sabato 10 agosto 2019

GESU’ OSTIA



Il vino mescolato con l'acqua

Nel calice il celebrante versa il vino e un po' d'acqua. Qualcuno potrebbe dire: «Gesù non l'ha fatto!». Ma i Vangeli non ne parlano perché è proprio un'usanza di quel tempo mescolare il vino con l'acqua, senza la quale la bevanda sarebbe troppo forte. E questo lo fanno non solo gli Ebrei, ma anche i Greci e i Romani.
Tale gesto è ripetuto nella liturgia eucaristica, ma con un preciso e profondo significato.
Ce lo chiarisce lo stesso celebrante che, quando lo attua, dice sottovoce: «L'acqua unita al vino sia segno della nostra unione con la vita di colui che ha voluto assumere la nostra natura umana».
In questa frase riecheggia l'interpretazione di San Cipriano, secondo il quale il vino simboleggia il sangue di Cristo, e l'acqua il popolo dei credenti.
Nel libro dell'Apocalisse, infatti, le acque stanno ad indicare i popoli (Cfr. Ap 17,15).
La mescolanza nel calice dei due elementi, ne rende impossibile la distinzione e la separazione, come accade con Cristo e la sua Chiesa che, divenuti un'unica realtà, non potranno più essere divisi.
Alcuni Padri della Chiesa, come Sant'Ireneo, vedono nella mescolanza dei due elementi il simbolo della duplice natura di Cristo: l'umana e la divina.
Sant'Ambrogio collega questo gesto al sangue e all'acqua sgorgati dal costato di Cristo in croce: il sangue che redime, l'acqua che purifica.
San Tommaso ribadisce tali interpretazioni, e ricorda: «Il pane si fa con acqua e farina. Quindi, mescolando l'acqua al vino, nessuna delle due sostanze è priva di acqua».
Nel simbolo dell'acqua possiamo leggere la sua funzione vitale, proiettandola in una dimensione spirituale: l'acqua discende dal cielo e dalle alte montagne, ed è causa di vita e di fecondità. Dove manca l'acqua, la terra si inaridisce, e la vita scompare.
L'acqua, quindi, è simbolo - nello stesso tempo - della morte e della vita:
- È dall'acqua del caos delle origini che nasce la vita.
- Nell'acqua del diluvio annega il peccato, e si salva una nuova stirpe.
- Nell'acqua del Mar Rosso si immerge un popolo di schiavi, e ne esce un popolo libero, pronto a raggiungere la terra promessa.
Nell'acqua c'è il distacco: morte/vita, schiavitù /libertà, vecchio mondo/nuovo mondo.
Anche Gesù, che s'immerge nel Giordano, ne esce capostipite di un nuovo esodo.
Quanti sono i messaggi profondi che Gesù lega all'acqua!
Quand'egli dice: "Chi ha sete venga a me e beva" (Gv 7,37), non offre un'acqua che estingue la sete del corpo. La sua acqua placa ogni arsura e ogni bisogno spirituale dell'uomo. L'acqua che ci invita a bere è la sua Verità, il suo amore, la sua amicizia. E quest'acqua la troviamo nel fonte battesimale e nel banchetto eucaristico: due momenti in cui il nulla si trasforma in tutto.

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