lunedì 23 dicembre 2024

GESU’ OSTIA - All’incredulo perché sia meno scettico, e al sacerdote perché sia meno tiepido.

 


Dettato» dell'angelo custode


Il suo angelo custode, il cui nome è Azaria, è l'«autore» dei commenti di carattere teologico e spirituale a 58 Messe festive, raccolti in un unico volume dal titolo di sapore biblico: "Libro di Azaria".

Pure di quest'opera, Maria Valtorta dichiara di esserne solo la scrittrice, in quanto il suo compito si è limitato semplicemente a riportare sotto dettatura le parole del celeste messaggero, tra il 1946 e il 1947. Anche in queste pagine non possono mancare gli ammaestramenti sull'Eucaristia, soprattutto nel commento alla Messa del Corpus Domini, datato 20 giugno 1946. Accostiamoci, perciò, a quanto il «piccolo Giovanni» scrive sull'argomento: «Azaria mi si annuncia con uno di quei dolcissimi e non ripetibili canti angelici che sono rimasti nell'anima mia come le cose più ultraterrene che io abbia gustato.

[...] Questo canto mi fa comprendere ciò che è l'Eucaristia per i Cieli, per coloro che li abitano... Questo canto mi illumina sull'ardente desiderio angelico di avere questo Pane...».

Azaria 'detta' pagine intrise di sublime dottrina: «Vieni, sali - dice a Maria Valtorta -, perché più che meditazione questa spiegazione sarà contemplazione e adorazione e sarà immedesimazione col nostro pensiero angelico che differisce molto dalle usuali spiegazioni del mistero».

L'angelo parla non solo del «Figlio divenuto Pane», ma pure della «Madre», di colei che lo ha «formato Uomo col meglio di Se stessa: col suo sangue vergine, col suo latte di Madre Vergine, col suo amore di Sposa Vergine».

Ecco perché l'uomo, cibandosi di Gesù, si ciba pure di Maria. Della Madre divina, Azaria offre una splendida immagine: «L'intatta spiga, nata in terreno eletto, nell'Orto chiuso di Dio, maturata nell'ardore del Sole Dio, si è fatta farina, fior di farina per darvi il Pane Gesù».

E spiega: «Si è fatta fior di farina. Non è un modo di dire! Per vostro amore, per amor degli uomini, si è immolata, si è ridotta in polvere fra le mole dell'ubbidienza e del dolore, Lei, l'Intatta che non le nozze, non il Parto e non la Morte, hanno potuto incidere, violare, o ridurre in polvere come ogni mortale. Solo l'amore. Esso l'ha consegnata alla macina in cui la Corredentrice è divenuta, da spiga, fior di frumento...»; e il Pane che ha dato da mangiare è «insaporito non solo dal miele del suo amore, ma anche dal sale del suo pianto».

Questo «Pane che ricorda la Passione divina», «che ricorda il vero Corpo e il vero Sangue di Gesù Cristo», ricorda pure colei «che quel Pane formò nel suo Seno».

Le parole dell'angelo, ad un certo punto, da dolce melodia si trasformano in severo ammonimento: «[ ...] Ma guai a quelli che scientemente fanno del Pane del Cielo la loro condanna, il tossico che uccide, usando del Sacramento più sublime con sacrilega maniera. E male anche a chi ne limita la potenza trasformatrice ricevendolo con indifferenza e con tiepidezza, senza verace volontà di trasformarsi, in Dio e con l'aiuto di Dio, per essere sempre più degni di riceverlo».

Poi, Azaria riprende la sua angelica spiegazione, soffermandosi sugli aspetti della vita eucaristica:

«Vita eucaristica: vita di fusione. La Comunione non cessa quando uscite dalla chiesa o quando le Specie si sono consumate in voi. Essa "vive". Non più materialmente. Ma pure vive, con i suoi frutti, con i suoi ardori, con la coabitazione, anzi con 1'inabitazione di Cristo in voi, con la vostra fruttificazione in Cristo, perché "il tralcio che resta unito alla vite porta frutto", e "Coloro che restano in Me e nei quali Io rimango, costoro portano molto frutto"».

«Vita eucaristica: vita d'amore». L'Eucaristia - continua Azaria -, in quanto «memoriale d'amore, e d'amore sorgente e fornace», «porta aumento di formazione, irrobustimento di volontà, trasformazione del sentimento da tiepido in ardente, del desiderio da debole in forte, dell'ubbidienza al precetto di comunicarsi nelle Feste a fame di farlo ogni giorno».

Di Gesù Cristo presente nell'Eucaristia, Azaria indica: «La sua Incarnazione: l'Eucaristia è una perpetua Incarnazione del Cristo.

La sua vita nascosta: il Tabernacolo è una continua casa di Nazaret.

