste, non ci si arma di elmo e di corazza, non si organizzano
spedizioni per andare contro i mulini a vento, per andare contro il nulla. Una delle tante
contraddizioni del comunismo ateo.
E facile vedere nel comunismo del 1917 la convergenza di tutti i movimenti ed errori precedenti: la
confluenza del protestantesimo, della massoneria, dell’illuminismo, del razionalismo settecentesco.
Nulla nasce nel mondo e nella storia per generazione spontanea.
Il razionalismo porta al sensismo, il sensismo al materialismo, il materialismo all’ateismo, senza
tener conto di tutti gli altri ismi secondari compresi e impliciti in quelli ricordati. L’umanità
moderna si è trovata a raccogliere la triste eredità della riforma, il distacco dalla chiesa,
dell’illuminismo, il distacco da Cristo, del materialismo ateo, il distacco da Dio. Dal tempo del
materialismo procedono, lentamente ma sicuramente, la secolarizzazione e l’ateismo.
La scienza moderna divenne nemica della religione e scavò abissi sempre più larghi e, a suo
credere, insuperabili, tra la scienza umana e la sapienza divina. La sorgente prima del diritto non fu
più la legge di Dio ma l’onnipotenza dello stato. La letteratura e l’arte scossero il giogo religioso e
produssero opere che suonavano scherno ad ogni senso morale. In materia sessuale, nei riguardi
dell’amore, della donna, del matrimonio, uno spirito nemico della religione cercò di aprirsi il varco
in circoli sempre più ampi54.
In questo clima nasce il comunismo dove il materialismo è portato fino all’esasperazione.
«Questa dottrina — scrive Pio XI nell’enciclica Divini Redemptoris — insegna non esservi che una
sola realtà, la materia, con le sue forze cieche, la quale evolvendosi diventa pianta, animale, uomo.
Anche la società umana non è altro che un’apparenza e una forma della materia che si evolve nel
detto modo e per ineluttabile necessità tende, in perpetuo conflitto delle forze, verso una sintesi
finale:
una società senza classi. In tale dottrina, com’è evidente, non vi è posto per l’idea di Dio, non esiste
differenza tra spirito e materia nè tra anima e corpo, non si dà sopravvivenza dell’anima dopo la
morte e quindi nessuna speranza d’altra vita»55.
Il comunismo che ha ingaggiato la lotta contro Dio, l’ha ingaggiata anche contro l’uomo nella
forma più feroce e distruttiva, come raramente si era veduto nella storia del mondo a un livello così
vasto.
Bakunin, il rivoluzionario russo dell’Ottocento, discepolo di Weishaupt, precursore del comunismo,
parlava della «voluttà della distruzione come di una voluttà creatrice». Il comunismo si presentava
come governo del proletariato, «governo di popolo», pura propaganda che nascondeva un’orribile
realtà. I massacri di milioni di uomini nei paesi a regime comunista, i milioni di vittime costrette a
languire nei lager di sterminio e di morte, fanno vedere fino a qual punto può arrivare l’odio
dell’uomo contro l’uomo. Quello che meraviglia e sconcerta è l’accettazione passiva della tirannia
da parte delle vittime, senza reagire, senza protestare, quasi contente e soddisfatte di poter soffrire.
Già Dostojewski parlava della:
«felicità degli impotenti, della massa infelice dell’impotenza, che guarda con stupore ai suoi capi e
li considera come dèi perché hanno saputo mettersi alla loro testa, spazzar via la libertà e
dominarli».
E Nicola Berdiaeff soggiunge:
«La negazione del Dio vivente si risolve in un’idolatria sociale. Il comunismo si appalesa come
adorazione di un idolo: la collettività sociale. La collettività sociale, alla quale si rendono oggi onori
divini, sostituisce Dio e la persona umana. Il centro della consapevolezza è spostato, scompaiono
coscienza personale, ragione e libertà individuale e alloro posto s’impongono la coscienza, la
ragione e la libertà della collettività»56.
Malgrado questo fondo di odio satanico contro l’uomo, il comunismo ha conosciuto in breve tempo
una diffusione mondiale, anche con l’occulto e aperto appoggio dei cattolici. Per la deplorevole
inerzia dei buoni, i falsi profeti hanno stabilito un impero, il più vasto che sia mai esistito, nel quale
il dominio degli uomini oppressi è pari alla ferocia degli oppressori, e la cui estensione, mai
raggiunta da umani poteri, è pari alla smisurata ambizione di soggiogare tutto il resto del mondo.
Essi si servono di tutti i mezzi leciti e illeciti, più dei secondi che dei primi: tutto quello che serve al
comunismo — secondo Lenin — è buono e onesto. Parlano di pace mentre ovunque è lotta, parlano
di paradiso terrestre quando hanno trasformato la terra in un inferno, parlano di libertà quando
hanno ridotto l’uomo al livello di uno schiavo.
Da qualche tempo — dopo il fatidico dicembre 1989 — si assiste al crollo delle mura di Gerico.
Inaspettatamente, contro qualunque speranza, la terribile cortina di ferro ha cominciato a sgretolarsi
per cadere alla fine rumorosa- mente. Milioni di uomini, tenuti in schiavitù da decenni, hanno
potuto respirare l’aria della libertà. E iniziata un’epoca nuova nella storia del mondo. Ora siamo
ancora agli inizi — inizi molto promettenti — e non sappiamo quello che ci riserba il domani. Una
cosa è certa: il domani non sarà più come l’ieri; davanti all’umanità si aprono nuove vie che la
porteranno lontano.
Il fallimento del comunismo, cioè il crollo dell’ateismo militante, è senz’altro una sconfitta del
demonio57. Era stato lui l’ispiratore di quel movimento eversivo antiuomo e anti-civiltà. Oggi è
ancora lui la prima vittima di questo collasso.
Come è stato possibile tutto questo?
Le interpretazioni sono state varie e non del tutto persuasive. Chi è ricorso a motivi politici,
diplomatici o sociali. Chi ha puntato sulla situazione fallimentare interna della Russia dilaniata dalla
fame (il figlio prodigo ritrova la strada di casa spinto dalla fame) e dalla sollevazione delle
repubbliche desiderose di indipendenza; chi invece ha veduto nella improvvisa metamorfosi dell’est
il successo dell’ost-politik della santa Sede in questi ultimi anni e della presenza di un papa slavo
sul trono di san Pietro; altri infine hanno veduto in tutto questo l’avveramento della profezia di
Fatima: «La Russia si convertirà»
Sì, tutto questo complesso di circostanze ha avuto il suo peso e ha contribuito a smantellare il
colosso comunista, ma non è tutto. C’è stato un cemento che ha unito e amalgamato e reso vivo
questo complesso di circostanze:
le preghiere, le sofferenze, le lagrime, il sangue, la vita di tanti fratelli nella fede che per anni hanno
atteso questo giorno, hanno sopportato serenamente carcere, campi di concentramento e fame, senza
perdere mai la fiducia in Dio e nella sua Provvidenza. La loro fede è stata premiata, la loro
preghiera esaudita: «Questo genere di demoni non si scaccia che con la preghiera e il digiuno» (Mc
9,28).