La sua vita di operaio: Gesù Eucaristia è l'artefice instancabile che lavora le anime.

La sua missione di Sacerdote presso chi muore o chi soffre: come presso il letto di Giuseppe morente e presso tutti quelli che a Lui andavano per essere consolati [...]».

Gesù Eucaristia «vi dice: "Siate miei imitatori nella generosità, nella mitezza, nell'umiltà, nella misericordia"»; e «vi insegna a parlare e a tacere, a operare e a contemplare, a soffrire e a umiliarvi, e soprattutto ad amare, amare, amare».

«Vita eucaristica è anche vita di Sapienza», in quanto «dalle labbra della creatura eucaristica fluisce la Sapienza».

«E vita eucaristica è vita apostolica, perché Gesù dentro di voi, in apostoli vi muta [...]».

«E infine, vita eucaristica è vita deificata dalla Carne e Sangue, Anima e Divinità di Gesù che scende in voi, a fare in voi dimora».

A tal proposito, ora, Azaria spiega come l'uomo possa divinizzarsi. Se è «sacro» tutto ciò che contiene o tocca l'Eucaristia, come ad esempio i vasi o i tabernacoli, «che diverrà il vostro corpo nel cui intimo scende il Corpo Ss. e si annulla nelle Specie, assorbite come ogni cibo dell'uomo, dai succhi che lo mutano in sangue vostro? Capite?».

Il sangue dell'uomo, precisa, «contiene, non metaforicamente» l'Eucaristia, cioè la Carne, il Sangue, l'Anima della natura umana di Gesù Cristo, ma anche la sua Divinità «essendo il Corpo del Verbo Divino»; e non solo: «lo spirito vostro trattiene la grazia che da questo Corpo completo [...] si emana».

«Se il corpo vostro santo dovrebbe essere perché tempio allo Spirito Santo che in voi discende e alita, che dovrebbe divenire per essere degno tabernacolo al Dio che viene ad abitarvi - più: a fondersi a voi, a divenire voi - e, poiché il Maggiore non può essere assorbito dal minore: ad assorbirvi, a farvi divenire Lui, ossia 'dèi' come Egli è Dio?».

Azaria indica la risposta in Maria, che «fece di Sé un tabernacolo celeste, un celeste trono onde Dio vivesse ancora in un Cielo, il più a lungo possibile, avanti di soffrire dei contatti del mondo».

«Gli amanti di Gesù - prosegue - così devono fare. Fare di sé dei recessi di Cielo perché l'Eucaristia in loro viva ancora in un palpitante, adorante Cielo, preservata dai fetori e dalle bestemmie del mondo».

Nell'accogliere lo Spirito, diventiamo tempio dello Spirito Santo, nell'accogliere l'Eucaristia, diventiamo un «piccolo Cielo» perché là dov'è presente l'Eucaristia sono pure presenti la Trinità, Maria, i Santi e i Cori angelici!

A conclusione delle sue istruzioni, l'angelo fa partecipe Maria Valtorta della sua esultanza nel vederla «nutrita del Celeste Pane e della Divina Parola», e completa il suo insegnamento spiegando la natura di questi due cibi spirituali.

Anche la Parola, infatti, è Pane: «pane sapienziale» che, come l'Eucaristia, ha le sue forme esterne, quali ad esempio «visioni o dettati», «ma la sostanza è il Verbo che insegna».

Di conseguenza «il Verbo è Eucaristia e Eucaristia è ancora il Verbo sotto diversa forma ma con uguale santità divina. Essendo quindi una sola cosa, uguali sono i doni e frutti che produce: Vita, Sapienza, Santità, Grazia». E allora «Comunione può dirsi la Parola e può dirsi il Pane. Ché la prima è Comunione di Dio-Spirito allo spirito ed intelletto dell'uomo, e l'altra è Comunione di Dio Carne e Sangue all'uomo tutto, per trasformarlo in Dio [...]».

Il Pane della Parola e il Pane eucaristico, dunque, sono: «Cibi, che dal Cielo vengono, fra loro si aiutano e si completano, dando la completa ed eterna Vita secondo la promessa del Verbo Gesù: "Chi custodisce le mie parole non vedrà la morte in eterno" e "Chi mangia questo Pane vivrà in eterno"».

Dopo aver così divinamente parlato, l'angelico maestro si allontana dalla sua 'allieva' con «tre squillanti Alleluia e poi di nuovo l'inesprimibile canto che annulla ogni dolore, inquietudine, affanno e immerge nell'aura dei Cieli...».

A chi legge, non rimane che accogliere e vivere queste parole. Solo così non lascerà cadere, nel vuoto dell'indifferenza, l'invito di Gesù: «Aprite, aprite intelletto e cuore, e beneditemi per quanto vi ho dato».


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